La Pratica Neuropsicomotoria Socio-Preventiva

Il quadro normativo

  • Legge 285\97: "Disposizioni per la promozione di diritti e di opportunità per l’infanzia e l’adolescenza".

Art. 3. (Finalità dei progetti)

  1. Sono ammessi al finanziamento del Fondo di cui all'articolo 1 i progetti che perseguono le seguenti finalità:
  • a) realizzazione di servizi di preparazione e di sostegno alla relazione genitore-figli, di contrasto della povertà e della violenza, nonché di misure alternative al ricovero dei minori in istituti educativo-assistenziali, tenuto conto altresì della condizione dei minori stranieri;
  • b) innovazione e sperimentazione di servizi socio-educativi per la prima infanzia;
  • c) realizzazione di servizi ricreativi ed educativi per il tempo libero, anche nei periodi di sospensione delle attività didattiche;
  • d) realizzazione di azioni positive per la promozione dei diritti dell'infanzia e dell'adolescenza, per l'esercizio dei diritti civili fondamentali, per il miglioramento della fruizione dell'ambiente urbano e naturale da parte dei minori, per lo sviluppo del benessere e della qualità della vita dei minori, per la valorizzazione, nel rispetto di ogni diversità, delle caratteristiche di genere, culturali ed etniche;

Art. 6.

(Servizi ricreativi ed educativi per il tempo libero)

  1. Le finalità dei progetti di cui all'articolo 3, comma 1, lettera c), possono essere perseguite, in particolare, attraverso il sostegno e lo sviluppo di servizi volti a promuovere e a valorizzare la partecipazione dei minori a livello propositivo, decisionale e gestionale in esperienze aggregative, nonché occasioni di riflessione su temi rilevanti per la convivenza civile e lo sviluppo delle capacità di socializzazione e di inserimento nella scuola, nella vita aggregativa e familiare.
  2. I servizi di cui al comma 1 sono realizzati attraverso operatori educativi con specifica competenza professionale e possono essere previsti anche nell'ambito dell’attuazione del regolamento recante la disciplina delle iniziative complementari e delle attività integrative nelle istituzioni scolastiche, emanato con decreto del Presidente della Repubblica 10 ottobre 1996, n. 567.
  • Decreto legislativo 112\98: Conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle regioni ed agli enti locali, in attuazione del capo I della legge 15 marzo 1997, n. 59".

Capo II Servizi sociali

Art. 128. Oggetto e definizioni

  1. Il presente capo ha come oggetto le funzioni e i compiti amministrativi relativi alla materia dei "servizi sociali".
  2. Ai sensi del presente decreto legislativo, per "servizi sociali" si intendono tutte le attività relative alla predisposizione ed erogazione di servizi, gratuiti ed a pagamento, o di prestazioni economiche destinate a rimuovere e superare le situazioni di bisogno e di difficoltà che la persona umana incontra nel corso della sua vita, escluse soltanto quelle assicurate dal sistema previdenziale e da quello sanitario, nonché' quelle assicurate in sede di amministrazione della giustizia.
  • Legge 328\200: "Legge quadro per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali"

Art. 1.

(Princìpi generali e finalità)

  1. La Repubblica assicura alle persone e alle famiglie un sistema integrato di interventi e servizi sociali, promuove interventi per garantire la qualità della vita, pari opportunità, non discriminazione e diritti di cittadinanza, previene, elimina o riduce le condizioni di disabilità, di bisogno e di disagio individuale e familiare, derivanti da inadeguatezza di reddito, difficoltà sociali e condizioni di non autonomia, in coerenza con gli articoli 2, 3 e 38 della Costituzione.
  2. Ai sensi della presente legge, per "interventi e servizi sociali" si intendono tutte le attività previste dall'articolo 128 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112.
  3. La programmazione e l'organizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali compete agli enti locali, alle regioni ed allo Stato ai sensi del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, e della presente legge, secondo i principi di sussidiarietà, cooperazione, efficacia, efficienza ed economicità, omogeneità, copertura finanziaria e patrimoniale, responsabilità ed unicità dell'amministrazione, autonomia organizzativa e regolamentare degli enti locali.
  4. Gli enti locali, le regioni e lo Stato, nell'ambito delle rispettive competenze, riconoscono e agevolano il ruolo degli organismi non lucrativi di utilità sociale, degli organismi della cooperazione, delle associazioni e degli enti di promozione sociale, delle fondazioni e degli enti di patronato, delle organizzazioni di volontariato, degli enti riconosciuti delle confessioni religiose con le quali lo Stato ha stipulato patti, accordi o intese operanti nel settore nella programmazione, nella organizzazione e nella gestione del sistema integrato di interventi e servizi sociali.
  5. Alla gestione ed all'offerta dei servizi provvedono soggetti pubblici nonché, in qualità di soggetti attivi nella progettazione e nella realizzazione concertata degli interventi, organismi non lucrativi di utilità sociale, organismi della cooperazione, organizzazioni di volontariato, associazioni ed enti di promozione sociale, fondazioni, enti di patronato e altri soggetti privati. Il sistema integrato di interventi e servizi sociali ha tra gli scopi anche la promozione della solidarietà sociale, con la valorizzazione delle iniziative delle persone, dei nuclei familiari, delle forme di auto-aiuto e di reciprocità e della solidarietà organizzata.
  6. La presente legge promuove la partecipazione attiva dei cittadini, il contributo delle organizzazioni sindacali, delle associazioni sociali e di tutela degli utenti per il raggiungimento dei fini istituzionali di cui al comma 1.

Capo III

DISPOSIZIONI PER LA REALIZZAZIONE DI PARTICOLARI INTERVENTI DI INTEGRAZIONE E SOSTEGNO SOCIALE

Art. 16.

(Valorizzazione e sostegno delle responsabilità familiari)

  1. Il sistema integrato di interventi e servizi sociali riconosce e sostiene il ruolo peculiare delle famiglie nella formazione e nella cura della persona, nella promozione del benessere e nel perseguimento della coesione sociale; sostiene e valorizza i molteplici compiti che le famiglie svolgono sia nei momenti critici e di disagio, sia nello sviluppo della vita quotidiana; sostiene la cooperazione, il mutuo aiuto e l'associazionismo delle famiglie; valorizza il ruolo attivo delle famiglie nella formazione di proposte e di progetti per l'offerta dei servizi e nella valutazione dei medesimi. Al fine di migliorare la qualità e l'efficienza degli interventi, gli operatori coinvolgono e responsabilizzano le persone e le famiglie nell'ambito dell'organizzazione dei servizi.

Capo IV

STRUMENTI PER FAVORIRE IL RIORDINO DEL SISTEMA INTEGRATO DI INTERVENTI E SERVIZI SOCIALI

Art. 18.

(Piano nazionale e piani regionali degli interventi e dei servizi sociali)

  1. Il Governo predispone ogni tre anni il Piano nazionale degli interventi e dei servizi sociali, di seguito denominato "Piano nazionale", tenendo conto delle risorse finanziarie individuate ai sensi dell'articolo 4 nonché delle risorse ordinarie già destinate alla spesa sociale dagli enti locali.
  1. Il Piano nazionale indica:
  • b) le priorità di intervento attraverso l'individuazione di progetti obiettivo e di azioni programmate, con particolare riferimento alla realizzazione di percorsi attivi nei confronti delle persone in condizione di povertà o di difficoltà psico-fisica;
  • c) le modalità di attuazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali e le azioni da integrare e coordinare con le politiche sanitarie, dell'istruzione, della formazione e del lavoro;
  • e) gli indirizzi per le sperimentazioni innovative, comprese quelle indicate dall'articolo 3, comma 4, e per le azioni di promozione della concertazione delle risorse umane, economiche, finanziarie, pubbliche e private, per la costruzione di reti integrate di interventi e servizi sociali;
  • o) gli indirizzi per la predisposizione di programmi integrati per obiettivi di tutela e qualità della vita rivolti ai minori, ai giovani e agli anziani, per il sostegno alle responsabilità familiari, anche in riferimento all'obbligo scolastico, per l'inserimento sociale delle persone con disabilità e limitazione dell'autonomia fisica e psichica, per l'integrazione degli immigrati, nonché per la prevenzione, il recupero e il reinserimento dei tossicodipendenti e degli alcoldipendenti.
  1. Le regioni, nell'esercizio delle funzioni conferite dagli articoli 131 e 132 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, e dalla presente legge, in relazione alle indicazioni del Piano nazionale di cui al comma 3 del presente articolo, entro centoventi giorni dall'adozione del Piano stesso adottano nell'ambito delle risorse disponibili, ai sensi dell'articolo 4, attraverso forme di intesa con i comuni interessati ai sensi dell'articolo 3 della legge 8 giugno 1990, n. 142, e successive modificazioni, il piano regionale degli interventi e dei servizi sociali, provvedendo in particolare all'integrazione socio-sanitaria in coerenza con gli obiettivi del piano sanitario regionale, nonché al coordinamento con le politiche dell'istruzione, della formazione professionale e del lavoro.

Art. 19. (Piano di zona)

  1. I comuni associati, negli ambiti territoriali di cui all'articolo 8, comma 3, lettera a), a tutela dei diritti della popolazione, d'intesa con le aziende unità sanitarie locali, provvedono, nell'ambito delle risorse disponibili, ai sensi dell'articolo 4, per gli interventi sociali e socio-sanitari, secondo le indicazioni del piano regionale di cui all'articolo 18, comma 6, a definire il piano di zona, che individua:
  • a) gli obiettivi strategici e le priorità di intervento nonché gli strumenti e i mezzi per la relativa realizzazione;
  • f) le modalità per la collaborazione dei servizi territoriali con i soggetti operanti nell'ambito della solidarietà sociale a livello locale e con le altre risorse della comunità;
  • g) le forme di concertazione con l'azienda unità sanitaria locale e con i soggetti di cui all'articolo 1, comma 4.
  1. Il piano di zona, di norma adottato attraverso accordo di programma, ai sensi dell'articolo 27 della legge 8 giugno 1990, n. 142, e successive modificazioni, è volto a:
  • a) favorire la formazione di sistemi locali di intervento fondati su servizi e prestazioni complementari e flessibili, stimolando in particolare le risorse locali di solidarietà e di auto-aiuto, nonché a responsabilizzare i cittadini nella programmazione e nella verifica dei servizi;
  1. All'accordo di programma di cui al comma 2, per assicurare l'adeguato coordinamento delle risorse umane e finanziarie, partecipano i soggetti pubblici di cui al comma 1 nonché i soggetti di cui all'articolo 1, comma 4, e all'articolo 10, che attraverso l'accreditamento o specifiche forme di concertazione concorrono, anche con proprie risorse, alla realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali previsto nel piano.

Capo V

INTERVENTI, SERVIZI ED EMOLUMENTI ECONOMICI DEL SISTEMA INTEGRATO DI INTERVENTI E SERVIZI SOCIALI

Sezione I Disposizioni generali

Art. 22.

(Definizione del sistema integrato di interventi e servizi sociali)

  1. Il sistema integrato di interventi e servizi sociali si realizza mediante politiche e prestazioni coordinate nei diversi settori della vita sociale, integrando servizi alla persona e al nucleo familiare con eventuali misure economiche, e la definizione di percorsi attivi volti ad ottimizzare l'efficacia delle risorse, impedire sovrapposizioni di competenze e settorializzazione delle risposte. […]
  • c) interventi di sostegno per i minori in situazioni di disagio tramite il sostegno al nucleo familiare di origine e l'inserimento presso famiglie, persone e strutture comunitarie di accoglienza di tipo familiare e per la promozione dei diritti dell'infanzia e dell'adolescenza;
  • f) interventi per la piena integrazione delle persone disabili ai sensi dell'articolo 14; realizzazione, per i soggetti di cui all'articolo 3, comma 3, della legge 5 febbraio 1992, n. 104, dei centri socio-riabilitativi e delle comunità-alloggio di cui all'articolo 10 della citata legge n. 104 del 1992, e dei servizi di comunità e di accoglienza per quelli privi di sostegno familiare, nonché erogazione delle prestazioni di sostituzione temporanea delle famiglie;
  • h) prestazioni integrate di tipo socio-educativo per contrastare dipendenze da droghe, alcol e farmaci, favorendo interventi di natura preventiva, di recupero e reinserimento sociale.

È lo Stato che definisce obiettivi e quadro di riferimento attraverso il Piano Nazionale.

La legge 328\2000 afferma che gli interventi per la promozione dei diritti dell’infanzia e dell’adolescenza, a sostegno di minori in situazioni di disagio, rientrano nel "livello essenziale delle prestazioni sociali erogabili sotto forma di beni e servizi". Gli interventi per l’infanzia e l’adolescenza vanno quindi inquadrati in una logica di esigibilità dei diritti e di costruzione di opportunità. Nella loro progettazione è importante realizzare una progettazione che sia preventiva e curativa, affinché, in questo modo, si possano accompagnare i minori verso uno sviluppo evolutivo sano. Inoltre, è importante promuovere iniziative di sostegno alla genitorialità, formare e accompagnare, quindi, gli adulti più vicini ai bambini e ai ragazzi. Lo strumento per la costruzione di politiche per l’infanzia e l’adolescenza, per il loro consolidamento e la loro qualificazione è il Piano territoriale di intervento per l’infanzia e l’adolescenza (legge 285\97).

 

Il Core Competence del TNPEE

Il Core Competence è lo strumento attraverso cui meglio si esprime la competenza docente. Il Core Competence del Corso di Laurea in Terapia della Neuro e Psicomotricità dell’Età Evolutiva è stato costruito a partire dalle indicazioni dell’Organizzazione Mondiale della Sanità e dalle Linee Guida Nazionali inerenti la Professione.

Il Terapista della Neuro e Psicomotricità dell’Età Evolutiva è una figura professionale che svolge attività di abilitazione, di riabilitazione e di prevenzione nei confronti di disabilità dell’età evolutiva (fascia di età 0 - 18 anni) con riferimento alle categorie diagnostiche classificate nel ICD10. La cornice teorica all’interno della quale opera il Terapista della NPEE è rappresentata dal Modello bio-psicosociale della disabilità suggerito dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS). I riferimenti operativi per l’individuazione degli obiettivi dell’intervento del Terapista della NPEE sono forniti dalla Classificazione Internazionale del Funzionamento, delle Disabilità e della Salute - Versione Bambini ed Adolescenti (ICF-CY), elaborata dall’OMS.

L’area di intervento del Terapista della Neuro e Psicomotricità dell’Età Evolutiva è, quindi, rappresentata dalle Disabilità dell’età evolutiva, intese come quelle situazioni in cui di conseguenza ad una malattia, ad un disturbo o ad una menomazione - comunque determinata - il soggetto presenta difficoltà nella realizzazione delle abilità necessarie alle attività e alla partecipazione e, più in generale, alla realizzazione del suo processo di crescita. L’intervento è attento non solo al disturbo ma anche alla trasformazione che questo subisce nei diversi stadi evolutivi e alla presenza di problemi associati; è necessario focalizzare quindi ogni volta il sintomo emergente nella sua particolare fase evolutiva, per favorire soprattutto l’integrazione e l’armonizzazione delle competenze nelle diverse aree di sviluppo.

L’ampio spettro degli ambiti di azione delle professioni sanitarie della riabilitazione in generale, sia per campi di intervento che per fascia di età su cui si interviene, costituisce indubbiamente una ricchezza ma anche un ulteriore motivo della loro differenziazione. Questa differenziazione, da una parte, pone l’esigenza di un ampio e diversificato ventaglio di competenze dei terapisti della riabilitazione implicati e, dall’altro, richiede di individuare all’interno del Core Competence alcune Competenze Trasversali comuni a tutta la filiera professionale e Competenze Tecnico Professionali specifiche per ogni professionista della Classe della Riabilitazione.

L’ambito di intervento del TNPEE

In base a quanto detto precedentemente quindi rispetto all’ambito di intervento del neuropsicomotricista individuiamo:

  • COMPETENZE TECNICO-PROFESSIONALI:
    • Abilitazione;
    • Cura e Ri-abilitazione Neuropsicomotoria;
    • Valutazione Neuropsicomotoria;
    • Prevenzione;
    • Educazione Terapeutica;
    • Ricerca e Formazione alla Ricerca.
  • COMPETENZE TRASVERSALI:
    • Gestione e Managment;
    • Formazione e Autoformazione;
    • Comunicazione e Relazione;
    • Responsabilità Professionale.

Ambiti di competenze tecnico-professionali

Nello specifico rispetto alle competenze tecnico-professionali del TNPEE facciamo riferimento alle seguenti aree di intervento:

  • PREVENZIONE: il Terapista della Neuro e Psicomotricità dell’Età Evolutiva dovrà essere in grado di individuare i bisogni di salute e di effettuare attività di prevenzione nei confronti dei singoli e della collettività, sia in condizioni di salute che con problemi di disabilità; promuoverà le azioni necessarie al mantenimento dello stato di salute anche in ambito educativo e contribuirà, attraverso le proprie competenze professionali specifiche, all’individuazione delle situazioni potenzialmente a rischio, con particolare riferimento alle prime età della vita, alle azioni di prevenzione dei percorsi di sviluppo atipici in età prescolare e scolare.
  • VALUTAZIONE: la valutazione neuropsicomotoria attraverso l’osservazione dello sviluppo neuropsicomotorio e l’esame delle funzioni indaga l’interrelazione tra funzioni affettive, cognitive, sensoriali e motorie per ogni singolo disturbo neurologico, neuropsicologico, neurosensoriale e psicopatologico dell’età evolutiva. Nella valutazione assume grande importanza l’osservazione dell’attività spontanea del bambino: la capacità di stabilire un rapporto con l’altro; se e come comunica utilizzando i mezzi che ha a disposizione (espressività motoria, verbale e grafica); come e per quanto tempo il bambino partecipa alle attività; come organizza il movimento; per quanto tempo controlla le posture; se controlla il movimento secondo le situazioni e le azioni; quanto materiale prende e usa; che tipo d’investimento fa e come si organizza nello spazio e nel tempo; il bisogno e l’adattamento del bambino a sperimentare, a classificare e a selezionare gli stimoli più importanti. Altrettanto importante rispetto all’ambito della valutazione è l’esame neuropsicomotorio attraverso l’uso di specifici strumenti di valutazione.
  • ABILITAZIONE: si parla di abilitazione in età evolutiva perché le competenze che il bambino progressivamente acquisisce nel corso dello sviluppo si configurano come abilità. Pertanto in condizioni patologiche che disturbano il processo di maturazione il termine di abilitazione si riferisce agli interventi finalizzati a sviluppare una abilità non presente in precedenza di cui la lesione ritarda la comparsa o ne minaccia l’evoluzione. In età evolutiva quindi l’intervento abilitativo non deve configurarsi come un insieme di procedure tecniche, finalizzate allo sviluppo di determinate abilità, ma essere mirato a favorire il miglior adattamento possibile alla società in cui il bambino è inserito in termini di integrazione, autonomia e benessere.
  • RI-ABILITAZIONE: Si intende per “riabilitazione” l’insieme di interventi terapeutici (cure) ed assistenziali (care) che hanno come finalità il recupero (parziale o totale) di abilità compromesse (a diversi livelli: lieve, medio, grave) a causa di patologie congenite o acquisite (neurologiche, neurosensoriali, cognitive, psichiche) e la valorizzazione delle potenzialità presenti (sensoriali, motorie, psichiche) per consentire e conseguire il migliore inserimento e la migliore integrazione nell’ambito della vita familiare e sociale. (Presidenza del Consiglio dei Ministri, Comitato Nazionale per la Bioetica, 17/03/2006). In età evolutiva la riabilitazione ha un ruolo cruciale nel dare al bambino le informazioni capaci di fornire strumenti funzionali alle prestazioni (abilità); per poter esprimere tutte le potenzialità i bambini hanno bisogno in particolare di “strumenti e di tempi personalizzati”. Nell’intervento neuropsicomotorio questo ambito di competenza si esplica nella collaborazione in equipe multidisciplinare alla stesura del progetto terapeutico-riabilitativo; nella capacità di costruire il programma riabilitativo a partire dal bilancio delle capacità e risorse emozionali, cognitive, motorie e funzionali del soggetto; nel saper raccogliere, analizzare e interpretare i dati significativi per i bisogni della persona assistita; nel saper identificare le strategie e gli strumenti riabilitativi neuropsicomotori; nel saper verificare la necessità di ausili per il miglioramento della vita quotidiana; nel saper verificare l’efficacia complessiva dell’intervento; nel saper adattare e modificare, quando necessario, l’intervento durante il percorso riabilitativo nel rispetto delle esigenze del soggetto; nel saper stendere il progetto riabilitativo in forma scritta con definizione degli obiettivi e nel saperlo verificare attraverso la registrazione periodica degli interventi effettuati, delle risposte e modificazioni intervenute, mediante utilizzo di appositi strumenti informativi; nel saper garantire la sicurezza del soggetto e l’applicazione di interventi privi di rischi, in relazione alla normativa vigente; nel saper fornire consulenza tecnica alla persona assistita, alla sua famiglia, ad altri professionisti e/o altri soggetti(enti ed istituzioni) per le specifiche competenze.
  • EDUCAZIONE TERAPEUTICA: è un’attività sanitaria tesa a sviluppare nella persona o nei gruppi, consapevolezza, responsabilità ed abilità in riferimento al concetto di disabilità e al relativo trattamento riabilitativo, all’adattamento e all’ autogestione della stessa ed all’inserimento delle persone assistite in ambiti educativi o terapeutici. Rappresenta parte integrante del programma riabilitativo e per questa area di apprendimento sarà necessario: saper identificare gli interventi educativi necessari al soggetto ed alla sua famiglia; contribuire alla stesura della Diagnosi Funzionale; partecipare con le altre figure professionali alla stesura ed alla verifica del Progetto Educativo Individualizzato e del Profilo Dinamico Funzionale;
  • RICERCA E FORMAZIONE ALLA RICERCA: è l’ambito che traduce l’applicazione consapevole e responsabile in tutto l’agire professionale del laureato in Terapia della Neuro e Psicomotricità dell’Età Evolutiva, delle conoscenze che derivano dalla metodologia della ricerca e dalla Pratica Basata sulle Prove di Efficacia, definita nei riferimenti internazionali e nazionali come la costante integrazione della miglior ricerca valida e rilevante disponibile, con l’esperienza clinica individuale e con i valori, i bisogni e la condizione della persona assistita.

 

La Prevenzione Sanitaria

Secondo la Costituzione dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), la salute viene definita come “stato di benessere fisico, psichico e sociale e non semplice assenza di malattia”; pertanto nell’ambito della sanità viene considerato come prevenzione ciascun atto volto all’attivazione e al mantenimento della salute attraverso interventi individuali o collettivi sulla popolazione.

È possibile suddividere l’azione preventiva in tre livelli:

  1. Prevenzione primaria: agisce su tutta la popolazione con l’obiettivo di evitare o ridurre l’insorgenza e lo sviluppo di una malattia;
  2. Prevenzione secondaria: permette di intervenire precocemente sulla malattia senza evitarne o ridurne la comparsa;
  3. Prevenzione terziaria: interviene in tempo sulle complicanze o sulle recidive della malattia.

Se ci avviciniamo in particolare all’ambito socio-preventivo ciò che è indispensabile è un modello multidisciplinare che tenga conto oltre che della malattia del soggetto, anche della sua complessità.

In quest’ottica prende piede la cultura neuropsicomotoria, arrivando a definire un modello di prevenzione fondato esclusivamente sulla globalità del bambino e sulle sue modalità di espressione.

La Prevenzione Neuropsicomotoria

L’approccio neuropsicomotorio risulta uno dei metodi più utili per progettare interventi preventivi volti al raggiungimento del benessere del bambino. Questo per una serie di ragioni quali:

  • La neuropsicomotricità guarda al bambino con una visione globale e non settoriale dei vari aspetti dell’evoluzione infantile; nell’intervento neuropsicomotorio quindi il ruolo dell’adulto si linea nella funzione di far emergere le risorse autentiche del bambino rendendo pienamente operativo il principio secondo cui può esistere una cultura dell’infanzia solo se questa non è estensione della cultura dell’adulto. [Formento, 2006];
  • La neuropsicomotricità poi utilizza metodi e tecniche caratteristiche: i suoi principali strumenti di lavoro risultano essere infatti il corpo e il gioco. Il terapista in particolare può adoperare il corpo, elastico e vivo, come strumento di lavoro in quanto grazie alla sua formazione esso non risponderà solo agli obblighi della mente, ma sentirà, apprenderà e comprenderà sé e il bambino. In questo modo il bambino potrà sentirsi libero di esprimere tutto se stesso nel movimento e nelle sue azioni.
  • Infine è necessario far riferimento al valore aggiunto della formazione corporea di un TNPEE in un contesto preventivo, alla sua competenza di ricevere il disagio mantenendo salda la consapevolezza di sé nella posizione d’aiuto.

L’attività preventiva neuropsicomotoria quindi rientra in quella che definiamo prevenzione secondaria; soprattutto la fascia d’età 0-3 anni infatti rappresenta un periodo evolutivo ben complesso in cui facilmente si potrebbe cadere nell’errore di non riconoscere il disagio che andrà poi a strutturarsi in un disturbo specifico.

In quest’ottica emerge l’osservazione neuropsicomotoria che si discosta dal modello medico tradizionale. È il bambino che attraverso il suo gioco spontaneo e cioè gli oggetti che sceglie, la sua capacità di variare attività e schemi, il suo modo di investire il movimento globale e settoriale, la sua capacità attentiva, il modo di relazionarsi con l’adulto e con i coetanei che ci rivela se la sua evoluzione è armonica oppure se c’è un disequilibrio o se ci sono degli intoppi che ostacolano tale armonia; rispetto a ciò è possibile realizzare il processo osservativo e, quindi, valutativo tramite il supporto di una serie di strumenti (Tra cui ricordiamo la SON, la “Scheda di Osservazione\Valutazione Neuropsicomotoria”, strumento tramite cui è possibile indagare rispetto alle cinque aree principali dello sviluppo del bambino; quindi area: affettivo-relazionale, comunicativo- linguistica, motorio-prassica, neuropsicologica, cognitiva e modalità di gioco.)

Fattori di rischio in età evolutiva

Considerando, in un’ottica preventiva, il bambino al di fuori della sala di neuropsicomotricità sono stati individuati una serie di aspetti, definiti come fattori di rischio, che possono essere responsabili della comparsa di un disagio o del suo aggravamento.

Tra i più ricorrenti sono stati riconosciuti quelli psicosociali. Essi hanno come conseguenza diretta una forte discontinuità nelle cure del bambino e una mancanza di coerenza nella modalità di approccio a lui; ciò può avere come diretta conseguenza la mancata sintonizzazione tra il bambino e il suo caregiver, intendendo per sintonizzazione il mezzo ideale per realizzare la partecipazione intersoggettiva degli affetti [Stern, 1987]

Oltre a ciò, tra i fattori di rischio più frequenti possiamo anche avere: patologia di uno o di entrambi i genitori, lutti, frequenti ospedalizzazioni, discriminazione, trapianto sociale, migrazione.

Infine, ulteriore fattore di rischio rispetto cui la neuropsicomotricità preventiva vuole correre al riparo è la progressiva smaterializzazione dei corpi e la crescente mentalizzazione delle azioni del bambino. Secondo l’ottica neuropsicomotoria ciò che importa infatti è il piacere del movimento, il poter esprimere la propria creatività con il proprio corpo, e non la performance. Nel contesto preventivo neuropsicomotorio quindi quello che il bambino fa non viene giudicato, in termini di risultati più o meno buoni ma si va a vedere quanto di quello da lui proposto rientra in una situazione di benessere psicofisico. Si cerca sempre di più di arrivare a menti incarnate in corpi sapienti. [Manuzzi, 2008]

Fare prevenzione secondaria significa quindi cogliere tali fattori di rischio esterni alla stanza di neuropsicomotricità e saper leggere i comportamenti del bambino essendo a conoscenza della sua situazione al di fuori del nostro setting.

L’atteggiamento del TNPEE in un contesto preventivo

All’interno del contesto preventivo, differentemente da quanto si possa rilevare in quello sanitario, quindi terapeutico-riabilitativo, non si affronta la patologia, ma il disagio. Esso può essere conseguente ad una serie di cause, di solito multiple e concatenate tra loro: possono variare, cioè, dal campo clinico a quello psicologico individuale, fino ad arrivare a quello socio-parentale. Rispetto a ciò difficile, in un’ottica preventiva, è la ricezione del disagio infantile da parte del mondo delle istituzioni educative e sociali preposte a ciò. I bambini con disagio infatti possono incorrere spesso nel pericolo di un’incapacità degli adulti di accogliere il loro star male. Il neuropsicomotricista, di contro, ha per formazione personale la capacità di ricevere l’altro attraverso la via empatica e di essere attento al proprio vissuto personale nell’impatto con la sua sofferenza; in questo modo ha la specifica competenza di accoglierlo col suo malessere senza essere a disagio egli stesso rispetto a ciò, piuttosto avendolo previsto a livello istituzionale e professionale, essendo, cioè, attrezzato a riceverlo competentemente.

Al neuropsicomotricista, quindi, in contesti di questo genere viene chiesto non di eliminare il problema, ma di accogliere il bambino col problema; per fare ciò egli nel proprio intervento tecnico utilizza e usa il corpo, il movimento, il gioco non finalizzando il tutto all’acquisizione di una competenza o alla realizzazione di performance specifiche, bensì all’esplorazione e all’espressione di sé, dello stato emotivo e relazionale interno da parte del bambino.

I bambini, cosi, possono vivere un neuropsicomotricista disponibile ma che esprima le proprie variazioni e modulazioni toniche senza uscire però dal suo atteggiamento empatico; il suo intervento consiste in quest’ottica più nella sensibilità tonico-emozionale e nelle parole che contengono che nella sua partecipazione ai giochi del bambino. [Aucouturier, 2005]

Tre sono gli elementi caratterizzanti quindi l’approccio neuropsicomotorio; in particolare:

  1. Lo sguardo: esso può assumere diverse valenze. Il terapista infatti può adoperarlo ad esempio per dare un rimando di forte valenza emotiva per chi quello sguardo lo incontra; oppure per rendere consapevole il bambino dei limiti da non dover superare nel caso in cui faccia qualcosa di dannoso o pericoloso per sé o per gli altri. In generale lo sguardo del neuropsicomotricista deve avere la capacità di essere profondo, di leggere la motivazione che sta alla base di qualsiasi comportamento del bambino.
  2. Dialogo tonico: su di esso il terapista fonda le sue comunicazioni e istaura le sue relazioni; Stern lo definisce rispetto alla relazione madre-bambino alfabeto primario emotivo. Il neuropsicomotricista ha la capacità di, tramite le esperienze di formazione corporea condotte, entrare in contatto con il bambino rapportandosi a lui con un atteggiamento tonico-emotivo coerente attraverso la lettura delle suo posture e dell’intensità del suo tono.
  3. Rispecchiamento affettivo: il neuropsicomotricista, così come il caregiver, mostra al bambino di comprendere cosa sta provando comunicandoglielo. In questo modo il piccolo avrà la possibilità di trovare all’esterno ciò che sta provando all’interno riuscendo in questa maniera a connettere realtà esterna e stato mentale interno. Se ciò non si verifica, il bambino non avrà la possibilità di trovare all’esterno qualcuno capace di riflettergli le sue esperienze interne, avendo così incapacità di differenziare tra interno ed esterno, tra pensiero e realtà.

 

L’intervento Neuropsicomotorio Socio-Preventivo

È importante ricordare che agire come neuropsicomotricisti sul territorio in un contesto sociale più vicino a noi come, invece, può non essere rispetto ad un intervento terapeutico- riabilitativo, significa non poter prescindere dalla sua conoscenza; ma, ancora, significa non poter non andarsi ad iscrivere in un progetto comune con altre figure professionali, altre istituzioni che su quel territorio agiscono.

Lavorare in rete, a tal proposito, significa proporsi come soggetti stimolatori di progetti che pongano al centro di se stessi il bambino; creare, quindi, strategie da perseguire per trovare una risposta generale ai suoi bisogni, contribuire a una ripresa della circolarità delle relazioni che aiuti a ricostruire la frammentarietà, a riconnettere il tessuto (Tutto ciò è indicato, a livello legislativo, dalla legge 285\97 a cui si è fatto riferimento precedentemente.)

Bisogna, quindi, costruire e cercare alleanze con tutti quei soggetti che si occupano consapevolmente o meno, direttamente o meno della crescita e della tutela dei bambini; bisogna, per questo, operare con quelle strutture socio-educative in cui loro vivono: solo così potremo creare una cultura dello sguardo del bambino.

Lavorare insieme alle famiglie

Nel momento in cui operiamo sul territorio, all’interno del contesto sociale, il rapporto coi genitori può essere confuso, indefinito, da costruire ex novo cioè. È importante prima di tutto sradicare la convinzione o la supposizione che il nostro ruolo sia quello di babysitter o intrattenitori, ponendoci, invece, come una figura professionale, quella dello neuropsicomotricista, e come mezzo e modo tramite cui poter ricostruire una relazione partendo dal bambino, dai suoi bisogni, dalle sue esigenze; in questo modo è possibile chiarire quelli che sono l’oggetto e il materiale del nostro lavoro: quindi gli spazi, i giochi, i tempi del bambino e, soprattutto, il bambino stesso.

Quello che col nostro intervento dobbiamo raggiungere è rappresentare agli occhi dei genitori il bambino nella sua unitarietà psicofisica, con i suoi bisogni e i suoi desideri. Ciò è realizzabile sul territorio ragionando su di un progetto incentrato sui bambini e, nel caso in cui ciò manchi, è necessario promuoverlo collaborando con altri professionisti che operano a riguardo.

"Lavorare insieme, progettare insieme a famiglie, associazioni, enti presenti sul territorio, crediamo possa rappresentare un contributo importante alla prevenzione reale del rischio in ambito sociale" [Psicomotricità: educazione e prevenzione- Erickson]

La dimensione del gioco

Quando si parla di gioco nel linguaggio comune si tende sempre a sminuire il suo significato associandolo a qualsiasi attività di svago o divertimento che non ha nulla a che vedere con qualsiasi cosa che riguardi il lavoro o la vita reale. Invece concretamente il gioco è un fenomeno profondamento esistenziale presente in ogni latitudine del mondo e che ha alle spalle una storia lunga tanto quella degli esseri umani.

Il piacere del gioco di per sé è un privilegio del mondo dell’infanzia e il neuropsicomotricista che proprio di bambini si occupa non può che utilizzarlo come cornice esclusiva del suo intervento.

Come detto precedentemente, secondo il lo studioso Vygotskij il pensiero e l’intelligenza sono un fatto sociale: i bambini cioè crescono nella vita intellettuale dell’ambiente che li circonda. La teoria del gioco da lui proposta quindi parte dalla considerazione secondo cui il grado di sviluppo mentale di un bambino non è dato da quello che può fare da solo, ma da ciò che può fare con l’aiuto di altri; il bambino quindi indica il livello mentale già maturato tramite le performance realizzate in autonomia, invece il suo livello potenziale tramite quelle realizzate col supporto dell’altro. In tale ottica il gioco quindi risulta essere un momento di apertura al futuro dove il bambino esprime il suo potenziale e il suo desiderio di crescita.

Considerando che l’espressività complessiva del bambino possa essere denominata psicomotoria, ciò che distingue un intervento neuropsicomotorio dal naturale gioco dei bambini è la specifica progettualità che va ad accogliere ed indirizzare l’azione spontanea attraverso un percorso intenzionalmente pensato. La peculiarità, infine, di un adulto che gioca e non solo osserva quello che fa il ambino è indice di quanto per il TNPEE il gioco non sia solamente un mezzo per arrivare più facilmente allo scopo, ma di come questo possa esserne il fine.

"Lo psicomotricista non si limita “a far giocare” i bambini, ma “gioca con” i bambini; egli entra fattivamente ed effettivamente nel gioco dei bambino con ovviamente tutte le conseguenze che ne caratterizzano nel concreto la specifica professionalità" Nicolodi, 2000.

Il professionista, quindi, adoperando competentemente il setting e le proprie capacità di ricezione e conduzione del gioco dà al singolo bambino e al gruppo dei bambini la possibilità di sperimentare una palestra emotiva tramite cui vi è la messa in gioco della capacità di regolazione e di condivisione delle emozioni con il gioco, attraverso il gruppo e nel setting psicomotorio.

L’obiettivo centrale quindi del neuropsicomotricista che opera a livello socio-preventivo è la promozione del benessere del bambino tramite esperienze ludiche. Di conseguenza egli pone al centro di se stessa l’attività ludica col giocare bene, la prima vista come fattore imprescindibile di benessere primario per il bambino, il secondo, invece, come fattore di crescita positivo.

Il setting, per concludere, in cui operare a tal livello deve restituire al bambino, in particolare, al gruppo dei bambini, in generale, la cornice del gioco. In essa, il bambino della nostra società, che ha finito troppo presto di giocare, di fingere di essere, può riprendere il gioco, darsi uno spazio, un tempo. Il professionista deve, quindi, stimolare, osservare, valutare il gioco nelle sue varie forme di espressione competentemente; solo in questo modo, col supporto di un’equipe competente, sarà possibile realizzare prima un inquadramento diagnostico differenziale, poi funzionale del bambino.

" Ben giocare dentro per ben giocare fuori, per imparare a immaginare un fuori diverso e, imparandolo, imparare a immaginare la modificazione dello spazio esterno, magari facendolo realmente." [Psicomotricità: educazione e prevenzione- Erickson]

 

Indice

 
 
PREFAZIONE
 
  1. Le basi teoriche della psicologia dello sviluppo - SVILUPPO TIPICO E ATIPICO; Gli inizi della psicologia dello sviluppo; I principali approcci della psicologia dello sviluppo - LA TEORIA DELL'ATTACCAMENTO; *Gli studi di Harlow sull’attaccamento; Motivazione primaria alla relazione con la madre; La funzione del comportamento d’attaccamento; Lo sviluppo dell’attaccamento; *L’apporto di Ainsworth alla teoria dell’attaccamento; Limiti e critiche della teoria - L’ IMPORTANZA DELLE INTERAZIONI PRECOCI NELLO SVILUPPO PSICHICO; *Contatto fisico madre-bambino: alcuni studi in una prospettiva evoluzionistica; Lo sviluppo dell’intersoggettività; La disponibilità emotiva: indicatore della qualità della relazione; *Il concetto di disponibilità emotiva diadica; Le alterazioni della relazione madre bambino.
  2. LO SVILUPPO COGNITIVOIL CONTRIBUTO DI PIAGET; IL CONTRIBUTO DI VYGOTSKIJ; IL CONTRIBUTO DI BRUNER; IL MODELLO EVOLUTIVO-STRUTTURALE DI GREENSPAN; *IL GIOCO TRA SVILUPPO COGNITIVO E AFFETTIVO.
  3. LA PRATICA NEUROPSICOMOTORIA SOCIO-PREVENTIVA: IL QUADRO NORMATIVO - IL CORE COMPETENCE DEL TNPEE; L’ambito di intervento del TNPEE; Ambiti di competenze tecnico professionali - LA PREVENZIONE SANITARIA; La prevenzione neuropsicomotoria; Fattori di rischio in età evolutiva; L’atteggiamento del TNPEE nel contesto preventivo - L’INTERVENTO NEUROPSICOMOTORIO SOCIO-PREVENTIVO; Lavorare insieme alle famiglie; La dimensione del gioco.
  4. Corporea-Mente in relazione - LA NASCITA DI UN’IDEA: La Fondazione - IL PROGETTO: Una rete di collaborazione; I bambini al centro; L’intervento sui genitori; *Assessment of Parental Skills-Interview; Il laboratorio psicomotorio; Il processo osservativo-valutativo; *Machover Test; Conclusioni.
 
CONCLUSIONI
 
BIBLIOGRAFIA
 
 
Tesi di Laurea di: Giovanna SAVINELLI
 

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