La Prevenzione in Neuro e Psicomotricità

La Prevenzione in Neuro e Psicomotricità

La neuro e psicomotricità, soprattutto quella degli ultimi anni, ha aumentato i suoi interessi fino al campo educativo, che nell’ambito sanitario significa soprattutto parlare prevenzione. Si tratta di una associazione che appare anche ovvia e intuitiva se pensiamo anche solo all’accezione semantica della parola psicomotricità, riferita al movimento e al gioco nel periodo dell’infanzia: un’associazione con la prevenzione che si ritrova praticamente anche nei fatti (Formenti, 2013).

Per definire cos’è la prevenzione in ambito psicomotorio nella quale si inserisce il Terapista della Neuro e Psicomotricità dell’età evolutiva (TNPEE), è necessario però riprendere alcuni concetti basici sul concetto di prevenzione. Questo concetto ha origine dalla definizione dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) del 2001, relativa al concetto di salute, quale “stato di benessere fisico, psichico e sociale e non semplice assenza di malattia” (OMS, 1948); pertanto nell’ambito della sanità viene considerato come prevenzione, ciascun atto volto all’attivazione e al mantenimento della salute, attraverso interventi individuali o collettivi sulla popolazione.

È possibile suddividere l’azione preventiva in tre livelli:

  1. Prevenzione primaria: agisce in maniera diffusa su tutta la popolazione, con l’obiettivo di evitare o ridurre l’insorgenza e lo sviluppo di una malattia;
  2. Prevenzione secondaria: consiste nella messa in atto di misure per l’identificazione precoce di un rischio di malattia o di un disagio e nell’immediato intervento terapeutico, per rallentarne il decorso;
  3. Prevenzione terziaria: si occupa delle complicanze di una malattia già in atto, ovvero dell’attivazione di quelle misure mediche, sociali e psicologiche, volte a ridurre i danni e le invalidità, diminuire la sofferenza, favorire il reinserimento sociale e allungare il periodo di vita.

La figura del Terapista della Neuro e Psicomotricità dell’età evolutiva pratica largamente nel contesto preventivo, come descritto chiaramente nel Core Competence:

“il Terapista della Neuro e Psicomotricità dell’Età Evolutiva dovrà essere in grado di individuare i bisogni di salute e di effettuare attività di prevenzione nei confronti dei singoli e della collettività, sia in condizioni di salute che con problemi di disabilità; promuoverà le azioni necessarie al mantenimento dello stato di salute anche in ambito educativo e contribuirà, attraverso le proprie competenze professionali specifiche, all’individuazione delle situazioni potenzialmente a rischio, con particolare riferimento alle prime età della vita, alle azioni di prevenzione dei percorsi di sviluppo atipici in età prescolare e scolare”

Dall’analisi del testo sopracitato risulta anche evidente l’importanza del TNPEE in tutti i diversi aspetti che riguardano la prevenzione: primaria, per la promozione del gioco come veicolo di crescita armonica del bambino nelle diverse aree di sviluppo; secondaria, per la valutazione e l’individuazione di situazioni a rischio; terziaria, che rientra già nel contesto propriamente clinico della professione, per mettere in atto strategie volte a ridurre i danni della patologia (Formenti, 2013).

In questi ultimi anni è divenuto prioritario in ambito preventivo, lavorare sul rischio, a partire dalla valutazione dell’interazione tra i fattori di rischio, che comprendono elementi individuali, famigliari e sociali che possono aumentare lo sviluppo di una difficoltà o una patologia in qualsiasi area di sviluppo e i fattori protettivi, sia interni che esterni, che al contrario svolgono un’azione di protezione verso l’insorgenza di specifiche difficoltà o patologie.

Il lavoro del TNPEE a livello preventivo sta acquisendo sempre più la caratteristica, non solo di favorire il corretto sviluppo e il benessere globale del bambino, ma anche e soprattutto, di sviluppare maggiormente fattori protettivi specifici, diversi per patologia e disturbo, ma anche per individuo, che possano aiutare il bambino nella crescita e nello sviluppo di competenze che fungano da corazza e da supporto nei confronti delle difficoltà (Formenti, 2013).

Metodologia del TNPEE nella prevenzione

Per raggiungere gli obiettivi della prevenzione il Terapista della Neuro e Psicomotricità utilizza una metodologia particolare e unica nel suo genere, che la contraddistingue dalle altre figure della riabilitazione.

Per quanto riguarda il campo preventivo in particolare il TNPEE si trova a dover stipulare un progetto, che implica un percorso che, prendendo avvio dai dati del presente, orienta verso il futuro, un complesso di azioni consapevoli, aventi uno scopo preciso. Il progetto si rivolge la maggior parte delle volte a soggetti facenti parte di un gruppo, che come tale non può mai essere deciso a priori e realizzato in qualsivoglia situazione educativa, perché esige l’individuazione, anche attraverso procedure standardizzate, dei bisogni specifici del gruppo (Formenti, 2013).

Le esigenze di quel gruppo, guidate dalle evidenze della letteratura e dalla creatività propria del conduttore, saranno poi messe in campo attraverso progetti specifici, concordati con gli educatori, solitamente in forma di laboratori.

Nell’attualizzazione concreta del progetto sono fondamentali poi una serie di elementi, che accomunano anche la pratica del TNPEE in ambito clinico, specifici della professione: setting, tempo, materiali, gioco e regole.

Il setting è lo spazio a disposizione, dove si svolge il lavoro preventivo. Sarebbe consigliata una stanza ampia e luminosa che permetta la strutturazione di spazi più o meno definiti o definibili, a seconda delle esigenze del progetto e/o del gruppo (Borgogno, 1992).

Parte integrante del setting è il tempo, che è inteso sia come durata complessiva della seduta e del progetto e sia come gestione delle tempistiche all’interno di ogni seduta. Per quanto riguarda il primo punto è solitamente consigliata la durata di un’ora per ogni seduta con frequenza mono o bisettimanale per minimo 3-6 mesi (minimo 10-12 incontri), a seconda degli obiettivi specifici del progetto. Per quanto riguarda la gestione del tempo all’interno della seduta risulta importante, come in campo riabilitativo, la strutturazione di rituali, che vengano riconosciuti dai bambini: accoglienza, durata, conclusione (Borgogno, 1992) che favoriscono la consapevolezza delle esperienze che si mettono in campo, il loro riconoscimento e reiterazione.

Altro elemento indispensabile per il TNPEE è la presenza di materiali, strutturati e non, all’interno del setting. Materiali tipici dell’azione psicomotoria sono cerchi, palle, corde, bastoni e teli; ai quali possono essere aggiunti tantissimi altri a seconda della creatività del TNPEE e degli obiettivi da raggiungere (Borgogno, 1992).

Ultimo elemento fondamentale è la presenza delle regole. L’uso delle regole è una scelta finalizzata a favorire la sicurezza dei bambini e il rispetto reciproco. Vi sono alcune regole unanimemente condivise, come la regola di non far male a sé stessi e agli altri, e altre più personalizzate, oppure inserite durante il percorso, anche con l’apporto dei bambini, in base alle problematiche emergenti all’interno del gruppo (Formenti, 2013).

All’interno di una cornice ben definita da spazio, tempo, materiali e regole si sviluppa l’attività: il gioco. Il Terapista della Neuro e Psicomotricità dell’età evolutiva non si limita a “far giocare” i bambini, ma “gioca con” i bambini, creando un ambiente nel quale i bambini si possano sentire rassicurati e sicuri, dove possono mettere in campo tutte le proprie emozioni (Nicolodi, 2000) e tutte le proprie competenze, riuscendo a sviluppare apprendimenti specifici, veicolati e condivisi grazie a esperienze motivanti e adatte (Wille, 1998).

Le difficoltà in ambito visuo-spaziale: dalla prevenzione alla presa in carico

Prevenire le difficoltà visuo-spaziali

Per quanto riguarda i disturbi in ambito visuo-spaziale la prevenzione si allinea a quanto descritto in precedenza, ovvero si muove nel tentativo di sviluppare dei fattori di protezione specifici, che possano aiutare il bambino nella crescita e nella maturazione di quelle funzioni per cui tali abilità risultano fondamentali, come ad esempio gli apprendimenti formali.

Alla base del processo di apprendimento non c’è una sola funzione psichica, ma il numero delle abilità che concorrono è estremamente ampio e sono innumerevoli le variabili che si intrecciano per favorire o impedirne lo sviluppo (Cornoldi, 1999); tra queste abilità un ruolo importantissimo viene assunto dalle abilità visuo-spaziali.

Per quanto riguarda l’acquisizione della lettura e la scrittura risulta infatti fondamentale l’acquisizione di alcuni prerequisiti morfologici, come la discriminazione uditiva, la consapevolezza fonologica, la sintesi e la segmentazione fonemica; ai quali però si aggiungono anche alcune abilità visuo-spaziali e visuo-percettive specifiche quali la discriminazione visiva, il riconoscimento figura-sfondo, la conoscenza e l’organizzazione delle relazioni spaziali e una buona memoria visiva (Lumaca, 2007).

Un discorso simile è possibile anche per lo sviluppo delle conoscenze matematiche, dove risultano fondamentali le abilità visuo-percettive e visuo-motorie, una buona memoria visiva e abilità prettamente spaziali, come la gestione delle relazioni spaziali e l’organizzazione spaziale (Forrest, 2004).

Sviluppare fattori di protezione ai disturbi visuo-spaziali vuol dire soprattutto prevenire l’insorgenza di alcune difficoltà di apprendimento. Fattori protettivi a riguardo sono una buona conoscenza del proprio corpo e dello spazio che esso occupa e abilità di orientamento del corpo nello spazio, in base a relazioni e rapporti con altri corpi e con spazi esterni.

Un lavoro mirato allo sviluppo di queste specifiche competenze spaziali (orientamento, riconoscimento di forme, grandezze e direzioni, comprensione e utilizzo di concetti topologici, ecc.), costruendo a livello rappresentativo ciò che prima viene da vissuto dal corpo, sul piano pratico a livello esperienziale, risulta essere la chiave per favorire lo sviluppo di competenze che stanno alla base della crescita armonica del bambino (Falaschi, 2010).

Presa in carico e trattamento delle difficoltà visuo-spaziali

Quando il bambino risulta invece avere una difficoltà in ambito visuo-spaziale, confermata da una approfondita valutazione clinica e funzionale che interessa tutte le singole abilità e funzioni coinvolte, è necessario invece un intervento riabilitativo specifico.

Come per il lavoro preventivo, anche in quello terapeutico è necessario stipulare degli obiettivi specifici che emergono dal bilancio funzionale del soggetto e dalle sue necessità evolutive; esistono però delle linee guida generali elaborate da Cornoldi (1997) che suggeriscono e consigliano in particolare di:

  • Migliorare la codifica degli stimoli e l’analisi preliminare delle informazioni date;
  • Selezionare/ridurre le informazioni, per evitare di sovraccaricare la memoria di lavoro;
  • Sostenere l’organizzazione spaziale e temporale, anche grazie all’utilizzo di supporti esterni (scalette, agende ecc);
  • Suggerire l’utilità dell’immagine mentale per eseguire le attività;
  • Implementare la capacità di operare su immagini tramite la verbalizzazione;
  • Migliorare la capacità di selezionare strategie efficaci per riuscire a orientarsi nello spazio, comprendere relazioni spaziali e completare percorsi;
  • Incrementare lo sviluppo dell’organizzazione spaziale, attraverso attività di integrazione motoria e di rappresentazione.

Negli anni sono anche state elaborate alcune metodologie di intervento peculiari, rivolte alla riabilitazione spaziale, come il metodo Terzi di Ida Terzi (1995) e il metodo Sense and Mind (SAM) di Annalisa Risoli, (2013) che mirano entrambi a incrementare la rappresentazione mentale, attraverso l’esperienza di scoperta dello spazio e la manipolazione; ma anche metodologie riabilitative innovative che si avvalgono della realtà virtuale e dell’utilizzo di Action Videogame e giochi al computer, che portano il bambino ad allenare competenze di integrazione visuo-motoria, orientamento e comprensione di rapporti spaziali, utilizzando materiali ad alta motivazione a ad alta componente ludica (Franceschini, Gori, Ruffino, Viola, Molteni, Facoetti, 2013).

Il progetto “Danzando lo spazio” (cfr Capitolo 4) presentato in questo elaborato si inserisce in particolare nell’ambito preventivo della professione del TNPEE, con l’obiettivo di evidenziare il contributo dell’approccio coreologico (cfr Capitolo 1) nello sviluppo dei fattori di protezioni ai disturbi di organizzazione spaziale, che come visto in precedenza (cfr Capitolo 3), possono inficiare l’apprendimento e lo sviluppo tipico. Il progetto sperimentale verrà illustrato nel dettaglio nel capitolo successivo.

 

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