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Partecipazione affettiva tra sé e gli altri

Nei primati, la capacità di comprendere gli stati emotivi degli altri è fondamentale per mantenere le interazioni sociali.

Uno strumento potente per conoscere le emozioni espresse dagli altri è il “contagio emotivo”. Le forme più complesse di emozioni (come le emozioni sociali) richiedono la consapevolezza dei propri sentimenti in relazione con, o in risposta all'interazione sociale.

Le espressioni emotive e la percezione sono parte integrante di qualsiasi interazione sociale. Le espressioni corporee costituiscono un’ indicazione percepibile esterna delle intenzioni e delle emozioni delle persone . Ad un certo livello, le espressioni emotive sono disciplinate da processi specifici e possono essere provocate da stimoli semplici (es. il disgusto in presenza di un gusto amaro). Tuttavia, gli esseri umani così come altri animali utilizzano anche  le espressioni corporee per  comunicare vari tipi di informazioni ai membri della loro stessa specie.

Il saper comprendere i  segnali emotivi altrui presenta chiari vantaggi ed è particolarmente importante nella formazione e nel mantenimento delle relazioni sociali.

La ricerca psicologica sociale mostra che gli esseri umani imitano involontariamente e inconsciamente una vasta gamma di comportamenti (es. gli accenti, il tono di voce, la parola, la postura, i manierismi, e gli stati d'animo).

Questa tendenza a  imitare e a  sincronizzare automaticamente il proprio comportamento emotivo con quello degli altri, anche conosciuto come fenomeno del contagio emotivo, facilita la scorrevolezza dell’ interazione sociale e può anche favorire l’ empatia.

Gli individui con autismo, che sono profondamente alterati nel sociale e nelle abilità emotive, non mostrano un’adeguata mimica spontanea, ma sono capaci di una discreta mimica volontaria. Questa associazione automatica tra sé e l'altro è supportata da una notevole letteratura empirica nel campo della percezione e dell'azione. Il suo presupposto di base è che le azioni sono codificate in termini di effetti percepibili che dovrebbero generare.

Questa teoria afferma anche che la percezione di un'azione attiva rappresentazioni di azioni nella misura in cui la percezione e l'azione rappresentata sono simili. Inoltre, queste rappresentazioni possono essere condivise tra individui. In effetti, il significato di un oggetto dato, un’azione, o una situazione sociale possono essere comuni a diverse persone.

Questa condivisione spiega come ci si arriva a comprendere l’un l'altro, cioè, come l'isomorfismo tra rappresentazioni di azioni permette all'individuo di conoscere implicitamente l'obiettivo dell’ altro attraverso l'utilizzo della sua rappresentazione del sistema dell’azione.

Il meccanismo di percezione-azione equivale (almeno parzialmente) alla condivisione delle emozioni, che costituisce il nucleo del meccanismo dell’ empatia. Questo modello postula che la percezione dell’ emozione attiva  nell'osservatore i meccanismi  neurali che sono responsabili della generazione di emozioni simili.

Un tale sistema richiede all'osservatore di entrare in contatto con lo stato emotivo di un altro individuo (es. nell’osservare sorridere qualcuno,  l’ osservatore attiva gli stessi muscoli facciali coinvolti nella produzione di un sorriso a un livello inferiore e questo creerebbe la corrispondente sensazione di felicità nell'osservatore). Espressioni facciali generano cambiamenti nel sistema nervoso autonomo sono associate all'emozione corrispondente.

In una serie di esperimenti, Levenson, Ekman e Friesen, utilizzano un gruppo di partecipanti istruiti a produrre espressioni facciali come la rabbia, il disgusto, la paura, la felicità, la tristezza e la sorpresa mentre sono monitorati il cuore, la pelle, la temperatura del dito, e le attività somatiche. Essi scoprono che una tale attività volontaria del viso produce livelli significativi di esperienze soggettive delle emozioni associate.

Recentemente un esperimento con risonanza magnetica funzionale conferma ed estende questi risultati, mostrando che quando i partecipanti osservano o a imitano espressioni facciali di emozioni diverse, viene rilevato un aumento dell’attività neurologica  nel lobo  temporale superiore, dell'insula anteriore e l'amigdala, nonché in aree della corteccia premotoria corrispondenti alla rappresentazione del viso.

Il riscontro di deficit correlati tra la produzione di emozione e il riconoscimento delle emozioni fornisce forti argomenti a favore di questo modello.

Uno studio effettuato su un grande numero di pazienti neurologici da Adolphs e colleghi rileva che lesioni all'interno della corteccia somatosensoriale destra danneggiano i pazienti nel  giudicare gli stati emotivi di altre persone nella visualizzazione del loro volto.

Uno studio su individui cerebrolesi riscontra che il riconoscimento delle emozioni deriva dalla corteccia fronto-parietale destra. Questo risultato è coerente con l’ ipotesi che il riconoscimento delle emozioni negli altri richiede di ricostruire immagini di componenti motorie e somatiche che normalmente sono associabili alla produzione e sperimentazione dell'emozione segnalata nello stimolo.

Inoltre, ci sono diversi studi di casi drammatici che supportano l'ipotesi che gli stessi sistemi neurali sono coinvolti sia nel riconoscimento che nell’ espressione di specifiche emozioni.

Adolphs e colleghi studiano S.M., un paziente di 30 anni, la cui amigdala è bilateralmente distrutta da un disordine metabolico. Coerentemente con il ruolo preminente dell' amigdala nel mediare le emozioni negative come la paura, S.M. risulta sia incapace nel riconoscimento della paura nelle espressioni facciali sia nell'esperienza fenomenologica della paura stessa.

Un altro caso, N. M., che soffre di danni bilaterali dell'amigdala con lesione talamica sinistra risultata incapace di riconoscere la paura attraverso le  espressioni facciali, il  corpo e  i suoni. Il  paziente riferisce anche una diminuzione della la rabbia e della paura nella sua quotidianità. 

Vi sono anche prove di deficit collegati  al  disgusto. Calder, Keane, Manes, Antoun e Young  descrivono un paziente N.K., con danni sia all’ insula sinistra sia al putamen che presenta delle alterazioni selettive nel riconoscimento di segnali sociali di disgusto con molteplici modalità (espressioni facciali, non verbali suoni e metrica).

Un ulteriore supporto diretto dello specifico ruolo dell'insula sinistra per  riconoscimento e l'esperienza di disgusto è fornito da uno studio con risonanza magnetica funzionale in cui i partecipanti mostrano un forte sentimento di disgusto durante l’osservazione di un  video clip raffigurante  l'espressione di un viso di disgustato. Si è constatato che l'osservazione di  tali espressioni facciali e di sentimenti di disgusto attivano gli stessi siti della insula anteriore e della corteccia anteriore cingolata.

L'espressione di dolore fornisce un segnale cruciale, che può motivare il comportamento del prendersi cura l’uno dell’altro. Poiché c'è una vasta conoscenza comportamentale e neurofisiologica dell'esperienza del dolore, studiarne la percezione negli altri costituisce un paradigma prezioso per lo studio dei meccanismi neurali alla base dell'empatia.

Lo  studio di un  singolo neurone in pazienti neurologici documenta che  i neuroni del dolore sono legati alla  corteccia cingolata anteriore (ACC) e rispondono agli stessi stimoli anche se diretti ad un altro individuo.

Un primo studio  di risonanza magnetica funzionale dimostra che l'ACC, l’insula anteriore, il cervelletto, il tronco encefalico si attivano quando dei soggetti (sani) sperimentano uno stimolo doloroso, come così come quando osservano un segnale indicante che un'altra persona sta ricevendo uno stimolo simile. Tuttavia, solo l'esperienza reale del dolore provoca l’ attivazione nella corteccia somatosensoriale nella ACC dorsale.

Risultati simili sono riportati anche da Morrison e collaboratori in uno studio in cui sono analizzati soggetti sottoposti sia alla puntura del proprio dito con uno spillo che  alla puntura della mano di un'altra persona. Entrambe le condizioni determinano il comune aumento dell'attività    neuro-emodinamica nella ACC dorsale destra. Questa attività comune in risposta  alla stimolazione tattile e visiva è limitata alla  zona 24b destra inferiore di Brodmann.

Al contrario, la corteccia primaria somatosensoriale mostra significative attivazioni in risposta a stimoli  tattili, ma non visivi.

I diversi  modelli di risposta nelle due aree sono in linea con il ruolo della ACC nella codifica della dimensione motivazionale-affettiva del dolore, che è associata alla preparazione di risposte comportamentali agli eventi avversi.

Questi risultati sono supportati da uno studio con risonanza magnetica funzionale condotto da Jackson, Meltzoff e Decety , in cui ai partecipanti sono mostrate fotografie che ritraggono mani e piedi destri in situazioni dolorose o di vita quotidiana: è chiesto di immaginare il livello di dolore che queste situazioni produrrebbero, rilevando una significativa attivazione nelle regioni coinvolte nella zona dell’ elaborazione del dolore, in particolare la ACC dorsale, il talamo e l'insula anteriore, ma nessuna attività nella corteccia somatosensoriale.

L’adozione del punto di vista dell'altro è associata all’ attivazione nella giuntura destra temporo-parietale. Inoltre, sono attivate delle subregioni distinte all'interno della corteccia insulare per le due prospettive (anteriore per gli altri e più posteriori per sé).

Questi dati evidenziano sia le somiglianze che  il carattere distintivo come aspetti importanti della empatia umana.

L'esperienza del dolore su se stessi è associata alle attivazioni più caudali (in zona 24), in linea con proiezioni nocicettive spino-talamiche, mentre la percezione del dolore negli altri è rappresentata nelle  regioni  più rostrali e dorsali (in zona 32).

È osservabile una simile organizzazione rostro-caudale nell’ insula, che è coerente con la sua connettività anatomica e proprietà elettrofisiologica.

Le sensazioni dolorose sono evocate nella parte posteriore dell'insula (e non nella parte anteriore) dalla stimolazione elettrica diretta della corteccia insulare in pazienti neurologici. Complessivamente, questi risultati indicano che le rappresentazioni del dolore indirette (come suscitato dall'osservazione del dolore in altri) sono qualitativamente diverse dalle esperienze reali di dolore.

Tuttavia, gli studi che utilizzano la stimolazione magnetica transcranica (TMS) riportano cambiamenti nelle rappresentazioni cortico-motorie dei muscoli della mano negli individui sottoposti a punture di aghi nelle mani o nei piedi di un modello umano. Questo indica che l'osservazione del dolore può coinvolgere le rappresentazioni senso-motorie. Questi risultati sono in contrasto con gli studi eseguiti con risonanza magnetica nucleare sull’ empatia del dolore, che non hanno rilevato eventuali variazioni nella corteccia somatosensoriale durante la percezione del dolore negli altri. È possibile che il  metodo TMS rilevi sottili cambiamenti nella corteccia senso motoria al di sotto della soglia di rilevanza nelle tecniche di fMRI.

Un recente studio magneto-encefalografico indica che le oscillazioni somatosensoriali sono modulate dalla percezione del dolore negli altri, e supporta l'ipotesi che la percezione del dolore susciti una debole attività somatosensoriale.

In realtà, un recente esperimento con risonanza magnetica funzionale, utilizzando la stessa immagine dolorosa, riscontra l’ attivazione estesa alle aree somatosensoriali primarie nei partecipanti sani.

È anche noto che stimolando una specifica parte del corpo si possa suscitare l’attività somatosensoriale nella regione corrispondente. Ciò è dimostrato in uno studio tomografico a emissione di positroni in cui i partecipanti sono istruiti a concentrare la loro attenzione sia sulla sgradevolezza che sul luogo degli stimoli nocivi indirizzati alle mani dei loro patner.

Nel complesso, le rappresentazioni tra sé e l'altro a livello corticale sono documentate per la comprensione dell'azione, per alcuni aspetti dell’ emozione e dell’ elaborazione del dolore. Questo meccanismo offre un fondamento importante per l'intersoggettività perché fornisce un ponte funzionale tra le informazioni in prima persona e quelle in terza persona, consentendo una connessione automatica e non cosciente tra sé e l'altro.

Non c'è nessun sito corticale specifico per le rappresentazioni condivise: le loro basi neurali sono ampiamente distribuite, e il modello di attivazione (e presumibilmente anche di disattivazione) varia secondo il dominio di elaborazione, la particolare emozione, e le informazioni memorizzate.

Tuttavia, un tale meccanismo è necessario ma non sufficiente per la comprensione empatica. La consapevolezza che esistono altri come entità separate è un prerequisito dell’ empatia.

 

Indice

PREMESSA 
INTRODUZIONE
 

Capitolo I - EMPATIA: CENNI STORICI 

  1. Definizione di empatia
  2. Emozioni: correlazione neuroanatomica
    1. Corteccia mediale prefrontale
    2. Corteccia orbito frontale
    3. Opercolo frontale
    4. Giro frontale inferiore
    5. Corteccia cingolata anteriore e l'insula anteriore
    6. Giunzione temporo-parietale
    7. Solco temporale superiore
    8. Corteccia somatosensoriale
    9. Lobulo parietale inferiore ed i neuroni specchio
    10. Amigdala
  3. Evoluzione dell'empatia
  4. Componenti dell'empatia
  5. Partecipazione affettiva tra sé e gli altri
  6. Consapevolezza di sé e degli altri
  7. Flessibilità mentale e presa di prospettiva

Capitolo II Nuovi orientamenti nello studio dell'empatia ed individuazione di specifici sottosistemi

  1. Sottosistemi dell'empatia 
  2. Teoria della mente o empatia cognitiva
  3. Empatia motoria e modello di percezione-azione
  4. Empatia emotiva

Capitolo IIIQUADRI CLINICI LEGATI AI DISORDINI DELL'EMPATIA 

  1. Quadri clinici legati al deficit di empatia
  2. Disturbi di personalità
    1. Disturbi della personalità psicopatica e antisociale
    2. Disturbi della personalità narcisistica.
    3. Disturbi della personalità borderline
  3. Disturbi dello sviluppo
    1. Disturbi dello spettro autistico
    2. Disturbi della condotta
  4. Disturbi "secondari" dell'empatia

Capitolo IVModalità di approccio ai disordini dell'empatia e strategie terapeutiche

  1. Aspetti generali della riabilitazione nel bambino
  2. Educazione all'emozione
  3. Strategie di intervento e facilitatori
    1. Storie sociali
    2. Video modeling
    3. Role playing e teatroterapia
    4. Pet therapy
    5. Terapia di gruppo
 
CONCLUSIONI
BIBLIOGRAFIA
 

Tesi di Laurea di: Emanuela VARRIALE

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