Traiettorie neuroevolutive nei NATI PRETERMINE: presentazione di un caso clinico

Tesi di Laurea di: Emilia BRUCCONE - Traiettorie neuroevolutive nei nati pretermine: presentazione di un caso clinic - Università degli Studi di Messina - Anno Accademico 2022-2023.

ABSTRACT

ENGLISH ABSTRACT

INTRODUZIONE

  1. IL NEONATO PRETERMINE
    1. Classificazione
    2. Incidenza
    3. Cause
    4. Follow-up
  2.  TRAIETTORIE NEUROEVOLUTIVE NEI NATI PRETERMINE
    1. Outcome severi nella prematurità
    2. Outcome minori nella prematurità
    3. Outcome long-term nella prematurità
  3. PRESENTAZIONE DEL CASO CLINICO
    1. Sintesi della storia clinica
      1. Anamnesi familiare
      2. Anamnesi fisiologica
      3. Anamnesi patologica remota
      4. Anamnesi patologica prossima
      5. Esame obiettivo neurologico
      6. Esame psicodiagnostico
      7. Approfondimenti clinici
    2. Valutazione neuropsicomotoria
    3. Trattamento abilitativo
    4. Risultati e nuove strategie di intervento

CONCLUSIONI

BIBLIOGRAFIA

SITOGRAFIA

INDICE PRINCIPALE

INDICE

ABSTRACT

Tale progetto di tesi è volto alla conoscenza delle traiettorie neuroevolutive che caratterizzano i bambini nati pretermine, dell’importanza del follow-up e del trattamento riabilitativo precoce.

L’obiettivo è quello di far comprendere come sia essenziale una presa in carico neuropsicomotoria precoce per ridurre al minimo gli outcome negativi che potrebbero insorgere nel corso della loro vita.

Il caso clinico preso in analisi presenta una diagnosi di ipotonia e irregolarità neuromotoria. Al paziente, nel momento della presa in carico, è stata somministrata la scala Griffiths III, tramite la quale è possibile valutare lo sviluppo generale del bambino. Quest’ultima è stata nuovamente somministrata a distanza di 3 mesi per analizza re l’efficacia del trattamento riabilitativo messo in atto.

I risultati hanno dimostrato che una presa in carico precoce conduce a dei miglioramenti sullo sviluppo del bambino nato pretermine, aiutandolo a raggiungere le principali tappe di sviluppo generale in linea con la propria età.

INDICE

ENGLISH ABSTRACT

This thesis project is aimed at understanding the neurodevelopmental trajectories that characterize children born preterm and the importance of early follow-up and rehabilitation treatment.

The goal is to gain an understanding of how essential early neuropsychomotor care is in order to minimize adverse outcomes that may arise later in their lives.

The clinical case taken under analysis presents with a diagnosis of hypotonia and neuromotor irregularity. At intake, the patient was administered the Griffiths III scale, through which the child's general development can be assessed. The latter was administered again 3 months later to analyze the effectiveness of the rehabilitat io n treatment implemented.

The results showed that early care leads to improvements on the development of the child born preterm, helping him or her to reach major general developmental milestones in line with his or her age.

INDICE

INTRODUZIONE

Oggetto dell’elaborato è indagare su determinati aspetti legati alla nascita pretermine, con particolare riferimento al trattamento riabilitativo del bambino durante la prima infanzia.

Per condurre questo studio è stata essenziale l’esperienza di tirocinio vissuta durante l’ultimo anno del percorso universitario presso il Centro Siciliano di Riabilitazione di Catania, dove si è avuta la possibilità di affiancare una Terapista della Neuro e Psicomotricità dell’Età Evolutiva (TNPEE), che si occupa prevalentemente della neuroriabilitazione dei bambini nel corso della prima infanzia.

Tale tesi si pone l’obiettivo di far studiare le traiettorie neuroevolutive che caratterizza no i bambini nati pretermine, l’importanza del follow-up e del trattamento riabilitat i vo precoce per ridurre al minimo gli outcome negativi che potrebbero manifestarsi nel corso della loro vita.

L’elaborato è articolato in tre capitoli.

Nel primo capitolo l’elaborato procede ad analizzare la classificazione dei bambini nati pretermine in base all’età gestazionale e al peso alla nascita. Viene indicata l’incide nza in Italia e in altri paesi. Vi sono spiegate le cause che portano alla prematurità ed è illustrato il percorso di follow-up e la sua importanza per l’identificazione precoce di eventuali deficit del neurosviluppo.

Nel secondo capitolo è illustrata la traiettoria neuroevolutiva tipica del nato pretermine. Successivamente viene posta l’attenzione sui vari outcome che ne possono conseguire, analizzando nel dettaglio gli outcome severi, minori e long-term. Ci si sofferma, inoltre, sull’importanza della presa in carico precoce per sopperire al meglio alle difficoltà che si possono presentare.

Nel terzo capitolo viene presentato il caso clinico di un bambino nato pretermine. Viene illustrata ed analizzata la sua storia clinica. Viene posta attenzione alla valutazio ne neuropsicomotoria e al trattamento abilitativo che ne consegue ed infine vengono illustrati i risultati a distanza di qualche mese dalla presa in carico e viene descritto il nuovo progetto riabilitativo.

 

INDICE

IL NEONATO PRETERMINE

L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) definisce pretermine o prematuri i bambini nati prima delle 37 settimane complete di età gestazionale o a meno di 259 giorni dalla data dell’ultimo ciclo mestruale (LMP) della donna. (WHO, 2018)

Classificazione

L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha ritenuto opportuno classificare i nati pretermine basandosi sulle settimane di età gestazionale e sul peso del bambino alla nascita in quanto gli outcome neuroevolutivi che ne conseguono dipendono principalme nte da questi fattori.

L'età gestazionale viene genericamente definita come il numero di settimane tra il primo giorno dell'ultimo ciclo mestruale normale della madre e il giorno del parto. Nello specifico, l'età gestazionale è la differenza tra 14 giorni prima della data del concepimento e la data del parto. L'età gestazionale non è l'età embrionale effettiva del feto, ma è lo standard universale utilizzato da ostetrici e neonatologi per descrivere la maturazio ne fetale (Lattari Balest, 2022). Considerare l’età gestazionale è quindi importante poiché dà un’idea dello sviluppo degli organi e degli apparati del bambino. Tenendo conto delle settimane di età gestazionale è possibile classificare i bambini come (Salimah e Walani, 2020):

  • Extremely preterm, nati tra la 22a e la 27a settimana di gestazione.
  • Very preterm, nati tra la 28a e la 32a settimana di gestazione.
  • Moderate preterm, nati tra la 32a e la 34a settimana di gestazione.
  • Late preterm, nati tra la 34a e la 37a settimana di gestazione.
  • Early term, nati tra la 37a e la 38a settimana di gestazione.

Questa classificazione è fortemente raccomandata per riflettere la continuità del rischio correlato all’età gestazionale (Delnord e Zeitlin, 2018).

I neonati prematuri tendono anche ad essere più piccoli rispetto ai neonati nati a termine ; infatti, bisogna tenere in considerazione il peso in quanto esprime la qualità dell’accrescimento e della nutrizione intrauterina del bambino, fondamentali per il volume e lo sviluppo di organi e apparati. Per questo motivo i bambini prematuri e con un basso peso alla nascita hanno, a causa dell’incompleto sviluppo dell’encefalo, un rischio maggiore di sviluppare outcome a livello neurologico.

Considerando il peso del bambino alla nascita è possibile classificarli come:

  • Low Birth Weight (LBW), quando il peso è inferiore ai 2500 g.
  • Very Low Birth Weight (VLBW), quando il peso è inferiore ai 1500 g.
  • Extremely Low Birth Weight (ELBW), quando il peso è inferiore ai 1000 g. (www.ospedalebambinogesu.it)

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Incidenza

Le stime delle nascite pretermine per 184 Paesi, basate su dati del 2010, hanno mostrato che circa 15 milioni di bambini ogni anno nascono prematuri in tutto il mondo, indicando un tasso globale pari a circa l’11%. La prevalenza reale, però, delle nascite pretermine non è nota a causa della mancanza di dati di alcuni Paesi (WHO, 2012). Alcuni studi hanno dimostrato che i tassi di nascita dei bambini prematuri variano notevolmente in base alla regione geografica e al livello di reddito di un Paese. È stato riscontrato che il tasso per i Paesi a basso reddito è quasi del 12%, rispetto al 9,4% e al 9,3% per i Paesi a medio e alto reddito, rispettivamente (Blencowe, 2012). Anche all’interno della stessa regione sono evidenti delle differenze, ad esempio in Europa le nascite pretermine sono comprese tra il 5% e il 10%, nonostante lo sviluppo e le infrastrutture sanitarie siano simili (Delnord et al., 2015).

Un’analisi condotta su 12 Paesi europei ha anche dimostrato delle differenze riguardo i tassi di parto pretermine in base all’istruzione materna; è stato infatti riscontrato che i tassi per le donne con livelli d’istruzione più bassi sono maggiori e in 6 Paesi su 12 sono presenti delle variazioni statistiche significanti (Ruiz et al., 2015).

Un recente studio svolto nel 2019, che esamina le tendenze dei tassi di nascita pretermine, ha rilevato che il tasso globale è in aumento nella maggior parte dei paesi passando dal 9,8% nel 2000 al 10,6% nel 2014 (Chawanpaiboon et al., 2019).

Delle 15 milioni di nascite pretermine che si verificano ogni anno, oltre l’84% avviene tra le 32 e le 36 settimane di gestazione (moderate preterm e late preterm). Solo il 5% circa rientra nella categoria extremely preterm (< 28 settimane) e il restante 10% nasce tra la 28esima e 32esima settimana di gestazione (very preterm) (Blencowe et al., 2012).

In Italia, ogni anno, nascono circa 32.000 neonati prematuri, cioè prima del compimento della 37esima settimana di gestazione e questi dati rappresentano il 6,9% delle nascite totali. Degli studi negli ultimi anni hanno dimostrato come questo tasso, in seguito alla pandemia, ha subito un aumento arrivando all’11,2% per le donne che hanno contratto l’infezione da Sars-Cov-2 (www.ansa.it).

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Cause

Il parto pretermine ha un’origine multifattoriale. Le cause di un parto prematuro sono diverse e possono derivare da problematiche riguardanti lo stato di salute della futura madre, la gravidanza in atto oppure direttamente il feto. Spesso vi sono delle difficoltà, sia nell’individuare con precisione ciò che determina questa condizione, ma anche nell’indicare in maniera precisa il ruolo dei vari fattori di rischio che possono sovrapporsi ed interagire tra loro. Bisogna tener conto che i parti pretermine avvengono nella maggio r parte dei casi spontaneamente anche se a volte vi sono delle indicazioni specifiche per dover intervenire con un parto elettivo (parwelb.unimib.it). L’American College of Obstetricians and Gynecologists (ACOG) raccomanda, però, il parto elettivo prima delle 32 settimane di età gestazionale solo in casi selezionati per gestire complicazioni materne gravi e/o complicazioni fetali.

I fattori di rischio materno che possono comportare l’aumento dei parti pretermine sono:

  • L’età materna: il rischio aumenta sia nei soggetti troppo giovani, con un’età infer iore ai 16 anni, sia nei soggetti con un’età avanzata, superiore ai 35 anni. Degli studi hanno dimostrato che le donne di età superiore ai 35 anni hanno un Odds Ratio (OR) pari a 1,4 con un intervallo di confidenza (CI) del 95% di 1,3–1,5 per il parto pretermine spontaneo (Ferrero et al., 2016). Questo valore è più alto per le donne di età pari o superiore ai 40 anni e per le donne di età pari o superiore ai 45 anni (Jacobsson et al., 2004).
  • L’indice di massa corporea (BMI, acronimo per l’inglese Body Mass Index): gli intervalli estremi dell’indice di massa corporea, che si ottiene dividendo il peso in chilogrammi per il quadrato dell’altezza in metri, sono considerati fattori di rischio importanti. Le donne con un BMI basso (inferiore a 18,5) hanno un Odds Ratio (OR) di 1,3 con un intervallo di confidenza (CI) del 95% di 1,2–1,3 per il parto pretermine spontaneo (Ferrero et al., 2016). Ciò può essere correlato ad uno stato di malnutrizione cronica, con una carenza di alcuni elementi nutriziona li come il ferro o lo zinco, che possono interferire negativamente con il peso del feto alla nascita. D’altra parte, le donne con un BMI elevato, per l’intervallo che va da 30 a 35 hanno un OR di 1,6 (95% CI 1,4-1,8) per il parto pretermine spontaneo, quando abbiamo un BMI tra 35 e 40 l’OR è di 2,0 (95% CI 1,7-2,4), per BMI superiori a 40 l’OR è di 3,0 (95% CI 2,3-3,9) (Cnattingius et al., 2013).
  • Il fumo: indipendentemente dal numero di sigarette, il fumo è correlato al parto pretermine spontaneo con un Odds Ratio (OR) di 1,4 con un intervallo di confidenza (CI) del 95% di 1,3–1,4 (Ferrero et al., 2016). Le donne che fumano durante il primo trimestre di gravidanza non solo hanno un rischio significativamente maggiore di parto pretermine, ma hanno anche un rischio aumentato del 20% di incorrere a parto pretermine estremo, cioè prima delle 28 settimane di gestazione. Un recente studio retrospettivo ha infatti dimostrato che quando le donne smettono di fumare all’ini zio della gravidanza, nel primo o nel secondo trimestre, non vi è un incremento del rischio di parto pretermine (Moore et al., 2016).
  • Le condizioni psicologiche materne: diversi studi hanno dimostrato che la depressione, l’ansia e lo stress materno sono associati in modo significativo ad un aumento del rischio di parto pretermine (Vollrath et al., 2016; Maisonneuve, 2016).
  • Le condizioni socioeconomiche: esiste una relazione tra un basso livello di istruzione e il parto pretermine. La Federazione Internazionale di Ginecologia e Ostetricia (FIGO) ha condotto un’analisi su 4,1 milioni di nascite ed è stato inizialmente riscontrato un aumento del rischio di parto pretermine sia per la povertà che per il basso livello d’istruzione. Tuttavia, un basso livello di istruzio ne comprende il rischio associato alla povertà (Harrison e Goldenberg, 2016; Ferrero et al., 2016).
  • Le patologie materne: malattie croniche e/o immunitarie come diabete, ipertensio ne, cardiopatie, nefropatie e sclerosi multipla possono comportare un aumento del rischio di parto pretermine (parwelb.unimib.it).
  • I comportamenti voluttuari: abuso di alcol e/o di sostanze stupefacenti.

I fattori di rischio legati alla gravidanza che possono comportare l’aumento dei parti pretermine sono:

  • La latenza intergravidanza: diversi studi negli ultimi decenni hanno riportato un incremento del rischio di parto pretermine per le donne con un intervallo tra gravidanze breve. Uno studio ha rilevato che un intervallo di gravidanza inferiore a 18 mesi aumenta in modo significativo il rischio di parto pretermine con un Odds Ratio (OR) di 1,6 con un intervallo di confidenza (CI) del 95% di 1,2–2,1 (Kozuki et al., 2013). Anche la relazione tra una lunga latenza di gravidanza e il parto pretermine è controversa. Una recente meta-analisi ha riportato che un intervallo di gravidanza superiore ai 60 mesi aumenta il rischio di un feto di piccole dimens io ni rispetto all’età gestazionale ma non di parto pretermine (Kozuki et al., 2013).
  • Un precedente parto pretermine: è uno dei fattori di rischio più frequenteme nte riportato infatti le donne con un precedente parto pretermine hanno un rischio circa 4/6 volte maggiore di avere un altro parto pretermine in una gravidanza successiva (Ferrero et al., 2016). Ogni episodio di parto prematuro determina un aumento del rischio di recidiva di parto pretermine spontaneo da 1,5 a 2 volte (Iams e Berghella, 2010). Invece, un precedente parto pretermine a 28 settimane aumenta il rischio fino al 35% e due precedenti parti pretermine prima delle 32 settimane aumentano il rischio fino al 70%.
  • Il curettage uterino: se utilizzato per trattare aborti spontanei o interrompere la gravidanza è considerato un fattore di rischio indipendente per l’insorgenza di parto pretermine, con un Odds Ratio (OR) di 1,7 con un intervallo di confidenza (CI) del 95% di 1,2–2,4 per il parto prima delle 32 settimane e un OR di 1,7 (95% CI 1,5-1,9) per il parto prima delle 28 settimane. Ciò potrebbe essere spiegato dal trauma cervicale che si verifica secondariamente al curettage (Lemmers et al., 2016) e potrebbe ridursi dopo gli aborti non chirurgici.
  • La gravidanza ottenuta tramite fecondazione medicalmente assistita: alcuni dati dimostrano una percentuale pari al 24% nelle gravidanze singole per parti pretermine ed una incidenza maggiore, pari all’86%, per parti pretermine in gravidanze gemellari.
  • I fattori del canale cervicale: la chirurgia cervicale, come la conizzazione o la trachelectomia, incrementa il rischio di parto pretermine con un Odds Ratio (OR) di 2,0 con un intervallo di confidenza (CI) del 95% di 1,4–3,0 (Lim et al., 2016). Questo rischio potrebbe essere correlato alla procedura chirurgica o all'infezione che porta alla displasia.
  • La lunghezza ridotta del canale cervicale: è stato osservato che quanto minore è la lunghezza cervicale, tanto maggiore è il rischio di parto pretermine spontaneo (Grimes-Dennis e Berghella, 2007). Pertanto, una lunghezza del collo dell’utero inferiore a 15 mm a metà trimestre nelle donne asintomatiche associato a un rischio di parto pretermine pari a circa il 34% (Fonseca et al., 2007). Nelle donne con un precedente parto pretermine, la prevalenza di una cervice corta è più elevata, circa il 30%, con una sensibilità nel prevedere il parto pretermine spontaneo di circa il 70% (Spong, 2007). Queste donne possono trarre beneficio da trattamenti prenatali, come l’incremento di progesterone, che hanno dimostrato una riduzione del tasso di parto pretermine (Dodd et al., 2013).
  • Le malformazioni uterine: il rischio di parto pretermine è complessivamente del 40% circa. Il rischio varia a seconda del tipo di malformazione uterina: è del 56% nelle donne con utero didelfo, del 43% nelle donne con utero unicorne, del 39% nelle donne con utero bicorne e del 31% nelle donne con utero setto (Hua et al., 2011). Si è visto che in questi casi la strategia più efficace per ridurre notevolme nte il rischio di parto pretermine e aumentare il tasso di nati vivi è la resezione isteroscopica del setto (Grimbizis et al., 2001).
  • Le emorragie uterine durante il secondo e terzo trimestre di gravidanza: un episodio di emorragia prima delle 24 settimane è associato al parto pretermine spontaneo con un rischio relativo (RR) di 3,6 con un intervallo di confidenza (CI) del 95% di 1,9–6,8. L’emorragia uterina aumenta anche il rischio di rottura pretermine delle membrane prima del travaglio. Nel primo trimestre, il rischio di rottura pretermine delle membrane è due volte maggiore (Hosseini e Yaghoubipour, 2013), nel secondo e terzo trimestre il rischi è 10 volte superiore (Yang et al., 2004).
  • Le complicazioni placentari: l’anomalia morfologica maggiormente diagnosticata è la placenta previa. In questa situazione la placenta si impianta in basso e anteriormente a livello uterino, luogo in cui la parete uterina è meno pronta ad accogliere l’espansione del feto aumentando il rischio di parto pretermine spontaneo. Un’altra condizione che viene spesso riscontrata è il distacco della placenta, spesso legata ad anomalie dell’impianto placentare ma anche a piccole trombosi o necrosi dei vasi placentari che portare a condizioni di trombofil ia congenita, infezioni, anomalie ipossiche e insulti ipossici.
  • Le gestazioni multiple: aumentano il rischio di parto pretermine sia spontaneo che avviato dal medico. Uno studio ha rilevato che tra tutti i gemelli il tasso di parto pretermine moderato (32-33 settimane di gestazione) è del 14,5%, quello tardivo (34-36 settimane di gestazione) del 49,8% e quello a termine del 35,7% (Refuerzo, 2012). Inoltre, è stato visto che le gravidanze trigemine hanno un tasso di rischio maggiore rispetto a quelle bigemine.
  • Le infezioni sistemiche materne: infezioni non genitali, come la batteriura asintomatica, la pielonefrite, la pneumonite o l’appendicite, sono correlate al parto pretermine spontaneo.
  • La vaginosi batterica: spesso conseguenza di disbiosi microbica vagina le, condizione che comporta la diminuzione di lattobacilli e la proliferazione di ceppi patogeni provocando un’alterazione del normale microbioma vaginale. Per le donne a più alto rischio si dovrebbe prendere in considerazione lo screening e il trattamento prima delle 22 settimane di gestazione (Lamont et al., 2011) in quanto è una condizione materna correlata al verificarsi di un travaglio pretermine, alla rottura pretermine delle membrane e al parto pretermine spontaneo (Leitich et al., 2003).
  • Le infezioni e infiammazioni intra-amniotiche subcliniche: è una delle principa li cause di parto pretermine con una prevalenza di circa il 30% nelle donne con travaglio pretermine e membrane intatte e fino al 60% nelle donne con rottura pretermine delle membrane (Kacerovsky et al., 2012). Il coinvolgime nto dell’infiammazione intra-amniotica nella fisiopatologia del parto pretermine spontaneo è maggiore nel momento in cui i sintomi e le complicazioni nella gravidanza si verificano precocemente (Palacio et al., 2009). La via più comune per lo sviluppo di infiammazioni intra-amniotiche è l’invasione microbica della cavità amniotica (MIAC) che si verifica nel 10%-14% delle donne con travaglio pretermine (Romero et al., 2014) e membrane intatte e nel 30%-50% delle donne con rottura pretermine delle membrane (Romero et al., 2015). Ad oggi, l’unico metodo utilizzato per identificare l’infiammazione intra-amniotica nella pratica clinica è l’amniocentesi, una procedura invasiva ma con un rischio molto basso di complicazioni (Musilova et al., 2017). Nonostante sia possibile individuare tali infiammazioni precocemente non esistono ancora degli interventi mirati prenatali che possano influire sugli esiti neonatali.

Infine i fattori di rischio che riguardano il feto e provocano l’insorgenza di un parto pretermine spontaneo sono:

  • Le malformazioni fetali: ad aumentare ulteriormente il rischio sono alcune malformazioni fetali specifiche che causano il polidramnios cioè un aumento di liquido amniotico. I feti con malformazioni cardiache congenite hanno un rischio raddoppiato di nascita pretermine rispetto a soggetti sani.
  • La sofferenza fetale: legata prevalentemente ad una riduzione degli scambi metabolici e respiratori tra la madre e il feto e poiché tale situazione spesso provoca asfissia si procede tramite parto elettivo.

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Follow-up

Ricerche nazioni e internazionali hanno evidenziato come il monitoraggio dello sviluppo psicomotorio dei bambini nati pretermine tramite dei programmi continuativi di follow- up, siano fondamentali per prevenire precocemente delle condizioni di rischio e riescano a ridurre le problematiche relative allo sviluppo motorio, cognitivo, comunicativo e linguistico, personale-sociale e affettivo-relazionale dei bambini attraverso interve nt i mirati e tempestivi. Anche la Carta dei diritti del bambino nato prematuro sottolinea l’importanza e la necessità di creare dei programmi di follow-up mirati per la popolazione dei nati pretermine.

I programmi di follow-up sono finalizzati a provvedere al benessere del bambino nato pretermine all’interno del suo ambiente di vita quotidiano tenendo conto della sua complessità da un punto di vista fisico, psicologico e neurologico e per tale motivo è fondamentale un coinvolgimento da parte della famiglia. Il follow-up ha l’obiettivo di monitorare, descrivere e comprendere lo sviluppo dai primi mesi di vita all’età scolare dei bambini nati pretermine al fine di identificare in maniera precoce i soggetti che presentano atipie e/o ritardi neuroevolutivi al fine di attivare una presa in carico abilitat i va tempestiva, mirata e individualizzata per supportare quelle competenze specific he risultate deficitarie durante le valutazioni e pianificare degli interventi educativi. Considerando l’elevata plasticità che caratterizza lo sviluppo cerebrale durante i primissimi anni di vita, risulta efficace intraprendere precocemente tali interventi in quanto hanno probabilità più elevate di risultare efficaci nel prevenire successivi ritardi nello sviluppo. Per avere una visione completa del bambino, oltre alle scale di sviluppo e ai test di intelligenza, vengono utilizzati strumenti specifici per studiare lo sviluppo comunicativo- linguistico e i processi cognitivi durante i diversi momenti evolutivi. In queste valutazioni bisogna tenere in considerazione i fattori biologici, come patologie pre- e peri-natali del bambino ed eventuali patologie presenti in famiglia, e i fattori sociali, come il contesto familiare, sociale e culturale all’interno del quale il bambino è inserito e le relazioni e il modo di interagire tra il bambino e i genitori o chi se ne prende cura. Negli anni è stata sottolineata l’importanza di utilizzare strumenti in grado di mettere a confronto le varie valutazioni ottenute nelle diverse aree evolutive al fine di comprendere, nel caso in cui siano presenti dei ritardi evolutivi, se questi riguardano ogni ambito considerato o se siano presenti solo in alcune cadute specifiche.

Il follow-up si avvale anche dell’utilizzo di misure di neuroimaging e neurofisiologic he, tenendo conto sia della disponibilità delle risorse economiche che delle problematic he etiche che possono essere sollevate dalle tecniche di neuroimaging. Grazie alle tecniche di risonanza magnetica strutturale e funzionale è possibile non solo studiare la morfologia cerebrale ed evidenziare eventuali danni neurologici predittivi di deficit severi ma anche individuare le cosiddette “anomalie minori” e di studiarne l’impatto clinico sullo sviluppo comportamentale e clinico. Rispetto all’ecografia transfontanellare la risonanza magnetica nucleare ha un alto valore predittivo in termini di deficit neurosensoria li (82%), paralisi cerebrali infantili (65%) e deficit cognitivi gravi (41%). Tra le tecniche neurofisiologiche, invece, quella maggiormente utilizzata è quella dei Potenziali Evocati Visivi (PEV) poiché permette di indagare sull’attività neurale che sottostà alla percezione e fornisce indicatori precoci di anomalie dello sviluppo cerebrale. Queste tecniche, fornendo evidenze relative alla questione di ritardi e/o atipicità nello sviluppo dei bambini nati pretermine, permette di individualizzare ancor di più i percorsi di follow- up e gli interventi abilitativi.

Durante le valutazioni, al fine di identificare i bambini con ritardi o disturbi evolutivi, è importante considerare sia l’età cronologica che l’età corretta del bambino verifica ndo quale criterio abbia una validità predittiva maggiore. L’uso dell’età corretta è importante perché prende in considerazione il livello di maturazione neurobiologica del bambino, l’età cronologica, invece, tiene conto della durata delle esperienze ambientali postnatali. È fondamentale utilizzarle entrambe in quanto l’età corretta potrebbe sottostimare i bambini a rischio dando esiti negativi falsi, mentre l’età cronologica potrebbe sovrastimarli dando esiti positivi falsi.

Uno degli strumenti utilizzati in ambito nazionale e internazionale per il follow- up neuropsicologico e per la valutazione dello sviluppo delle funzioni di base è costituito dalle Scale Griffiths che tramite 276 item suddivisi in cinque sottoscale indaga gli aspetti principali dello sviluppo motorio, personale-sociale, comunicativo- linguistico, visuo - motorio e cognitivo in bambini di età compresa tra 1 e 24 mesi di vita. Grazie ai risultat i ottenuti dai vari item è possibile ottenere un quoziente di sviluppo generale e dei quozient i di sviluppo differenziati per le diverse sottoscale che permettono di indagare sulle specifiche competenze del bambino e delineare un profilo individuale al fine di programmare un intervento educativo e/o abilitativo ad hoc per il paziente. Le Scale Griffith sono state utilizzate in alcuni studi nazionali e internazionali condotti su bambini nati pretermine nei primi due anni di vita ed hanno evidenziato un’incidenza maggiore di difficoltà e ritardi nello sviluppo cognitivo e motorio dei bambini estremamente pretermine (nati prima della 28esima settimana di età gestazionale). È fondamenta le osservare il bambino fin dai primi mesi di vita; infatti, alcuni studi hanno dimostrato come alcune valutazioni ottenute in seguito all’osservazione dei General Movements siano correlate agli outcome delle Scale Griffiths ad età successive.

Un altro strumento proposto per alcune età di valutazione è costituito dalle Scale di sviluppo Bayley-III, utili per valutare lo sviluppo cognitivo, motorio, linguistico, socio- emozionale e il comportamento adattivo dei bambini di età compresa tra 1 e 42 mesi di vita. Le Scale Bayley-III vengono affiancate spesso alle Scale Griffiths per poter esaminare in maniera più specifica le competenze motorie, cognitive e linguistiche del bambino in termini di modalità, strategie e tempi al fine di creare un programma abilitativo individualizzato. Gli operatori preferiscono somministrare queste scale, soprattutto quella cognitiva, a tutti i bambini inseriti all’interno del programma di follow-up a 30 mesi in quanto risultano più impegnative sia da un punto di vista temporale che di risorse attentive da parte del bambino.

In questa fascia d’età, inoltre, vengono spesso proposti dei questionari specifici ai genitor i per valutare il primo sviluppo comunicativo- linguistico tramite il questionario “Primo Vocabolario del Bambino” (PVB). In particolare, vengono utilizzate la scheda “Gesti e Parole” per indagare le competenze gestuali e lessicali sia in comprensione che in produzione del bambino dai 9 ai 18 mesi di età e la scheda “Parole e Frasi” per indagare le competenze lessicali e morfosintattiche in produzione del bambino dai 18 ai 36 mesi.

È consigliabile proseguire anche in età prescolare e scolare con il follow- up neuropsicologico. Usualmente intorno ai 5-6 anni di età, al termine della scuola dell’infanzia, è prevista una valutazione sulle abilità cognitive, lessicali, grammaticali, di consapevolezza fonologica e dei prerequisiti della scrittura e lettura. In età scolare, invece, è prevista una valutazione intorno ai 7-8 anni di età, quindi al termine del secondo anno di scuola primaria, durante la quale vengono proposte delle prove utili ad indagare le competenze sopracitate e le abilità di lettura e scrittura.

Fin dalla Terapia Intensiva Neonatale, durante ogni visita, gli psicologi, attraverso la somministrazione di test e tramite un colloquio, effettuano una valutazione dello sviluppo del bambino e della relazione del bambino con il genitore. Il colloquio è importante poiché vengono fornite al genitore alcune indicazioni psico-educative idonee per il supporto dello sviluppo neuropsicologico del proprio figlio in quanto migliorare la sensibilità e la reattività genitoriale può aiutare i bambini a raggiungere il loro pieno potenziale di sviluppo cerebrale. Si consiglia ai genitori di trovare dei moment i appropriati per promuovere attività volte a potenziare il movimento volontario, il movimento multi-variabile, la coordinazione e l’interazione sociale.

La tempistica dei vari incontri di follow-up è decisa sulla base delle osservazioni e delle valutazioni effettuate. La maggior parte delle volte il bambino viene osservato con cadenza periodica fino al momento dell’acquisizione completa della deambulazio ne autonoma, poi si ha un’interruzione fino ai 2-3 anni circa e successivamente l’operatore valuterà l’esigenza o meno di altre valutazioni durante l’età evolutiva (Sansavini e Faldella, 2013).

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TRAIETTORIE NEUROEVOLUTIVE NEI NATI PRETERMINE

Nei nati pretermine si instaurano traiettorie neuroevolutive atipiche, in quanto tale condizione influisce sui modelli di accrescimento e di sviluppo di organi, apparati e sistemi funzionali. I nati pretermine presentano, rispetto ai coetanei nati a termine, un’incidenza maggiore di alterazioni dell’accrescimento (bassa statura), della pressione arteriosa, della funzione respiratoria (asma, dispnea da sforzo, alterazioni di tipo ostruttivo), del metabolismo (ridotta densità minerale ossea, ridotta tolleranza al glucosio), dello sviluppo cognitivo, neurosensoriale (disturbi uditivi e visivi) e neuromotorio (paralisi cerebrale), dello sviluppo puberale e di disturbi psichiatrici (Doyle e Anderson, 2010; Hack et al., 2002; Lindstrӧm et al., 2007; Moster et al., 2008).

Nello sviluppo tipico, il feto fa esperienza del proprio corpo e dell’ambiente in cui è immerso attivamente attraverso canali multisensoriali, quali quello tattile, cinestesico, uditivo, olfattivo e gustativo, contribuendo alla crescita del sistema nervoso e degli altri organi del corpo, all’organizzazione del ciclo sonno-veglia e allo sviluppo del sistema motorio e sensoriale mediante un processo di epigenesi probabilistica (Gottlieb, 2007). La nascita pretermine interrompe i normali processi fisiologici costringendo il corpo e il cervello del bambino, ancora immaturi, a maturare e adattarsi all’interno di un ambiente artificiale e spesso invasivo (principalmente dell’Unità di Terapia Intensiva Neonatale - UTIN) e questa esposizione precoce agli stimoli extra-uterini non accelera la maturazio ne neurobiologica bensì provoca l’instaurarsi di traiettorie evolutive atipiche rispetto a quelle dei bambini nati a termine. All’interno delle UTIN, infatti, il neonato pretermine subisce delle limitazioni posturali poiché giace all’interno dell’incubatrice ed è collegato a delle macchine che monitorano i parametri cardiaci e respiratori e garantiscono la funzionalità alimentare e respiratoria fino al raggiungimento dell’autonomia. A questi fattori si aggiungono anche iperstimolazioni visive e acustiche e le procedure mediche invasive e dolorose, che comportano un aumento della produzione di cortisolo e della condizione di stress del neonato.

L’esposizione all’ambiente extra-uterino avviene durante un periodo critico dello sviluppo del feto poiché è il momento in cui si ha un rapido sviluppo del sistema nervoso (Volpe, 2009b). L’encefalo fetale, infatti, è un organo in rapida evoluzione maturativa in particolare nel terzo trimestre di gravidanza, che coincide con il periodo di vitalità dei nati pretermine. Questa transizione prematura dall’ambiente intrauterino all’ambie nte extrauterino è anche associata ad un’organizzazione corticale differente, che provoca effetti su diversi aspetti dello sviluppo neuropsicologico e che possono essere parzialmente modificati grazie a tecniche di care e interventi individualizzati. La precoce esposizione all’ambiente extra-uterino, inoltre, non permette al neonato pretermine di disporre delle stimolazioni prenatali ritmiche e cinestesiche e nemmeno del continuo contatto con la madre all’interno dell’utero.

I fattori relativi all’ambiente sociale che caratterizzano il percorso evolutivo dei nati pretermine sono sia di tipo prossimale che distale. I fattori prossimali sono attribuibili alle difficoltà che i genitori, soprattutto le madri, hanno nell’instaurare una relazione con il proprio figlio e riconoscerlo come tale a causa della sua organizzazione immatura dei comportamenti, dell’espressività, dei cicli di sonno-veglia, dell’alimentazione e dell’attenzione (Coppola et al., 2007; Dondi et al., 2008). Invece, i fattori distali che influiscono sul percorso evolutivo dei nati pretermine, con effetti che diventano maggiormente evidenti durante il terzo anno di vita e negli anni successivi, riguardano il livello di istruzione e lo status socio-economico dei genitori (Aylward, 2009; Dall’Oglio et al., 2010a; Sansavini et al., 1996, 2007, 2010, 2011b).

Negli anni, diversi studi, hanno indagato sull’impatto che la nascita pretermine ha sullo sviluppo neuropsicologico conducendo indagini accurate su competenze specifiche e grazie ai risultati ottenuti è stato possibile contribuire alla conoscenza delle traiettorie evolutive di questa popolazione. È stato, inoltre, opportuno far anche riferime nto all’approccio teorico neurocostruttivista (Karmiloff-S mith, 1998, 2009; Mareschal et al., 2007; Westermann et al., 2007), che evidenzia come le strutture neurali che sottendono le rappresentazioni mentali e i comportamenti si formino e si modifichino grazie all’interazione tra vincoli biologici, ambientali e socio relazionali a diversi livelli. Alla base dei ritardi cognitivi della prematurità è presente, infatti, un danno biologico che sembra risiedere nei deficit di connettività dei circuiti cerebrali, in particolare di quelli cortico-talamo-corticali e di quelli che coinvolgono encefalo e cervelletto, che con le metodiche di neuroimaging convenzionale risultano difficilmente indagabili e quantificabili.

Durante le valutazioni è necessario analizzare non solo gli aspetti quantitativi ma anche gli aspetti qualitativi dei bambini pretermine poiché, rispetto ai bambini con sviluppo tipico, mettono in atto strategie differenti in risposta ai compiti proposti. È importante porre attenzione al processo messo in atto dal bambino per giungere ad un obiettivo, partendo dalle risorse a lui disponibili. Karmiloff-S mith (2009) dimostra, infatti, come i bambini con sviluppo atipico, mediante l’utilizzo di processi differenti, riescono a raggiungere competenze apparentemente simili a quelle dei bambini con uno sviluppo tipico.

Per quanto riguarda lo sviluppo cognitivo generale dei nati pretermine appare in continuo cambiamento e caratterizzato da un’eterogeneità importante e variabilità interindividua le legate al livello di immaturità neonatale e a fattori socio-ambientali, quali l’interazio ne con i familiari e l’ingresso nei diversi ordini di scuola, con espressioni che, in funzio ne della fase evolutiva, cambiano. Degli studi hanno riscontrato una differenza nei punteggi del quoziente intellettivo tra bambini pretermine e nati a termine di circa 10 punti ma con ampie differenze interindividuali legate maggiormente all’età gestazionale. Queste difficoltà cognitive risultano più evidenti e stabili a partire dall’età prescolare, persistono durante l’età scolare e, nei casi di bambini con danni neurologici o estremamente pretermine, anche durante l’adolescenza. È tuttavia opportuno sottolineare che i bambini nati molto pretermine presentano punteggi entro i limiti normativi a test cognitivi e linguistici, anche se più bassi rispetto a quelli dei gruppi di controllo.

La nascita pretermine causa alterazioni della funzionalità respiratoria durante l’infanzia e l’adolescenza, quali protratta ossigeno-dipendenza e frequenti ricoveri in ospedale per patologie respiratorie nei primi anni di vita, e negli anni a seguire presentano asma, dispnea da sforzo e spesso wheezing (Greenough, 2008). Durante l’età scolare, invece, nei nati pretermine è stata riscontrata una maggiore incidenza di sintomi respiratori, quali tosse e dispnea, iperattività bronchiale e alterazioni spirometriche di tipo ostruttivo (Narang et al., 2008).

La condizione di prematurità influenza anche la maturazione dei meccanis mi immunologici durante i primi mesi di vita. Questo determina, però, una minore incide nza di atopia rispetto ai coetanei poiché i neonati pretermine hanno un sistema immunitar io immaturo, una maggiore permeabilità del tratto gastroenterico con una composizio ne differente della flora batterica intestinale e un’esposizione agli antigeni quantitativame nte e qualitativamente differente.

Un altro aspetto importante che caratterizza le prime fasi dello sviluppo del bambino è la progressiva ed emergente abilità nel comunicare e regolare le proprie emozioni e, al contempo, nel discriminare e rispondere in maniera appropriata ai segnali emoziona li inviati dai genitori e/o chi se ne prende cura. Queste abilità sono cruciali sin dall’inizio della vita extrauterina per lo stabilirsi dei legami di attaccamento e di conseguenza per un normale sviluppo. La nascita pretermine viene considerata uno tra i possibili fattori di rischio che possono interferire con la capacità di comunicare e di comprendere le emozioni, creando maggiori difficoltà, a chi si prende cura del bambino, nel fornire risposte sensibili e cure appropriate.

Le tecnologie utilizzate all’interno delle moderne Unità di Terapia Intensiva Neonatale riducono notevolmente il rischio medico ma ostacolano l’avvio dei processi di attaccamento poiché separano il bambino dalla propria madre, impedendone il contenimento, e lo sottopongono a stimolazioni somato-sensoriali invasive e, spesso, violente. Durante il primo anno di vita, infatti, i bambini nati pretermine tendono ad essere meno coinvolti attivamente nell’interazione sociale rispetto ai nati a termine. Degli studi condotti su bambini alle età corrette di 4, 8 e 12 mesi hanno messo in evidenza delle differenze nell’espressione e nella regolazione delle emozioni. I bambini pretermine sono stati descritti come meno espressivi, principalmente attraverso il canale comunicat i vo facciale, e per tal motivo sono difficilmente interpretabili durante il primo anno di vita. In contesti di interazione faccia-a-faccia, tendono a guardare meno l’interlocutore, a condividere con minore probabilità lo sguardo e a vocalizzare meno (Van Beek et al., 1994a; 1994b). Inoltre, tra i 4 e gli 8 mesi, i nati pretermine, durante l’interazione con la madre, mostrano meno emozioni positive e più emozioni negative (Segal et al., 1995) e sono spesso caratterizzati da un temperamento difficile rispetto ai bambini nati a termine. Mettono in atto risposte comportamentali più disorganizzate, che provocano l’insorge nza di difficoltà nella relazione primaria, e i loro segnali appaiono deboli e difficili da interpretare. Tali comportamenti scaturiscono sia dalle condizioni del bambino e dai fattori di rischio perinatali, sia dalle esperienze ambientali alle quali vengono esposti, diverse rispetto a quelle tipiche dei neonati a termine.

L’immaturità del bambino prematuro lo espone a difficoltà significative durante il percorso adattivo, che si correlano ad un quadro di sviluppo neurocomportamenta le considerato “a rischio” rispetto a quello del bambino nato a termine. Infatti, sin dalle prime ricerche sulle sequele psicopatologiche legate alla nascita pretermine è stato rilevato che tali bambini hanno un profilo caratterizzato da sviluppo emoziona le immaturo e da problemi di organizzazione comportamentale quali: irrequietezza, bassa concentrazione, iperattività, bassa autostima, difficoltà generali di controllo, richiesta di attenzione, comportamenti di dipendenza, temperamento collerico, bassa motivazio ne, difficoltà di socializzazione (Brown e Bakeman, 1980; Fava Viziello et al., 1992a).

La separazione precoce tra madre e bambino prematuro o le difficoltà comportamenta li nello stesso bambino possono comportare delle alterazioni sulla qualità delle prime relazioni sociali del nato pretermine. Esse sono importanti in quanto possono avere ripercussioni sullo sviluppo futuro del bambino che può manifestare problemi relaziona li, cognitivi e di linguaggio. È stato spesso riscontrato anche un atteggiamento abbastanza contraddittorio dalle madri dei bambini prematuri verso i propri figli poiché alternano momenti di passività ad altri di sovrastimolazione, nonostante mostrino ugualme nte interesse al controllo dell’interazione. Questi comportamenti scaturiscono dalle diffico ltà mostrate dalla madre nell’attribuire un’intenzionalità comunicativa al proprio figlio che emette segnali di non facile decodifica e spesso ambigui. I bambini nati pretermine, rispetto ai bambini nati a termine, mostrano un comportamento atipico: sono meno attenti e reattivi, si adattano con maggiore lentezza agli interventi dell’adulto, i loro ritmi sono meno prevedibili, sono meno regolari nell’alimentazione e nei cicli di sonno-veglia.

Ciò fa sì che la madre non ottenga feedback sulla propria capacità di influenzare il comportamento del bambino con facilità, rendendo difficile riuscire ad adattare i propri interventi ai comportamenti del proprio figlio. Un’altra difficoltà nell’interazione madre- bambino è data dal ritardo nel controllo posturale e nella coordinazione occhio-mano che il bambino può avere; perché si stabilisca il contatto oculare, infatti, è necessario il controllo del capo, del collo e della postura.

È stato anche osservato che, quando le madri sono sensibili, indirizzano verso i figli comportamenti di holding prolungati, e li stimolano maggiormente durante l’interazio ne faccia-a-faccia o nel gioco libero rispetto a quanto facciano le madri dei bambini nati a termine (Minde, 2000). La sensibilità materna gioca un ruolo fondamentale, rispetto ad altri fattori, sullo sviluppo sociale, emozionale e cognitivo del bambino. È stato infatt i dimostrato che i bambini prematuri che hanno una madre più sensibile nei primi anni di vita raggiungono molto prima le tappe di sviluppo linguistico, di abilità sociali e hanno minori problemi comportamentali ed emotivi.

Bisogna considerare che gli inizi della vita sociale, per il bambino nato pretermine, sono diversi rispetto a quelli di un coetaneo nato a termine: le sue risposte appaiono evitanti e disorganizzate poiché il suo organismo ancora non ha raggiunto la capacità di autoregolazione e non è pronto a ricevere stimoli complessi quali quelli sociali. Considerando, infatti, la loro immaturità, i bambini prematuri raggiungono lentamente un’adeguata organizzazione neurocomportamentale, essenziale per potersi autoregolare da un punto di vista neurofisiologico ed interagire in modo ottimale con l’ambie nte esterno.

Un altro dominio evolutivo che può essere parzialmente compromesso dalla nascita pretermine, anche in assenza di danni cerebrali severi, è il linguaggio. In tutti gli studi esaminati le funzioni linguistiche complesse risultano deficitarie nei bambini nati pretermine, indipendentemente dallo status socio-economico familiare e anche in assenza di danno neurologico. Le differenze con i nati a termine aumentano soprattutto dai 3 ai 12 anni, facendo ipotizzare che derivino da una compromissione di diverse aree a livello corticale il cui funzionamento è essenziale per produrre tali funzioni. Contrariamente, per le funzioni linguistiche semplici, sia in uno studio trasversale (Myers et al., 2010) che in uno studio longitudinale (Luu et al., 2011) condotto dall’età scolare all’adolescenza, è stato osservato un recupero intorno ai 16 anni.

Per quanto riguarda la percezione del linguaggio nei nati a termine, tra i 6 e i 12 mesi, si verifica una specializzazione per la discriminazione dei fonemi della lingua madre e contestualmente si ha la perdita della discriminazione di fonemi di lingue alla quale il bambino non è esposto. I nati pretermine, invece, mostrano un andamento evolut ivo diverso in questa età rispetto ai nati a termine perché, nello stesso periodo, continuano a discriminare anche i fonemi di lingue a cui non vengono esposti e ciò risulta essere correlato all’emergenza di difficoltà linguistiche a 2 anni (Jansson-Verkasalo et al., 2003, 2004). A 4 e 6 mesi di età sono state anche riscontrate difficoltà nella discriminazione di aspetti ritmici della lingua, come l’accento (Herold et al., 2008). Ad età successive, circa a 4 anni, è stata riscontrata una relazione tra difficoltà nella discriminazione uditiva e nella denominazione. Questa relazione sostiene l’ipotesi secondo cui le abilità uditive di base influiscano sullo sviluppo di abilità linguistiche complesse e ciò determina effetti a cascata, come difficoltà di fronte a compiti più impegnativi che richiedono un’attenzio ne selettiva e/o il mantenimento di informazioni in memoria (Bosch, 2011).

Per quanto riguarda l’aspetto fonologico, è stata riscontrata una minore complessità nelle lallazioni a 12 e 18 mesi e nelle prime produzioni verbali rispetto ai nati a termine. Anche lo sviluppo della produzione lessicale nei bambini pretermine tra 12 e 24 mesi risulta più lento considerando sia l’età corretta che l’età cronologica. Inoltre, uno studio longitudinale, ha mostrato che a 18 e a 24 mesi questi bambini producono un minor numero di combinazioni gesto-parola. Sono diversi i fattori predittivi del ritardo nel linguaggio espressivo dei bambini pretermine, tra questi troviamo fattori biomedici, quali il genere maschile e displasia broncopolmonare, e fattori sociali, come il basso livello di istruzione dei genitori. Numerosi studi condotti in diversi paesi su bambini prematuri a 24 e 30 mesi hanno anche evidenziato difficoltà e/o ritardi nello sviluppo del lessico espressivo e grammaticale. Tali difficoltà, soprattutto in comprensione e in produzione, si consolidano e persistono in età prescolare e scolare nei nati estremamente e molto pretermine, evidenziando percorsi evolutivi atipici con alcune competenze più compromesse di altre. Un ulteriore studio ha osservato che i nati pretermine hanno un’acquisizione più lenta nell’uso dei verbi e, a causa di una minore consapevole zza linguistica, hanno difficoltà in compiti di denominazione in età prescolare e scolare, ma tendono a diminuire durante l’adolescenza (Saavalaine et al., 2006).

Un recente studio longitudinale (Sansavini et al., 2010) ha mostrato che i nati pretermine presentano un elevato rischio di ritardo di linguaggio a 2 anni e mezzo, poiché circa il 25% (1 bambino su 4) ha un ritardo lessicale e/o grammaticale, e a 3 anni e mezzo la percentuale di tale ritardo si alza a circa il 35% (1 bambino su 3). In questi soggetti è importante esaminare e monitorare le precoci competenze grammaticali e lessicali considerando i fattori sociali per poter identificare precocemente i bambini che presentano un ritardo del linguaggio e poter attuare interventi tempestivi.

Anche le difficoltà di attenzione selettiva e sostenuta possono contribuire a determina re delle difficoltà nell’acquisizione del linguaggio, suggerendo che lo sviluppo di esso è strettamente collegato a processi cognitivi di base dominio generali, quali appunto l’attenzione, la velocità di elaborazione dell’informazione, la capacità di memoria di lavoro, le abilità di memoria a breve termine e i processi di abituazione. Queste diffico ltà linguistiche e ritardi che si evidenziano potrebbero essere, almeno in parte, spiegati da difficoltà nel funzionamento mentale generale.

Infine, rispetto ai nati a termine, in assenza di fattori di protezione si hanno maggior i probabilità che lo sviluppo evolva verso esiti più sfavorevoli (Sansavini e Faldella, 2013).

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Outcome severi nella prematurità

Recenti studi condotti mediante l’utilizzo di tecniche neurofisiologiche e di neuroimagi ng hanno mostrato che la nascita pretermine comporta alterazioni nella connettività neurale e nello sviluppo corticale, la cui entità dipende dal momento in cui si verifica l’evento, con un maggiore impatto sull’organizzazione neuronale e sinaptica in età gestazionali più basse e in funzione del coinvolgimento delle aree corticali e sottocorticali (Aylward, 2009; Cioni et al., 2011, Volpe, 2009b). Nonostante si verifichino danni neurologic i severi, in questi soggetti è stata osservata una riorganizzazione delle aree cerebrali collegate alle aree che presentano un danno (Hack e Taylor, 2000).

La nascita pretermine, nei casi più gravi, può essere associata a danni neurologici severi (quali paralisi cerebrale, emorragia intraventricolare, leucomalacia periventricola re, encefalopatia ipossico-ischemica e idrocefalo) e a danni neurosensoriali importanti (quali la cecità) che determinano disabilità evolutive.

Le lesioni cerebrali severe più comuni nel neonato pretermine sono:

  • L’emorragia della matrice germinativa ed intraventricolare (GMH-IVH) (fig.1): è la forma di emorragia intracranica nel neonato più frequente. Il rischio di poterla sviluppare è inversamente correlato all’età gestazionale, interessa tra il 10% e il 30% dei bambini very low birth weight e deriva da interazioni tra genetica ed ambiente. La sede di insorgenza del sanguinamento corrisponde alla matrice germinativa, cioè una struttura ben rappresentata durante la vita fetale nelle zone subependimali, ma è caratterizzata da una vulnerabilità e fragilità intrinseca poiché è molto vascolarizzata ma povera di elementi gliali e mesenchimali. La matrice germinativa raggiunge il suo volume massimo intorno a 23 settimane di età gestazionale per poi involvere gradualmente fino al termine della gravidanza. Essa è sede di attiva proliferazione dei neuroni corticali e delle cellule gliali da cui originano gli oligodendrociti e gli astrociti. La GMH-IVH tipicamente si verifica nei primi 3-4 giorni di vita e può evolvere in sanguinamento intraventricolare, spesso aggravato da simultanee lesioni parenchimali (come gli infarti venosi). Le complicanze più gravi che ne derivano, che si accompagnano ad esiti a distanza significativi, sono l’idrocefalo postemorragico e l’infarto parenchimale venoso. I nati pretermine con un rischio maggiore di insorgenza, a parità di età gestaziona le, sono quelli con flussi cerebrali ridotti durante le prime ore di vita e flussi aumentat i nelle ore successive (Osborn et al., 2004). La patogenesi è multifattoriale e, tra i molteplici fattori di rischio, riconosce la condizione di distress respiratorio, complicato da pneumotorace e ipercapnia e tutte le situazioni che provocano un aumento della pressione venosa centrale e di conseguenza di quella cerebrale.

Fig. 1 – Ecografia cerebrale di un neonato pretermine nato alla 28a settimana di gestazione con emorragia germinale-intraventricolare di grado II (GMH-IVH) sul lato sinistro (frecce). La vista coronale (A) mostra che il ventricolo sinistro è più grande rispetto al destro. La vista parasagittale (B) mostra il GMH e il sangue nel corno occipitale (Courtesy e Leijser).

Fig. 1 – Ecografia cerebrale di un neonato pretermine nato alla 28a settimana di gestazione con emorragia germinale-intraventricolare di grado II (GMH-IVH) sul lato sinistro (frecce). La vista coronale (A) mostra che il ventricolo sinistro è più grande rispetto al destro. La vista parasagittale (B) mostra il GMH e il sangue nel corno occipitale (Courtesy e Leijser).

  • L’emorragia cerebellare (fig.2): sembra originare da sanguinamenti della matrice germinativa, è riconoscibile a livello dello stato granulare esterno ed è particolarmente rappresentata tra le 28 e le 34 settimane di età gestazionale. Tali lesioni hanno una patogenesi ancora poco nota ma tra i fattori di rischio sembra avere un ruolo determinante la bassa età gestazionale alla nascita (Dyet et al., 2006; Fumagalli et al., 2009; Merill et al., 1998). Nella maggior parte dei casi le emorragie focali interessano gli emisferi cerebellari e raramente è coinvolto il verme cerebellare, ma queste lesioni sembrano compromettere anche il normale sviluppo di altre strutture cerebrali, in modo particolare del ponte (Fumagalli et al., 2009). Le lesioni cerebellari possono fortemente aggravare il rischio di outcome neurologic i sfavorevoli a distanza, in particolare deficit cognitivi, del linguaggio e comportamentali. Questi disturbi sono maggiormente rappresentati quando è presente un interessamento del verme cerebellare e si associa anche ad una maggiore incidenza di disturbi che rientrano nella sfera dell’autismo (Limperopoulos et al., 2007).

Fig. 2 – Visualizzazione ecografia della fossa endocranica posteriore attraverso la fontanella mastoidea

Fig. 2 – Visualizzazione ecografia della fossa endocranica posteriore attraverso la fontanella mastoidea

(A) e attraverso l’approccio nucale (B).

* Indica la cisterna magna.

La freccia bianca indica la presenza di una lesione emorragica focale che interessa gran parte di un emisfero cerebellare (Sansavini e Faldella, 2013).

  • La leucomalacia periventricolare (PVL): è un tipo di lesione encefalica che colpisce la sostanza bianca, la struttura maggiormente vulnerabile dell’encefalo in via di sviluppo, e per tale motivo viene anche definita “malattia della sostanza bianca”. Un insulto ipossico-ischemico o infettivo sembra in grado di promuovere, sia singolarmente che sinergicamente, un processo flogistico che esita in tale lesione (Volpe, 2009b). Può essere suddivisa in leucomalacia periventricolare cistica (c- PVL) (fig.3) e leucomalacia periventricolare non cistica, anche conosciuta, secondo la terminologia coniata da Volpe (2009b), come anomalie della sostanza bianca (WMA) o malattia neurono-assonale nella encefalopatia del pretermine. La c-PVL è una patologia diagnosticabile facilmente attraverso l’ecografia cerebrale quando si praticano degli esami seriati fino a 4-6 settimane dalla nascita, anche in quei nati pretermine con ecogenicità periventricolare apparentemente normale. È dovuta ad una       necrosi della sostanza bianca periventricolare o sottocorticale, spesso simmetrica, che evolve in cisti ed è altamente predittiva per lo sviluppo successivo di paralisi cerebrali infantili. La PVL non cistica, invece, consiste in un quadro di lesioni diffuse ma non cistiche della sostanza bianca cerebrale ed è correlata con lo sviluppo di deficit neurologici in età successive nei bambini molto pretermine. La WMA è il danno cerebrale più comune riscontrato nei nati pretermine esaminat i all’età del termine mediante indagini effettuate con risonanza magnetica nucleare.

Fig. 3 – A, B. Immagini assiali T1. C, D. Immagini assiali T2. Nato alla 33a settimana di gestazione. Esame RM eseguito a distanza di 5 settimane dalla nascita. Si dimostrano multiple piccole aree di alterato segnale, iperintense in T1 e ipointense in T2, in corrispondenza della sostanza bianca periventricolare, bilateralmente, più estese a sinistra (frecce), riferibili a lesioni su base ipossica (Malagutti).

Fig. 3 – A, B. Immagini assiali T1. C, D. Immagini assiali T2. Nato alla 33a settimana di gestazione. Esame RM eseguito a distanza di 5 settimane dalla nascita. Si dimostrano multiple piccole aree di alterato segnale, iperintense in T1 e ipointense in T2, in corrispondenza della sostanza bianca periventricolare, bilateralmente, più estese a sinistra (frecce), riferibili a lesioni su base ipossica (Malagutti).

  • L’idrocefalo post-emorragico della prematurità (PHHP) (fig.4): è un processo idrodinamico attraverso il quale il compartimento del liquor cerebrospinale viene attivamente ingrandito, causando un danno al tessuto cerebrale (Raybaud, 2016). È importante il riconoscimento e il trattamento precoce di tale patologia perché la progressiva dilatazione ventricolare, associata all’aumento della pressione intracraniale, può alterare l’emodinamica cerebrale, ritardare la mielinizzazio ne (Ayannuga et al., 2016) e conseguentemente provocare dei ritardi e/o deficit dello sviluppo. L’aumento progressivo della pressione intracranica è ciò che distingue l’idrocefalo dalla dilatazione ventricolare post-emorragica e dalla ventricolomega l ia ex-vacuo, un allargamento compensatorio dei ventricoli dovuto alla perdita di tessuto cerebrale o cerebellare. Gli effetti sui neonati con PHHP sono in qualche modo reversibili con il drenaggio del liquor che si ottiene tramite il posizioname nto di uno shunt. I neonati pretermine con PHHP progressiva che richiedono un intervento chirurgico presentano un rischio maggiore di esiti avversi in diverse aree dello sviluppo neurologico che persistono durante tutto l’arco della vita.

Fig. 4 – Immagini pesate in T2. Esame RM eseguito su un neonato prematuro con idrocefalo post- emorragico. È presente un marcato ingrandimento di tutti e quattro i ventricoli. L’immagine sagittale mostra una marcata compressione del cervelletto secondaria alla dilatazione del quarto ventricolo. Le immagini assiali e le immagini coronali mostrano l’assottigliamento del mantello cerebrale e la fenestrazione del setto pellucido a causa della marcata dilatazione dei ventricoli laterali (Dorner et al.,

Fig. 4 – Immagini pesate in T2. Esame RM eseguito su un neonato prematuro con idrocefalo post- emorragico. È presente un marcato ingrandimento di tutti e quattro i ventricoli. L’immagine sagittale mostra una marcata compressione del cervelletto secondaria alla dilatazione del quarto ventricolo. Le immagini assiali e le immagini coronali mostrano l’assottigliamento del mantello cerebrale e la fenestrazione del setto pellucido a causa della marcata dilatazione dei ventricoli laterali (Dorner et al., 2018).

L’outcome motorio più severo nel neonato pretermine è costituito dalle paralisi cerebrali infantili (PCI), che spesso si associano a deficit sensoriali uditivi e/o visivi severi e/o ritardo mentale, con un quoziente di sviluppo minore di 70.

In generale, la PCI è definita come un gruppo di disordini permanenti dello sviluppo del movimento e della postura, con conseguente limitazione nelle attività, causati da danni non progressivi nel cervello in via di sviluppo del feto o del neonato (Bax et al., 2005). La classificazione della PCI si basa sulle anomalie predominanti nel movimento e nel tono muscolare, per tale motivo si considerano 3 forme principali: spastica, atassica e discinetica/atetoide. Nella forma spastica il danno si verifica nelle vie motorie piramida li, in quella atassica a livello prevalentemente cerebellare e in quella discinetica/atetoide a livello del sistema motorio extrapiramidale e/o piramidale e ai gangli della base. In base alla sede che viene interessata si distinguono la forma bilaterale con diplegia (prevalente interessamento degli arti inferiori) o tetraplegia (difetto motorio prevalentemente spastico dei quattro arti) e quella unilaterale o emiplegia, con coinvolgimento di un solo emisoma.

Nei nati pretermine la forma prevalente è quella spastica, con una percentuale pari all’88%, nel 30% con interessamento unilaterale e nel 58% bilaterale. La forma atassica è presente nel 4% e quella discinetica/atetoide nel 7% (Surveillance of Cerebral Palsy in Europe, 2000).

I fattori di rischio più rilevanti per lo sviluppo delle PCI sono l’età gestazionale e il peso alla nascita. Altri fattori di rischio sono gravidanze multiple, infezioni materne e/o neonatali, l’encefalopatia neonatale e vari fattori genetici (Marlow et al., 2005). La prematurità è associata con un rischio maggiore di sviluppare PCI: tra l’8% e il 10% dei neonati very preterm e extremely preterm sviluppano PCI e il 40/ 50% dei soggetti affetti da PCI nasce pretermine. La diagnosi precoce dei deficit severi, soprattutto della PCI, è fondamentale per avviare tempestivamente degli interventi abilitativi. Negli ultimi anni, grazie allo studio dei General Movements (GMs), è stato dimostrato che la presenza del carattere crampiforme e sincrono già nel periodo pretermine, persistente al termine e anche ai 2-3 mesi di età post-termine, predice con certezza la presenza di PCI. Altri segni concomitanti, come l’assenza di movimenti tipo fidgety e la povertà e/o stereotipia dei pattern motori adeguati all’età, confermano l’evoluzione verso la PCI (Sansavini e Faldella, 2013).

Infine, come sovracitato, la nascita pretermine può essere associata a danni neurosensoriali importanti, tra questi la retinopatia del prematuro (ROP). È uno dei principali disturbi oculari che colpiscono i neonati nati pretermine e può provocare una significativa perdita della vista o cecità. Si tratta di una malattia causata da un’anoma la vascolarizzazione retinica che, se non rilevata e trattata tempestivamente, può portare al distacco della retina e gravi disturbi della vista a lungo termine. Nel normale sviluppo vascolare retinico, la vasculogenesi inizia alla testa del nervo ottico intorno alla 12a settimana all’interno dell’utero e continua dal centro alla periferia, almeno fino alla 22a settimana di gestazione. Dopo questo periodo, si ha la proliferazione di nuovi vasi sanguigni che si formano tramite l’angiogenesi sotto l’influenza primaria del fattore di crescita vascolare endoteliale (VEGF). Lo sviluppo vascolare retinico completo a livello della retina periferica avviene tra le 40 e le 44 settimane di età gestazionale. Pertanto, la nascita pretermine, verificandosi in un periodo particolarmente vulnerabile, altera drasticamente l’organizzazione morfofunzionale dell’organo ancora immaturo, creando significativi cambiamenti strutturali e funzionali sia nelle componenti neurali che vascolari. La patogenesi della ROP fa riferimento ad un’ipotesi che la suddivide in due fasi. La prima fase avviene immediatamente dopo la nascita e si verifica un ritardo della vascolarizzazione retinica fisiologica, vaso-attenuazione e obliterazione che si ritiene siano correlati a fattori di stress neonatale legati alla prematurità. La seconda fase avviene dopo circa 4-8 settimane dalla nascita e si verifica un’anormale proliferazione delle cellule vascolari retiniche e una neovascolarizzazione della retina e del vitreo, che viene stimolata dai livelli locali di VEGF dalla retina avascolare periferica in risposta all’iposs ia locale dovuta alle richieste cellulari metaboliche attive. Negli anni sono stati identificat i diversi fattori di rischio per la retinopatia del pretermine, inclusi fattori materni, prenatali e perinatali. I più noti sono: il basso peso alla nascita, una bassa età gestazionale e live lli di ossigeno elevati e fluttuanti alla nascita e durante il periodo neonatale. Per quest’ultimo motivo, infatti, il mantenimento di un’adeguata saturazione di ossigeno è stato uno dei pilastri per la prevenzione della ROP in terapia intensiva neonatale. Per impedire la perdita della vista o della cecità e la preservazione dell’architettura retinica, vengono utilizzate tecniche all’avanguardia per il trattamento, tra queste troviamo: il trattamento laser, la fotocoagulazione laser e la terapia farmacologica.

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Outcome minori nella prematurità

I nati pretermine hanno un alto rischio di sviluppare problematiche neurologiche più lievi. Si stima che il 25-50% dei neonati pretermine soffra di problemi legati allo sviluppo meno invalidanti rispetto a deficit sensoriali gravi o paralisi cerebrali, ma non trascurabili in quanto affliggono la qualità di vita sia dei bambini che delle loro famiglie.

Mediante l’utilizzo delle nuove tecniche neurofisiologiche e di neuroimaging è stato possibile riscontrare nei bambini prematuri lesioni minori non visibili con le tecniche tradizionali come l’ecografia cerebrale. Anche se non presentano danni cerebrali severi, nei nati pretermine, rispetto a coloro nati a termine, sono stati riscontrati volumi e superfici corticali ridotti e una connettività neurale alterata, soprattutto a livello della sostanza bianca (Ajayi-Obe et al., 2000; Limperopoulos et al., 2005c). Inoltre, tramite l’indagine di specifici domini neuropsico logici è stato possibile porre una particolare attenzione alle sequele poco severe ma frequenti in bambini pretermine definiti “sani” in quanto privi di danni cerebrali, neurosensoriali e cognitivi severi. Questi problemi minor i, che dagli anglosassoni vengono definiti more subtle neurological problems, si riferisco no a disturbi quali ritardo intellettivo, ritardo motorio, anomalie neuromotorie persistent i (quali ipotonia, asimmetrie di movimento, ipertono…), disturbi dell’attenzione e iperattività (ADHD), problemi comunicativo- linguistici, problemi legati alle funzio ni esecutive e alla memoria, disturbi del comportamento e della socializzazione, disturbi dell’apprendimento con conseguenti difficoltà o fallimenti scolastici (Marlow et al., 2005). Circa un terzo della popolazione appartenente ai nati molto pretermine riporta, infatti, deficit in uno o più domini evolutivi sia durante l’età prescolare che durante l’età scolare; nei nati estremamente pretermine, invece, l’incidenza di disabilità e sequele minori può arrivare al 50% sia nei primi anni di vita (Wood et al., 2000) che in età scolare (Johnson et al., 2009a, 2011). Queste difficoltà si evidenziano spesso in età prescolare e durante la transizione all’età scolare, quando vi è un aumento delle richieste cognitive da parte dell’ambiente, e fino all’adolescenza possono permanere alcune compromissio ni (Johnson et al., 2011).

A contribuire in misura importante alla comparsa di deficit cognitivi, soprattutto durante i primi anni di vita, è l’età gestazionale. A partire dall’età scolare, invece, l’effetto dell’età gestazionale sullo sviluppo appare meno diretto in quanto diventa più influente il livello di istruzione dei genitori che mostra un effetto protettivo se è medio-altro mentre, se basso, accresce il rischio di ritardo cognitivo, forse dovuto alla relazione esistente tra il livello socio-economico e la tipologia di stimolazioni, esperienze e supporti che vengono forniti al bambino (Sansavini et al., 1996, 2007, 2010).

Tra le disabilità motorie minori dei primi due anni di vita bisogna ricordare l’instabil ità posturale, la distonia transitoria, le asimmetrie e/o ipotonie del tronco, lo sviluppo motorio dissociato, il ritardo posturale motorio, il cammino sulle punte. Quelle maggiormente presenti in questi soggetti sono l’instabilità posturale e la distonia transitoria. La prima si manifesta mediante tremori spontanei, perdita della stabilità posturale e dell’equilibrio, bassa soglia del riflesso di Moro e una maggiore reattività agli stimoli esterni durante i primi mesi di vita dopo il termine (Ferrari et al., 2001). La distonia transitoria si caratterizza per un aumento del tono muscolare di anche, tronco, spalle e collo, associato ad un’evocabilità maggiore dei riflessi neonatali in relazione a stimoli esterni e ad un ritardo nell’acquisizione delle principali acquisizioni posturali motorie per alcuni mesi dopo la nascita (Drillien,1972).

I disordini della coordinazione (DCD), la goffaggine e le disfunzioni neurologiche minor i (MND) rappresentano, invece, le disabilità minori riscontrabili tra i 3 e i 5 anni di vita. Il disordine della coordinazione rappresenta una condizione comune che caratterizza quei bambini in cui i problemi motori determinano, sulle performance di vita quotidiana, un effetto negativo. È meno invalidante rispetto alle paralisi cerebrali infantili ma sull’acquisizione delle competenze motorie e cognitive può avere un’influenza rilevante. Le disfunzioni neurologiche minori descrivono le condizioni dei bambini con problemi di postura, riflessi, tono muscolare, discinesia coreiforme, abilità manipolativa fine, coordinazione ed equilibrio ma la cui intelligenza è normale o quasi normale.

In assenza di lesioni cerebrali evidenti, modifiche del normale sviluppo, soprattutto a livello cerebellare e corticale, possono influenzare il normale sviluppo neurosensoria le del bambino incidendo sulle acquisizioni psicomotorie. Per tale motivo è importante andare a valutare le funzioni visive sin dall’epoca neonatale, per identifica re precocemente eventuali deficit visivi e ridurre al minimo il rischio di sviluppare diffico ltà nello sviluppo psicomotorio, cognitivo e relazionale. L’Università di Bologna ha condotto uno studio su un gruppo di bambini nati pretermine di età gestazionale minore di 31 settimane andando a valutare le funzioni visive a 3,5 e 12 mesi di età corretta, utilizzando tecniche comportamentali. Alle diverse età corrette, i dati ottenuti hanno evidenziato uno sviluppo delle funzioni visive (quali acuità visiva e campo visivo, attenzione a distanza, fissazione e inseguimento) simile a quello dei nati a termine. L’unico test che ha mostrato risultati diversi è stato la fixation shift, utilizzato per valutare l’attenzione visiva considerando la capacità del bambino di spostare la propria attenzio ne da uno stimolo centrale ad uno periferico. Molti bambini, specialmente a 5 e 12 mesi, fallivano il test non riuscendo a mantenere l’attenzione sullo schermo per il tempo necessario (minore di 5 minuti) e a rimanere seduti davanti allo schermo. Questo dato potrebbe essere considerato come spia precoce di una difficoltà d’attenzione e conseguenti problemi nello sviluppo (Ricci et al., 2010b).

Le sequele minori motorie e visuo-motorie presentano una maggiore incide nza soprattutto nei nati estremamente e molto pretermine e sono maggiormente accentuate durante il primo anno di vita. Esse contribuiscono al verificarsi di un ritmo di sviluppo più lento in quanto influiscono sulla produzione gestuale, sulla comprensione e sulla produzione lessicale (Sansavini et al., 2011b).

Oggi in ambito nazionale ed internazionale appare condiviso che i bambini nati molto ed estremamente pretermine tendono ad avere un recupero sulle problematiche precoci (come, ad esempio, sul ritardo delle prime abilità comunicativo- linguistiche) in età prescolare tra i 3 e i 5 anni e, quando presentano outcome minori, il loro sviluppo cognitivo tende ad assestarsi su valori che rientrano in un range di normalità, anche se con punteggi inferiori rispetto ai coetanei nati a termine (Sansavini e Faldella, 2013).

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Outcome long-term nella prematurità

Gli effetti della nascita pretermine non sono evidenti solo durante i primi anni di vita ma persistono anche in età scolare e in adolescenza, rendendo spesso tortuoso il percorso scolastico. Tali difficoltà sono particolarmente evidenti in bambini con danni cerebrali associati e/o con una più elevata immaturità neonatale in quanto iniziano la scuola primaria un anno prima, non in linea con la loro età corretta ma in accordo con la loro età cronologica (Johnson et al., 2009b). Recentemente alcuni studi hanno analizzato quali siano le difficoltà che possono presentare questi bambini in età scolare e sono state descritte delle cadute negli apprendimenti che coinvolgono diverse aree quali la scrittura, la lettura e il calcolo e rilevando come tali difficoltà di apprendimento non siano isolate e indipendenti tra loro, ma siano strettamente connesse e co-occorrenti (Grunau et al., 2002). I processi di acquisizione in queste aree sono in relazione con altre competenze, quali le funzioni esecutive, la memoria, la velocità di processamento, il linguaggio e le competenze numeriche di base.

Per quanto riguarda l’acquisizione e il consolidamento della lettura e della scrittura, la nascita pretermine comporta l’instaurarsi di traiettorie differenti con rilevanti differe nze in funzione dell’età gestazionale. Un lavoro di metanalisi (Aarnoudse-Moens et al., 2009) e recenti rassegne (Guarini e Sansavini, 2010; Sansavini et al., 2011d) condotte con bambini nati molto pretermine con un range più ampio di immaturità neonatale (età gestazionale minore di 33 settimane e peso neonate minore di 1500 grammi) hanno evidenziato la presenza di maggiori difficoltà nel processo di scrittura rispetto alla lettura. Le difficoltà maggiori nella scrittura sono consistenti anche tra lingue e culture diverse e durante l’intero percorso scolastico. Già dal primo anno di scuola primaria i bambini prematuri, a causa delle loro difficoltà nelle competenze senso-motorie, quali le abilità di manipolazione e di integrazione visuo-motoria e la coordinazione fine, mostrano delle prestazioni peggiori sia nella leggibilità della grafia che nella velocità della scrittura commettendo il doppio degli errori rispetto ai coetanei nati a termine (Feder et al., 2005). Uno studio condotto in Italia con bambini di 8 anni con età gestazione inferiore a 33 settimane ha mostrato che essi presentano minori competenze di automatizzazione nel processo di lettura, con una minore velocità nella lettura di parole, non-parole e frasi ed evidenti difficoltà nel dettato di parole, non-parole e frasi (Guarini et al., 2010). Al contrario, non sono emerse differenze nell’accuratezza della lettura di parole e non parole tra bambini pretermine e nati a termine. Durante l’adolescenza spesso persistono alcune difficoltà specifiche nel processo di comprensione nella lettura, ma non in quello di decodifica (Rose et al., 2011). Inoltre, in adolescenti con una minore immatur ità neonatale, le difficoltà nelle abilità di lettura e scrittura non risultano più evidenti a 19 anni e ciò indica una possibile attenuazione di esse. Se alla nascita pretermine sono associate complicazioni mediche persistenti le difficoltà nelle abilità di lettura in età scolare possono aumentare. Ad esempio, i bambini con displasia broncopolmonare hanno punteggi inferiori nella lettura rispetto ai nati pretermine esenti da tale complicazione e una percentuale maggiormente elevata di essi presenta una prestazione deficitaria o a rischio (Gray et al., 2004). L’apprendimento della lettura è strettamente influenzato dalle funzioni esecutive, soprattutto dalla memoria di lavoro, dall’inibizione e dallo spostamento dell’attenzione, a sua volta influenzate dalla velocità di processamento che, come sopracitato, risultano deficitarie nei nati pretermine.

Diversi studi hanno mostrato come difficoltà nelle competenze matematiche appaiono particolarmente consistenti nei bambini nati pretermine, con una maggio re compromissione in quest’area di apprendimento rispetto alla scrittura e alla lettura. Già nella scuola dell’infanzia sono presenti alcuni segnali di difficoltà in tale competenza, con un numero maggiore di errori nella lettura dei numeri e nel ragionamento numerico, come la classificazione, il confronto di numerosità e il conteggio di oggetti. Tali diffico ltà diventano più evidenti durante il primo anno di scuola primaria in quanto evolvono in difficoltà nell’apprendimento della matematica e persistono durante tutta l’età scolare (Aarnoudse-Moens et al., 2011). I risultati di uno studio condotto in Italia con bambini nati pretermine all’età di 8 anni, ha mostrato come essi non abbiano deficit che coinvolgono la cognizione numerica, caratteristica della discalculia evolutiva o profonda. Le difficoltà maggiormente riscontrate si riferiscono ai processi di automatizzazione e astrazione delle conoscenze numeriche, con un bisogno maggiore di referenti concreti (come, ad esempio, le dita della mano o set di oggetti) in varie competenze numeric he che spaziano dal concetto di numero e quantità, al calcolo e al conteggio (Guarini et al., 2011). Le difficoltà nelle competenze matematiche persistono e appaiono ancora più specifiche in adolescenza e sono più evidenti nella soluzione di problemi matematici più complessi (Rose et al., 2011). Anche per questo tipo di apprendimenti, le difficoltà sono particolarmente evidenti se alla nascita pretermine sono associate complicazioni mediche, come la displasia broncopolmonare. Infine, in linea con quanto già descritto in riferimento all’apprendimento del linguaggio scritto, le funzioni esecutive (in particolare la memoria di lavoro) e la velocità di processamento possono essere legate all’apprendimento matematico.

Numerosi studi hanno individuato in età adulta differenze tra nati pretermine e nati a termine analizzando vari parametri metabolici come la densità minerale ossea, la tolleranza glucidica e il metabolismo basale. Queste disfunzioni potrebbero essere attribuibili al condizionamento anomalo dei processi di regolazione dell’accrescimento e del metabolismo, che si verificano normalmente in utero nel terzo trimestre di gravidanza, dovuto ad una precoce esposizione a fattori ambientali “non naturali” conseguenti al parto pretermine. Questi fattori ambientali, secondo la teoria del programming, agendo durante un periodo sensibile dello sviluppo, determinerebbero degli effetti a lungo termine stabili e persistenti. Si è anche visto che, i giovani adulti nati pretermine, hanno valori di densità ossea minori rispetto ai coetanei nati a termine (Hovi et al., 2009) e questo è un fattore di rischio di fratture e di osteoporosi in età adulta. È presente questa condizione perché durante il terzo trimestre di gravidanza l’ambiente intrauterino influenza anche la mineralizzazione delle ossa esponendo il feto a fattori che ne promuovono la maturazio ne, come l’apporto di calcio, i movimenti attivi fetali e gli ormoni. Inoltre, la nascita pretermine è associata a numerose condizioni che interferiscono in modo negativo con lo sviluppo osseo, tra queste l’utilizzo di farmaci, le patologie respiratorie e la possibile presenza di infezioni.

Altri studi hanno documentato che in età giovanile i soggetti nati pretermine con basso peso alla nascita hanno valori di pressione sistolica e diastolica maggiore rispetto ai nati a termine e un’incidenza maggiore di ipertensione. Tale condizione è probabilme nte dovuta ad un’alterazione dei normali meccanismi di regolazione renali ed endocrini che maturano negli ultimi mesi di vita intrauterina nelle gravidanze fisiologiche. È stato anche riscontrato che i soggetti nati pretermine piccoli per età gestazionale, anche in assenza di sintomatologia attribuibile a insufficienza renale, presentano una riduzione dei parametri di funzionalità renale, quali velocità di filtrazione glomerulare e flusso plasmatico renale. Tali disfunzioni avvengono perché la nefrogenesi, in condizioni di normalità, si completa a 36 settimane di gestazione e di conseguenza le interferenze indotte dalla nascita pretermine possono alterare i meccanismi di regolazione della pressione arteriosa (Keijzer-Veen et al., 2011).

Infine, nei pretermine è stato osservato uno spessore medio-intimale, utilizzato come marker precoce di aterosclerosi, aumentato in rapporto al minor diametro vascolare (Sansavini e Faldella, 2013).

    

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3. PRESENTAZIONE DEL CASO CLINICO

Questo capitolo intende presentare il caso clinico di un bambino nato pretermine, che chiameremo, per motivi di privacy, Davide, con diagnosi clinica di ipotonia e irregolar ità neuromotoria. Davide è un paziente che ha iniziato la presa in carico a marzo 2023 e ad

oggi si sta avviando verso la conclusione del primo ciclo riabilitativo.

In seguito, saranno descritte tutte le fasi del progetto applicate al paziente, dall’inizio

della presa in carico sino ad oggi.

Sintesi della storia clinica

Davide ha un’età cronologica di 1 anno e 1 mese e un’età corretta di 11 mesi e una settimana. La diagnosi è Ipotonia e irregolarità neuromotoria in bambino nato very preterm (31+3 settimane di età gestazionale). Codice ICD-9-CM: 3159 (Ritardo non specificato dello sviluppo).

Anamnesi familiare

Genitori non consanguinei ed esenti da incompatibilità sanguigna. Non riferita familiar ità per malattie neuropsichiatriche o per difetti congeniti. Appartenente ad un nucleo familiare normocostituito, con un adeguato livello di attenzione e di cura fornito dalla coppia genitoriale. La madre ha un’età di 44 anni e riferisce di aver subito in precedenza un aborto. Il padre ha un’età di 49 anni.

Anamnesi fisiologica

Gravidanza insorta con tecnica di fecondazione assistita, inizialmente bicoriale triamniotica sottoposta a feto-riduzione selettiva (da 3 a 1). Necessità di cerchiaggio dai primi mesi, il primo eseguito in data 03/06/2022. Durante la gravidanza è stata eseguita una terapia con Perfalgan e Tractocile, nonché profilassi con glicocorticoidi per RDS con ultima dose eseguita il 08/09/2022. Unicogenito nato pretermine da donna multigravida nullipara, a 31+3 settimane di età gestazionale da taglio cesareo espletato in emergenza per metrorragia ed inizio travaglio. Sierologia per TORCH riferita negativa. Parametri auxologici alla nascita: PC 1580 g; L: 43 cm; CC: 30 cm. Indice di APGAR 1 min: 7, 5 min: 8.

Anamnesi patologica remota

Alla nascita il piccolo ha presentato distress respiratorio che ha reso necessario l'avvio di ventilazione non invasiva in nasal-CPAP. Vi è stato riscontro di ipoglicemia e per tale motivo si reperisce accesso venoso periferico e si esegue bolo endovena di soluzio ne glucosata al 10% seguita da infusio ne continua della stessa. Stabilizzatesi i parametri vitali il bambino viene ricoverato in UTIN presso l’Azienda Ospedaliera per l’Emerge nza Cannizzaro. All'ingresso in reparto il piccolo viene posto in termoculla, continua la ventilazione non invasiva, e si posiziona accesso venoso centrale per via percutanea. Sospende la nasal-CPAP a circa 48 ore di vita per il risolversi del distress respiratorio. Meconio ed urine emessi regolarmente in prima giornata di vita. Durante la degenza, sin dalle prime ore di vita, Davide ha presentato diverse crisi di desaturazione e bradicardia, alcune a risoluzione spontanea, altre dopo stimolazione tattile. Per i primi due giorni di vita il piccolo è stato alimentato esclusivamente per via paranterale, attraverso catetere venoso centrale; in terza giornata è stata iniziata l’alimentazione enterale con piccole quote lattee (MEF- Minimal enteral feeding) gradualmente aumentate perché ben tollerate, consentendo la rimozione del catetere centrale a 14 giorni. In seguito al riscontro di anemia è stato sottoposto a terapia con ferro, acido folico ed Epoetina per un totale di sei cicli. Durante il ricovero ha eseguito i seguenti accertamenti:

  • Ecografia cerebrale eseguita il 13/09/2022: scissura interemisferica in asse non dilatata. Corpo calloso, III e IV ventricolo, verme cerebellare in asse regolari. Cavo del setto. Asimmetria dei ventricoli cerebrali laterali per destra virtuale a causa di edema periventricolare (disomogenea ipercogencita) di verosimile origine vascolare frontale (circa 15-20 gg). Ampia cisterna magna. Ventricolo sinistro con visualizzabilità della cella media con setto lievemente "risalito". Flussi in arteria cerebrale anteriore regolari con IR 0.57 (ai limiti bassi per Età Gestazionale).
  • Ecografia cerebrale eseguita il 18/09/2022: scissura interemisferica in asse, non dilatata. Spazi sottotecali nella norma. Piccolo cavo del setto. Corpo calloso di forma e spessore nella norma. Plessi corioidei normoecogeni. Cervelletto normoecogeno, III e IV ventricoli nella norma. Talami e nuclei della base normoecogeni. Iperecogenic ità periventricolare più intensa a destra.
  • Ecografia cerebrale eseguita il 07/11/2022: scissura interemisferica in asse e ampia. Corpo calloso normale per conformazione, misura, posizione. Ventricoli laterali simmetrici, a contorni regolari. Spazi sottotecali della volta e della base normali. Plessi coroidei globosi disomogenei. Aa. talamo striate normoevidenziabili. Nuclei talamici e della base normali con accentuazione dell'ecogenicità dei solchi caudatotalamici bilateralmente. Parenchima cerebrale normale. III ventricolo in asse e nella norma; IV ventricolo in asse. Normale il verme cerebellare e la cisterna magna. Normali per età i flussi in arteria cerebrale. Non evidenziabile iperecogenic ita periventricolare. In conclusione è presente un’iperecogenicità del solco caudato talamico.
  • Elettroencefalogramma eseguito il 18/10/2022: tracciato continuo con normale voltaggio e simmetrico. Presente qualche artefatto muscolare e motorio.
  • RX al torace eseguito il 12/09/2022: campi polmonari lievemente ipodiafani con fine granulia parenchimale a carattere reticolare, concomita sottile falda di pneumotorace apico-sottoapicale a destra. Seni costo-frenici liberi. Ombra cadio-vascolare nei limiti. Presenza di sondino esofago-gastrico. Catetere venoso centrale a destra con estremità distale che si proietta nella presunta sede anatomica dell’agenesia della vena cava superiore.
  • Eco-cardiografia colordoppler eseguita il 12/09/2022: situs solitus in levocardia. Normali gli sbocchi venosi sistemici e polmonari. Concordanza atrio-ventricolare e ventricolo vasale. Piccolo forame ovale pervio a shunt sinistro-destro. Setto interventricolare apparentemente integro. Lieve insufficienza della valvola tricuspide. Piccolo Dotto di Botallo pervio a shunt prevalentemente sinistro-destro. As/Ao 1.9. Velocità istmica 105 cm/sec. Cinesi cardiaca discreta. EF 58%, Fs 27%.
  • Eco-cardiografia colordoppler eseguita il 27/09/2022: camere cardiache bilancia te. Lieve insufficienza della valvola tricuspide. FOP con shunt sinistro-destro. Spazio pericardico virtuale. Cinesi discreta. Velocità in aorta discendente 1.43 m/sec. Non visualizzato shunt a livello del dotto arterioso. Per il resto l’esame resta invaria to rispetto al precedente.
  • Elettrocardiogramma eseguito il 14/09/2022: esami con artefatti. Per quel che si vede: ritmo sinusale alla frequenza cardiaca media rispettivamente di 103 bpm e di 109 bpm. Deviazione assiale a destra. Prevalenza ventricolare destra. ECG da correlare al quadro clinico.
  • Elettrocardiogramma eseguito il 27/10/2022: ritmo sinusale a frequenza cardiaca di 160 bpm. Conduzione Atrio-Ventricolare regolare. Ripolarizzazione nei limiti per età. QTc nei limiti (Bazett 450 m/sec - Fridericia 380 m/sec).
  • Ecografia organi addominali eseguita il 25/10/2022: fegato di dimensioni, margini ed ecostruttura regolari, in assenza di evidenti lesioni focali. Vie biliari intra ed extra epatiche di calibro regolare. Aorta addominale e pancreas poco esplorabili per l'interporsi di contenuto intestinale. Milza di dimensioni nei limiti della norma ed ecostruttura regolare. Reni, in sede, di spessore cortico-midollare conservato, in assenza di evidenti formazioni litiasiche. Vie escretrici non dilatate. Vescica compatibilmente col grado di replezione, in assenza di grossolane formazio ni vegetanti endoluminali. Non adenopatie in sede addominale o falde di versamento ascitico.
  • Valutazione oculistica eseguita il 27/10/2022: in entrambi gli occhi mezzi diottric i trasparenti. FUNDUS: in entrambi gli occhi: papilla rosea a bordi netti. Polo posteriore e periferia nei limiti. Buona la vascolarizzazione fino alla media periferica.
  • Valutazione fisiatrica eseguita il 11/10/2022: in atto il bambino presenta un buon trofismo, ancora insufficiente il controllo del capo in sospensione, in posizione prona ancora non svincola con le vie aeree. Presente il riflesso di Galant. Moro simmetrico, no grasping né alle mani né ai piedi. Presente e valido il riflesso di suzione.
  • Otoemissioni nella norma.
  • Valutazione genetica e ad esami del CGH Array nella norma.

Viene dimesso dopo circa due mesi. Suzione al biberon valida e completa, allattato con latte artificiale e adesso in fase di svezzamento. Riscontrata ipotonia assiale e per tale motivo effettua fisioterapia presso UO Ospedale Cannizzaro da novembre fino a marzo. Non presenta più crisi di desaturazione né di bradicardia.

   

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Anamnesi patologica prossima

Giunge per osservazione presso il Consorzio Siciliano di Riabilitazione (C.S.R.) di Catania per il persistere di anomalie nello sviluppo neuromotorio. Il bambino pratica neuropsicomotricità 3 giorni a settimana presso il centro convenzionato C.S.R. Mai riferiti eventi critici. Il bambino presenta una buona comprensione e sta iniziando a comunicare tramite il canale gestuale. Si osserva un utilizzo preferenziale dell’arto superiore destro. Il ritmo sonno-veglia è regolare. Adeguato il percorso di svezzamento e l'adattamento al cucchiaino. La diuresi è regolare. L’alvo è regolare.

Esame obiettivo neurologico

Durante la valutazione neurofunzionale eseguita in data 07/04/2022 il bambino ha mantenuto lo stato di veglia tranquilla, manifestando note di protesta, facilme nte consolabili, quando posturato prono e/o durante l'allontanamento del giocattolo. Adeguato il contatto oculare, presente l'interesse per i giochi proposti che è in grado di fissare e seguire, pronti i tentativi di afferramento, possibili da entrambi i lati, con leggera preferenza e migliore coordinazione a destra. Moderata ipoposturalità con scadente adattamento durante la presa sotto ascellare. Vivace lo sgambettio, presente atteggiamento a rana agli arti inferiori. In fase di organizzazione il passaggio supino - prono verso il fianco sinistro, non altrettanto sul fianco destro. Non ancora stabilizzate le posizioni sul fianco e prona. Sospetta extropia in occhio destro.

In sintesi il caso, in linea alla storia clinica, è compatibile con sfumata emisindro me sinistra.

Esame psicodiagnostico

In data 14/06/2023 è stata effettuata la prima osservazione tramite protocollo Griffiths III da cui è emerso che gli adattamenti del bambino sono pressoché nella norma, raggiungo no un punteggio generale di sviluppo pari ad 8 mesi, con caduta (6 mesi) nell’area grosso- motoria.

Approfondimenti clinici

Ha eseguito la valutazione ortottica in data 06/09/2023. È emersa una lieve asimmetr ia facciale e palpebrale OS>OD e epicanto. Cornea in entrambi gli occhi di 12mm. I rifless i corneali risultano centrali. La motilità attiva è normale. Il risultato al test di Lang 1 per la stereopsi risulta normale. Al cover test è stata riscontrata l’esoforia per vicino.

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Valutazione neuropsicomotoria

In seguito alla prima osservazione, in data 29/03/2023, e alla compilazione del progetto riabilitativo individuale (PRI) gli obiettivi posti dall’équipe erano:

  • A breve termine: raggiungere l’ambientazione al setting abilitativo, ed un efficace livello di interazione e collaborazione con la figura tecnica di riferimento.
  • A medio termine: attraverso setting dedicati ed arricchiti dal punto di vista percettivo:
    • Favorire e guidare l’organizzazione delle abilità posturali antigravitarie.
    • Organizzare i passaggi posturali inferiori.
    • Incentivare lo spostamento attivo.
    • Guidare l’iniziativa esplorativa.
    • Incentivare e modulare le capacità di presa, afferramento e rilascio.
    • Potenziare i tempi di attenzione congiunta.
    • Ampliare gli schemi comunicativi.
  • A lungo termine: Espandere gli obiettivi individuati, favorendo la progressiva generalizzazione nei contesti naturali verso l’organizzazione della verticalità.

Dopo poco più di un mese dalla presa in carico, in data 13/05/2023, è stata eseguita una valutazione neuropsicomotoria in cui è emerso che il bambino non ha ancora un livello pienamente soddisfacente di collaborazione e di partecipazione: si infastidisce se posto in posizione prona e piange spesso; tuttavia, si calma facilmente se preso in braccio. Ad una valutazione delle competenze neuromotorie si evidenzia quanto segue:

  • In posizione supina a riposo, il capo è in asse, gli arti superiori vengono mantenut i distesi; se viene posto un oggetto sulla linea mediana, Davide riesce a raggiunge r lo e ad afferrarlo con entrambi gli arti superiori.
  • Dalla posizione supina riesce con una piccola facilitazione a portarsi sul fianco sinistro e a mettersi prono; presenta maggiori difficoltà a destra.
  • In posizione prona il bambino riesce a svincolare gli arti superiori e a mettersi in appoggio sugli avambracci; soltanto a volte necessita di piccole facilitazioni per svincolare gli arti superiori. Posizionato con appoggio sugli avambracci, si osserva la possibilità di mantenere il capo in estensione per alcuni secondi.
  • La posizione seduta in long sitting è possibile solo con sostegno toracico e per un tempo limitato.

In seguito a tale osservazione gli obiettivi del PRI prefissati sono:

  • Rinforzare la posizione intermedia sul fianco sia a destra sia a sinistra.
  • Incentivare il rotolamento autonomo.
  • Allungare i tempi di mantenimento della posizione prona.
  • Incentivare il passaggio supino-seduto.
  • Raggiungere una postura seduta autonoma.
  • Guidare lo sviluppo cognitivo attraverso proposte di gioco adeguate all'età.

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Trattamento abilitativo

In presenza di nati pretermine una prerogativa fondamentale è fornire ai genitori e alle famiglie delle indicazioni per far fronte a tale situazione.

La prima proposta abilitativa per Davide, infatti, è stata indirizzata ai genitori con lo scopo di rafforzare il rapporto madre-bambino e proporre delle strategie di accudimento che possano aiutare la madre e/o il padre a capire il proprio figlio e ad appropriarsi di alcune semplici competenze, tali da migliorare il rapporto del bambino con il mondo circostante. È stato illustrato ai genitori come poter consolare il bambino per ridurre al minimo lo stress, come dargli da mangiare e cambiarlo e come poterlo tenere correttamente in braccio; ad esempio, tenuto con le gambe flesse e abdotte mentre guarda verso l’esterno per poter esplorare al meglio l’ambiente circostante. Per tenere in braccio il bambino e contemporaneamente potenziare il raddrizzamento del tronco, invece, è stato chiesto alla madre di sedere il bambino sulle proprie gambe con lo sguardo verso l’esterno, evitando che il bambino poggi su di essa la schiena. È stato anche suggerito, per aiutare il bambino ad osservare ed interpretare le caratteristiche dell’ambiente circostante, di porlo in un assetto posturale confortevole e con dei riferimenti percettivi stabili. Ad esempio, inizialmente posizionandolo prono sul tappeto o su un cuneo oppure prono o supino su dei cuscini a ferro di cavallo, successivamente seduto sul seggiolone.

Inoltre, per rafforzare il rapporto con il proprio figlio, la terapista ha suggerito con molta discrezione alcuni movimenti semplici da attuare durante l’accudimento del bambino, tali da trasmettere meravigliose esperienze di contatto, di dialogo tonico-corporeo e favorire la comunicazione. Per iniziare è stato chiesto alla madre di curare le stimolazio ni sensoriali, soprattutto di tipo tattile, tramite l’Infant Massage e l’utilizzo di fasce o di marsupi particolari per facilitare il contatto corporeo mamma-bambino.

Per quanto riguarda il trattamento abilitativo messo in atto dalla terapista, in seguito alla presa in carico, si è iniziato a trattare il bambino in posizione supina. Tale postura ha un particolare significato in quanto rappresenta una situazione “di preparazione” per un passaggio ad altre posture ed è la condizione più probabile in cui si viene a trovare il bambino all’inizio della seduta terapeutica. L’obiettivo iniziale è stato quello di enfatizzare le informazioni sensoriali tramite gli arti superiori e preparare la coordinazione occhio-mano-bocca-piede. A tal motivo sono stati posti dei giocattoli davanti al bambino per permettergli di raggiungerli con entrambe le mani; successivamente è stato lasciato il bambino libero di manipolare ed esplorare gli oggetti. Inoltre, in posizione supina sono state svolte attività volte alla ricerca di movimenti ritmic i degli arti inferiori e tramite cui veniva sollecitato lo sgambettio, esperienza molto importante poiché il suo schema ritmico è il prerequisito per la futura acquisizione del cammino. Durante questa fase la terapista ha suscitato nel bambino la voglia di muovers i, accompagnando il movimento dello sgambettio ed enfatizzando il ritmo. In questo modo il piccolo, subito dopo, è riuscito ad impadronirsi del movimento, utilizzandolo come espressione di gioia, per richiamare l’attenzione e/o per entrare in relazione con l’adulto.

Il passaggio successivo presente durante lo sviluppo tipico è il trasferimento del bambino prima su un fianco e successivamente in posizione prona. Questo è il primo spostamento che il bambino effettua spontaneamente e, sebbene questa variazione avvenga in situazioni ambientali semplici, cioè con una base d’appoggio molto ampia, è un compito abbastanza complesso poiché richiede movimenti differenziati fra capo, cingolo scapolare, cingolo pelvico ed arti.

Per incentivare questo spostamento in Davide la terapista inizialmente ha creato le condizioni meccaniche per dare al bambino maggiore libertà di movimento a livello dei vari distretti del corpo. In seguito, ha aspettato che il bimbo sperimentasse attivamente il movimento verso il fianco, per poi assecondarlo affinché compisse il passaggio in modo più corretto. La terapista ha innanzitutto verificato che la sequenza iniziasse con la flessione anteriore e la rotazione del capo e in seguito ha facilitato il bimbo imprimendo gli una leggera pressione sullo sterno con la mano. In questo caso l’iniziativa motoria del capo è stata sollecitata per poi aspettare che il bambino prendesse l’iniziativa del movimento. La stessa sollecitazione è stata messa successivamente in atto per favorire l’atto motorio del cingolo scapolare e del cingolo pelvico. Dopo aver atteso la rotazione attiva del cingolo scapolare e aver verificato che le gambe del bambino fossero attive, per non affrettare la conclusione del passaggio posturale, sono state fatte proposte di gioco affinché il bambino restasse nelle posizioni intermedie, con l’anca e l’arto senza carico, e con movimenti di flesso-estensione ai vari distretti articolari. La terapista ha anche favorito il movimento dell’arto superiore facilitando la corretta rotazione a livello dell’articolazione scapolo-omerale per preparare il bambino all’appoggio sugli avambracci. Per favorire questo passaggio posturale non è utile muovere passivamente il bambino da un lato all’altro poiché non vengono rispettati i tempi di cui ha bisogno per formulare un progetto e trovare delle strategie adattive per eseguirlo.

Nel momento in cui Davide ha acquisito questo spostamento autonomo si è passati ad attività che richiedessero la postura prona del bambino. In questo modo si chiede al bambino di risolvere il problema della gravità. Infatti, deve trovare una soluzione per riuscire a tenere la testa su, per appoggiarsi sugli avambracci, per spostare il suo peso da un emilato all’altro e per liberare un arto. Inoltre, tale postura richiede la tenuta in estensione di molti distretti, soprattutto delle anche, fondamentali per l’acquisizio ne futura della stazione eretta. Per preparare il bambino ad un appoggio sugli avambracci, in modo che potesse tenere su la testa con le spalle abbassate ed il cingolo scapolare aperto, la terapista ha mobilizzato le scapole di Davide facendole scorrere in ab-adduzione lungo la gabbia toracica. Sono state proposte attività che richiedessero una distribuzio ne alternata del carico, un pivoting sull’addome od una rotazione fra i due cingoli. Inizialmente si è verificato che il cingolo scapolare, la colonna ed il bacino fossero estesi e che gli arti inferiori fossero abdotti ed extraruotati per far sì che il bambino si sentisse stabile. Per enfatizzare l’informazione di carico, invece, è stata effettuata una leggera pressione verso l’avambraccio del bimbo, tutto ciò facendo però attenzione alla mano in quanto deve essere aperta e disponibile a “ricevere” l’informazione sensoriale. Anche a livello delle anche è stata enfatizzata la stessa sensazione di carico. In questa posizio ne sono state fatte proposte funzionali che richiedessero risposte di stabilità e/o mobilità. Ad esempio sono stati posti dei giocattoli davanti al bambino per incentivare l’allungame nto in avanti di un braccio alla volta. Per enfatizzare l’estensione del bacino, invece, il bambino è stato posizionato prono sul lettino e successivamente su un cuneo ed è stato lasciato per tempi leggermente più prolungati in tale posizione proponendogli, anche in questo caso, attività di gioco.

Dalla posizione prona, la terapista ha iniziato a lavorare sul raggiungimento della postura seduta. Per portare il bambino verso tale postura la terapista lo ha invogliato ad utilizza re diverse modalità d’appoggio sugli arti superiori affinché avvenisse il raddrizzame nto della colonna e la rotazione del tronco. La postura seduta è una situazione antigravitar ia intermedia e rispetto alle posture orizzontali richiede competenze di balance maggior i poiché, oltre alla base d’appoggio meno ampia, il baricentro è più alto. Inizialmente è stato fondamentale creare le condizioni ambientali adatte per mantenere la postura seduta e per far sì che ciò avvenisse il bambino è stato posto su una superficie d’appoggio ampia, non scivolosa e moderatamente rigida. Successivamente sono stati ricercati gli element i base per mantenere stabilmente tale postura, quindi: è stata verificata la disponibilità del bacino all’antero/retroversione, è stato verificato che il baricentro del bambino seduto con l’anca in flessione cadesse stabilmente dentro la base d’appoggio e che la colonna e il capo rispondessero alla gravità con un raddrizzamento. È stato anche opportuno portare in allungamento i muscoli delle gambe per ottenere una disponibilità al movimento delle caviglie e dei piedi maggiore.

Quando Davide ha acquisito la postura in long-sitting autonoma, senza l’aiuto di sostegni toracici, gli sono state proposte delle attività di controllo della postura seduta in contesti ambientali diversi, ad esempio su: superfici più strette, panchette di altezze diverse, superfici con base instabile (rotolo), oggetti che è in grado di muovere o spostare. Le attività proposte al bambino seduto sulla panchetta sono state svolte a piedi scalzi per consentire il contatto della pianta dei piedi con il suolo. È importante, infatti, proporre al bambino il contatto con superfici dalle caratteristiche diverse (liscio/ruvido, morbido/duro, spigoloso) per aiutarlo a tollerare gradualmente le diverse sollecitazio ni sensoriali sulla pianta del piede che si presenteranno durante la stazione eretta. Inoltre, in questo modo, sono state date sia informazioni sensoriale di tipo tattile, sia informazio ni di carico differenziate sulla parte mediale, laterale, anteriore e posteriore del piede.

Sono state proposte situazioni dinamiche che richiedessero una risposta attiva di balance, ad esempio è stato incentivato il bambino a ruotare il capo per osservare, a muovere un braccio alla volta per prendere dei giochi, sporgersi in avanti per afferrare un oggetto, sollevare e spostare un piede alla volta. Affinché la risposta antigravitaria rimanesse attiva ed i piedi apprezzassero le differenze di carico sono state proposte delle attività dinamic he per permettere lo spostamento del baricentro in avanti o indietro rispetto alla base d’appoggio. Sono stati, ad esempio, posti degli oggetti tra gli arti inferiori ed è stato richiesto al bambino di abbassarsi per raccoglierli e porgerli alla terapista o alla mamma. Per incentivare, invece, i movimenti del bacino sul piano frontale, dopo aver fatto attenzione che il bambino non perdesse mai il raddrizzamento della colonna, la terapista ha indotto il trasferimento del baricentro da un lato all’altro senza l’appoggio sugli arti superiori. Grazie a questi esercizi, non solo vengono rinforzati i muscoli della colonna, ma anche i muscoli addominali obliqui e trasversi. Per un bambino di questa età è stato essenziale inserire queste esperienze nuove all’interno di una serie di attività dinamic he, complesse e soprattutto funzionali, come ad esempio una sequenza ludica o un passaggio posturale. La sequenza ludica è stata maggiormente utilizzata in quanto ha permesso di lavorare anche a livello cognitivo sul bambino poiché gli è stato chiesto di porre attenzione all’oggetto e di creare una relazione con la terapista tramite richieste di scambio. Inoltre, grazie a queste attività sono emersi, anche se non strutturati, i primi gesti comunicativi di base.

La postura successiva richiesta al bambino è stata quella in ginocchio. Essa richiede un controllo delle anche in estensione, contemporaneamente la flessione delle ginocchia e l’appoggio del piede sul piano orizzontale. È importante proporre questa postura per ottenere risposte di balance con un baricentro più alto, ricercare un allineamento posturale globale con differenti angoli di estensione e flessione a livello articolare e per preparare il passaggio in half-kneeling per raggiungere la postura eretta. In questa posizione sono state proposte a Davide delle attività che richiedessero il movimento degli arti superiori per ottenere delle risposte di balance sui tre piani. Per permettere questo sono stati posti degli oggetti e/o dei giochi accattivanti sopra la testa del bambino per incentiva re, appunto, l’allungamento degli arti superiori.

Fino a questo passaggio posturale, data l’età del bambino, la terapista, attraverso il gioco, ha portato Davide a compiere delle scelte di movimento variabili e significative dal punto di vista qualitativo per poter arricchire il suo futuro repertorio. Come sopracitato sono stati proposti dei movimenti volti ad allungare e/o mobilizzare i muscoli soprattutto del tronco posteriore e degli arti inferiori. È stato sollecitato qualsiasi passaggio posturale che coinvolgesse in modo significativo il bacino ed il suo rapporto con la colonna e gli arti inferiori. Per permettere ciò è stato molto importante invogliare il bambino, ad esempio, a:

  • toccarsi i piedi e giocare con essi;
  • scalciare;
  • mettersi su un fianco (coinvolgendo maggiormente il cingolo pelvico);
  • mettersi prono e ritornare (anche in questo caso con un marcato coinvolgime nto del cingolo pelvico);
  • stare sdraiato o seduto su un rullo;
  • sedersi con le gambe estese (long-sitting);
  • stare su un fianco (side-sitting);
  • spostarsi facendo perno sul bacino ed abducendo gli arti inferiori;
  • mettersi in ginocchio e in half-kneeling.

Il trasferimento da seduto ad in piedi è il passaggio più comune per arrivare alla postura eretta ed è quello maggiormente eseguito dal bambino durante la giornata. Per compiere questo trasferimento è importante l’attuazione di un passaggio intermedio chiamato half- kneeling o “cavalier servente”. Questo passaggio richiede un controllo selettivo delle anche poiché, dopo una traslazione sul piano frontale del bacino, un arto assume la funzione di carico, con il ginocchio in flessione e l’anca in estensione, mentre l’altro ha un compito più dinamico, tale da richiedere una buona flessione di tutte le articolazio ni e, contemporaneamente, una rotazione sul piano orizzontale del bacino. Successivame nte

i due arti invertono il loro compito, l’arto mobile diventa quello di carico e segue un raddrizzamento antigravitario di tutto il corpo. La terapista ha facilitato, all’inizio, il movimento di flessione dell’anca senza carico, successivamente, si è soffermata sulle posture intermedie. Ha sperimentato insieme al bambino piccole escursioni di movimento, scegliendo anche il ritorno all’estensione. Raggiunta la postura, ha aiutato il bambino a mantenerla utilizzando strumenti semplici, come un rotolo sotto la coscia, affinché mediante questo riferimento tattile gli fosse data maggiore sicurezza. Sono state proposte delle attività ludiche e funzionali che coinvolgessero gli arti superiori in modo da indurre lo spostamento del baricentro e delle traslazioni di carico differenziate sulle anche. Infine, per agevolare il passaggio verso la stazione eretta, è stato aiutato il bambino a controllare contemporaneamente il movimento dell’arto in sospensione con l’estensio ne dell’anca per concludere la sequenza.

Per favorire la postura eretta è stato opportuno dedicare alcune sedute terapeutiche alla preparazione del bambino affinché fosse in grado di trovare delle strategie per lui più economiche per compiere questo trasferimento posturale, che rispetta delle caratteristic he biomeccaniche molto precisi e sulle quali si possono articolare variabili molto personali. La prima proposta messa in atto ha richiesto la preparazione della base d’appoggio fra i piedi. In questa fase è stato opportuno verificare che l’altezza del piano su cui sta seduto inizialmente il bambino permetta un appoggio di entrambi gli arti inferiori a terra e che la distanza fra i piedi corrisponda alla larghezza del bacino. È stato opportuno preparare gli arti inferiori del bambino a ricevere il carico, controllare che l’angolo di dorsiflessio ne della caviglia fosse inferiore a 90° e verificare la corretta estensione delle ginocchia. Per lavorare sull’equilibrio sono stati proposti degli spostamenti in avanti del baricentro, attraverso traslazioni del tronco e richieste di attività degli arti superiori verso lo spazio anteriore. Per lavorare sui muscoli degli arti inferiori, invece, il bambino viene sofferma to nella posizione intermedia seduta-eretta. Questo è anche il momento in cui il baricentro è all’interno della nuova base d’appoggio fra i due piedi e il bacino è in grado di sollevars i senza alcuna difficoltà. Per favorire il sollevamento del baricentro, inoltre, la terapista ha preparato le condizioni adatte attuando delle facilitazioni per Davide. Attraverso dei movimenti particolari ha richiamato nel bambino l’estensione delle anche coinvolgendo, contemporaneamente, l’estensione del capo, della colonna e degli arti superiori e attraverso attività che richiedessero traslazioni di carico, ha riproposto movimenti del bacino sul piano frontale.

Quando, inizialmente, il bambino ha raggiunto la stazione eretta alcuni distretti articolar i sono rimasti in flessione e per sopperire a ciò è stato necessario ricercare l’estensione a livello delle anche. Per facilitare tale movimento la terapista ha mantenuto le mani sulle creste iliache del bambino e posteriormente all’articolazione coxo-femorale mantenendo il bambino in questa posizione per diversi minuti e proponendo contemporaneame nte attività di gioco, come ad esempio lo scambio della palla su un piano all’altezza degli arti superiori del bambino (Giannoni et al., 2004).

Tutte le attività proposte durate i passaggi posturali sono di tipo ludico volte all’esplorazione degli oggetti, all’aumento dell’attenzione sostenuta, ad un inizio di attenzione condivisa con il terapista e giochi volti a potenziare le abilità manipolativo - prassiche.

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Risultati e nuove strategie di intervento

A distanza di 5 mesi, dopo aver effettuato il protocollo sopraindicato, è stata nuovamente effettuata una valutazione neuropsicomotoria nella quale è emerso che il quadro clinico del piccolo Davide si è evoluto sia dal punto di vista motorio-prassico che dal punto di vista cognitivo-comportamentale. Per quanto riguarda l’aspetto posturo-motorio Davide ha appreso tutte le tappe necessarie alla verticalizzazione: dalla posizione seduta si porta in side-sitting, poi in quadrupedica, si porta in ginocchio e infine in posizione eretta sfruttando la posizione intermedia del “cavalier servente” o half-kneeling; da questa posizione iniziano ad emergere i primi tentativi di organizzazione della navigazio ne costiera. Si evidenza, però, ancora ipotonia e scarsa capacità di controllo dell’equilibr io. Non sembrano essere presenti segni patologici neurologici.

Dal punto di vista cognitivo, grazie alle attività ludiche proposte, ha avuto inizio la relazione con la terapista. È presente il contatto visivo e la triangolazione dello sguardo tramite il quale il bambino riesce a comunicare e farsi comprendere dagli gli adulti. Davide ha iniziato a manifestare maggiore interesse nei confronti dei giochi. Inizia ad essere presente, anche se per pochi minuti, l’attenzione condivisa attraverso lo scambio della palla con la terapista e/o la madre. Il piccolo ha iniziato ad acquisire la capacità di imitazione ma solo con richieste semplici, come premere un pulsante o porgere gli oggetti. Iniziano ad emergere i primi gesti comunicativi di base anche se non strutturat i. Dalle ultime sedute è emerso il pointing con funzione sia richiestiva che dichiarativa e la madre afferma che è presente anche in ambiente differenti da quelli del setting riabilitativo.          La modalità di gioco non è funzionale, appare ancora su un piano percettivo e sensoriale, infatti spesso lancia, fa cadere o scuote gli oggetti che gli vengono dati. I tempi di attenzione non sono funzionali per un’attività poiché, nonostante siano migliorati, ancora si distrae facilmente. Emergono dei comportamenti disfunzionali nel momento in cui gli vengono tolti degli oggetti dalle mani: il bambino va subito in frustrazione e inizia a piangere.

Per valutare i progressi ottenuti dal trattamento abilitativo è stata somministrata a Davide la Scala Griffiths III a distanza di 3 mesi. Come citato precedentemente la Scala può essere somministrata a soggetti di età compresa tra 1 e 24 mesi di vita e prevede una serie di items suddivisi in cinque scale volti ad indagare gli aspetti principali dello sviluppo del bambino: la Scala A valuta le basi dell’apprendimento del bambino; la Scala B valuta il linguaggio e la comunicazione; la Scala C valuta la coordinazione oculo-manuale; la Scala D valuta lo sviluppo personale, sociale ed emotivo del bambino; la Scala E valuta le abilità grosso-motorie. La prima valutazione è stata eseguita in data 06/2023; in tale data l’età cronologica di Davide è di 9 mesi, mentre l’età corretta è di 7 mesi. La seconda valutazione è stata eseguita in data 09/2023; in tale data l’età cronologica è di 12 mesi, mentre l’età corretta è di 10 mesi. Nei grafici che seguono vengono riportati i dati ottenuti e vengono considerati i profili dei punteggi ponderati (Grafico 1), del quoziente di sviluppo (Grafico 2) e dei punteggi età equivalente (Grafico 3).

Grafico 1 – Rappresentazione grafica dei punteggi ponderati delle cinque scale ottenuti dalla conversione dei punteggi grezzi emersi durante le valutazioni effettuate in data 06/2023 (linea blu) e in data 09/2023 (linea arancione). Sulla destra è presente il Punteggio Generale di Sviluppo (PSG) ottenuto sommando fra loro i punteggi ponderati di ogni scala e dividendo il risultato per il numero delle scale (5).

Grafico 1 – Rappresentazione grafica dei punteggi ponderati delle cinque scale ottenuti dalla conversione dei punteggi grezzi emersi durante le valutazioni effettuate in data 06/2023 (linea blu) e in data 09/2023 (linea arancione). Sulla destra è presente il Punteggio Generale di Sviluppo (PSG) ottenuto sommando fra loro i punteggi ponderati di ogni scala e dividendo il risultato per il numero delle scale (5).


Grafico 2 – Rappresentazione grafica del Quoziente di Sviluppo (QS) delle cinque scale ottenuti dalla conversione dei punteggi grezzi emersi durante le valutazioni effettuate in data 06/2023 (linea blu) e in data 09/2023 (linea arancione). Sulla destra è presente il Punteggio Generale di Sviluppo (PSG) ottenuto sommando fra loro i QS di ogni scala e dividendo il risultato per il numero delle scale (5).

Grafico 2 – Rappresentazione grafica del Quoziente di Sviluppo (QS) delle cinque scale ottenuti dalla conversione dei punteggi grezzi emersi durante le valutazioni effettuate in data 06/2023 (linea blu) e in data 09/2023 (linea arancione). Sulla destra è presente il Punteggio Generale di Sviluppo (PSG) ottenuto sommando fra loro i QS di ogni scala e dividendo il risultato per il numero delle scale (5).

 Grafico 3 – Rappresentazione grafica dell’età equivalente in mesi delle cinque scale ottenuti dalla conversione dei punteggi grezzi emersi durante le valutazioni effettuate in data 06/2023 (linea blu) e in data 09/2023 (linea arancione). Sulla destra è presente il Punteggio Generale di Sviluppo (PSG) ottenuto sommando fra loro le età equivalenti in mesi di ogni scala e dividendo il risultato per il numero delle scale (5).

Grafico 3 – Rappresentazione grafica dell’età equivalente in mesi delle cinque scale ottenuti dalla conversione dei punteggi grezzi emersi durante le valutazioni effettuate in data 06/2023 (linea blu) e in data 09/2023 (linea arancione). Sulla destra è presente il Punteggio Generale di Sviluppo (PSG) ottenuto sommando fra loro le età equivalenti in mesi di ogni scala e dividendo il risultato per il numero delle scale (5).

In seguito ai risultati ottenuti, gli obiettivi fissati nel nuovo progetto riabilitativo sono volti alla conquista della deambulazione autonoma e al potenziamento dell’aspetto cognitivo. Essi saranno:

  • Incentivare l’adattamento posturale del bambino  nelle diverse situazio ni antigravitarie volte all’acquisizione della deambulazione autonoma.
  • Favorire l’organizzazione delle competenze prassiche e gnostiche.
  • Aumentare i tempi di attenzione.
  • Lavorare sulla tolleranza alle frustrazioni.
  • Guidare, in generale, lo sviluppo cognitivo attraverso proposte di gioco adeguate all’età.

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CONCLUSIONI

In questo elaborato è stato dimostrato come il follow-up sia fondamentale per la diagnos i precoce di problemi legati alla prematurità e come un’immediata presa in carico riesca a ridurre al minimo le conseguenze derivanti da tale situazione.

Si è partiti da una definizione di prematurità e da come l’età gestazionale e il basso peso alla nascita possano influire notevolmente sulle traiettorie neuroevolutive del bambino e sullo sviluppo di outcome severi, minori e/o long-term.

Attraverso la presentazione del caso clinico di Davide, bambino nato very preterm con diagnosi di ipotonia e irregolarità neuromotoria e di 1,1 anni, che ha intrapreso un percorso riabilitativo fin dai primi mesi di vita, è stato possibile rilevare un effettivo miglioramento sia nell’ambito motorio che nell’ambito cognitivo. Questi dati sono utili per comprendere l’importanza dell’inserimento dei bambini nati pretermine all’interno di percorsi di follow-up dalla nascita al fine di ottenere una diagnosi precoce ed intraprendere con i bambini percorsi neuropsicomotori. È stato anche analizzato come sia importante e fondamentale il supporto da parte della famiglia al fine di generalizzare in ambienti familiari al bambino le competenze apprese durante le sedute di terapia neuropsicomotoria ed è per tale motivo che viene richiesta la presenza di uno dei genitor i durante la seduta terapeutica.

Come esposto precedentemente, sono numerosi i punti di forza di questi interve nt i riabibilitativi, tra cui la neuroplasticità presente durante i primi anni di vita e la collaborazione della famiglia; tuttavia, sono presenti alcuni limiti che potranno essere analizzati e approfonditi in futuro. Spesso, infatti, questo tipo di pazienti vengono affidat i a fisioterapisti che sopperiscono al problema motorio ma non sono adeguatamente formati per potenziare l’aspetto cognitivo del bambino.

Una proposta futura per poter garantire una risposta ancora più efficace sarebbe quella di inserire questi pazienti in trattamenti multidisciplinari fin dall’inizio.

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