La voce e le categorie psicomotorie

Nell’intervento terapeutico neuro e psicomotorio esistono delle categorie tipiche mediante le quali vengono analizzate le azioni del bambino, in termini di qualità. Queste “grandi categorie riassumono la comunicazione relazionale, essenzialmente non verbale” [20].

Si tratta di categorie del vissuto corporeo, su cui il terapista può agire [21]:

  1. Spazio
  2. Tempo
  3. Tono muscolare
  4. Voce
  5. Postura
  6. Oggetti

L’analisi di queste entità permette di tracciare un profilo individualizzato del bambino e aiuta a comprendere come sia necessario procedere nell’intervento. Tali entità riguardano i modi con cui il bambino utilizza le proprie competenze, in rapporto con l’altro e con il mondo esterno. Le categorie aiutano nell’osservazione, poiché permettono l’individuazione di caratteristiche specifiche e peculiari del soggetto, messe in atto anche durante la comunicazione. La loro distinzione, però, è semplicemente funzionale al lavoro del terapista: nel bambino, esse si trovano ad essere interrelate, senza alcun tipo di scissione netta. Tutti questi aspetti si intrecciano nella globalità della persona, sono compresenti in ogni azione comunicativa che svolge, “poiché la combinazione della parti non è una semplice addizione, ma possiede la natura di una moltiplicazione” [22].

Partendo da questi dati, e in particolar modo dal legame presente tra le categorie, si può comprendere come analizzando una di esse sia possibile in realtà giungere alle altre. Pertanto sembra possibile affermare che ogni singola categoria è parte del gruppo, ma che allo stesso tempo implica tutte le altre.

Questo è un elemento particolarmente interessante nella specificità di questo lavoro di tesi: a partire da queste premesse, è possibile analizzare i legami esistenti tra la voce e tutte le altre categorie e verificare se sia possibile, attraverso la  conoscenza e l’utilizzo della voce, influire sulle altre.

La voce può divenire così uno strumento importante poiché non è solo una parte costitutiva dell’individuo, ma un mezzo da sfruttare per giungere al benessere e per “toccare” il bambino in vari aspetti della sua persona.

La voce e lo spazio

Lo spazio viene generalmente analizzato nella sua componente geometrica: insieme di coordinate spaziali e di prospettive. E’ lo scenario in cui le cose entrano in relazione e dove il corpo sembra solo una tra le tante.

In realtà il corpo occupa nello spazio una posizione fondamentale, in quanto “è l’unico sfondo dal quale può nascere uno spazio esterno, è il ‘rispetto a cui’ un oggetto può apparire, è la frontiera che non solo le ordinarie relazioni di spazio non oltrepassano, ma da cui queste stesse relazioni si dipartono” [23].

E’ il corpo che stabilisce la direzione dello spazio, le coordinate, la lontananza e la vicinanza, in base alle esperienze che fa, a dove è posto, a come si muove, a come si relazione con ciò che lo circonda. E’ quindi in questa interazione tra corpo e spazio che il soggetto attua la sua prima identificazione.

Per questi motivi, nell’osservazione di un bambino, è di fondamentale importanza comprendere quale sia il suo utilizzo del corpo nello spazio: se c’è esplorazione, se egli differenzia un luogo da un altro, se individua o costruisce spazi individualizzati ed infine come utilizza lo spazio interpersonale.

Ad ogni modo lo spazio in cui la persona si muove non deve essere analizzato soltanto come uno spazio nel senso fisico del termine, ma anche come elemento emozionale dell’esistenza dell’essere. Esso rivela, infatti, il grado di esistenza del soggetto in rapporto all’altro da sé: nei primi mesi di vita lo spazio per il neonato ancora non esiste, e comincia a farsi presente nel momento in cui c’è l’individuazione di un “io” rispetto all’altro.  E’ uno spazio che permette, inoltre, la crescita personale e la nascita della relazione.

Ma allora quale legame esiste tra voce e spazio? Dove si intrecciano queste due dimensioni fondamentali?

La natura della voce è corporea: la voce è respiro ed è suono. Il respiro è una componente indispensabile per la sopravvivenza e tutto il corpo partecipa al movimento del respiro, dilatandosi e costringendosi secondo modi e ritmi personali, determinati da un’infinità di fattori esterni e interni all’individuo. Così la vita inizia e finisce muovendosi all’interno della continua relazione ‘dentro-fuori’, di cui la respirazione è costituita, e genera una prima differenziazione tra due spazi, interno ed esterno all’individuo. L’ascolto del respiro e della voce, quindi, ci permettono di fare esperienza della dimensione dello spazio: degli spazi interni, cavità che si aprono e che si chiudono, che risuonano e vibrano continuamente; e degli spazi esterni, che si fanno più vicini o più lontani a seconda della distanza che il suono emesso riesce a raggiungere [24].

M. Eigen nel 1977 scrive “L’Io usa la sua esperienza del respiro come un ponte per muoversi con sicurezza dentro e fuori del corpo. Nel fare ciò rafforza sia la sua capacità di osservazione che la sua ricettività nel percepire la vitalità del corpo” [25].

La voce in rapporto allo spazio si identifica come un mezzo di sperimentazione:

  • In rapporto con l’esterno, la voce permette un vero e proprio dialogo con lo spazio, provocando delle risonanze diverse a seconda dell’ambiente in cui ci si trova. Il feed-back sonoro che proviene da questo “scontro” tra il suono e l’ambiente, definisce i confini dello spazio esterno, provocando una prima separazione da quello che, invece, è lo spazio interno della persona.
  • In rapporto con l’interno, la voce si trova in costante dialogo con lo spazio, attraverso le risonanze che la voce stessa provoca all’interno della persona. La voce nasce e cresce all’interno del corpo, e si modella a seconda delle risonanze che gli organi deputati alla sua produzione, le cavità corporee e le casse di risonanza, producono. La voce sarà così uno strumento che vibrando accarezza le parti interne del corpo dando loro una forma e uno spessore.

Lo spazio e la voce sono così legati. E’ possibile utilizzare questo suono per esplorare l’esterno e, contemporaneamente, per far vibrare e conoscere il proprio spazio interno. E’ quindi un possibile mezzo di unione tra ‘dentro e fuori’ e uno strumento potenziale per la costruzione della propria identità.

La voce e il tempo

Così come avviene per il concetto di spazio, anche per il concetto di tempo la correlazione con il corpo è determinante. Non a caso i concetti di spazio e tempo sono da sempre legati tra loro e caratterizzano la modalità umana di conoscere il reale [26].

Per quanto riguarda la dimensione temporale, generalmente, si tende ad analizzare e a tenere a mente solo la componente quantitativa. E’ il tempo quantitativo, dell’orologio, della società, al quale ci riferiamo sempre, anche se questo spesso è in disaccordo con quello che sarebbe il tempo della persona, delle sue esigenze e dei suoi ritmi. E’ in base a questo tempo oggettivo che si tende a dire che una persona è ‘lenta’ o ‘veloce’: si è lenti o meno solo in base al confronto con la media della popolazione e, soprattutto, il significato positivo o negativo di questi concetti risulta essere determinato dai canoni della società. E’ necessario comprendere quale sforzo importante si chieda ad un bambino quando si ricerca in lui un orientamento spazio-temporale determinato da parametri quantitativi e non qualitativi.

Esiste invece un altro tempo ed è il tempo qualitativo: è il più antico, è presente fin dalla nascita ed è costituito dai ritmi interni dell’individuo. Il tempo qualitativo si fonda sui ritmi fondamentali dell’esistenza: sonno-veglia, soddisfazione-insoddisfazione, presenza-assenza, ritmi alimentari ecc.. E’ dunque indispensabile che prima del tempo quantitativo il bambino abbia consolidato il concetto di tempo soggettivo, che si stabilisce con la crescita e con l’esperienza [27].

In questo quadro così articolato, dove si inserisce la voce?

Come analizzato in precedenza sappiamo che la voce prodotta è un elemento presente fin dalla nascita: si manifesta con il pianto e poi si arricchisce di gorgheggi, lallazioni, e prime parole. La voce è un mezzo centrale per la comunicazione, e la comunicazione può essere definita tale se a prendervi parte ci sono almeno due soggetti, che dialogano rispettando le parti. La voce aiuta quindi il bambino a comprendere il ritmo, le pause, le attese e lo scambio comunicativo: osservando un genitore dialogare con il proprio bambino piccolo è possibile determinare queste dinamiche. Il neonato fa gorgheggi, suoni, boccacce e poi attende, attende che il genitore ripeta la sequenza, lo imiti o porti delle variazioni. Si stabilisce così un ritmo, un dialogo sonoro vocale tra le parti, che permette al bambino di introiettare il tempo della comunicazione. La voce, inoltre, può essere usata come richiamo, da parte del neonato, quando il tempo di attesa diventa eccessivo, e nello stesso modo anche dall’adulto, come mezzo di comunicazione e di rassicurazione anche a distanza del fatto che l’attesa presto terminerà. Infine, il suono ha un tempo ben preciso, determinato da un inizio e da una fine nella sua produzione, e quindi ha dei limiti ben chiari, che aiutano a definire che ci possono essere dei tempi più lunghi e dei tempi più brevi, dando luogo ad una differenziazione temporale.

Un caso particolarmente ricco di relazione voce/tempo è quello della voce cantata, della voce come esperienza musicale.

“Secondo Winnicot [28] (1958), la musica renderebbe possibile la presa di coscienza e di sincronizzazione del tempo esterno con quello interno, passaggio fondamentale per una corretta articolazione di mondo esterno e modo interno” [29].

La voce e il tono muscolare

Il tono muscolare è, tra tutte le categorie, quella più complessa, in quanto sfugge al controllo volontario. Il tono è tra le primissime modalità di risposta che il neonato ha nei confronti dell’ambiente: “è il tessuto che lo collega al mondo e prima ancora, al corpo della madre con cui si confonde e identifica” [30]. Le modulazioni continue, che avvengono in questo tono muscolare di base, sono state definite da Ajuriaguerra [31] ‘dialogo tonico’ con la madre. Questo dialogo con la madre è di grande importanza per il passaggio delle informazioni emozionali e un mezzo di comunicazione privilegiata fin dalla nascita, con cui i due soggetti imparano ad apprendere l’uno dall’altro e a modificarsi, a seconda delle richieste e dei bisogni che il bambino comunica. E’ attraverso questo continuo interscambio con la madre che il bambino imparerà a modulare il proprio tono e così le proprie emozioni. Il tono emerge in questo modo come l’informatore della relazione del soggetto con il mondo, il determinante la qualità del movimento, il trasduttore delle connotazioni affettive di cui il tempo e lo spazio sono stati investiti [32].

Ma, oltre a tutto ciò, in che modo influenza la qualità relazionale del messaggio verbale?

L’influenza avviene attraverso il ‘tono di voce’. Quello della voce è proprio un ‘tono’ in quanto dipende dalla modulazione muscolare degli organi deputati alla produzione del suono. Sono le variazioni del tono vocale che permettono di comprendere in modo implicito il significato complessivo di un enunciato, perché queste modulazioni hanno una funzione emotiva. Infatti spesso è il tono della voce che influenza, pone delle sfumature e contraddice il messaggio veicolato attraverso il linguaggio verbale. Non è un caso che nella nostra lingua esistono espressioni verbali quali ‘non alzare il tono della voce, abbassa quel tono’.

Come più volte sottolineato è l’espressione vocale a veicolare più significato dei significato stesso delle parole: “gli stessi suoni, la loro intensità, la loro frequenza, la loro elevatezza, il loro timbro, la loro organizzazione modulata dalla intonazione particolare di chi li emette, provocano nel corpo del neonato che li riceve una risposta tonico-emozionale che non soltanto li carica di senso, ma che prepara e incita il bambino stesso a questa espressione verbale” [33].

La voce e la postura

La postura, generalmente legata al tono, è la posizione del corpo nello spazio. Postura e posizione, però, si differenziano tra loro in base al significato: una posizione diviene postura nel momento in cui il soggetto la utilizza per significare la propria relazione con l’ambiente che lo circonda e la rende quindi comunicativa. Di conseguenza la postura non è un mero rapporto delle varie parti del corpo, ma si identifica come un canale di comunicazione non-verbale importante.

Molti studi sono stati fatti a tale proposito e da essi è emerso che la postura, in relazione all’altro [34], può essere classificata in:   

  • Postura con contatto
  • Senza contatto
  • Faccia a faccia
  • Faccia a fianco
  • Fianco a fianco
  • Faccia a schiena
  • Schiena a schiena

A seconda della postura utilizzata all’interno di uno scambio comunicazionale e a seconda del contesto in cui ci si trova, il significato veicolato cambia.

Collegata invece alla voce, che significato acquista la postura?

Per comunicare, in particolar modo all’interno di un dialogo vocale, è necessario prima di tutto essere disposti ad ascoltare. L’autore Tomatis definisce infatti ‘postura d’ascolto’ un atteggiamento corporeo in cui è presente un equilibrato rapporto tra muscoli flessori ed estensori a tutti i livelli del corpo, compresi i muscoli della laringe e dell’orecchio. Nello stesso tempo una buona postura definisce una buona produzione vocale: non va dimenticato che l’atto vocale è un insieme incredibile di movimenti muscolari che comportano un importante dispendio di energia. Una postura corporea adeguata permette di potenziare l’ossigenazione del sangue, favorisce l’attività muscolare, e supporta con efficacia i processi di fonazione. Questi concetti possono avere riscontri interessanti nell’aiuto di quei bambini che hanno difficoltà fonatorie: partire da una buona postura significa innanzitutto favorirli nell’emissione vocale.

La voce e gli oggetti

L’oggetto si identifica come il mezzo di unione tra il corpo e l’ambiente, ovvero ciò che rende tangibile all’uomo la propria presenza sulla terra. L’utilizzo degli oggetti presenti nel mondo si evolve e cresce, al pari della maturazione evolutiva normale, ovvero:

  1. per prima cosa abbiamo l’esplorazione dell’oggetto
  2. poi l’azione con l’oggetto
  3. infine la simbolizzazione tramite l’oggetto.

L’oggetto inoltre presenta specifiche caratteristiche; un oggetto si può definire ‘strutturato’ quando può essere utilizzato solo per funzioni specifiche ed è l’oggetto stesso a richiamare la propria funzione; si può definire ‘non-strutturato’ quando il suo utilizzo può variare e trasformarsi continuamente, grazie alla duttilità delle caratteristiche morfologiche che lo rendono utile per una serie molto ampia di scopi, a seconda delle competenze delle persone [35].

Per esempio nel setting psicomotorio sono presenti sia materiali strutturati che materiali non strutturati: i materassi, le funi, le stoffe sono materiali non strutturati che possono essere utilizzati dal bambino per diversi scopi e in diversi momenti. I puzzle, al contrario, si possono considerare materiali strutturati perché vengono utilizzati per determinati scopi e il loro utilizzo è sotteso da regole precise.

Come collegare gli oggetti alla voce?

Il legame tra queste due categorie non risulta di lettura immediata. La voce infatti è qualcosa di non-tangibile in un certo senso, mentre l’oggetto si definisce come tale proprio perché reale, tangibile, malleabile e trasformabile a seconda della propria funzione. Nel caso della voce, l’oggetto a cui si fa riferimento è il corpo stesso, in quanto è il mezzo di propagazione senza il quale la voce non potrebbe esistere. La voce da un lato è prodotta ‘dall’oggetto corpo’, dall’altro può esplorare questo oggetto, conoscerlo e utilizzarlo passo dopo passo in modo diverso. Infatti prima di tutto:

  1. La voce viene prodotta in un gioco di esplorazione del corpo: giochi di vibrazioni, risonanze, toni, ritmi differenti.
  2. Poi la voce compie un’azione attraverso il corpo ovvero quella di ottenere un desiderio, soddisfare un bisogno: il pianto come richiamo del genitore.
  3. Infine si può fare di corpo e voce un fine simbolico, attraverso il vero e proprio linguaggio verbale.

 


[20] E. Berti - F. Comunello – G. Nicolodi, Il labirinto e la tracce, Giuffrè ed., Milano 1988, p. 44.

[21] L’elenco delle categorie è variamente formulato a seconda dei vari autori; ho scelto di attenermi a quanto proposto in: E. Berti – F. Comunello – P. Savini, Il contratto terapeutico in terapia psicomotoria, Edizioni Junior, s.l 2001, p. 124-128.

[22] Ibid., p. 44.

[23] Ibid., p. 53.

[24] Concetti tratti da: S. Biferale – R. Toti, Il corpo della voce, la voce dell’ascolto,

http://www.psychomedia.it/pm/answer/psychosoma/biferale-toti.htm

[25] M. Eigen è un chimico, biofisico e chimico-fisico tedesco, premio Nobel per la chimica nel 1967. http://it.wikipedia.org/wiki/Manfred_Eigen

[26] Secondo Kant spazio e tempo sono intuizioni pure della nostra sensibilità, che rendono possibile accogliere i dati che provengono dal reale e che, pensati dall’intelletto, diventano concetti: I. Kant, Critica della ragion pura, volume primo,Bompiani, Milano 2004, p. 159-187.

[27] E. Berti - F. Comunello– G. Nicolodi,  Il labirinto e la tracce, Giuffrè ed., Milano 1988, p. 44-53.

[28] Donald Winnicot (Playmouth 1896 – Londra 1971): pediatra, psichiatra infantile e psicoanalista. Introdusse concetti fondamentali tra i quali: holding, spazio e oggetto transizionale, madre sufficientemente buona e falso sé.

[29] P. Postacchi-A.Ricciotti-M.Borghesi, Musicoterapia, Carocci ed., Roma 1997, p. 50.

[30] E. Berti - F. Comunello – G. Nicolodi, Il labirinto e la tracce, Giuffrè ed., Milano 1988, p. 64.

[31] Julian de Ajuriaguerra (1911-1993): psichiatra di origine spagnolo che operò in Francia, pose le basi della psicomotricità contemporanea  prima in Francia e in seguito anche in Europa. http://www.psicosomatica.org/pubblicazioni.php?id=31

[32] Concetti tratti da: E. Berti - F. Comunello– G. Nicolodi,  Il labirinto e la tracce, Giuffrè ed., Milano 1988, p. 63-72.

[33] Ibid., p. 67.

[34] Concetti tratti da: E. Berti - F. Comunello– G. Nicolodi,  Il labirinto e la tracce, Giuffrè ed., Milano 1988, p. 72-79.

[35] Concetti tratti da: E. Berti - F. Comunello– G. Nicolodi,  Il labirinto e la tracce, Giuffrè ed., Milano 1988, p. 98-106.

 

Indice

INTRODUZIONE
 
 
  1. PRIMA PARTE: LO SVILUPPO DELLA VOCE
    1. Dalla voce udita alla voce prodotta
      1. "In principio era il suono": la voce udita nella vita fetale 
      2. Lo sviluppo della voce nel primo anno di vita: la voce prodotta
    2. La voce e le categorie psicomotorie
      1. La voce e lo spazio
      2. La voce e il tempo
      3. La voce e il tono muscolare
      4. La voce e la postura
      5. La voce e gli oggetti
    3. La voce parlata e la voce cantata
  2. SECONDA PARTE: LA VOCE IN TERAPIA
    1. Il Dialogo tonico e sonoro
      1. Il dialogo tonico
      2. Il dialogo sonoro
    2. In Dialogo con bambini "Speciali"
      1. Casi Clinici
      2. Area Neuromotoria
        1. C.
        2. I.
      3. Tirocinio in Musicoterapia
        1. N.
        2. A.
        3. E.
    3. Dal Dialogo Tonico al Dialogo Sonoro
      1. E' sufficiente il dialogo tonico?
    4. Obiettivi del trattamento
      1. Dialogo tonico e schema corporeo
      2. Dialogo sonoro e schema corporeo
      3. Dialogo tonico e comunicazione di bisogni ed emozioni
      4. Dialogo sonoro e comunicazione di bisogni ed emozioni
    5. Dialogo Tonico e Sonoro: semplicemente Ninna-nanna
 
CONCLUSIONI
APPENDICE
BIBLIOGRAFIA
 

Tesi di Laurea di: Maria Vittoria BERNO

Sito internet: http://dialogoconbambinispeciali.blogspot.it/

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