Perché il termine “NEUROPSICOMOTRICISTA” viene associato al "Terapista della NEURO e PSICOMOTRICITÀ dell’Età Evolutiva" ?

CONCLUSIONI - Oltre la diagnosi: il circolo virtuoso del gioco

Precisazioni metodologiche

Per sette mesi ho assistito e partecipato alla terapia neuropsicomotoria individuale di G., condividendone i progressi, le regressioni transitorie, lo spazio e il tempo della seduta. Ho cercato di cogliere, con occhio vigile e mente attenta, ogni cambiamento intervenuto, di carpire i dettagli del processo che andava definendosi e dispiegandosi. Se, tuttavia, non mi fossi appellato al rigore di quegli stessi strumenti che, allo scopo di approcciarmi alla bambina reale e di svincolarmi dall'idea pervasiva della patologia, avevo deciso di impiegare nel momento T1, non avrei potuto formalizzare a parole un resoconto puntuale ed esaustivo dei risultati ottenuti, che meritano invece un'attenta analisi. Per questo ho fatto ricorso ancora una volta alla scheda Berti-Comunello e alla scheda Gison, così da mantenere fermi i parametri di riferimento utilizzati già per l'osservazione iniziale. I risultati di questa verifica finale verranno esposti, col proposito di garantire una descrizione coerente della situazione attuale di G., integrando l'una e l'altra scheda, entrambe riferite al periodo compreso tra Mercoledì 7 e Mercoledì 30 Ottobre 2013, che definiremo momento T2. L'attenzione posta su ognuna delle aree previste dalle schede in questione servirà da fondamento per una riflessione sugli obiettivi proposti nell'Aprile u.s., finalizzata a valutare quali di essi siano stati raggiunti e quali si configurino, invece, come cantieri ancora aperti, su cui porre l'enfasi per la pianificazione dei traguardi futuri. Si tenga conto che, nell'intervallo di tempo tra T1 e T2, la terapia è stata sottoposta mensilmente alla supervisione caratterizzante il modus operandi di Davide e Golia Onlus, andando incontro a una ridefinizione continua. Si consideri inoltre che, dopo la pausa prevista per il mese di Agosto, si è presentata la necessità di affidare il trattamento di G. a una nuova terapista, per ragioni che esulano dal progetto terapeutico in sé. Questa variazione ha determinato dei cambiamenti inevitabili nel contesto della seduta, la quale, seppur perseguendo un'imprescindibile continuità col percorso sino ad allora affrontato, è divenuta in primis un palcoscenico per la nuova relazione terapista-bambina. Ciò ha rappresentato da un lato il venir meno della costante rintracciabile in uno dei due poli della diade ormai consolidata, dall'altro un'occasione per osservare la maturazione relazionale e comportamentale di G., che si è ritrovata a dover fronteggiare l'assenza di una figura di riferimento conosciuta e della relazione stabilita con essa. Il passaggio ha avuto luogo in maniera graduale, attraverso due sedute in triplo (la bambina con me, il terapista abituale e la nuova neuropsicomotricista), che sono servite per farle prendere atto di quanto sarebbe accaduto in seguito, nonché per far sì che avvenisse concretamente una consegna di testimone, mediata dall'inserimento progressivo della nuova terapista nelle attività abituali della seduta.

Proponiamo dunque una sintesi auspicabilmente capace di fotografare ciò che, alla fine dell'Ottobre 2013, G. è, conosce, sa fare e sta diventando.

Osservazione / valutazione finale

Ogni tabella della scheda Gison sarà seguita da una descrizione qualitativa delle funzioni prese in esame e della loro eventuale trasformazione nell'intervallo di tempo considerato. Essa prevederà, oltre alla specificazione delle strategie e dei facilitatori utilizzati, alcune osservazioni basate sui criteri suggeriti dalla scheda Berti-Comunello, che fungeranno da complemento per i dati quantitativi e per le suddette precisazioni. Riportiamo per praticità la tabella per l'individuazione del livello di presenza delle competenze, che ci ricorderà il significato dei punteggi assegnabili agli elementi analizzati in ogni area di competenza.

 

n.v.

Non valutabile

Non è attualmente valutabile in riferimento all'età

0

Assente

Non è attualmente raggiunta

1

Gravemente alterata

E' riscontrabile solo in presenza di facilitazioni

2

Alterata

E' emergente ma non strutturata

3

Lievemente alterata

E' presente ma risulta vulnerabile allo stress

4

Adeguata

E' adeguata all'età e presente in qualsiasi condizione

 

Area affettivo-relazionale

 

1.1 Stile di attaccamento/separazione

 

Percezione della separazione dalla figura di riferimento

4

Capacità di separazione adeguata all'età cronologica

3

 

Sebbene talvolta sia ancora necessario che la terapista esorti G. a seguirla e la accompagni in stanza tenendola per mano, ad oggi l'incontro in sala d'attesa è generalmente breve, salvo nel caso in cui sia necessario un colloquio sull'uscio col genitore per motivi particolari, indipendenti dal volere della piccola. Il distacco dalla figura materna avviene senza grandi proteste e la bambina entra in stanza con maggiore serenità, assecondando le indicazioni della terapista. Durante la seduta G. non chiama quasi mai il nome della mamma a meno che non sussistano condizioni di particolare stress; allorché questo avviene è sufficiente rassicurarla verbalmente affinché si tranquillizzi e metta fine alle lamentele. In generale si riscontra una notevole maturazione delle capacità di separazione, le quali, seppur vulnerabili a condizioni quali un malessere anche lieve o la stanchezza, sono adeguate all'età cronologica della bambina.

 

1.2 Segnalatori dello sviluppo comunicativo/sociale

 

Attenzione reciproca

3

Impegno reciproco

2

Intenzionalità e reciprocità nell'intenzione

2

Sguardo referenziale

3

Pointing richiestivi

3

Pointing dichiarativo

2

Attenzione condivisa

2

 

La reciprocità dell'attenzione e dell'impegno è andata incontro a un incremento in virtù delle accresciute capacità relazionali di G., che a dispetto delle difficoltà sembra ormai rintracciare nell'Altro una valida motivazione per concentrarsi sull'attività svolta, la cui strutturazione continua tuttavia a essere importante per ottimizzare la partecipazione e la stessa attenzione della bambina. La variazione del tono e del volume della voce è ancora un facilitatore fondamentale, capace di calamitare l'interesse della piccola anche nei momenti in cui si distrae e sembra perdersi. Il medesimo ruolo è giocato dall'enfatizzazione di certe azioni della terapista, che rischierebbero altrimenti di non essere considerate a sufficienza o di venire del tutto ignorate. Quando, ad esempio, viene ricostruito il muro di cubi al termine del gioco sensomotorio che li coinvolge, succede che G., dopo aver brevemente preso parte alla loro sistemazione, distolga completamente lo sguardo dalla neuropsicomotricista e da quanto essa sta facendo. Se questo avviene occorre che l'attività di riordinare la stanza assuma tinte più drammatiche, divenendo una sorta di spettacolo grazie al quale, rivestendo il ruolo di spettatrice, G. può migliorare le proprie capacità di attesa e l'attenzione sostenuta, oltre che semantizzare positivamente una fase del gioco spesso disinvestita dai bambini. La forte riduzione dell'oppositività, nonché il ripetersi nel tempo d'interazioni sufficientemente buone, hanno permesso un importante aumento dei momenti di attenzione condivisa. I risultati raggiunti dalla bambina col terapista che l'ha seguita fino a Luglio u.s. sono stati mantenuti nel contesto della nuova relazione terapeutica, intessendo la quale G. ha potuto fare ricorso a delle più ricche competenze di pragmatica comportamentale, che fanno ormai parte del suo bagaglio. Le modificazioni sul fronte relazionale sono testimoniate dai comportamenti di ricerca sia visiva che fisica dell'adulto, assenti nel momento T1, ad eccezione di quanto avveniva quando G. faceva un uso strumentale dell'Altro. La bambina prova un piacere visibilmente maggiore nei momenti di contatto fisico con l'adulto: si abbandona al corpo della terapista in maniera molto più sciolta di quanto non avvenisse col neuropsicomotricista a Marzo 2013. Anche sul fronte della comunicazione non verbale si sono verificati dei cambiamenti importanti: il maggior investimento di G. nel canale gestuale ha fatto sì che vi fosse un incremento dei pointing dichiarativi e richiestivi che, pur non essendo numerosi, sono oggi più frequenti ed efficaci e si accompagnano allo sguardo referenziale.

 

1.3 Imitazione

 

Schemi imitativi precoci

4

Imitazione di suoni vocalici

4

Imitazione di espressioni facciali

2

Imitazione di gesti codificati

3

Imitazione di azioni con oggetto

3

Imitazione differita

2

 

Nonostante la mimica facciale sia andata incontro a un investimento maggiore e a un ampliamento delle sue possibilità, raramente G. imita le espressioni altrui, elemento questo che è rimasto pressoché invariato. L'imitazione di gesti codificati si è invece estesa anche al saluto e all'applauso, infrequenti ma possibili e, quando presenti, sempre ben contestualizzati. Grazie all'investimento nella figura del terapista, divenuta un modello di riferimento per la bambina, G. è oggi capace di imitare più agevolmente le azioni con oggetto, anche nel contesto dei giochi rappresentativi. L'imitazione differita è perlopiù presente in riferimento all'area linguistica, in quanto la piccola tende a riproporre le parole a lei rivolte dalla neuropsicomotricista (e dal terapista che l'ha preceduta) durante particolari attività o per distoglierla da azioni non consentite (ad esempio: "no", "a potto" per "a posto", "tare" per "lascia stare"). Quest'ultimo comportamento testimonia quanto G. sia cosciente, il più delle volte, di star infrangendo le regole dell'attività: l'aspetto provocatorio è tuttora presente e frequente, ma non più così disturbante da minare la fluidità della seduta, perché risulta gestibile assumendo un atteggiamento fermo e deciso, che tracci dei confini coerenti. In generale le capacità imitative della bambina sono andate incontro a un miglioramento, il cui merito va all'aver trovato nella relazione un motivo valido per riprodurre le azioni proposte dal terapista. 

 

Area comunicativo-linguistica

 

2.1 Output

 

Utilizzo del canale mimico/gestuale

3

Suoni vocalici

4

Lallazione

4

Suoni onomatopeici

3

Parola frase

3

Frase dirematica

0

Fase trirematica

0

Frase corretta

0

Competenze narrative

n.v.

 

Il numero di parole singole pronunciate è aumentato vertiginosamente e al contempo, come si è detto, ha avuto luogo un importante ampliamento delle possibilità di gioco rappresentativo e un incremento delle condotte imitative di cui sopra. Il canale verbale è divenuto il principale tramite comunicativo della bambina, che pare provare un grande piacere nel ripetere le parole pronunciate dalla terapista e che, in generale, produce autonomamente olofrasi ben contestualizzate e spesso funzionali allo scopo. È frequente la produzione consecutiva di due parole riferite al contesto di gioco vissuto dalla bambina in un dato momento, tuttavia non si può ancora parlare propriamente di frase dirematica, nella misura in cui gli elementi accostati non rispondono alla struttura caratteristica di questo primo abbozzo di frase matura (cioè sostantivo + verbo). Il ricorso alle strategie di semplificazione si è ridotto notevolmente: G. è in grado di pronunciare alcuni vocaboli riferiti a vari campi semantici (colori, parti del corpo etc.) in modo pressoché corretto. Ricorda bene il nome del terapista, che talvolta continua a ripetere pur in sua assenza, ma anche il mio e quello della nuova neuropsicomotricista, che pronuncia in maniera approssimativa.

 

2.2 Input

 

Comprensione delle variazioni dell'intonazione di voce

4

Comprensione dei gesti codificati

4

Comprensione di singole parole

4

Comprensione di frasi riferite al contesto

2

Comprensione di frasi riferite a contesti esterni

1

Comprensione di racconti

n.v.

Comprensione del testo letto

n.v.

 

Prima ancora della produzione linguistica è la comprensione verbale a essere migliorata: le parole singole sono facilmente intelligibili per la bambina, che del resto è capace di capire più agevolmente anche le frasi semplici riferite al contesto. Il punteggio assegnato alla comprensione di queste ultime è rimasto invariato perché, prendendo come riferimento lo sviluppo medio all'età di circa tre anni, le competenze di G. nell'ambito in questione non possono ancora essere valutate come adeguate alla sua età cronologica. Tuttavia, sebbene sia necessario non perdere di vista lo standard della normalità, il più importante riferimento allo scopo di valutare i progressi di G. è G. stessa, che rispetto al momento T1 ha senz'altro compiuto dei piccoli passi degni di nota. La modulazione delle caratteristiche della voce da parte della terapista riveste ancora il ruolo di principale facilitatore per favorire la comprensione nella bambina, che comunque focalizza e mantiene l'attenzione con un grado di difficoltà decisamente minore rispetto al passato, potendo quindi capire quanto viene detto con più facilità. Per quel che concerne la comprensione di frasi riferite a contesti esterni, la valutazione è possibile soltanto in riferimento a quanto viene affermato dalla terapista sul fatto che la mamma è andata via e tornerà più tardi. In tal senso si può parlare di un miglioramento (da 0 a 1) proprio in virtù della considerazione che, come già sottolineato, negli sporadici casi in cui G. sembra ancora avere qualche difficoltà nel distacco dalla figura materna, questa spiegazione viene compresa ed è sufficiente a tranquillizzarla. In generale, comunque, la seduta si svolge nell'hic et nunc, ricercando una continuità con le sedute passate e ponendo le basi per quelle future; non vi sono frequenti riferimenti a realtà che esulino dalla stanza di terapia, anche in virtù dell'età di G. e delle sue stesse difficoltà nel comprendere parole e frasi che non siano direttamente connesse al dato concreto.  

 

Area motorio-prassica

 

3.1 Organizzazione posturale e motoria globale

 

Assetto posturale funzionale

3

Regolazione tonica

3

Rotolamento

2

Striscio

3

Quadrupedia

4

Cammino

3

Corsa

0

Salto

0

Scale

n.v.

Lancio e ricezione della palla

2

 

L'assetto posturale di G. si mantiene poco variabile, ma quasi sempre funzionale allo scopo; i passaggi posturali continuano ad essere connotati dalle medesime difficoltà, specie per quel che concerne il rotolamento, tuttavia sono in generale più fluidi. Un notevole miglioramento si è avuto nel cammino, che ad oggi appare più coordinato, armonico e veloce, anche se i movimenti oscillatori delle braccia sono minimi e l'arto superiore destro viene spesso tenuto flesso al gomito, col pugno chiuso, specie quando G. si avventura su superfici poco stabili come il tappeto morbido. Talvolta, in quest'ultima circostanza, la bambina rischia di cadere a causa dell'equilibrio non eccellente nella deambulazione che, com'è ovvio, viene ridotto ulteriormente dal materasso posto sul pavimento. Per quanto riguarda la regolazione tonica ci preme evidenziare come adesso G. si sistemi in braccio all'adulto, abbandonandosi tonicamente al suo corpo. Inoltre il tono della bambina risulta di gran lunga più adeguato sia durante il gioco senso-motorio, al quale si lascia andare ormai con piacere, sia durante la prensione. Il lavoro sul fronte motorio è stato svolto nel contesto delle attività che si proponevano di raggiungere gli obiettivi prefissati nel momento T1 e, sebbene non lo si sia trattato specificamente nel capitolo precedente, che ha preso in esame gli aspetti preminenti della terapia di G., non è mai stato trascurato.

 

3.2 Organizzazione della motricità fine

 

Prensione a rastrello

4

Pinza inferiore

4

Pinza superiore

3

Coordinazione occhio-mano

3

Coordinazione bimanuale

2

 

Sul fronte della motricità fine non si sono riscontrati dei grossi miglioramenti, ma vi sono state delle modificazioni che meritano di essere menzionate. Mentre nel momento T1 la bambina non era capace di utilizzare coordinatamente le mani per impugnare e stappare un pennarello, nel momento T2 tende a farlo spesso e questa sua azione non è dettata da un mero desiderio di provocazione, ma ha luogo prima che G. consegni l'oggetto alla terapista, affinché quest'ultima possa utilizzarlo durante la routine iniziale. In generale si riscontra ancora l'uso di una sola mano alla volta, principalmente la sinistra, che continua a essere la preferita della piccola. Per far sì che gli arti superiori vengano impiegati contemporaneamente, ad esempio per spingere una pila di cubi o per manipolare il materiale plastico, sono ancora necessarie tanto la guida verbale quanto quella fisica. 

 

3.3 Schema corporeo/lateralizzazione

 

Schema corporeo

3

Preferenze d'uso/lateralità

sx

 

3.4 Attività grafico-rappresentative

 

Produzione di segni grafici

3

Produzione di forme circolari chiuse

1

Figura umana

n.v.

Rappresentazioni particolareggiate

n.v.

Scrittura

n.v.

 

Una più attenta valutazione dello schema corporeo è stata resa possibile dall'ampliamento del vocabolario della bambina e dall'introduzione della rielaborazione grafica dell'attività attraverso il disegno: quando la terapista rappresenta sul foglio una parte del corpo di G., le chiede di nominarla e la bambina lo fa puntualmente, dimostrandosi per di più ben consapevole della collocazione dei suoi distretti anatomici, che tocca correttamente e muove se la si invita a farlo. Il lavoro sul disegno autonomo di G. non ha invece rappresentato una priorità del trattamento nel periodo di tempo considerato, ma l'emergere di migliori capacità simboliche potrebbe suggerire l'inizio di un percorso anche su questo fronte. Nelle poche occasioni di osservazione delle sue produzioni grafiche (sostanzialmente scarabocchi) è emerso, tuttavia, che ad oggi è possibile la realizzazione di forme circolari chiuse approssimative. Inoltre, se la terapista richiede a G. di colorare un oggetto disegnato durante la rappresentazione grafica di cui sopra, la bambina prova a farlo e, nonostante abbandoni l'azione entro pochi secondi, sembra riconoscere il valore simbolico del disegno su cui sta lavorando. Mantiene inoltre una buona concentrazione mentre la terapista lo realizza e lo illustra a parole, allo scopo di semantizzare correttamente i segni grafici.

 

Area neuropsicologica

 

4.1 Percezione, attenzione e memoria

 

Funzione percettiva visiva

4

Funzione percettiva uditiva

4

Funzione percettiva tattile

4

Funzione percettiva visuo-spaziale

3

Attenzione sostenuta

2

Attenzione selettiva

3

Capacità di memorizzazione

3

 

Come già precisato parlando dello sviluppo comunicativo/sociale di G., la focalizzazione e il mantenimento dell'attenzione hanno potuto beneficiare dell'incremento motivazionale conseguito all'investimento nella figura del terapista, che ha reso possibile una riduzione dell'importanza degli oggetti impiegati nell'attività ludica al fine di catturare l'interesse della bambina. G. è oggi più partecipe nelle interazioni e maggiormente concentrata sulle attività ludiche della seduta. Ciò determina una più lunga permanenza nelle stesse e un ritmo dell'azione più rapido, grazie anche alla minore necessità di richiami volti a riportare la piccola entro la cornice di gioco. Ciononostante il lavoro su questo fronte resta un nodo centrale del trattamento. Infatti vi sono ancora delle difficoltà rilevanti, specie nell'attenzione sostenuta per tempi prolungati, nel corso di giochi più statici e che prevedano l'assunzione ripetuta del ruolo di spettatrice da parte di G., mentre il terapista agisce. In questo senso la gestione sistematica di spazi e tempi della seduta resta un facilitatore imprescindibile, in virtù della sua funzione rassicurante e soprattutto emotivamente contenitiva, in quanto rende l'ambiente esente da elementi confusivi e distraenti. Sul fronte percettivo va segnalato che la funzione visiva di G. è integra ed efficiente, al momento niente affatto inficiata dalla presenza del glaucoma, che si trova in uno stadio iniziale ed è sottoposto a un monitoraggio specialistico periodico. L'esplorazione visiva dell'ambiente è oggi governata da un maggior interesse e, specie in presenza di facilitazioni come la guida verbale, G. vi fa ricorso in maniera finalistica, per esempio allo scopo di individuare i cubi necessari durante il gioco delle torri.

 

4.2 Organizzazione spazio-temporale

 

Utilizzo differenziato degli spazi e dei tempi

3

Capacità di pianificare la costruzione di uno spazio ludico

n.v.

Riconoscimento dei rapporti spaziali

3

Capacità di attesa

2

Rispetto dei turni

2

Riconoscimento dei rapporti temporali

3

 

La capacità di pianificare la costruzione di spazi ludici in autonomia è ancora del tutto assente, fatto questo da non considerarsi particolarmente strano vista l'età della bambina. Al contrario, la differenziazione nell'utilizzo degli spazi e dei tempi caratteristici della seduta e disposti dalla terapista sembra essere stata interiorizzata, almeno in parte, da G., che pare riconoscere il significato di diverse aree della stanza in relazione al loro utilizzo. Alle volte, sedendosi sulla panchina, la bambina porge i piedi alla terapista per farsi togliere le scarpe ancor prima che questa glielo abbia chiesto espressamente, dimostrando di associare alla preparazione la fase iniziale della seduta e lo spazio che la caratterizza. Collega inoltre il tavolino alle routine: una volta sedutasi di fronte a esso ripete i nomi proprio, mio e della terapista, mostrando di ricordare e di aver assunto che il primo rituale consiste nella preparazione delle etichette identificative. In generale riconosce i momenti della seduta e gli elementi che li connotano e, nonostante l'utilizzo differenziato degli spazi dipenda ancora in larga misura dal senso portato dall'adulto, G. sembra star procedendo verso una differenziazione più autonoma degli stessi. Si adatta con maggiore facilità e interesse alle proposte che le vengono presentate e, malgrado siano ancora necessari, in questa direzione, richiami e facilitazioni riconducibili alla già menzionata tecnica del prompting, la capacità di attesa di G. è andata incontro ad un miglioramento che è stato fondamentale per garantire una certa continuità della seduta. Questo cambiamento si è inevitabilmente riverberato sul rispetto dei turni che, in virtù del maggior interesse nutrito da G. nei confronti dell'Altro e delle sue azioni, è adesso indubbiamente più strutturato. Tuttavia l'attesa e la turnazione si configurano come cantieri ancora aperti, su cui lavorare investendo ulteriormente nella relazione ed esercitando assiduamente le competenze sociali. La comprensione dei nessi temporali, ancorché bisognosa di un rinforzo e talvolta incerta, è ad oggi enormemente migliorata, come prova tra le altre cose la capacità della piccola di rasserenarsi quando le viene detto che la mamma arriverà dopo. Il riconoscimento dei rapporti spaziali si mantiene buono, come provato da quanto detto in merito alla capacità di ricerca dei cubi in base alle indicazioni verbali della terapista ("accanto al cubo rosso" etc.), durante la preparazione del gioco delle torri.

Appare inoltre affinata la capacità di riconoscimento dei colori.

 

Area cognitiva e modalità di gioco

 

5.1 Attività riferite agli stadi del periodo sensomotorio

 

Schemi riflessi

4

Reazioni circolari primarie

4

Reazioni circolari secondarie

4

Reazioni circolari secondarie/variazione schemi d'azione

3

Reazioni circolari terziarie

3

Rappresentazioni

2

 

G. è in grado di mettere in atto sequenze d'azione più complesse e variabili e l'evoluzione delle sue capacità rappresentative fa sì che utilizzi gli oggetti più per fini imitativi che sensomotori, specie se li aveva già impiegati precedentemente a questo scopo. I giocattoli che riproducono stoviglie, cibi e posate non sono adesso (se non raramente) coinvolti in azioni di tipo esplorativo, ma ricondotti al far finta e riconosciuti nel loro preminente significato. La bambina appare maggiormente consapevole delle conseguenze delle sue azioni e le condotte imitative della stessa sono andate incontro, come ribadito più volte, a un incremento coincidente con l'emergenza del gioco presimbolico e con l'ampliamento del vocabolario. Anche in questo senso il ruolo svolto dall'attività ludica come mediatore di apprendimenti relazionali è stato fondamentale, poiché ha fornito a G. la motivazione necessaria per potersi aprire alle nuove esperienze di gioco e quindi agli apprendimenti sul fronte più propriamente cognitivo, che restano uno dei principali obiettivi della terapia neuropsicomotoria della bambina.

 

5.2 Attività ludiche

 

Giochi di scambio tonico-emozionale

3

Gioco funzionale

3

Gioco pre-simbolico

2

Gioco simbolico

0

Gioco di regole

n.v.

 

L'apertura di G. alla relazione e il conseguente investimento positivo nel terapista le hanno permesso, nel tempo, di lasciarsi andare al piacere sensomotorio passivo, reso possibile dalla fiducia nell'Altro, che le ha consentito di avere esperienze non assoggettate al suo controllo. Anche il gioco sensomotorio attivo è andato incontro, come abbiamo visto nell'esposizione del trattamento, a importanti evoluzioni, divenendo per G. uno spazio ideale di scoperta del proprio corpo e delle sue potenzialità in relazione all'adulto, protagonista insieme a lei di una condivisione fondata sulla comunicazione corporea e sullo scambio tonico-emozionale. Nel periodo di tempo considerato non si è lavorato in modo specifico sul gioco funzionale, tuttavia lo smussamento dell'oppositività che caratterizzava il profilo comportamentale della bambina le consente oggi di dedicarsi alle attività esercitative con maggiore collaborazione e dedizione. Lo sviluppo della funzione semiotica ha portato a un'apertura importante sul fronte delle attività ludiche presimboliche, che si è poi concretizzata nell'avvio di un lavoro sistematico su questo fronte. Per quanto ancora non si possa parlare dell'emergenza del gioco simbolico, il percorso di G. dal momento T1 al momento T2 testimonia il progressivo avvicinamento della bambina a questa tappa, che si mantiene come un obiettivo ineludibile.

 

Atipie comportamentali

 

L'attenuazione della provocatorietà ha determinato il venir meno di comportamenti come portare il materiale plastico alla bocca o strappare il pennarello di mano al terapista. Ciononostante, come già dichiarato, le azioni provocatorie non sono del tutto scomparse e durante il gioco del far finta accade spesso che G. cerchi di impossessarsi degli oggetti che non le spettano (ad esempio le posate e il cibo della terapista), prendendoli dal tavolo non appena vi vengono posizionati. Sono ancora presenti atteggiamenti oppositivi che si sostanziano in "no" verbali aprioristici di fronte ad alcune richieste della neuropsicomotricista, per cui è necessario ricorrere a un approccio più direttivo per richiamare la bambina alla necessità di compiere una data azione. La rimozione dell'adesivo recante il nome è oggi soltanto autodiretta, ma molto frequente, immediatamente seguita dal suo riposizionamento. Tale comportamento è tanto disturbante da richiedere un intervento da parte della neuropsicomotricista, che si vede costretta a mettere via l'etichetta di G. per far sì che la bambina possa concentrarsi sulle attività in corso. Una volta adottato questo provvedimento, tuttavia, la seduta può procedere regolarmente, senza che G. mostri interessi atipici che la distraggano e che minino la realizzabilità dei giochi proposti. Il lavoro sul fronte degli apprendimenti comportamentali, costante nel periodo di tempo T1-T2, dovrà senz'altro essere portato avanti per poter garantire alla bambina l'approdo alle competenze sociali che, in età evolutiva come in seguito, sono necessarie per il perseguimento di una buona integrazione nel gruppo dei pari.

Verifica degli obiettivi

  • L'obiettivo di favorire l'instaurarsi di una relazione valida col terapista è stato ampiamente raggiunto, ma non può dirsi superato per due motivi: il primo e più importante è il fatto che, non ci stanchiamo di ripeterlo, la dimensione relazionale è la condicio sine qua non per qualsiasi intervento d'aiuto, che se ne viene deprivato finisce per snaturarsi e inaridirsi fino agli estremi della pericolosità. La seconda ragione risiede invece in un fattore circostanziale, ovvero la presa in carico da parte della nuova neuropsicomotricista: la garanzia di una continuità prolifica col trattamento fin qui attuato può essere rintracciata soltanto nel progressivo rafforzarsi della nuova relazione, luogo potenziale che andrà colorandosi di sfumature caratteristiche e irripetibili, com'è proprio di ogni legame umano. Parafrasando Rogers (1961), la relazione d'aiuto è una situazione in cui si cerca di favorire una valorizzazione maggiore delle risorse personali del soggetto e delle sue possibilità d'espressione. Poiché queste sono le finalità del trattamento neuropsicomotorio, chiaramente la dimensione relazionale non potrà mai essere posta in secondo piano. I presupposti della nuova alleanza terapeutica sono evidentemente rassicuranti, giacché le importanti acquisizioni di G. sul fronte comportamentale l'hanno dotata di un bagaglio di nuove competenze sociali, alle quali può adesso attingere per rapportarsi diversamente all'Altro. Infatti, a dispetto del suo recente coinvolgimento nel percorso della bambina, la nuova terapista sembra già essere stata investita del ruolo di figura significativa, il che testimonia la riuscita del lavoro su questo fronte. La maturazione relazionale di G. ha corrisposto peraltro a un progressivo distacco dalla figura materna, che pare oggi divenuta più propriamente una base sicura, la cui assenza è per lei tollerabile e il cui ritorno non viene messo in discussione. Questo denota l'acquisizione di una buona permanenza dell'oggetto d'amore, che corrisponde all'altro polo di quella che, in età evolutiva, possiamo definire la diade per eccellenza.
  • La promozione degli spostamenti autonomi e delle modalità esplorative, mediata e motivata dalla proposta di attività mirate alle competenze di G., ha contribuito a sostenere il progressivo consolidamento delle abilità motorie acquisite, favorendone l'affinamento e un utilizzo più consapevole e funzionale. Si è poi riscontrato un incremento dell'interesse che la piccola nutre nei confronti dell'ambiente circostante, esplorato preminentemente con lo sguardo e attraverso la manipolazione degli oggetti. La riduzione dei comportamenti di sfida è sfociata nella sostanziale scomparsa dell'esplorazione orale, che G. non utilizzava tanto come autentica modalità conoscitiva, quanto piuttosto per fini provocatori. Oggi il desiderio di G. di guardare alla realtà è più forte della sua voglia di opporvisi per non assecondarla, che a lungo l'ha incarcerata nella non-partecipazione e nel vuoto afinalistico della mancata reciprocità. Mantenendoci nell'ambito del rapporto tra la bambina e l'ambiente circostante, nel momento T1 avevamo sottolineato la necessità di favorire nella piccola l'attribuzione di significato agli spazi, in relazione alla loro funzione nel contesto della seduta. In questo senso si è visto che G. è oggi capace di correlare le diverse fasi dell'ora di terapia con le aree della stanza nelle quali si svolgono, per cui possiamo senz'altro affermare che si sono raggiunti dei risultati importanti. Nonostante queste considerazioni e, anzi, proprio per assicurare l'ulteriore rinforzo delle competenze acquisite e un supporto costante al naturale sviluppo di nuove abilità, sarà fondamentale proseguire il lavoro su tutti questi fronti. L'attenzione al movimento inteso come canale espressivo e come strumento d'interazione con l'ambiente, ma soprattutto come sinonimo di azione e quindi come tramite di significazione della realtà, dovrà rimanere costante. Sarà inoltre necessario, per quel che concerne le competenze più prettamente sensomotorie, lavorare sul raggiungimento, da parte di G., di una migliore integrazione dell'uso degli emilati corporei, nonché di una progressiva maggior conoscenza di sé come soggetto capace di agire efficacemente sul mondo.
  • Per quanto riguarda l'obiettivo di favorire un progressivo maggior investimento nel linguaggio non verbale, paraverbale e verbale, cioè di incentivare ogni possibile canale comunicativo, il trattamento neuropsicomotorio ha contribuito, nel periodo T1-T2, a sostenere una serie di evidenti progressi. G. è oggi capace di produrre gesti referenziali quali il saluto e l'applauso, specie se esortata e guidata dall'esempio fornitole dalla terapista. Il gesto deittico è più frequente che in passato e si manifesta attraverso pointing richiestivi, ma perlopiù dichiarativi, che come detto si accompagnano allo sguardo referenziale e talvolta alla parola ("là"). La mimica facciale, che nel momento T1 era efficace ma poco variabile, è adesso ancor più comunicativa e coerente con gli stati d'animo manifestati; si mantiene tuttavia, a dispetto di un ampliamento delle sue possibilità, ancora piuttosto limitata. Sul fronte del linguaggio verbale si è riscontrato un significativo ampliamento del vocabolario, nonché un'importante riduzione delle strategie di semplificazione, per il superamento delle quali si è fatto ricorso alla corretta ripetizione, da parte del terapista, dei vocaboli pronunciati dalla bambina. Inoltre, per sostenere lo sviluppo morfosintattico del linguaggio di G. si è adottato l'inserimento delle sue produzioni nel contesto di frasi più articolate, ma comunque per lei comprensibili. Da questo punto di vista ancora molto resta da fare: abbiamo visto che nella bambina si è appena affacciata la produzione consequenziale di due parole riferite al contesto e che quindi, sotto il profilo formale, il linguaggio verbale è ancora notevolmente in ritardo. Al di là delle specifiche attenzioni agli aspetti morfosintattici, il lavoro sulla comunicazione di G. dovrà passare, come del resto sta già avvenendo, per il sostegno di uno sviluppo della simbolizzazione, praticabile attraverso canali congiunti quali il disegno, il gioco rappresentativo e l'imitazione. L'incessante investimento nella relazione ha infine una fondamentale ripercussione sul fronte comunicativo: il prerequisito imprescindibile per lo sviluppo del linguaggio in ogni sua forma è l'intenzionalità comunicativa che, pur essendo presente e forte in G., trova sempre un'ulteriore motivazione nell'interazione con una figura significativa, rappresentata in questo caso dalla terapista.
  • Nel momento T1 ci si era proposti di proseguire la promozione in G. del piacere del gioco sensomotorio, che appariva pressoché impraticabile, specie nella sua declinazione passiva, in virtù dell'irrigidimento e del successivo allontanamento dall'attività che provocava nella piccola. Era evidente la sua difficoltà a trovare una valida motivazione per abbandonarsi a un'azione che non fosse soggiogata al suo controllo diretto, difficoltà che le impediva di esperire la corporeità in modo gradevole. Come si è visto nel precedente capitolo (pag. 48), la progressiva apertura di G. all'Altro le ha consentito di riporvi la propria fiducia e di mettersi alla prova in giochi nel corso dei quali viene avvolta, trasportata o lasciata cadere sui materassi morbidi. La rigidità che caratterizzava le sue reazioni si è man mano trasformata in espressioni di piacere più o meno palesi, che vanno oggi da un risolino sommesso alla verbalizzazione del desiderio di ripetere "ancora" l'attività. Il fatto di essersi aperta a questa dimensione di gioco è stato verosimilmente una delle concause che hanno sostenuto lo sviluppo, da parte di G., di una miglior conoscenza di sé e dunque del suo schema corporeo. L'attività ludica sensomotoria, sia attiva che passiva, rimane un elemento fondamentale della terapia, nella misura in cui contribuisce ad alimentare la percezione di sé come dotati di un corpo abile, capace sia di agire efficacemente sugli oggetti, sia di provare esperienze piacevoli e motivanti, che peraltro alimentano nel bambino il ricordo positivo della seduta, costituendo un importante fattore motivazionale.
  • Come da premessa (pag. 41), il proposito di garantire un adeguato sostegno alla famiglia è rimasto costante durante l'intero intervallo T1-T2, concretizzandosi in ripetuti e frequenti colloqui sull'uscio, ma anche in incontri pianificati e sistematici che permettessero di fare il punto della situazione rispetto ai progressi e alle difficoltà di G. La sempre maggior conoscenza della piccola da parte del terapista e di tutti coloro che, presso Davide e Golia Onlus, le ruotano attorno, è concretamente sfociata nell'assunzione di una prospettiva di riconoscimento della sua individualità e delle sue peculiarità. Essa ha consentito di condividere con i genitori il concetto secondo cui è importante guardare con entusiasmo ad ogni piccolo-grande progresso di G., evitando di perseguirne una normalizzazione ad ogni costo. Il dialogo incessante con la famiglia, che si è posto a garanzia della trasferibilità dei risultati conseguiti in stanza, rimane immancabilmente un cardine della terapia neuropsicomotoria, in assenza del quale ogni sforzo sarebbe vano. Il perché è evidente: estrapolare un bambino dal suo contesto naturale significa snaturarlo e privarlo delle sue reali possibilità di sviluppo, contravvenendo all'obiettivo principe dell'abilitazione stessa. Teniamo sempre a mente che il bambino, da solo, semplicemente non esiste e che, per questo, un intervento d'aiuto ragionevole non può mai, in età evolutiva, barricarsi nella propria roccaforte ed esimersi dal confronto e dal dialogo.

Possiamo dire, in definitiva, che G. è andata incontro a uno smussamento rilevante dei suoi atteggiamenti provocatori e dispotici, che le ha permesso di raggiungere una miglior competenza relazionale e sociale, accompagnata da un discreto incremento delle capacità attentive e partecipative. Contemporaneamente si è verificata un'importante apertura a modalità di gioco più evolute, che le hanno consentito di consolidare e affinare le proprie competenze motorie e cognitive.

Sul serio, per gioco

Chi è G. nell'Ottobre 2013? Si tratta della stessa domanda che ci eravamo già posti elaborandone un ritratto nel capitolo 4, in rapporto alla situazione nel momento T1. Vale la pena, però, di riflettere nuovamente su quest'interrogativo, che rappresenta un passaggio obbligato per capire fin dove ci ha portati il lavoro esposto in questa tesi. Proviamo dunque a formulare una risposta: G. è una bambina che da poco ha compiuto tre anni e che inevitabilmente continua a convivere con la propria patologia, la quale l'accompagnerà, in un modo o nell'altro, per tutta la vita. Un'affermazione simile, che può ingenerare in chi la legga una certa soggezione, altro non è che una constatazione di fatto: il suo significato è da ricercarsi nella consapevolezza che sarà sempre necessario prestare la massima attenzione alla SSW, in relazione alle conseguenze fenotipiche proprie della storia di G. Su questo fronte non vi sono particolari cambiamenti da segnalare, salvo l'importante assenza, ormai da mesi, di eventi critici cagionati dall'epilessia, con rilevanti conseguenze (ovviamente favorevoli) sul piano del mantenimento delle competenze e del benessere globale. Non si sono infatti verificate nuove regressioni transitorie, le quali in passato si erano spesso presentate come conseguenza delle crisi stesse, rendendo più difficoltoso il consolidamento dei nuovi apprendimenti che finivano per essere fruibili da G. in maniera discontinua. In sostanza, in condizioni di particolare malessere riemergevano modalità – specie comportamentali – già superate e sostituite in sede di terapia da altre più mature e socialmente adeguate. La scomparsa delle crisi si è dunque rivelata fondamentale, nella misura in cui ha permesso a G. di progredire incessantemente, garantendo peraltro, unitamente alla minor frequenza di bronchiti e influenze, una maggiore continuità del trattamento, il cui ritmo era precedentemente spezzato dai frequenti ricoveri ospedalieri e dai periodi di convalescenza domiciliare della bambina. Gi aspetti più prettamente medici che attengono alla salute della persona non mai sono divisibili dalle reali possibilità di sviluppo della stessa, nella misura in cui rappresentano una variabile che può ostacolare o favorire tutti gli interventi volti alla loro promozione. Non possiamo però fermarci a queste considerazioni, poiché così facendo rinnegheremmo ciò che con tanta forza abbiamo motivato e sostenuto nel corso del presente lavoro. Assumiamo allora le informazioni appena esposte e facciamo un passo avanti: G. è tuttora una bambina che presenta un ritardo di sviluppo, il quale continua a estendersi a vari ambiti di competenza. Da questo punto di vista, però, la terapia neuropsicomotoria ha contribuito alla continua emergenza di una serie di progressi che, concatenandosi e combinandosi in un tutto unico e dinamico, hanno reso G. più capace di affrontare il mondo. Del resto il proposito, realizzato in misura diversa a seconda dei limiti imposti dalle circostanze, ma comune a ogni intervento d'aiuto che voglia essere realmente tale, è proprio questo: liberare il paziente dall'isolamento di un'identità che gli è stata assegnata dall'esterno e che lo allontana dalla possibilità di essere se stesso, ovvero ciò che potrebbe diventare affacciandosi a una realtà fatta d'interazioni e di relazioni fra oggetti e persone. Nel caso di G. ci sentiamo di poter dire che questo proposito è stato realizzato. Infatti la terapia l'ha aiutata a prendere possesso di strumenti che, rafforzandosi e arricchendosi nel tempo, le permetteranno di far sì che il suo biglietto da visita non risponda più soltanto a un eponimo nosologico, ma sia scritto nella maggior misura possibile dalle sue stesse mani, auspicabilmente capaci di firmare la realtà in totale autonomia. Il modo in cui ci si è mossi per perseguire quest'obiettivo universale dovrebbe essere ormai chiaro, ma nel dubbio che non lo sia ancora abbastanza ne proponiamo un rapido compendio, perché non se ne perdano il significato e il valore.

La parola chiave è gioco. Osservando il gioco si è imparato a conoscere G. Costruendo il gioco si sono gettate le basi per una relazione che le insegnasse la reciprocità. Condividendo il gioco si è cercato di mostrarle che esistono regole da rispettare e comportamenti da tenere per poter stare con gli altri. Giocando G. ha agito, pensato e appreso. Si è sempre giocato molto sul serio, perché "non c'è niente di più serio e coinvolgente del gioco per un bambino" (Vegetti Finzi et al., 1997). Il gioco è stato inizio, tramite, motivazione e obiettivo: è giunto a rompere, col naturale potere che non può essergli negato, il circolo vizioso che stringeva G. nella propria morsa, ristabilendo il circolo virtuoso dello sviluppo. Per far sì che questo avvenisse esso stesso si è evoluto, alimentandosi del piacere generato dal dispiegarsi delle sue possibilità. Molto è stato fatto e molto resta da fare, ma in ogni caso sarà di nuovo attraverso il gioco che, in una ruota incessante di connessioni ineludibili, G. continuerà a crescere.

E giocando con G., dobbiamo ammetterlo, siamo cresciuti anche noi.

 

Indice

 
INTRODUZIONE
 
  1. PREMESSE TEORICHE: Processo diagnostico e diagnosi nosografica; La valutazione neuropsicomotoria; Rete e supervisione; L'importanza della relazione; L'uroboro: un trauma che si morde la coda; Il gioco.
  2. Dalle premesse alla stanza: Presentazione; Collocarsi nello spazio.
  3. IL CASO DI G.: Anamnesi, La diagnosi nosografica, Le malattie neurocutanee, La sindrome di Sturge-Weber; L'osservazione/valutazione neuropsicomotoria, Scheda di osservazione psicomotoria Berti-Comunello, Scheda di osservazione/valutazione neuropsicomotoria Gison.
  4. Il trattamento neuropsicomotorio di G.: Perseguire l'integrazione; Obiettivi del trattamento; Il circolo virtuoso del gioco; Gioco e relazione; Gioco e socialità; Gioco e apprendimento; Ristabilire l'unità.
 
CONCLUSIONI - Precisazioni metodologiche; Osservazione/valutazione finale; Verifica degli obiettivi; Sul serio, per gioco
 
BIBLIOGRAFIA - SITOGRAFIA
 
RINGRAZIAMENTI
 
Tesi di Laurea di: Francesco CANGIOLI

Image
Image
Image
Image
Image
Image
Image
Image

Accedi / Crea il tuo account