ITER DIAGNOSTICO, STRUMENTI VALUTATIVI E TRATTAMENTO RIABILITATIVO - Disturbo della Coordinazione Motoria (DCD)

ITER DIAGNOSTICO E STRUMENTI VALUTATIVI

  1. La valutazione
  2. Caratteristiche evolutive

TRATTAMENTO RIABILITATIVO NEI DISTURBI DELLO SVILUPPO DELLA COORDINAZIONE MOTORIA

INDICE PRINCIPALE

 

INDICE

Iter diagnostico e strumenti valutativi

“La valutazione viene effettuata da un equipe costituita da vari esperti: neuropsichiatra infantile, psicologi dell’età evolutiva, logopedisti, terapisti della neuro e psicomotricità dell’età evolutiva, che insieme collaborano per mettere a punto un profilo funzionale del soggetto ai fini sia della diagnosi che di un progetto mirato di terapia. Molto importante è l’apporto del pediatra per un’ipotesi diagnostica ed un tempestivo invio a chi di competenza” (Sabbadini L.)

La valutazione

Come per tutte le patologie esistono dei campanelli d’allarme, ossia delle avvisaglie che durante lo sviluppo evolutivo possono allertare la rete attorno al bambino, al punto da inviarlo ad una valutazione diagnostica approfondita. Per quanto riguarda il Disturbo dello Sviluppo della Coordinazione Motoria le prime avvisaglie si possono osservare sin dalla prima infanzia: il bambino si muove goffamente, ha un’andatura scoordinata e tende a perdere l’equilibrio, ha difficoltà nella gestione dei movimenti comunemente utilizzati nelle attività quotidiane (ad es: lavarsi, vestirsi, allacciarsi le scarpe) e nel compiere gesti espressivi che servono a comunicare emozioni, mostra difficoltà nel compiere abilità manuali e abilità gestuali a contenuto prevalentemente simbolico.

La valutazione diagnostica deve iniziare dall’esame neurologico per la ricerca di eventuali segni di disfunzione neurologica minore, che spesso, come abbiamo visto in precedenza, si associano al disturbo e permette anche l’esclusione di patologie neurologiche maggiori. L’iter diagnostico seguente prevede una valutazione neuropsicologica completa che analizzi il profilo neuro-cognitivo, linguistico e a seguire il profilo funzionale delle abilità motorie, visuo-motorie, visuo-percettive, sia per indagare quale sia il meccanismo che sottende il disordine, per ottenere un profilo delle funzioni neuropsicologiche che guidi la prognosi e soprattutto l’intervento terapeutico.

Dal punto di vista neuro psicomotorio, la valutazione delle abilità motorie viene eseguita attraverso l’uso di strumenti di misura come il Movement Assessment Battery for Children-2 (ABC Movement, Henderson e Sugden, 1992).

Un altro aspetto importante da esaminare sono le competenze visuo-percettive e visuo-motorie. Fra i test che indagano queste abilità, il Test di Integrazione Visuo- Motoria (VMI), fornisce informazioni sulla capacità di copiare forme geometriche, di individuare, tra una serie di alternative, la forma identica allo stimolo presentato e di tracciare le forme stimolo con una matita senza uscire dai margini del percorso stampato.

Nei bambini in età scolare è possibile, inoltre, indagare le abilità di scrittura, attraverso la somministrazione della scala sintetica per la valutazione della scrittura in età evolutiva (BHK), lo strumento più conosciuto e utilizzato nella pratica clinica per la quantificazione della disgrafia evolutiva nelle sue componenti di cattiva qualità del segno grafico (analisi morfologica) e disfluenza (velocità nella produzione di grafemi).

In sintesi, la valutazione del bambino con Disturbo dello Sviluppo della Coordinazione Motoria deve fornire un profilo neuro funzionale che rappresenti, successivamente, l’unica modalità per formulare una prognosi della disfunzione, per definire il trattamento riabilitativo e quindi monitorare nel tempo l’evoluzione della patologia.

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Caratteristiche evolutive

Come accennato nei paragrafi precedenti, numerosi studi di ricerca hanno dimostrato nel tempo la presenza di differenti manifestazioni cliniche del Disturbo dello Sviluppo della Coordinazione Motoria, con conseguente scarsa compattezza nella prestazione clinica del disturbo. Le aree deficitarie nella coordinazione motoria, infatti, possono investire ogni competenza motoria oppure presentarsi come un deficit circoscritto ad una sola area di competenza, sia essa di abilità grosso-motoria, fine-motoria o di equilibrio.

Complessivamente il quadro sindromico è sostenuto da un globale deficit dell’organizzazione motoria nei suoi tre processi maturativi:

  • Coordinazione
  • Inibizione alla diffusione
  • Integrazione somatica

Tuttavia, nonostante questo disturbo veda una compromissione dei suddetti processi maturativi, la sintomatologia clinica difficilmente dà segni nel primo anno di vita, ad esclusione di un modesto ritardo globale ed in particolare di un frequente ritardo maturativo della prensione.

Nel corso del secondo anno la prensione stenta ulteriormente a maturare e il bambino presenta una netta difficoltà di organizzazione spaziale in attività complesse, inoltre nella maggior parte dei casi la pinza superiore ritarda a comparire. La quantità di attività motoria tende ad essere limitata e spesso espressa con lentezza, mentre l’interesse per gli oggetti è superficiale e di breve durata. È poco presente la tipica esplosione di conquista, l’interesse per tutto e la spinta all’autonomia che contraddistingue il processo di sviluppo nel corso del secondo anno di vita.

Nella maggior parte dei casi le competenze motorie fondamentali (prensione, pinza, deambulazione, risposte di paracadute, linguaggio) vengono acquisite in tempi normali nei primi due anni di vita.

Dal terzo anno in poi la sintomatologia è manifesta: i bambini presentano un’attività motoria scarsa, una esecuzione rallentata, e la classica goffaggine nei grandi movimenti somatici specie nella corsa, nel salto, nel lancio, e nel calcio della palla. L’espressione mimica e gestuale può essere scarsa e povera, il tronco, con una certa frequenza, presenta difficoltà ad adattarsi alla richiesta di rapidi cambiamenti posturali. È sempre presente una difficoltà al rilassamento segmentario intenzionale; quasi sempre è ritardata l’evoluzione dell’uso selettivo delle dita e compromessa la motricità fine che spesso può dare origine ad una disgrafia nell’età scolare. Anche il processo di lateralizzazione si presenta frequentemente rallentato e in alcuni casi con netto ritardo di differenziazione. Nel tempo il quadro si traduce in un’insufficiente organizzazione delle prassie ideative e costruttive.

Con l’avanzare dell’età, il bambino può presentarsi sempre più goffo o impacciato nei movimenti, avere uno scarso controllo dell’equilibrio statico e dinamico, avere difficoltà con le abilità grosso-motorie, fini-motorie o entrambe. Tali difficoltà si concretizzano nella presenza di importanti criticità nello svolgimento di attività che richiedono un controllo ed un monitoraggio del corpo o di singoli distretti corporei in tutte quelle situazioni che richiedono un cambiamento continuo della posizione del corpo nello spazio, oppure quando è richiesta una risposta motoria a cambiamenti dell’ambiente. Nelle attività quotidiane, il bambino può mostrare uno scarso controllo della postura e uno scarso equilibrio, soprattutto in attività che richiedono equilibrio (ad es. salire le scale, stare in piedi mentre ci si veste). Inoltre, le attività che richiedono l’uso coordinato di entrambi i lati del corpo, (ad es. tagliare con le forbici o con le posate) possono risultare difficili da pianificare, organizzare ed essere eseguite in modo automatico e fluido. Complessivamente infatti, si riscontrano difficoltà ad acquisire nuove capacità motorie e che alcune di queste, una volta acquisite, possono essere eseguite abbastanza bene, mentre altre possono continuare ad essere svolte con scarsi risultati.

Il profilo funzionale può mostrare una discrepanza tra le capacità motorie e le capacità in altre aree, ad esempio: le capacità intellettuali e linguistiche possono essere piuttosto sviluppate.

Il linguaggio non mostra caratteristiche unitarie, presentandosi povero in alcuni casi, strutturato in frasi semplici, scorretto, espresso lentamente e scandito, mentre in altri casi è nella norma.

Sul pian relazionale si nota: scarso interesse evolutivo, spiccata passività e ricerca di dipendenza dall’adulto, stati d’ansia e rifiuto di situazioni nuove, difficoltà nei rapporti interpersonali e intolleranza alle frustrazioni. Può essere presente opposizione a cambiamenti nella routine o nell’ambiente, perché a fronte di un notevole sforzo per pianificare un’attività anche un piccolo cambiamento in merito a come eseguire tale attività può rappresentare un problema significativo per il bambino.

Dal punto di vista comportamentale ed emotivo, il bambino può mostrare una mancanza di interesse o evitare determinate attività in particolare quelle che richiedono una reazione fisica, poiché svolgere attività motorie, richiede uno sforzo significativo e quindi l’affaticamento e i ripetuti tentativi senza successo possono spingerlo ad evitare di prendere parte ad attività motorie o mettersi in gioco, portandolo a respingere la socializzazione e la condivisione ludica anche con i coetanei. Non di rado, infatti, alcuni bambini cercano non i pari ma bambini più piccoli con cui giocare, mentre altri giocano da soli oppure seguono l’insegnante o il supervisore dell’area di gioco. Può mostrare una scarsa tolleranza alla frustrazione, una scarsa autostima e una mancanza di motivazione.

L’esperienza clinica ha permesso infine di evidenziare la presenza di comorbilità di disturbi dell’attenzione con o senza iperattività (ADD e ADHD) e disturbi di apprendimento [Morris 1988, Kaplan et all. 1998]. Nel 50%dei casi è presente un overlap del Disturbo dello Sviluppo della Coordinazione motoria con l’ADHA e con i Disturbi di Apprendimento (DA). Solitamente nel DCD puro non sono presenti deficit visuo-percettivi. Nelle forme in comorbidità con ADHD e/o DA, i disturbi visuo-percettivi sono presenti e quelli con DCD + ADHD + DA hanno un out come peggiore rispetto a quelli con DCD + ADHD o DA. Solo il 46% del DCD è presente in forma pura, quindi la comorbidità è più una regola che un’eccezione.

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Trattamento Riabilitativo

Partendo dall’assunto fondamentale che non è possibile una terapia unica per tutti e che per ogni singolo bambino esiste un’unica terapia e molti terapisti, l’intervento neuro psicomotorio consiste in una modalità di approccio terapeutico che imposta, come fattore essenziale, il lavoro sulla globalità della persona, nel rispetto della sua storia, della sua personalità e delle sue potenzialità in relazione con l’ambiente familiare e sociale.

L’analisi delle competenze di un bambino con ipotetica diagnosi di Disturbo dello Sviluppo della Coordinazione Motoria richiede una metodologia di valutazione che tenga in considerazione come esegue il compito, quali strategie mette in atto, le capacità di attenzione rispetto alla durata e alla capacità di at tenzione divisa o simultanea e il grado di tolleranza all’eventuale frustrazione per la mancata riuscita nel compito.

A seguito di queste osservazioni, il programma riabilitativo integrato e individualizzato, stilato dal terapista, si pone come finalità di favorire un’evoluzione protesa ad armonizzare tra loro le diverse competenze del bambino, in modo che il suo vissuto e il suo processo di autonomia possano consentirgli di raggiungere il miglior adattamento possibile alla vita sociale. In quest’ottica, il terapista deve sempre considerare le funzioni evolutive necessarie per rispondere adeguatamente alle diverse richieste dei diversi contesti sociali e culturali; queste funzioni, definibili in termini adattivi, devono svilupparsi senza una rigidità di applicazione ma con la maggiore flessibilità possibile per ogni specifico individuo. Il concetto di funzione adattiva include tutte quelle competenze che permettono all’individuo di agire efficacemente e autonomamente nell’ambiente realizzando il proprio adattamento alla realtà. In termini riabilitativi tra le funzioni adattive individuiamo anche la capacità di prevedere, di ricordare e di porre attenzione. Lo scopo della riabilitazione è estremamente connesso a tali funzioni: “un soggetto è tanto più normale, quanto più le sue funzioni sono in grado di adattarsi, modificandosi, rispetto ai cambiamenti dell’ambiente e degli obiettivi che via via gli si pongono” [Sabbadini L. e Sabbadini G., 1996]. La possibilità di realizzare le funzioni adattive prevede il controllo e la contemporanea sollecitazione di più sistemi e di più ambiti dello sviluppo: il sistema socio - ambientale e affettivo-comunicativo (motivazione, ambiente, interazione, emotività), il sistema cognitivo (capacità di generalizzazione e adattamento, simbolizzazione, capacità di previsione, di fare ipotesi, di immaginazione, di rappresentazione), le strutture processanti (recettività, percezione, memoria, azione) e i processi di controllo e il livello meta-cognitivo (attenzione, memoria, strategie di organizzazione, autoregolazione, capacità di integrare più abilità). L’intervento psicomotorio si pone di agire sul fronte dell’implicazione corporea, ovvero dell’espressione spontanea del movimento, e sul controllo motorio che richiede una programmazione e una progettazione consapevole dei movimenti e gesti in funzione di uno scopo [Ambrosini, De Panfilis e Wille, 1999]. Per quanto concerne il primo aspetto, l’intervento propone di sollecitare attività di movimento attraverso l’utilizzo strategico dello spazio degli oggetti, del suono musicale e , soprattutto tramite l’espressività del linguaggio corporeo, così da attivare nel bambino il desiderio cinetico, e la comunicazione mediante il linguaggio tonico - corporeo. Mentre per quanto riguarda il secondo aspetto, che auspica il miglioramento del controllo motorio, lo psicomotricista favorisce situazioni e attività tali da attivare il “piacere del movimento” e il “controllo motorio”; questi obiettivi si realizzeranno in attività motorie-ludiche che attiveranno un progressivo approfondimento della conoscenza di sé e delle proprie potenzialità simboliche cognitive. La metodologia di intervento deve tenere conto del reale livello di apprendimento del bambino e del potenziale sviluppo nelle diverse aree indagate.

Elementi importanti nell’approccio neuro e psicomotorio con un bambino con DCD sono costituiti da:

  • osservazione della postura (oltre che un segnale psicologico costituisce un aspetto importante della percezione)
  • presenza di atteggiamenti di tensione muscolare da parte del bambino.

Lo scopo di diversi esercizi motori e muscolari è quello di migliorare la conoscenza del proprio corpo e migliorare le prestazioni del bambino, nei limiti delle sue possibilità, oppure alternativamente suggerire strategie di compenso, rispetto a quelle funzionali non emendabili.

Il controllo della respirazione è fondamentale e correlato ad una corretta postura, dunque saranno previsti esercizi specifici anche per la respirazione.

Un altro elemento importante su cui è necessario lavorare è l’acquisizione e il potenziamento delle funzioni processanti, ossia sull’armonizzazione della percezione-azione-memoria. Si raggiungerà un livello sufficiente di coordinazione quando tutti i sistemi relativi alle varie sotto-funzioni saranno in grado di funzionare correttamente e contemporaneamente senza che nessun sistema disturbi l’altro e senza creare tensioni o frustrazione.

Nel 1996 Vygoskij aveva ipotizzato la possibilità di potenziare la terapia volta all’acquisizione di un nuovo schema di movimento, attraverso l’elaborazione linguistica. Un’azione per essere eseguita ha necessità di essere innanzitutto programmata tramite una rappresentazione mentale, ma anche il linguaggio è un’attività di tipo simbolico, che si basa sulle capacità di rappresentazione mentale, quindi è possibile che l’azione si rafforzi, diventando più efficace, qualora vengano interessati più canali. Abbiamo detto più volte che per realizzare qualsiasi funzione adattiva, dalla più semplice alla più complessa, sono necessarie le aggregazioni di più sotto-funzioni e l’attivazione di processi di controllo come l’attenzione simultanea. È quindi di fondamentale importanza incentrare il trattamento anche sugli aspetti meta-cognitivi, realizzando esperienze nel proprio ambiente e non solo nell’ambito della seduta di terapia. In questo caso il trattamento coinvolge tutte le persone che si occupano della crescita del bambino; solo mediante un lavoro autonomo esso acquisisce la possibilità di sperimentare, di sviluppare sicurezza nelle proprie capacità e di verificare il risultato ottenuto rispetto agli obiettivi prefissi. Il bambino dovrà quindi essere educato a svolgere autonomamente i piccoli compiti, adeguati alla sua età, relativi all’accudimento personale; ad esempio è opportuno che il bambino indossi una giacca con grandi bottoni per potersi allacciare e slacciare da solo anziché trovarsi nella situazione di passività e dover attendere che qualcuno lo aiuti a togliersi una giacca con i bottoni troppo piccoli.

Se un bambino partecipa ad un programma terapeutico, o ha ricevuto una valutazione formale delle proprie abilità motorie, il genitore può farsi indicare dal professionista quali siano le aree di sviluppo motorio che è più importante rinforzare. Alcune specifiche strategie di intervento, infatti, possono essere utilizzate non solo dai terapisti, ma anche dagli insegnanti e soprattutto dai genitori nel contesto domestico. È sicuramente fondamentale avere ben chiari gli obiettivi dell’intervento così da rimanere concentrati sugli aspetti di apprendimento più importanti. Pur essendo improbabile che i problemi del bambino goffo si risolvano spontaneamente, tuttavia egli può imparare ad affrontare con successo le attività importanti della vita quotidiana e può essere aiutato a sviluppare un atteggiamento più positivo e un maggior entusiasmo per le attività fisicamente impegnative. Con i bambini più piccoli gli obiettivi si possono esprimere in termini molto semplici, ad esempio “Adesso faremo dei giochi e degli esercizi che faranno diventare più forti le tue mani, così poi sarà più facile imparare a scrivere e usare le forbici”. I bambini più grandi possono essere coinvolti nella definizione degli obiettivi personali, come partecipare allo sport preferito, imparare ad andare in bicicletta, o riuscire a finire i compiti senza che alla fine la mano si sia “stancata”. Nel momento in cui si pianificano le attività, si può far riferimento a questi obiettivi in modo tale che al bambino sia chiaro lo scopo di quella particolare attività. È importante ricordare però che i nostri obietti non coincideranno necessariamente con quelli del bambino; un altro aspetto importante è che gli obiettivi vanno sempre rinnovati, mano a mano che il bambino acquisisce una maggiore abilità.

Molte attività possono anche essere inserite all’interno di una routine quotidiana (ad esempio, una bambina che debba sviluppare una presa più forte con pollice e indice, può essere coinvolta nei preparativi per la cena, dove le si può chiedere di tagliare l’insalata con le mani o di pulire i fagiolini, strappandone i capi). L’esercizio di un’abilità motoria, o di qualsiasi altra abilità, dovrebbe avvenire sempre in un’atmosfera positiva e con delle ricompense adeguate. Per la maggior parte dei bambini è sufficiente un complimento onesto e sentito perché vengano motivati ad impegnarsi. Altri possono richiedere un premio più concreto, come una figurina, un adesivo o il guadagno di un privilegio. È importante ricordarsi di essere molto precisi nel feedback che si dà al bambino, dal momento che questo non rappresenta un semplice premio, ma anche uno strumento di insegnamento.

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