Il NEONATO LATE-PRETERM (LP) o “Pretermine Tardivi”: definizione e epidemiologia, le cause, i bisogni assistenziali, problemi respiratori, outcome a lungo termine, mortalità, le dimissioni dall’ospedale, follow up

Capitolo I: il neonato late preterm

  1. Definizione e epidemiologia
  2. Le cause della nascita late preterm
  3. I bisogni assistenziali nella cura neonatale: morbilità a breve termine
    1. Problemi respiratori
    2. Instabilità della temperatura
    3. Difficoltà di alimentazione
    4. Ipoglicemia e iperbilirubinemia
    5. Immaturità neurologica
    6. Apnea e Sindrome della morte improvvisa del lattante (SIDS)
    7. Maggiore durata della degenza ospedaliera
  4. Outcome a lungo termine
  5. Mortalità
  6. Le dimissioni dall’ospedale
  7. Follow up

INDICE PRINCIPALE

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Definizione e epidemiologia 

Il neonato late preterm, o “late preterm”, è definito come “il bambino nato tra 34 + 0 e 36 + 6 settimane di gestazione, cioè tra 239 e 259 giorni dal primo giorno dell’ultima mestruazione” (1).

  Figura 1: definizione del periodo di età gestazionale dal late preterm al post-termine (2).

Figura 1: definizione del periodo di età gestazionale dal late preterm al post-termine (2).

Questa popolazione rappresenta oltre il 70% di tutti i nati pretermine (nati < 37+0 settimane di gestazione) (3). Secondo i più recenti dati CeDap (Certificato di Assistenza al Parto) emessi dal Ministero della Salute nel 2020 la percentuale dei parti pretermine è pari al 6,4% dei parti totali di cui il 75,6% è rappresentato da parti late preterm, pari al 4,8% dei parti totali (4)

Figura 2: distribuzione regionale dei parti per la durate della gestazione (tabella n.27 del Certificato di Assistenza al Parto-CeDap, analisi dell’evento nascita-Anno 2020)

Figura 2: distribuzione regionale dei parti per la durate della gestazione (tabella n.27 del Certificato di Assistenza al Parto-CeDap, analisi dell’evento nascita-Anno 2020)

Figura 3: distribuzione dei parti per durata della gestazione e decorso della gravidanza (CeDap-Anno 2020)

Figura 3: distribuzione dei parti per durata della gestazione e decorso della gravidanza (CeDap-Anno 2020)

Il neonato late preterm è stato per molto tempo definito “near term”; questa terminologia suggerisce il concetto che questa popolazione di neonati “sia quasi a termine” e quindi “quasi matura”. Questo ha spesso determinato una pericolosa percezione di questi bambini in quanto considerati al pari, rispetto i bisogni assistenziali e la gestione post-natale, dei bambini a termine (nati ≥ 37+0 settimane di gestazione). L’introduzione del termine “late preterm”, proposto e raccomandato da un gruppo di esperti durante un seminario del 2005 convocato dall'Eunice Kennedy Shriver National Institute of Child Health and Human Development (NICHD) (5), ha posto le fondamenta per una nuova concezione di questi neonati: la nuova terminologia sottolinea la prematurità di questa popolazione e quindi la vulnerabilità e la necessità di cure assistenziali e percorsi specifici per questi bambini (2). E’ particolarmente significativo che dal 2007 si sia prodotto un’ampia letteratura su questo argomento, che ha rilevato e confermato la vulnerabilità dei neonati late preterm che, a dispetto del fatto che possono avere caratteristiche antropometriche sovrapponibili ai nati a termine, rispetto a questi presentano tassi più elevati di mortalità e morbilità, anche in assenza di qualsiasi rischio materno o fetale identificabile (6).

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Le cause della nascita late preterm 

Le nascite late preterm sono le più aumentate tra le nascite pretermine, in particolare negli Stati Uniti le nascite a meno di 34 settimane di gestazione sono aumentate del 10% dal 1990 mentre le nascite late preterm sono aumentate del 25%. Questo aumento è in parte dovuto ai cambiamenti nella pratica ostetrica con un aumento delle induzioni del travaglio (dal 9,5% nel 1990 al 22,5% nel 2020) e un aumento dei tagli cesarei (attualmente > 30% di tutte le nascite) (3) come conseguenza della disponibilità di strumenti più efficaci per un accurato monitoraggio del benessere fetale e della possibilità di precoce riscontro di segnali di sofferenza fetale e di ritardo di crescita intrauterina (IUGR); può essere inoltre dovuto ad un aumento dei parti multi e ad un aumento delle gravidanze medicalmente assistite (7). Ulteriori cause di nascita late preterm sono le anomalie congenite, l’emorragia materna, la rottura prematura delle membrane e la corioamnionite. Tra i fattori materni associati al parto late preterm vengono individuati lo stato civile (madre single), il diabete e i disturbi ipertensivi, lo stato di fumatrice, l’obesità, il reddito basso, il livello basso di istruzione e, in particolare, l’età materna in quanto in tarda età e in età adolescenziale si verificano tassi più elevati di gravidanze pretermine (7).

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I bisogni assistenziali nella cura neonatale: morbilità a breve termine

I neonati late preterm necessitano di una adeguata assistenza a partire dall’immediato periodo di vita post natale. Subito dopo la nascita richiedono più spesso, rispetto ai neonati a termine, la rianimazione neonatale (46% dei late preterm rispetto a 28% dei nati a termine), inclusa la ventilazione con maschera a pressione positiva (14% contro 6%) (7). Dopo il parto sono maggiormente a rischio di ricovero in Unità di Terapia Intensiva Neonatale per una maggiore prevalenza di problemi neonatali acuti, tra cui distress respiratorio, instabilità della temperatura, ipoglicemia, ittero e kernittero, apnea, convulsioni e problemi di alimentazione (3,7).

Problemi respiratori

I neonati late preterm hanno polmoni strutturalmente e funzionalmente immaturi con una ridotta superficie alveolare, una ridotta capacità di assorbimento di liquido polmonare alla nascita e una ridotta produzione di tensioattivo (surfattante). Questi neonati hanno perciò più spesso sintomi di distress respiratorio rispetto ai neonati a termine, e con la diminuzione dell'età gestazionale vi è un aumento dell’incidenza della sindrome da distress respiratorio, tachipnea transitoria del neonato, polmonite, apnea e pneumotorace. Queste morbilità respiratorie portano a una maggiore necessità di supporto respiratorio inclusa l'ossigenoterapia, la ventilazione non invasiva e la somministrazione intratracheale di surfattante esogeno. In alcuni casi queste complicanze possono evolvere in insufficienza respiratoria grave con necessità di ventilazione meccanica e, a volte, di supporto ECMO (ossigenazione extracorporea a membrana) (1,3,7).

Instabilità della temperatura

Circa il 10% dei neonati late preterm sperimenta precocemente un'instabilità della temperatura durante il ricovero alla nascita. I neonati late preterm hanno quantità inferiori di tessuto adiposo bruno e concentrazioni ridotte di ormoni regolatori rispetto ai neonati a termine, con conseguente diminuzione della capacità di produrre calore. Questi neonati hanno anche una maggiore dispersione di calore rispetto ai neonati a termine a causa delle minori quantità di tessuto adiposo bianco e del rapporto tra superficie e massa più elevato. Spesso viene quindi utilizzata la culla termica per favorire e supportare una corretta e adeguata termoregolazione (1,7).

Difficoltà di alimentazione

I problemi di alimentazione aumentano con il diminuire dell'età gestazionale: circa il 32% dei neonati late preterm rispetto al 7% dei neonati a termine ha difficoltà di alimentazione durante il ricovero alla nascita (7). Le difficoltà di alimentazione sono causate da un coordinamento immaturo di suzione-deglutizione e suzione-respirazione nonché da una suzione poco efficace, che può interferire con l'allattamento al biberon e causare il mancato allattamento al seno, mettendo il bambino a rischio di eccessiva perdita di peso e disidratazione; altre possibili cause sono cicli di sonno-veglia immaturi con risvegli per le poppate poco frequenti Queste difficoltà di alimentazione portano ad una frequente necessità di supplementazione di liquidi EV (endovenosi) e a tempi più lunghi per le poppate. Dopo le dimissioni spesso le difficoltà di alimentazione permangono e possono determinare inadeguata introduzione di latte, specialmente se questi neonati vengono alimentati esclusivamente al seno materno, in assenza di un adeguato sostegno dell’allattamento in famiglia da parte degli operatori sanitari. La difficoltà di stabilire un'alimentazione adeguata determina uno scarso accrescimento e un aumento del rischio di riammissione in ospedale per disidratazione e iperbilirubinemia neonatale. (1,3,7)

Ipoglicemia e iperbilirubinemia

In relazione sia ai problemi di alimentazione che all'immaturità, il rischio di morbilità come l'ipoglicemia e l'iperbilirubinemia nei neonati late preterm è estremamente elevato. I neonati late preterm hanno riserve di glucosio e produzione endogena di glucosio inferiori rispetto ai neonati a termine a causa dell'immaturità enzimatica epatica. L'immaturità epatica contribuisce anche a un'iperbilirubinemia più prolungata e clinicamente significativa (ittero patologico prolungato). Di conseguenza, la nascita late preterm è un importante fattore di rischio per l’iperbilirubinemia eccessiva, inoltre i rischi di danno cerebrale indotto dalla bilirubina e kernittero sono maggiori nei neonati late preterm rispetto ai neonati a termine a causa della relativa immaturità della barriera ematoencefalica, delle concentrazioni di albumina legante la bilirubina circolante più basse e del rischio più elevato di malattia concomitante. A causa di questa problematica significativa è comune il trattamento con fototerapia nei bambini late preterm; si evidenzia inoltre che l'iperbilirubinemia è il motivo più comune di riammissione neonatale per i neonati late preterm. (1,3,7)

Immaturità neurologica 

I neonati late preterm alla nascita sono neurologicamente immaturi: il cervello di un neonato nato a 34 settimane di età gestazionale pesa solo il 65% di quello di un neonato a termine (6), infatti uno sviluppo significativo del cervello si verifica durante le ultime 4-6 settimane di gravidanza e il parto pretermine come interruzione di questo processo può contribuire a esiti avversi dello sviluppo neurologico. Anche quando raggiungono l’età corretta del termine (40 settimane di età corretta) continuano ad avere un aumento degli spazi del liquido cerebrospinale e una diminuzione della mielinizzazione, delle dimensioni del cervello e del diametro biparietale. Tale immaturità neurologica aumenta la vulnerabilità alle lesioni cerebrali e alle menomazioni a lungo termine nei neonati late preterm (7,8)

Apnea e Sindrome della morte improvvisa del lattante (SIDS)

L'incidenza riportata di eventi di apnea nei neonati late preterm (dal 4 al 7%) è maggiore rispetto ai neonati a termine (dall'1 al 2%) e la causa principale è l’immaturità del tronco encefalico che determina un’alterazione del controllo del respiro con il cosiddetto “respiro periodico”. I neonati late preterm, per queste condizioni, sono anche a maggior rischio di sindrome della morte improvvisa del lattante (SIDS) rispetto ai neonati a termine (1,16 rispetto a 0,51 su 1000 nati vivi) (1).

Maggiore durata della degenza ospedaliera

Poiché i neonati late preterm hanno maggiori probabilità rispetto ai neonati a termine di avere morbilità significative che richiedono cure mediche, è meno probabile che vengano dimessi precocemente. La durata della degenza dopo la nascita aumenta al diminuire dell'età gestazionale, in particolare i bambini nati a 34 settimane di EG (età gestazionale) rimangono in media 12,6 giorni rispetto ai 6,1 giorni a 35 settimane di EG e ai 3,8 giorni a 36 settimane di EG. I fattori più comuni che contribuiscono all'aumento della durata della degenza nei neonati late preterm sono difficoltà di alimentazione (75,9%), distress respiratorio (30,8%) e ittero (16,3%) (1,7).

Rispetto alle morbilità e agli outcome a breve termine precedentemente evidenziati nella popolazione dei late preterm è opportuno segnalare il gruppo di neonati late preterm piccoli per l’età gestazionale (SGA-Small for Gestional Age). Questa categoria presenta un rischio significativamente più elevato di morbilità rispetto ai loro omologhi late preterm nati con un peso appropriato all’età gestazionale (AGA-Appropriate for Gestional Age). In uno studio prospettico si è osservato che su 65 neonati late preterm SGA e 146 AGA, 63 (87,5%) dei primi e 75 (45,2%) dei secondi sviluppano almeno una delle morbilità neonatali predefinite prima della dimissione ospedaliera, il rischio è aumentato significativamente in modo inversamente proporzionale all'età gestazionale (9). Si riscontra anche una maggiore permanenza in terapia intensiva neonatale, una durata complessiva della degenza ospedaliera e tassi di riammissione prima di un mese più alti rispetti ai neonati late preterm AGA.

 

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Outcome a lungo termine

Figura 4: principali outcome a lungo termine dei nati late preterm

Figura 4: principali outcome a lungo termine dei nati late preterm

Nel corso dello sviluppo e della crescita i bambini late preterm si possono trovare di fronte a diverse difficoltà e problematiche nell’ambito della salute, dello sviluppo neuro e psicomotorio, delle prestazioni scolastiche e, più avanti, nella vita adulta. Questa popolazione, a partire dal ritorno a casa dopo le dimissioni ospedaliere, presenta tassi di riammissione più alti (<34 settimane 3%; 34-36 settimane 4,4%; >37 settimane 2,0%) (6) e, anche tra i neonati che non sono mai stati in terapia intensiva neonatale, il tasso di riammissione è tre volte più alto rispetto ai neonati a termine (4). Un più alto tasso di riammissione nei neonati late preterm è correlato a una breve durata del ricovero alla nascita (<4 giorni). Le ragioni più comuni per la riammissione includono ittero, difficoltà di alimentazione, distress respiratorio/apnea e infezioni. L'ittero è anche un disturbo frequente per le visite al pronto soccorso tra i neonati late preterm come anche i ricoveri per infezione da virus respiratorio sinciziale (RSV), è infatti rilevante che i neonati late preterm hanno una maggiore rischio di morbilità respiratoria rispetto ai neonati a termine, in particolare rispetto l’RSV (rispettivamente 2,5% vs 1,3%) e l’asma persistente (7),

Più tardi nella vita le morbilità includono malattie dello sviluppo neurologico e mediche, in particolare si osservano tassi più elevati di ritardo dello sviluppo nei primi 5 anni di vita, disabilità intellettiva e paralisi cerebrale rispetto ai neonati a termine (7,10,11). Il danno neuroevolutivo può includere inoltre disturbi motori e sensoriali, in particolare si associano disturbo della coordinazione motoria e deficit visivi e uditivi. (1)

Sebbene la possibile associazione tra parto late preterm e danno neuroevolutivo sia ben stabilita, si sa molto meno sul ruolo dell'ambiente e dell'esperienza nel moderare l'associazione. Diversi studi hanno riportato che alcuni fattori ambientali (p.e. livello di istruzione materna, interventi dei genitori, ambiente domestico, ambiente dell’asilo nido) hanno effetti benefici sullo sviluppo cognitivo e sullo sviluppo del linguaggio. Allo stesso modo, le esperienze avverse della prima infanzia possono avere un impatto negativo sugli esiti dello sviluppo (12).

A livello scolastico risultano avere scarsi rendimenti e maggiori difficoltà nella lettura e nella matematica in età prescolare; tra i disturbi associati sono presenti il disturbo specifico di linguaggio e i disturbi specifici dell’apprendimento (DSA). Si evidenziano prestazioni più scarse nei test di prontezza scolastica (scrittura, lettura, abilità matematiche), abilità spaziali e produzione verbale; inoltre si osservano anche punteggi più bassi nei test neurocognitivi nell'infanzia e nella giovane età adulta (1,10,11,13). Rispetto alla carriera scolastica, da una revisione sistematica, si evidenziano percentuali inferiori di giovani che hanno finito la scuola superiore o, in seguito, terminato il college/università (14). I bambini late preterm hanno anche maggiori probabilità di avere problemi psicologici, educativi e comportamentali, anche se sono più comuni in quelli con diagnosi di ritardo dello sviluppo. La letteratura segnale maggiori possibilità di sviluppare disturbi psicotici, disturbi dello spettro autistico e disturbo da deficit di attenzione/iperattività (ADHD) (7,11,15); tuttavia, per quest’ultimo, vi sono studi contrastanti in cui non è stato riscontrato un reale e significativo aumento del rischio (1).

A causa dei tassi più elevati di disturbi dello sviluppo neurologico, nei programmi di intervento precoce risultano arruolati più neonati late preterm rispetto ai neonati a termine (rispettivamente 23,5% vs 11,9%) (7), in particolare nei servizi di interventi forniti da specialisti dello sviluppo (TNPEE), terapisti occupazionali e logopedisti. Si sottolinea inoltre che i bambini late preterm utilizzano più speso servizi infermieristici e terapie fisiche rispetto ai neonati a termine (11).

Negli ex neonati late preterm sono più prevalenti le diagnosi di diabete, trattato con farmaci per via orale o insulina, disturbi ipertensivi e sindrome metabolica rispetto ai neonati a termine. L’insorgenza e lo sviluppo di queste patologie si osserva inoltre in età più precoce rispetto ai neonati a termine. I ricoveri per malattie del sistema nervoso centrale e disturbi mentali o psichiatrici sono significativamente aumentati nei neonati pretermine rispetto ai neonati a termine dall'infanzia all'adolescenza o all'età adulta; inoltre vi è un aumento del numero di casi di soggetti late preterm con epilessia (2,7,11).

Gli studi riguardanti le patologie in età adulta della popolazione late preterm sono molto recenti e, in parte, ancora in corso, dato che il focus e l’attenzione su questi bambini, in particolare rispetto agli outcome a lungo termine, si è attivato solo negli ultimi anni. Si può comunque affermare che le disabilità e menomazioni del neurosviluppo si riscontrano anche negli adulti nati late preterm. Sono stati riportati punteggi bassi nei test neurocognitivi negli adulti ex late preterm intorno ai 60 anni; inoltre la nascita late preterm è associata a prestazioni di memoria episodica più scarse nella tarda età adulta. Queste evidenze possono suggerire che la nascita late preterm sia un nuovo fattore di rischio per il deterioramento neurocognitivo nella tarda età adulta (7,10).

Rispetto ai possibili outcome e morbilità a lungo termine bisogna sottolineare che, tuttavia, la maggior parte dei neonati late preterm sopravvive, cresce e si sviluppa senza difficoltà mediche o sociali identificabili. Lo sviluppo di complicanze della prematurità tardiva è probabilmente associato ad una multifattorialità in cui si può includere una combinazione di influenze quali immaturità fisica e fisiologica, dotazione genetica, esposizioni ambientali e fetali, fattori di stress, anomalie congenite, infezioni, disturbi medici e complicazioni associate ad uno qualsiasi dei fattori precedenti, il tutto insieme all'ambiente postnatale in cui il bambino è cresciuto e si è sviluppato (7).

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Mortalità 

I neonati late preterm hanno un tasso di mortalità neonatale e infantile maggiore rispetto ai neonati a termine, che aumenta con la diminuzione dell'età gestazionale. Ad esempio, il rischio per un bambino nato a 36 settimane di età gestazione di mortalità neonatale e infantile è rispettivamente di 3 e 2,5 volte superiore rispetto a un bambino nato a termine, mentre un bambino nato a 34 settimane di settimane di gestazione rispetto a un bambino nato a termine ha un rischio sette volte maggiore di mortalità neonatale e un rischio sei volte maggiore di mortalità infantile (1). Tra le categorie di nati late preterm i neonati SGA (small for gestional age) costituiscono un gruppo con un rischio particolarmente aumentato di morte neonatale e infantile (14). In tutte le categorie di bambini nati late preterm, le anomalie congenite sono la causa più comune di morte, mentre la seconda più comune è la sindrome della morte improvvisa del lattante (SIDS) (16).

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Le dimissioni dall’ospedale

Come visto precedentemente i neonati late preterm hanno una degenza più lunga rispetto ai neonati più maturi, con una durata che aumenta al diminuire dell'età gestazionale (7).

Le dimissioni di questi neonati devono essere ritardate fino a quando non hanno dimostrato la capacità di un'assunzione alimentare affidabile e adeguata e l'assenza di ittero e di altri problemi come ipotermia, ipoglicemia o apnea. In caso di allattamento al seno dovrebbe essere insegnato alla mamma l'uso di un tiralatte per garantire un adeguato svuotamento del seno e aumentare la produzione di latte, permettendo l’integrazione della poppata al seno con latte estratto mediante biberon o sondino nel caso in cui il neonato non sia in grado di succhiare adeguatamente. Dopo la dimissione ospedaliera è raccomandato un follow-up ambulatoriale ravvicinato, generalmente entro 24-48 ore, per verificare l’assunzione adeguata e continuativa e un aumento di peso (3). Prima della dimissione, si raccomanda di raggiungere obiettivi specifici riassunti nella tabella (7).

Figura 5: raccomandazioni sui criteri di dimissione per i neonati late preterm (tabella 3) (7)

Figura 5: raccomandazioni sui criteri di dimissione per i neonati late preterm (tabella 3) (7)

Anche le linee guida pubblicate dall'American Academy of Pediatrics sui criteri di dimissione per i neonati late preterm confermano e condividono i propositi da raggiungere e consolidare prima delle dimissioni dei neonati late preterm (1). Nello specifico vengono richiesti i seguenti obiettivi:

  • Determinare l'esatta età gestazionale e assicurarsi che non vi siano anomalie o condizioni mediche (ad es. alimentazione inadeguata e/o iperbilirubinemia) che possano richiedere un ulteriore ricovero.
  • Il bambino deve dimostrare stabilità fisiologica dimostrando competenza in quanto segue: mantenimento della termoregolazione, controllo cardiorespiratorio con segni vitali stabili di una frequenza respiratoria inferiore a 60 respiri al minuto e una frequenza cardiaca compresa tra 100 e 160 battiti al minuto e assenza di malattie mediche, adeguata alimentazione, definita come suzione, deglutizione e respirazione coordinate durante l'alimentazione e perdita di peso non superiore al 7% del peso alla nascita durante il ricovero alla nascita. Se il bambino viene allattato al seno, dovrebbero essere eseguite almeno due volte al giorno l'osservazione documentata da parte di operatori sanitari addestrati della posizione di allattamento utilizzata, dell'aggancio e del trasferimento del latte.
  • Completamento di altre cure neonatali di routine: test di screening (udito, riflesso rosso, cardiopatie congenite critiche e altri disturbi che minacciano la vita o la salute a lungo termine), le vaccinazioni (ad es. vaccino contro l'epatite B) e i trattamenti profilattici (ad es. profilassi con vitamina K).
  • Valutazione dell'ambiente familiare e domestico per identificare eventuali fattori di rischio che possono avere un impatto sulla salute del bambino; si noti, ad esempio, che questi bambini possono essere a maggior rischio di esposizione materna al fumo di tabacco, posizione di sonno non supina e mancanza di allattamento al seno.
  • Corretta informazione ai genitori sulla cura del proprio bambino e sulla necessità di osservare la comparsa di iperbilirubinemia e le difficoltà di alimentazione.
  • Una visita di follow-up da 24 a 48 ore dopo la dimissione programmata con il personale sanitario dedicato.

Estremamente importanti sono le considerazioni prima della dimissione che includono la capacità dei genitori di prendersi cura del bambino. Come raccomando gli Standard Assistenziali Europei per la Salute del Neonato (17) l’assistenza centrata sul paziente, il forte coinvolgimento dei genitori e il processo decisionale condiviso sono essenziali nei neonati con esigenze complesse. I genitori sono i caregiver principali e i sostenitori del loro bambino e dovrebbero essere inclusi come partner alla pari nel team multidisciplinare. In particolare, per le dimissioni, i genitori dovrebbero essere stati informati dai professionisti sanitari in merito ai possibili sintomi e segni di malattia del loro bambino e su come comportarsi, l’allattamento al seno, l’ambiente sicuro per il sonno, la sicurezza del seggiolino in auto, l’ambiente senza fumo, le visite di follow-up per problemi medici in corso, la crescita e il neurosviluppo e i programmi di intervento post dimissione per la genitorialità sensibile.

Gli elementi chiave per la gestione della dimissione sono la formazione dei genitori e loro partecipazione alle procedure assistenziali ed alla pianificazione della dimissione, l’identificazione di fattori di stress familiari e fattori di rischio, nonché delle risorse familiari e delle competenze genitoriali, l’educazione all’assistenza di base (igiene, cambio del pannolino, etc), le tecniche di alimentazione, la somministrazione di farmaci e l’ambiente per il sonno sicuro.

Un adeguato accompagnamento dei genitori ed un follow-up post-dimissione da parte di personale esperto in allattamento ed assistenza ai neonati pretermine sono fondamentali per garantire una gestione del neonato late preterm e del nucleo familiare.

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Follow up

Come sancito dall’articolo 8 della Carta dei Diritti del Neonato Prematuro:

“Il neonato prematuro ha diritto alla continuità delle cure post-ricovero, perseguita attraverso un piano di assistenza personale esplicitato e condiviso con i genitori, che coinvolga le competenze sul territorio e che, in particolare, preveda, dopo la dimissione, l’attuazione nel tempo di un appropriato follow-up multidisciplinare, coordinato dall’équipe che lo ha accolto e curato alla nascita e/o che lo sta seguendo” (18).

Figura 6: elementi cardine per il follow up del nato pretermineSulla base dell’articolo 8 il follow up del bambino pretermine prevede dei controlli seriati sin dopo la dimissione ospedaliera fino ai 36 mesi di età corretta, cadenzati sulla base delle necessità specifiche e individuali del singolo neonato. La metodologia del follow up si basa sul lavoro in un’equipe multidisciplinare formata da neonatologo con competenze neuroevolutive, neuropsichiatra infantile, fisiatra, psicologo, fisioterapista, terapista della neuro e psicomotricità dell’età evolutiva (TNPEE), oculista, audiologo, ecc....È particolarmente auspicabile che nelle neonatologie e negli ambulatori del Follow-up sia presente un fisioterapista o un TNPEE esperto dello sviluppo neuro-evolutivo che imposti un programma di accudimento abilitativo personalizzato.

Il fulcro dei controlli di follow up è l’approccio patient e family-centered care e la costruzione di una rete per la creazione di eventuali percorsi assistenziali, riabilitativi e terapeutici. Il programma di Follow-up neonatale deve quindi avvenire in stretta collaborazione con tutte le persone che si prendono carico del bambino, con la famiglia, con il pediatra di libera scelta e con le strutture territoriali presenti. Al pediatra, che prenderà in carico il bambino dopo la dimissione, spetta il delicato compito del supporto alla famiglia e del controllo in tempi ravvicinati della crescita, dell’andamento evolutivo e della corretta attuazione delle terapie impostate alla dimissione. Per tale motivo, durante tutto il periodo del Follow-up, è auspicabile e necessaria una stretta collaborazione tra il medico del reparto che dimette il piccolo paziente ed il pediatra di libera scelta. Il pediatra di liberà scelta potrà essere così un valido sostegno alla famiglia, condividendo le problematiche e rafforzando i consigli dati (19).

Rispetto ai soggetti inseriti nei programmi di follow up, secondo la Società Italiana di Neonatologia e in base ai criteri del Vermont Oxford Network (19), è indispensabile sottoporre a Follow-up, come target minimo, i prematuri con un’età gestazionale < 28 settimane e/o un peso neonatale < 1000 grammi; è invece raccomandabile prevedere un programma di Follow-up rivolto ai prematuri con un’età gestazionale < 30 settimane e/o un peso neonatale ≤ 1500 grammi. 

Sopra le 30 settimane si considera necessario strutturare dei controlli seriati in caso di fattori di rischio quali:

  • peso neonatale estremamente basso (< 1000 grammi);
  • ventilazione invasiva o non invasiva > 48 ore;
  • presenza di ritardo di crescita intrauterina (IUGR) e/o nascita SGA (Small for Gestional Age);
  • gemelli monocoriali con discrepanza gemello/gemello >10% del peso; gemello morto in utero (o ITG di un gemello) a partire del 2° trimestre;
  • sofferenza perinatale (EB < -12 o ph <7 o APGAR <7 a 5 minuti o necessità di ventilazione a 10 minuti);
  • malformazioni/sindromi, macrocrania >97° o microcrania < 3° e infezioni perinatali (citomegalovirus/toxoplasmosi);
  • condizioni patologiche sviluppatesi nel corso della permanenza in terapia intensiva neonatale (displasia broncopolmonare, retinopatia del pretermine, lesioni cerebrali ecografiche, sepsi con sintomatologia neurologica, enterocolite necrotizzante e intestino corto, ipoglicemia <30 mg% persistente per più di 24 ore, alloimmunizzati).

La popolazione dei late preterm non è dunque inclusa nella maggior parte dei protocolli o nelle raccomandazioni di follow up per i neonati prematuri, se non in presenza dei fattori di rischio sopracitati. Il monitoraggio di questa popolazione dopo le dimissioni è indispensabile; in assenza di specifici fattori di rischio neuroevolutivo, i controlli possono essere effettuati dal pediatra tramite i bilanci di salute, con particolare attenzione alla prematuranza e a possibili difficoltà sull’alimentazione e quindi sull’accrescimento, su possibili difficoltà nel neurosviluppo e nelle funzioni sensoriali.  Lo scopo dei controlli è anche quello di sostenere i genitori, facilitarne alcune abitudini e atteggiamenti di salute positivi e sani come la prevenzione sulla SIDS, le cure primarie e le strategie per facilitare la modulazione delle funzioni senso-motorie, del feeding e della comunicazione (20). In questo contesto è importante che i neonati late preterm abbiano un medico di base stabilito (7). Il pediatra di famiglia ha infatti un ruolo fondamentale come intermediario primario dei bisogni del bambino, conosce la famiglia e il neonato dai primi giorni di vita e si trova nelle condizioni più favorevoli per promuovere anche la qualità dello sviluppo neuropsicomotorio.

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