amazon le migliori offerte di oggi

Evoluzione dell’empatia

La selezione naturale mette a punto i meccanismi che servono  alle specifiche esigenze di ogni specie “ecologica”, e i comportamenti sociali sono maggiormente comprensibili  nel contesto dell'evoluzione. Tuttavia, bisogna sottolineare che, la letteratura della psicologia comparata ed etologia sono afflitte dalle stesse limitazioni e che la letteratura umana deve affrontare la difficoltà di differenziare chiaramente le vere reazioni empatiche da altre reazioni emotive, come  il disagio personale.

L'origine filogenetica delle comportamenti associate all’ impegno sociale è collegata all’ evoluzione della relazione tra il sistema nervoso autonomo e le emozioni.

Secondo Porges, l'approccio sociale deriva dal calcolo implicito di sentimenti di sicurezza, dal disagio o dal potenziale pericolo. Egli afferma che l'evoluzione del sistema nervoso autonomo (simpatico e parasimpatico) fornisce un mezzo importante per comprendere il significato del processo di affezione dei  mammiferi tra cui l'empatia e la creazione di legami sociali duraturi. Questi sistemi valutativi di base sono associati a risposte motorie dell'organismo.

A questo livello primitivo, le risposte comportamentali appetibili e contrarie sono modulate da specifici circuiti neurali nel cervello che condividono comuni neuro-architetture  nei i mammiferi. Questi sistemi cerebrali sono geneticamente cablati per consentire agli animali di rispondere incondizionatamente a stimoli  di minaccia,  di appetito, utilizzando modelli di risposta specifici che sono più adatti alle singole specie e alle condizioni ambientali.

Il sistema limbico, che include l'ipotalamo, la corteccia para-ippocampale, l'amigdala, e diverse aree interconnesse è principalmente responsabile per l’ elaborazione dell'emozione. Queste regioni sono  unite dal ruolo che giocano  sulle  motivazione e sulle  emozioni, mediate dalle connessioni con il sistema nervoso autonomo. Il sistema limbico si sporge anche verso  la corteccia cingolata e orbito frontale, coinvolte nella regolazione delle emozioni. 

Ci sono prove di una lateralizzazione del processo delle emozioni negli esseri umani e nei primati, che portano a  due teorie distinte. Una teoria afferma che l’ emisfero destro è responsabile dei processi emotivi, mentre un’altra suggerisce che questo regola solo le emozioni lasciando, quindi, all’emisfero sinistro il compito di regolare le emozioni positive.

Le  prove della  lateralizzazione delle emozioni provengono da studi effettuati attraverso neuroimmagini e da osservazioni neuropsicologiche con  pazienti cerebrolesi, ma anche da studi su  primati non umani.

In uno studio in particolare, è utilizzata la temperatura della membrana timpanica (TTY) per valutare le asimmetrie nella percezione degli stimoli emotivi negli scimpanzé. La  membrana timpanica è un sito indiretto, ma affidabile, per misurare la temperatura del cervello, ed è fortemente influenzata dalle  attività autonome e comportamentali. In questo studio, agli scimpanzé vengono  mostrati video con forti componenti emotive di tipo positivo, neutro e negativo sfruttando scene paesaggistiche, di gioco e di grave aggressione. Durante la condizione di emozione negativa, la temperatura della TTY è significativamente superiore alla temperatura basale. Questo effetto è relativamente stabile, di lunga durata, e coerente tra gli individui. Le temperature non cambiano  in maniera significativa nelle condizioni neutre o positive, anche se si verifica un significativo numero di misurazioni a livello della TTY sinistra durante una condizione emozione neutra. Questi dati suggeriscono che la visualizzazione di stimoli emotivi risultati dalle variazioni della temperatura del cervello, particolarmente aumentati nella TTY destra durante la condizione di emozione negativa, provocano un’ eccitazione emotiva negli scimpanzé.

Una serie di reazioni empatiche sulle scimmie dimostrae che, a parte la connessione emozionale, le scimmie evidenziano una compartecipazione esplicita alla situazione dell’altro. Un buon esempio è la consolazione, definita come un comportamento assicurativo  da parte di un  terzo non coinvolto verso uno dei combattenti in una precedente aggressione.

De Waal ha sostenuto che l'empatia non è un fenomeno     tutto-o-niente, e molte forme di empatia oscillano da forme di mera agitazione a forme in cui è presente un senso di angoscia per l’altro. Molti altri psicologi,  però, considerano l'empatia come una sorta di processo di induzione per cui le emozioni, sia positive che negative, sono condivise.

Esiste, quindi, una base primitiva, un meccanismo ancora cruciale su cui l'empatia si  sviluppa. In effetti, sono presenti alcuni aspetti    dell’ empatia in altre specie, come il processo di imitazione  e il  contagio  emotivo.

Negli esseri umani, il concetto  di empatia si riferisce  a un più complesso stato psicologico associato alla condivisione automatica delle emozioni. Come in altre specie, le emozioni e i sentimenti possono essere condivisi tra gli individui, ma gli esseri umani sono in grado di "sentire per" in modo intenzionale e di agire per conto di altre persone le cui esperienze possono differire notevolmente da loro. Questo fenomeno, chiamato “preoccupazione empatica” o “simpatia”, spesso, ma non sempre, associata a comportamenti pro-sociali come l’aiuto familiare, è considerato come un processo che consente di far capo all’ altruismo.

Wilson suggerisce che il  comportamento empatico dell’aiuto si è evoluto a causa del suo contributo al fitness genetico. Negli esseri umani e negli altri mammiferi, l’ impulso alla cura della prole è quasi certamente geneticamente cablato.

La comparsa del sentimento  di altruismo, di “empatizzare” con e  per la cura di  coloro che non sono uniti da un legame di parentela non è quindi facilmente spiegabile nel quadro delle teorie neo-darwiniane della selezione naturale.

Le spiegazioni sociali dell’ apprendimento dei modelli di parentela negli uomini sono quindi molto plausibili. Come sottolineato da Harris, gli esseri umani, a differenza di altri primati, possono trasformare le loro emozioni in parole, permettendo loro non solo di esprimere emozioni ma anche di riferire quelle attuali e quelle passate. Tali relazioni costituiscono un’ occasione per condividere, spiegare, e regolare l'esperienza emotiva con gli altri, impossibile in altre specie.

La conversazione aiuta a sviluppare l’ empatia, perché è in questo modo che spesso si impara a condividere esperienze e sentimenti. Inoltre, questa capacità auto-riflessiva (che comprende la regolazione delle emozioni) può essere un’ importante differenza tra gli esseri umani e gli altri animali.

È interessante notare che le due regioni chiave, l'insula anteriore e la corteccia cingolata anteriore (ACC), coinvolte nella elaborazione affettiva in generale e, in particolare, l'empatia si sono singolarmente evolute in scimmie ed esseri umani.

Il lavoro di citoarchitettura di Allman e colleghi indica che una popolazione di neuroni di grandi dimensioni si trova unicamente nell’ insula anteriore e il cingolo anteriore di umanoidi primati. Più in particolare, segnalano una correlazione filogenetica incisiva, in quanto le cellule fusiformi sono più numerose negli esseri umani di età avanzata , ma progressivamente meno numerose nei bambini, nei gorilla, nei bonobo e scimpanzé e inesistenti nei  macachi.

Secondo Craig vi sono una rappresentazione sensoriale limbica dei "sentimenti" soggettivi (nella insula anteriore) e delle rappresentazioni motorie limbiche volontarie (nella cingolata anteriore) che insieme formano la  base fondamentale neuroanatomica di tutte le emozioni umane, in linea con la definizione di emozione negli esseri umani sia come sentimento che come un motivazione.

Nel complesso, questa visione del concetto di evoluzione è compatibile con l'ipotesi che i livelli avanzati di cognizione sociale possono apparire come una proprietà emergente del potente funzionamento esecutivo della  proprietà del linguaggio. Tuttavia, questi livelli superiori operano sui precedenti livelli di organizzazione, e non dovrebbero essere visti come indipendenti, o in conflitto l’ uno con  l'altro.

L'evoluzione costruisce strati di crescente complessità, da meccanismi non-rappresentativi (es. il contagio emotivo) a quelli  rappresentativi e meta-rappresentativi (es. la simpatia), che devono essere presi in considerazione per una piena comprensione dell’ empatia umana.

 

Indice

PREMESSA 
INTRODUZIONE
 

Capitolo I - EMPATIA: CENNI STORICI 

  1. Definizione di empatia
  2. Emozioni: correlazione neuroanatomica
    1. Corteccia mediale prefrontale
    2. Corteccia orbito frontale
    3. Opercolo frontale
    4. Giro frontale inferiore
    5. Corteccia cingolata anteriore e l'insula anteriore
    6. Giunzione temporo-parietale
    7. Solco temporale superiore
    8. Corteccia somatosensoriale
    9. Lobulo parietale inferiore ed i neuroni specchio
    10. Amigdala
  3. Evoluzione dell'empatia
  4. Componenti dell'empatia
  5. Partecipazione affettiva tra sé e gli altri
  6. Consapevolezza di sé e degli altri
  7. Flessibilità mentale e presa di prospettiva

Capitolo II Nuovi orientamenti nello studio dell'empatia ed individuazione di specifici sottosistemi

  1. Sottosistemi dell'empatia 
  2. Teoria della mente o empatia cognitiva
  3. Empatia motoria e modello di percezione-azione
  4. Empatia emotiva

Capitolo IIIQUADRI CLINICI LEGATI AI DISORDINI DELL'EMPATIA 

  1. Quadri clinici legati al deficit di empatia
  2. Disturbi di personalità
    1. Disturbi della personalità psicopatica e antisociale
    2. Disturbi della personalità narcisistica.
    3. Disturbi della personalità borderline
  3. Disturbi dello sviluppo
    1. Disturbi dello spettro autistico
    2. Disturbi della condotta
  4. Disturbi "secondari" dell'empatia

Capitolo IVModalità di approccio ai disordini dell'empatia e strategie terapeutiche

  1. Aspetti generali della riabilitazione nel bambino
  2. Educazione all'emozione
  3. Strategie di intervento e facilitatori
    1. Storie sociali
    2. Video modeling
    3. Role playing e teatroterapia
    4. Pet therapy
    5. Terapia di gruppo
 
CONCLUSIONI
BIBLIOGRAFIA
 

Tesi di Laurea di: Emanuela VARRIALE

Image
Image
Image
Image
Image
Image
Image
Image

Accedi / Crea il tuo account