Mio figlio presenta disturbi nell'area della NEURO e PSICOMOTRICITÀ - Che cosa devo fare?

Le ORTESI sono degli apparecchi che aumentano, migliorano o controllano la funzione compromessa di parti corporee

LE ORTESI

Definizione

Si definisce ortesi un presidio ortopedico che viene applicato direttamente al corpo del paziente in presenza dell’organo, apparato, struttura o sistema deficitario, insufficiente o inadeguato che si vuole assistere, vicariare o correggere (Boccardi e Lisoni, 1984) (13).

Premessa

Le ortesi costituiscono un importante mezzo educativo e/o compensativo per i pazienti affetti da Paralisi Cerebrale Infantile (PCI) e rappresentano una possibilità complementare nel trattamento riabilitativo. Esse non devono costituire un peso, ma devono essere adatte alle caratteristiche fisiche, sociali e psicologiche di ciascun individuo. Solo in queste condizioni possono rappresentare un aiuto al raggiungimento di una maggiore autonomia e consentire ai pazienti affetti da questa patologia un graduale reinserimento sociale.

Le ortesi rappresentano uno strumento periferico di facilitazione centrale in grado di indirizzare le scelte del Sistema Nervoso Centrale (SNC), di condizionare o modificare le condotte motorie contendendo un deficit, contrastando uno sbilanciamento muscolare e di facilitare l’apprendimento semplificando l’azione o assorbendo le ipercinesie. Per far sì che questo avvenga, la loro applicazione deve essere fatta in perfetta collaborazione con un’équipe di riabilitazione, valutando i tempi e i modi più opportuni per introdurle. È infatti necessario tenere presente che le ortesi sottolineano inevitabilmente il difetto, rendendo il bambino diverso dai coetanei sani e concorrendo a evidenziarne in altro modo la disabilità. Per questo è importantissimo valutare se il bambino sia pronto a tollerarle e a integrarle, riconoscendole come uno strumento vantaggioso e migliorativo. Se questa prima fase viene tralasciata o tenuta scarsamente in considerazione, le ortesi saranno con molta probabilità poco capite, scarsamente utilizzate e vissute come un’ingiusta punizione da parte del bambino e della sua famiglia (13) (14).

Introduzione

Nella PCI, l’effetto combinato della motricità patologica, delle alterazioni primitive di muscolo, altri tessuti molli e strutture ossee e della crescita somatica modifica progressivamente le tensioni e le lunghezze muscolari, il range articolare e la geometria dello scheletro (Ferrari, 1997). Il SNC sviluppa le funzioni adattive tenendo conto e lasciandosi influenzare dalle caratteristiche reologiche dell’apparato locomotore (componenti bottom up) che a sua volta ha contribuito direttamente a modificare nel corso dell’attività volontaria e involontaria. Pensiamo per esempio al tono muscolare, alle sincinesie, agli spasmi e alle crisi convulsive. Le ortesi si inseriscono in questo rapporto di interazione reciproca fra SNC e apparato locomotore e agiscono sia come strumenti di “facilitazione periferica” sia come strumenti di “facilitazione centrale”; in quest’ultimo ruolo possono influenzare favorevolmente le scelte operative del sistema nervoso (Ferrari, 1997). Le ortesi e gli ausili sono, assieme all’esercizio terapeutico, ai farmaci (sistemici, distrettuali, topici) e alla chirurgia funzionale, gli strumenti di cui disponiamo per la riabilitazione delle funzioni posturali, locomotorie e manipolative nella PCI. Attraverso l’utilizzo integrato di questi mezzi possiamo agire sulla funzione motoria per renderla il più possibile vantaggiosa per quel determinato bambino, idonea allo scopo che egli intende raggiungere e adeguata al contesto (ambiente, società, cultura) in cui verrà esercitata: in altri termini adattiva (13).

Cenni storici

Nel 1845 il Dott. Lorenzo Bruni, primo promotore in Italia della Scienza Ortopedica, illustra in un atlante (Fig. 1) i primi apparecchi di contenzione delle varie deformità costruiti in ferro e cuoio (Fig. 2).

Figura 1 – Primo atlante illustrato degli apparecchi di contenzione ortopedica (L. Bruni, 1845)

Figura 1 – Primo atlante illustrato degli apparecchi di contenzione ortopedica (L. Bruni, 1845)

Figura 2 – Primi apparecchi di contenzione delle deformità (Atlante, L. Bruni, 1845)

Figura 2 – Primi apparecchi di contenzione delle deformità (Atlante, L. Bruni, 1845)

Nei primi anni del 1900 le lamine di alluminio (materiale leggero, duttile nella lavorazione) vengono a sostituire l’acciaio.

Tale materiale veniva modellato e cesellato da abili artigiani con strumenti costruiti appositamente e con tecniche di lavorazione eseguite fino agli anni ’70 (Fig. 3) (15).

Figura 3 – Anni ’70: realizzazione di un’ortesi in alluminio

Figura 3 – Anni ’70: realizzazione di un’ortesi in alluminio

Durante gli ultimi cinquant’anni, nell’ambito dei presidi ortopedici, si è assistito a un progresso significativo che ha condotto alla realizzazione di ortesi e ausili sempre più efficaci nel rispondere ai bisogni dei piccoli pazienti. Anche i materiali utilizzati nella costruzione delle ortesi hanno subito un’importante evoluzione: prima degli anni ’60 i tutori venivano confezionati in metallo e cuoio, successivamente sono state introdotte le resine (polietilene, polipropilene, ecc…) e da ultimo i materiali compositi, come la fibra di carbonio o i metalli ultraleggeri come il titanio. In passato le ortesi impiegate nell’ambito della PCI venivano spesso precedute dal confezionamento di gessi inibitori. Alle ortesi veniva infatti affidato il triplice compito di: inibire la spasticità del distretto considerato, contenere o contrastare lo sviluppo delle deformità, specie dell’equino, e sostenere la reazione antigravitaria (Ferrari, 1997). Nei primi anni ’80, accanto ai tutori rigidi (SAFO, Solid Ankle Foot Orthosis), sono stati introdotti i tutori articolati alla tibiotarsica (HAFO, Hinged AFO) e quelli a geometria variabile, più noti come molle (PLS, Posterior Leaf Spring).

In ambito internazionale le ortesi vengono classificate in base al segmento corporeo su cui sono applicate, alla loro forma e alle caratteristiche strutturali (13).

L’introduzione di nuove tecnologie e dei nuovi materiali ha portato il tecnico ortopedico ad affrontare una valutazione ed una scelta accurata dei materiali più idonei e più rispondenti da utilizzare nella costruzione di ortesi sia statiche (dispositivi che si applicano sul corpo del paziente dove un segmento corporeo deve essere corretto o contenuto) che dinamiche (dispositivi che sono soggetti a subire delle modificazioni, sostituzioni in funzione dei risultati riabilitativi tenendo conto dell’evoluzione della patologia e della crescita somatica del bambino). I materiali attualmente più utilizzati sono le materie plastiche.

A seconda dei materiali utilizzati, le ortesi dinamiche si classificano tra loro in:

  • Tutori metallici a giorno (Ferro, Acciaio, Ergal, Alluminio)
  • Termomodellati a valva (Polietilene, Carbonio, Polipropilene): sono indicate in pazienti affetti da gravi deficit motori che, senza l’aiuto dei tutori, sono impossibilitati alla stazione eretta ed alla marcia. Anche se limitano la mobilità sono ben accettati dai pazienti poiché permettono di mantenere una vita di relazione accettabile.

La scelta del materiale dipenderà dal fatto che si consideri più importante la solidità, il peso, la dinamicità e l’elasticità del dispositivo.

Tutte le ortesi, sia statiche che dinamiche, vengono costruite su misura ed è molto importante l’osservazione non solo del deficit dell’arto, sul quale va applicato il dispositivo, ma anche di tutti i compensi e le variazioni che esso comporta sull’assetto statico e durante la deambulazione del paziente. Per i tutori dinamici è importante osservare il paziente su un lettino, in piedi e mentre cammina (se può farlo). Si valuta, quindi fino a che livello si può correggere il deficit o sostenere l’arto. Attualmente, le nuove tecnologie informatiche ci consentono di valutare anche in fase di costruzione tutte le immagini del paziente attraverso riprese filmate a livello tridimensionale.

Tutte le informazioni sono riportate su una scheda da progetto del paziente, l’immagine e la scheda vengono utilizzate nella produzione del dispositivo al fine di fornire il maggior numero di informazioni possibili.

A livello delle articolazioni anatomiche sia nei tutori metallici (a giorno) sia in quelli termoformabili (coscia – gamba – piede, anche – coscia – gamba – piede) si possono applicare varie articolazioni meccaniche, che permettono al paziente di sedersi e flettere il ginocchio a 115°-125°, e in posizione eretta di bloccarle per mezzo dei vari sistemi impedendo al ginocchio di flettere.

L’articolazione di caviglia anche per il tutore gamba-piede permette di rispettare totalmente o parzialmente la flessoestensione del piede.

Nei casi di spasticità si può intervenire con ortesi che utilizzano una particolare articolazione meccanica con molla a spirale isotonica regolabile. Queste ortesi consentono di opporsi alle deformità con un momento estensorio (o flessorio) via via crescente all’aumentare della flessione (o dell’estensione) imposta dalla contrazione legata all’ipertono. Nel caso di rigidità in flessione, ad esempio, quando il paziente è rilassato, l’articolazione agisce “allungando” i muscoli agonisti che si inseriscono sull’articolazione; nel momento in cui si verifica un riflesso di stiramento di tipo propriocettivo dovuto alla spasticità, l’articolazione meccanica seguirà il riflesso del paziente non impedendogli di flettere l’articolazione anatomica riducendo, così, il dolore e la spasticità che insorgerebbero se il paziente fosse bloccato costantemente in una posizione fissa.

Questi dispositivi possono essere classificati come ortesi a correzione progressiva dinamica e, rispetto alle ortesi a correzione progressiva statica, offrono una serie di vantaggi nel controllo della spasticità in quanto creano una mobilizzazione ripetitiva durante tutto il periodo in cui il paziente utilizza l’ortesi affiancandosi attivamente all’intervento dell’operatore della riabilitazione. La tensione di allungamento deve essere sempre regolata al di sotto del tono muscolare o della soglia del dolore così che in ogni caso la spasticità del paziente non aumenti.

In questo modo è possibile garantire una deformazione plastica continua del tessuto connettivo morbido e non un risultato temporaneo come accade nel concetto “statico”.

Vengono migliorate la “compliance”, il comfort e la tollerabilità del paziente grazie alla possibilità di muovere l’arto affetto da spasticità.

Alcuni studi dimostrano che con l’impiego di questo tipo di ortesi vi è una riduzione della spasticità ed un incremento dell’estensione articolare (15).

Nello specifico della PCI, prima degli anni ’50, le ortesi, nessuna specifica, consistevano in adattamenti, più o meno sfortunati, di quelle utilizzate nei bambini affetti da poliomielite.

I primi dispositivi ortopedici per gli spastici furono realizzati nei paesi anglosassoni.

Phepls mise a punto le ortesi pelvipodaliche doppie, di tipo classico (Fig. 4).

Figura 4 – Apparato di Phelps

Figura 4 – Apparato di Phelps

Più tardi comparve l’apparato di Perlstein, con fermi eccentrici per la correzione dell’equinismo.

L’équipe francese del Prof. Tardieu analizzò il problema dei bambini colpiti da Paralisi Cerebrale Infantile (PCI) e modificò l’apparato di Phelps. Questo tipo di dispositivo ortopedico fu convertito in un’ortesi per la riabilitazione, tanto nella posizione eretta quanto nella deambulazione. Il cinturone pelvico persegue il compito di evitare l’adduzione.

I fermi di Perlstein vengono utilizzati sia nell’ortesi di Phelps sia in quella di Perlstein, che hanno uno o due tutori laterali che terminano a livello del ginocchio. Questi apparecchi correggono l’equinismo per quanto possibile ed evitano le deformazioni laterali. Vengono montati su scarpe rinforzate (Fig. 5).

Figura 5 – Scarpa terminale

Figura 5 – Scarpa terminale

Questi dispositivi furono rimpiazzati da ortesi di cuoio e metallo o meglio di plastica, che vengono collocate all’interno di una calzatura di serie (Fig. 6).

Figura 6 – Ortesi per il piede collocabile nella scarpa

Figura 6 – Ortesi per il piede collocabile nella scarpa

Le calzature a stivaletto (sotto al ginocchio) presentano più difficoltà per la collocazione dell’apparecchio, ma sono più elastiche (14).

La scelta dell’ortesi

Per la scelta delle ortesi nella PCI è importante prendere in considerazione:

  • La forma clinica e la storia naturale del bambino: per poter scegliere l’ortesi più favorevole è fondamentale riconoscere e sapere interpretare la strategia organizzativa messa in atto dal bambino nella costruzione della funzione cammino. Occorre analizzare il percorso di sviluppo seguito e i provvedimenti terapeutici adottati sino a quel punto (fisioterapia, ausili, tossina botulinica e chirurgia funzionale), valutare la capacità attuale del cammino e la sua possibile ulteriore modificabilità.
  • Il problema principale che influisce sul pattern cammino: è importante individuare quale elemento domina sugli altri all’interno del pattern patologico, perché è soprattutto su questo che si agirà cercando le soluzioni compensative più adatte.
  • Il rispetto per le altre attività: le ortesi non devono essere pensate solo in relazione al cammino, ma devono tenere conto anche delle altre attività funzionali. Quando per il bambino è importante alternare il cammino con la stazione seduta, nella scelta dell’ortesi occorrerà tenere presente questa esigenza: se il bambino necessita di tutori KAFO (Knee Ankle Foot Orthosis) è importante che essi siano articolati al ginocchio così che possa sedersi. Nel caso di bambini piccoli che esercitano ancora la motricità orizzontale, occorre valutare l’altezza dei tutori AFO (Ankle Foot Orthosis) rispetto al segmento gamba. Se riteniamo che sia ancora favorevole per il bambino la motricità a terra e lo sperimentarsi in ginocchio, i tutori dovranno essere più corti sulla gamba in modo che egli possa gattonare agevolmente; se viceversa vogliamo privilegiare la motricità verticale rispetto a quella orizzontale, potranno essere mantenuti un po’ più alti per privilegiare stazione eretta e cammino (13).

Il tutore multilivello

Il tutore multilivello è stato ideato dal Dott. Mario Cerioli e rappresenta una nuova concezione di ortesi, che offre al bambino la possibilità di esercitare il cammino senza vincoli rigidi ma in una situazione più dinamica, pur assicurandogli la stabilità di cui ha bisogno.

La sua realizzazione trae origine dall’analisi biomeccanica del cammino secondo i principi di ingegneria biomeccanica. In quest’ottica i singoli segmenti che compongono l’arto inferiore (piede, gamba, coscia, anca) vengono considerati come una catena cinetica, in cui ogni singolo segmento è strettamente correlato agli altri è sottoposto a forze e momenti di inerzia a seconda della proiezione del centro di massa, che varia nella sequenza del passo.

Un altro presupposto teorico alla base del tutore multilivello è che anche gli aggiustamenti posturali, che sono necessari per la stabilità sia statica che dinamica, non sono delle reazioni riflesse ma si imparano con l’esperienza, si perfezionano e si coordinano tra i vari segmenti attraverso il loro esercizio nel tempo. Il tutore multilivello si chiama così perché prevede prese ed articolazioni attraverso molle ed elastici, a livello di tutti segmenti dell’arto inferiore, e che possono essere graduati ed assemblati sulla base delle caratteristiche della catena cinetica del singolo bambino, attraverso complessi calcoli di biomeccanica di cui il dott. Cerioli detiene il brevetto. Questo tipo di ortesi ha come obiettivo ambizioso quello di favorire l’apprendimento motorio basato sul rapporto stabilità e movimento, e sugli aggiustamenti posturali. È strettamente personalizzata è può interessare solo il segmento gamba piede fino all’intera catena cinetica. Rispetto all’apprendimento del cammino, solitamente nelle prime fasi il tutore multilivello è realizzato in modo completo, in modo da assicurare sia un buon allineamento dinamico degli arti inferiori che il necessario sostegno, al fine di aiutare il bambino a raggiungere il migliore controllo motorio. Man mano che il bambino acquisisce stabilità e sicurezza anche negli aggiustamenti posturali, il tutore multilivello viene progressivamente ridotto nelle sue componenti fino all’obiettivo finale di poter mantenere gli apprendimenti e di esercitare il cammino con analogo schema anche senza tutore. Essendo basato sul principio dell’apprendimento motorio e degli aggiustamenti posturali, tale tipo di tutore viene proposto non solo per le forme di PCI di tipo diplegico ed emiplegico, ma anche per le forme atassiche e per altre patologie, tipo la S. di Rett in cui ci possono essere problemi nel controllo della stabilità nella dinamica del cammino.

Caratteristiche tecniche

Il tutore multilivello viene realizzato sulla base delle esigenze del singolo bambino in seguito ad una valutazione del Dott. Cerioli. Egli fornisce delle precise indicazioni al tecnico ortopedico, che dovrà costruire l’ortesi sulla base di esse.

Per questo motivo, le caratteristiche tecniche del tutore variano a seconda dell’analisi biomeccanica del cammino del bambino che lo indossa e non sono mai uguali fra di loro.

Genericamente, la struttura può essere descritta nel modo seguente: le componenti del Multilivello sono ridotte al minimo in quanto, come già detto in precedenza, l’obiettivo di tale ortesi vuole essere quello di garantire al bambino una certa stabilità, ma allo stesso tempo di assicurare dinamicità al movimento. Per questo motivo, il tutore è privo di vincoli articolari rigidi.

Sono sempre presenti una presa a livello del piede, una a livello del tricipite surale, alle quali può essere associata una presa a livello della coscia; tutte le prese sono costituite da un collare in propilene. Talvolta, in alcuni tutori, è anche presente una presa a livello del bacino composta da materiale morbido. Essa è utile a favorire l’estensione del tronco e l’extrarotazione degli arti inferiori.

Tutte le prese sono unite tra di loro da molle, che possono avere resistenze diverse a seconda dell’obiettivo da perseguire: possono infatti favorire o limitare il movimento di flesso-estensione in base alla loro robustezza. Inoltre, sempre sulla base del fine che si vuole raggiungere, esse possono guidare gli arti inferiori più verso il movimento di extrarotazione o più verso quello di intrarotazione a seconda del punto nel quale vengono posizionate. Tra la presa di bacino e quella di coscia possono essere aggiunti degli elastici, anche questi a geometria variabile a seconda dell’azione elastica che devono svolgere.

L’ipotesi teorica del Dott. Cerioli, è che le molle e gli elastici svolgano un ruolo vicariante rispetto alla funzione dei muscoli che sono deficitari; i collari a cui esse sono unite invece costituiscono solamente un punto d’aggancio e non hanno uno scopo contenitivo. La resistenza della molla e la sua collocazione viene decisa dal Dott. Cerioli sulla base di calcoli coperti dal brevetto e pertanto non divulgabili, ma che presumibilmente si rifanno alle equazioni delle catene cinetiche alla base del cammino, pubblicate sul suo sito, in riferimento alla biomeccanica del cammino (16) (Allegato B.) [1].


  • [1] Nota: le informazioni riguardo alle caratteristiche tecniche del tutore multilivello sono state ottenute dal Dott. Maurizio Sibona, tecnico ortopedico della “Cris srl”, che lo ha realizzato.

 

 

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