Caso clinico F - Strategie Visive e CAA in diversi casi clinici: Autismo e Disabilità Intellettiva
Caso clinico F.
F. è un bambino di 11 anni di nazionalità equadoregna figlio di genitori sposati e poi separati, con diagnosi di Autismo in carico alla struttura dall'età di 5 anni.
Dalla storia personale e dal raccordo anamnestico si evidenzia un periodo perinatale caratterizzato da una gravidanza normodecorsa con parto a termine eutocico, peso alla nascita di 2080 gr. Seguito da un periodo neonatale con decorso normale, l'allattamento al seno per 5 mesi e nessun problema di svezzamento. Dal racconto dei genitori lo sviluppo psicomotorio si è caratterizzato per il raggiungimento della stazione seduta a 7 mesi e la deambulazione autonoma introno ai 12 mesi, preceduta da l'utilizzo del girello intorno ai 9 mesi di vita. La deambulazione appare da sempre caratterizzata da cammino digitigrado con assenza totale di appoggio sul tallone se non per brevi momenti in situazione di stazione eretta.
A 15 mesi, F. viene mandato in Equador dai nonni mentre i genitori rimangono in Italia per motivi di lavoro. I genitori raccontano che la prima ad accorgersi di difficoltà nello sviluppo è stata la nonna che notando la presenza di stereotipie alle mani e un disturbo del linguaggio, lo invia ad uno specialista che effettua diagnosi di Autismo. All'età di 3 anni, dopo essere tornato in Italia, viene confermata la diagnosi e viene subito attivata una presa in carico globale con trattamenti neuropsicomotori, logopedici, e counseling ai genitori, che nel frattempo si separano. All'età di 4 anni viene inserito a scuola materna dove, a detta delle insegnanti, non mostra particolari difficoltà dal distacco della figura materna ed instaura una "buona relazione" con la insegnante di sostegno. Il controllo sfinterico completo, diurno e notturno, è raggiunto intorno ai 5 anni, il ritmo sonno-veglia è stato regolare e l'alimentazione abbastanza varia e abbondante.
Profilo funzionale
Lo sviluppo del piccolo F. si è caratterizzato da sempre per difficoltà nell'interazione sociale, assenza di linguaggio verbale con una produzione verbale caratterizzata per lo più da semplici suoni vocalici ripetuti inizialmente in modo afinalistico e solo di recente come modalità per attirare l'attenzione o condivisione del piacere e presenza di una discreta instabilità psicomotoria. Le capacità esplorative, prassiche manipolative e di interazione con il mondo oggettuale si sono da sempre rilevate deficitarie così come la capacità di comprensione del linguaggio verbale, l'interesse alla relazione e l'integrazione dei diversi canali comunicativi. Inoltre la presenza di numerose stereotipie motorie (sfarfallamenti), verbali e la presenza di alcuni comportamenti autostimolatori (visivi e tattili) hanno ulteriormente limitato le possibilità di sviluppo del minore, rendendo necessaria una presa in carico globale, continuativa e articolata in diversi livelli di intervento. Di seguito riporto la valutazione del comportamento adattivo e del livello di sviluppo del minore all'età di 5 anni e 8 mesi momento della presa in carico della struttura che lo segue tutt'ora.
Scale Griffiths: al momento della somministrazione del test F. aveva un'età cronologica di 5 anni e 10 mesi (70 mesi), lo sviluppo si presentava globalmente omogeneo ma in ritardo rispetto all'età cronologica con un'età mentale di 27 mesi e un quoziente di sviluppo pari a 38. Tutte le aree si presentano inferiori alla media per l'età, in particolare:
- Scala locomotoria: età di sviluppo 47 mesi
- Scala personale sociale: età di sviluppo 33 mesi
- Scala udito e linguaggio: età di sviluppo 22 mesi
- Scala coordinazione occhio-mano: età di sviluppo 43 mesi
- Scala performance: età di sviluppo 49 mesi
- Scala del ragionamento pratico: età di sviluppo 38 mesi
Osservazione del comportamento adattivo: F. mostrava difficoltà nell'intersoggettività primaria, l'attenzione congiunta risultava limitata a brevi momenti strutturati in cui era in grado di alternare il proprio sguardo tra la cosa che si stava facendo e l'altra persona. Non era in grado di indicare per mostrare e/o richiedere l'oggetto, ma in situazioni strutturate scambiava l'immagine del gioco desiderato con l'oggetto stesso. In caso di necessità o quando non veniva compreso, utilizzava l'adulto come mezzo per raggiungere il suo scopo o, se era possibile, agiva autonomamente.
Il linguaggio verbale era assente, produceva semplici vocalizzi senza finalità comunicativa; in situazioni ludiche routinarie emetteva suoni con valenza richiestiva rispettando gli scambi comunicativi. F. dimostrava difficoltà nel sopportare i cambiamenti di attività o di situazioni routinarie, aveva difficoltà a sopportare le frustrazioni a cui reagiva con modalità eteroaggressive e aumento dell'instabilità psicomotoria. La possibilità di anticipare e prevedere i cambiamenti di attività/luogo/ruotine, attraverso strategie visive, quali la costruzione di agende visive e tabelle comunicative, ha permesso a F. di comprendere e gestire tali momenti limitando così i comportamenti problema.
A livello affettivo relazionale, il bambino dimostrava difficoltà nel distinguere le emozioni dell'altro e la loro manifestazione e nell'adattare in qualche modo ad essa la propria emozione; erano presenti momenti di riso apparentemente immotivato; le espressioni non erano usate come strumento nello scambio sociale. Il bambino è bilingue e lo spagnolo riveste per lui una valenza affettiva. F. mostrava difficoltà nell'attività che prevedono lo scambio dei turni; in attività semplici e adeguatamente strutturate riusciva a mantenere l'interesse sul gioco e ad alternare brevi sequenze di turnazione che venivano per lo più gestite dall'adulto.
In contesti sociali (es. scuola) necessitava della figura dell'adulto con la quale si relazionava nei momenti di difficoltà o per il soddisfacimento dei bisogni primari. F. osservava gli altri bambini senza compiere tentativi per entrare in relazione con loro, pertanto la relazione con i coetanei doveva essere sostenuta della mediazione dell'adulto. Le autonomie personali (igiene personale e alimentazione) sono acquisite.
Pep-3: alla somministrazione del test di sviluppo psicoeducativo effettuato all'età di 6 anni, i punteggi risultanti dai subtest sono i seguenti:
Sub-test | Punteggio grezzo | Età di sviluppo | Rango percentile | Livello adattivo |
CVP | 15 | 17 | 4 | Grave |
LE | 1 | <12 | <2 | Grave |
LR | 6 | 12 | 2 | Grave |
MF | 28 | 28 | 9 | Grave |
MG | 23 | 29 | 13 | Grave |
IVM | 7 | 22 | 7 | Grave |
EE | 8 | 15 | Grave | |
RS | 7 | 12 | Grave | |
CMC | 11 | 2 | Grave | |
CVC | 0 | <3 | Grave |
Dai punteggi ottenuti si nota, come anche già visto dall'osservazione del comportamento adattivo, che tutte le aree sono deficitarie, soprattutto quelle riguardanti il liguaggio e la reciprocità sociale.
Proposte ri-abilitative
La presa in carico diretta del minore ha previsto da subito la presenza di trattamenti neuropsicomotori e logopedici integrati con progetti e obiettivi condivisi. Come obiettivo prioritario ci si è posto fin da subito l'aumento delle capacità comunicative e di interazione sociale, in modo da favorire una maggiore partecipazione di F. nel contesto di vita, favorendo l'acquisizione di nuove competenze e ampliando le autonomie, prima personali e poi sociali.
Considerate le gravi limitazioni comunicative-linguistiche e la scarsità di strategie funzionali all'adattamento nel contesto di vita del minore, l'utilizzo delle strategie visive associate ad un percorso specifico sulla CAA sono state fin da subito il filo conduttore della presa in carico del minore. Inizialmente gli obiettivi primari si sono rivolti all'acquisizione di comportamenti socialmente condivisi che riguardavano l'utilizzo del corpo a fini comunicativi e si sono articolati nella maniera seguente:
- Aumento della condivisione dello sguardo: F. mostrava un contatto visivo ancora fluttuante, ricercava la terapista solo nel momento del bisogno o di forte interesse per l'attività svolta, lo sguardo era scarsamente utilizzato come mezzo comunicativo. Pertanto attraverso semplici giochi di causa-effetto e di scambio, strutturati a tavolino, si è cercato di aumentare l'attenzione del bambino verso l'interlocutore ricercando sempre il contatto visivo e la condivisione dello sguardo prima di iniziare l'attività.
- Incentivare l'acquisizione dei principali gesti comunicativi, quali l'indicazione o il gesto del "dammi" a scopo richiestivo: F. non utilizzava ancora in maniera strutturata e generalizzata il gesto del dammi per richiedere, che risultava presente solo in maniera parziale e in situazioni di necessità. Il lavoro proposto si strutturava a tavolino con attività ludiche semplici ed interessanti da svolgere in collaborazione con la terapista che, tramite il gesto di richiesta, forniva al bambino il materiale del gioco. Per tale attività è stata necessaria un'iniziale fase di modellamento fisico del gesto seguita da una fase più imitativa.
- Limitare i momenti di isolamento e diminuire le stereotipie motorie attraverso l'utilizzo di un setting strutturato, scevro di stimoli distraenti o autostimolatori, volto a promuovere l'intersoggettività e la condivisione delle attività proposte. Per tale obiettivo si è prevista l'introduzione di fotografie riguardanti le attività conosciute e proposte al bambino nei mesi precedenti al fine di iniziare un lavoro riguardante la sequenza temporale dei giochi svolti e la costruzione del diario della seduta. L'agenda visiva è stata costruita in senso verticale su una lavagnetta. F. è stato invitato a scegliere le foto riguardanti i giochi, talvolta scelti dalla terapista, e lo si incentivava ad attaccarli alla lavagna in modo da creare la successione dei giochi. Questo strumento aveva lo scopo di far comprendere a F. il significato temporale e spaziale degli eventi e ad avere una prevedibilità mentale diciò che accadrà. Questo obiettivo è stato perseguito e ampliato anche in altri contesti, una volta familiarizzato con il materiale d'uso.
A distanza di circa un anno dall'inizio del trattamento F. ha mostrato buone competenze di adattabilità alle proposte della terapista presentate attraverso i canali visivi e strutturate in modo semplice, chiaro e auto-evidente, pertanto il progetto riabilitativo è proseguito con l'obiettivo principale di ampliamento e supporto dell'emergente iniziativa comunicativa del minore. In accordo con la famiglia si è deciso di avviare un programma di Comunicazione Aumentativa Alternativa attraverso l'utilizzo delle immagini e simboli che prevedeva un periodo di lavoro congiunto di due terapiste. Gli obiettivi comuni prefissati erano i seguenti:
- Insegnare strategie comunicative efficaci tramite l'utilizzo della modalità PECS. Gli atti comunicativi spontanei di F. per comunicare i propri bisogni e necessità erano per lo più fisici; l'introduzione dei simboli PCS e la successiva strutturazione del sistema comunicativo PECS ha permesso il passaggio da un tipo di comunicazione motoria ad un tipo di comunicazione simbolica.
Le sedute riabilitative si sono quindi articolate seguendo le fasi e gli obiettivi di acquisizione del metodo PECS come descritto precedentemente nel mio elaborato. Inoltre vista la grande partecipazione della famiglia e della scuola al progetto di vita del minore è stato possibile generalizzare quanto appreso nelle sedute in tutti i contesti di vita del minore. ciò è stato possibile attraverso l'attivazione di semplici progetti indirizzati prima al contesto famigliare poi al contesto scolastico (insegnanti e alunni) in cui le terapiste hanno spiegato le modalità di approccio al sistema comunicativo utilizzato dal minore attraverso filmati e tecniche di role planning. è stato possibile stilare e mettere in atto diversi progetti per il minore, affinch´e le competenze apprese in terapia nell'utilizzo PECS, potessero essere trasportate e quindi generalizzate in altri contesti. Di seguito riporto brevemente i progetti e i loro obiettivi:
GRUPPO RIABILITATIVO VOLTO AL POTENZIAMENTO ED AMPLIAMENTO DELLE COMPETENZE COMUNICATIVE IN UN GRUPPO DI PARI.
F. ha partecipato a questo progetto insieme ad un'altra bambina con DSA, ciò ha permesso di lavorare direttamente con più soggetti su modalità comunicative condivise. I macrobiettivi di trattamento erano finalizzati allo sviluppo di una comunicazione funzionale necessaria a migliorare l'adattamento all'ambiente e la qualità di vita. La riuscita del percorso richiedeva che i bambini coinvolti avessero le seguenti abilità: buoni correlati comportamentali dell'intersoggettività in particolare capacità di turnazione nel gioco; capacità di comprendere e utilizzare semplici simboli con diverso livello di astrazione, presenza di un iniziale intento comunicativo spontaneo rispetto alla richiesta di oggetti o atti4.3. Caso clinico F. 99 vità gradite. I microbiettivi e la strutturazione del percorso riabilitativo prevedevano che:
- I bambini imparano ad approcciarsi a diversi partner comunicativi; ad impegnarsi in uno specifico comportamento (scambiare la carta-simbolo) per ricevere l'oggetto desiderato
- Mantenere l'intento comunicativo per il tempo necessario a cercare il partner comunicativo e a scambiare la carta-simbolo, posta sulla copertina del quaderno di comunicazione, per ottenere l'oggetto desiderato. La distanza fisica tra l'interlocutore e il bambino verrà gradualmente aumentata.
- Imparare a fare richieste discriminando tra più immagini
- Riconoscere il turno di comunicazione e rispettarlo
- Imparare a fare richieste strutturando una frase di due simboli utilizzando il supporto-frase e affiancando alla carta stimolo "io voglio" quella dell'oggetto desiderato
- Programmazione dell'azione motoria che veicola il messaggio comunicativo
- Creazione di messaggi comunicativi efficaci
PROGETTO "FAVORIRE L'INTEGRAZIONE SCOLASTICA DEL BAMBINO CON DSA ATTRAVERSO L'APPROCCIO PECS".
Questo progetto si è articolato in due fasi successive, la prima prevedeva una serie di incontri con i compagni di classe del soggetto e la sperimentazione diretta del metodo tra i bambini normodotati, la seconda una serie di incontri con le insegnanti volti a spiegare le modalità comunicative previste dal sistema PECS da generalizzare nel contesto scolastico. L'obiettivo della prima fase del progetto era di insegnare ai pari a supportare l'uso del sistema PECS da parte di F. nella routine scolastica. L'obiettivo si è articolato in due fasi: nella prima è stato spiegato ai pari la modalità comunicativa del proprio compagno, è stato presentato il quaderno di comunicazione ed è stata data la possibilità di fare pratica del suo uso con il feedback degli operatori. Nella seconda fase gli operatori hanno sollecitato i pari a:
- Modellare l'uso del quaderno di comunicazione durante le attività
- Attendere la presa del turno di comunicazione da parte del compagno F.
- Rispondere in modo adeguato alle iniziative comunicative del compagno F.
- Utilizzare gesti o immagini per supportare la comprensione verbale del compagno F.
Il ruolo degli operatori era di formare preventivamente i pari; fornire a F. prompts fisici, quando necessari per mantenere l'interazione in atto coi pari; coinvolgere un numero di pari sufficiente a rendere molto probabile la generalizzazione all'interno del gruppo classe delle modalità di comunicazione più adeguate a favorire l'interazione sociale con F.
La seconda fase del progetto aveva come obiettivo insegnare alle insegnanti a supportare l'uso del sistema PECS da parte di F. nella routine scolastica. L'obiettivo ha previsto tre fasi; la prima si è centrata sul spiegare alle insegnanti i principi teorici fondamentali del sistema PECS, su illustrare loro la modalità comunicativa del proprio alunno e sulla presentazione del quaderno di comunicazione. Nella seconda fase gli operatori hanno proposto alle insegnanti di sperimentare direttamente, attraverso role-playing, le fasi del sistema PECS in relazione al livello raggiunto del proprio alunno. La terza fase è stata dedicata alla discussione sull'esperienza vissuta, sulla riflessione condivisa delle modalità comunicative da utilizzare con F., in modo tale creare una reale continuità tra l'ambiente scolastico e terapeutico.
E' stato possibile un'ulteriore somministrazione del Pep-3 a fine percorso riabilitativo neuropsicomotorio. Grazie a ciò si è verificato come, in seguito all'intervento con i PECS, le aree che si sono modificate maggiormente riguardano la reciprocità sociale, l'espressione emotiva e il comportamento adattivo come dimostrato dai seguenti punteggi:
Sub-test | Punteggio grezzo | Et`a di sviluppo | Rango percentile | Livello adattivo |
CVP | 28 | 27 | 20 | Grave |
LE | 2 | <12 | <6 | Grave |
LR | 6 | <12 | 15 | Grave |
MF | 38 | 46 | 45 | Moderato |
MG | 25 | 31 | 15 | Grave |
IVM | 12 | 28 | 15 | Grave |
EE | 12 | 38 | Moderato | |
RS | 13 | 50 | Moderato | |
CMC | 15 | 5 | Grave | |
CVC | 1 | <6 | Grave | |
CP | 6 | <7 | Grave | |
AP | 20 | 41 | 43 | Moderato |
CA | 15 | 27 | Moderato |
F. oggi
F. oggi è un bambino di 11 anni. Presenta tutt'ora assenza di linguaggio ma è riuscito a raggiungere un buon livello comunicativo attraverso l'uso del quaderno PECS in diversi contesti: trattamento, casa e scuola. Il bambino presenta, inoltre, molteplici stereotipie motorie e vocali e persiste la sua andatura sulla parte digitigrada del piede. Gli obiettivi futuri di trattamento di F. prevedono il proseguimento dell'utilizzo dei PECS, andando ad ampliare la sua capacità comunicativa, provando ad introdurre la fase degli aggettivi (quarta fase), in modo che le sue richieste possano essere sempre più articolate e particolareggiate. F. nell'estate 2013 è stato inserito in un progetto piscina per cercare di creare altre situazioni in cui lui possa comunicare e di cui possa fare esperienza. Questo ha permesso di verificare come il bambino, in situazioni non strutturate e conosciute, come casa, scuola e trattamento, fatichi ad utilizzare il quaderno PECS, nonostante in quegli ambienti abbia raggiunto una buona generalizzazione. Di seguito riporto l'osservazione effettuata nel contesto piscina dove mi è stato possibile osservare alcune criticità e formulare eventuali proposte, affinch´e F. possa trarre benefici anche in ambienti nuovi e poco conosciuti.
OSSERVAZIONE IN PISCINA
L'osservazione di F. in piscina è avvenuta per quattro pomeriggi ravvicinati nel tempo. Il comportamento del bambino nello spogliatoio e in acqua non si è modificato nei diversi giorni di osservazione.
La piscina in cui si svolge questa attività è costituita da una vasca grande (50 metri), nella quale vi è posta una pedana sopraelevata che delimita la parte di acqua disponibile per i bambini da quella dedicata agli adulti; la distinzione tra i due spazi è di fatto poco comprensibile. L'atrio di attesa è uno spazio ampio e luminoso, dove vi sono poltrone, piano bar e tavolini. Lo spogliatoio si trova in fondo ad un corridoio lungo e buio cui da un lato vi sono delle docce e dall'altro una sbarra che consente di accedere allo spogliatoio. F. arriva in piscina accompagnato dalla mamma, nell'atrio di attesa il bambino rimane in piedi e si direziona verso il distributore di patatine. F. viene guidato fisicamente verso lo spogliatoio, in questo momento è possibile osservare l'andamento costante di F. di camminare con appoggio digitigrado. Entrato nello spogliatoio F. deve essere aiutato verbalmente a spogliarsi, ogni passaggio deve essere scandito, altrimenti dopo aver eseguito un'azione rimane fermo senza riuscire a proseguire da solo. Durante la svestizione F., tra un passaggio e l'altro, mette in atto comportamenti verbali e gestuali stereotipati. In seguito F. viene accompagnato alla vasca, ma prima di poter entrare deve aspettare il via dell'istruttrice. F. viene così fatto sedere su una panchetta insieme all'educatrice che gli ripete di aspettare e lo tiene per mano, in attesa che possa entrare in acqua. Per entrare in piscina viene fatto prima sedere sul bordo vasca e solo dopo una certa attesa viene invitato a tuffarsi, F. non mostra mai alcuna difficoltà ad entrare in acqua. Non ha bisogno di braccioli e si muove bene in acqua. Inizialmente F. pone l'attenzione sulla pedana che suddivide la piscina grande dalla piccola, tanto che il suo gioco è quello di passare sotto la corda andando un po' dove tocca e un po' dove non tocca. L'istruttrice segue il gioco iniziato dal bambino, successivamente propone dei giochi con la spugna e con la bacinella per giochi di travasi di acqua con l'intento di attirare la sua attenzione e il suo contatto di sguardo, che saltuariamente riesce ad ottenere. In ultimo l'istruttrice propone a F. giochi corporei di abbracci e trascinamenti sia frontalmente che di schiena; anche questi giochi vengono accettati positivamente, seppur per brevi momenti. Quando F. è immerso in acqua si può osservare come i suoi comportamenti verbali e motori stereotipati diminuiscono, ma riprendano quando gli vengono proposte sollecitazioni sensoriali, come ad esempio l'acqua sulla testa o giochi sensomotori per lui molto piacevoli.
Dall'osservazione effettuata emergono le diverse criticità:
- F. non utilizza il quaderno PECS in questo ambiente, ne si può avvalere di immagini che supportino le richieste verbali e stimolino all'autonmia
- I giochi gli vengono sempre proposti senza che F. possa effettuare intenzionalmente una scelta
- I giochi sono posti in delle ceste lontane dal bordo della piscina e quindi distanti dalla portata del bambino
- Alcune proposte creano in F. un aumento di tono muscolare e un successivo aumento di stereotipie motorie e talvolta vocali
Dalle criticità emerse le proposte di intervento possono essere:
- Fotografare i giochi della piscina per permettere una scelta reale da effettuare prima di entrare in acqua
- Fare in modo che F. possa utilizzare il quaderno PECS, soprattutto durante le attività fuori dall'acqua e per supportare l'autonomia e le richieste nello momento dello spogliatoio
- Proporre giochi che possano diminuire il tono del bambino, come ad esempio quelli di trascinamento che facilitano di rilassamento.
Indice |
INTRODUZIONE |
La Comunicazione Aumentativa Alternativa e le Strategie Visive La Comunicazione Aumentativa Alternativa
Disabilità Intellettiva e Autismo a confronto
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CONCLUSIONI |
Allegati
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BIBLIOGRAFIA |
Tesi di Laurea di: Francesca REBORA |