Correlazione tra le forme di Paralisi Cerebrale Infantile e il gioco

All’interno della paralisi cerebrale infantile sono presenti forme cliniche con caratteristiche molto diverse tra di loro, le quali possono raggiungere un livello di sviluppo del gioco differente. Di seguito, partendo dalla classificazione proposta dal gruppo Ferrari-Cioni (2010), vengono illustrate tre tabelle riassuntive gli elementi connotativi delle tre diverse forme di paralisi cerebrale spastica con le rispettive sottoclassi (Tabella I, Tabella II, Tabella III).

 

TAVOLA 1

Funzioni

Aposturale

Difesa antigravitaria in flessione

Antigravitaria a tronco orizzontale

Antigravitaria a tronco verticale

Controllo Autonomico

Difficoltà nei bio-ritmi, difficoltà ai ritmi esterni, stato di quiete

Precario Limitazioni nell’adattament o

Non sono presenti evidenti difficoltà

Non sono presenti evidenti difficoltà

Funzioni psichiche

Difficoltà confini di sé grave disabilità Intellettiva

Problemi importanti. Comportamenti adesivi

È presente la separazione – individuazione

Generalmente conservate
Lacune nelle capacità
logico-matematiche

Respirazione

Superficiale, frequente tosse scarsa, inefficace

Superficiale frequente Tosse poco efficace

Minori problemi Episodi di broncospasmo

Non sono presenti problemi importanti

Visiva

Difetti vista e oculomozione

Presente nistagmo Sguardo erratico

CVI – nistagmo Paralisi di sguardo

Paralisi di sguardo in esotropia, riduzione acuità visiva

Percettiva

Orientamento faticoso dei telerecettori

Scarsa tolleranza ad essere manipolato Adattamento stimoli

Accettazione del movimento Temono stimoli imprevisti o forti

Problemi frequenti rispetto alla stazione eretta e alla deambulazione

Comunicazione

Variazione di stato: apatia, piagnucolio, pianto inconsolabile

Dialogo tonico Assenza linguaggio

Elementi disartrici Elementi disfonici Comprensibilità

Leggermente compromesso

Motorio

Flaccido, ipocinetico. Nessun controllo antigravitario e manipolazione non raggiungibile

Monoposturalit à rigida con difesa in flessione. Posizione seduta raggiungibile
solo con ausilio. Manipolazione
inefficace

Antigravità quadrupedica. Posizione seduta non conservabile autonomamente a volte striscio presente da
prono. Movimenti ballisitici di
raggiungimento e afferramento

Reazione antigravitaria in flessione AASS e in estensione AAII. Posizione seduta sul sacro, possibili spostamenti orizzontali. Stazione eretta e cammino possibili con ausili per AASS. Manipolazione possibile ma difficoltosa

Main Core

Reazione galleggiamento

Difesa in flessione

Antigravità quadrupedica

Reazione antigravitaria in flessione degli AASS e in estensione degli AAII

 Tab I. Classificazione forme tetraplegiche PCI

 

TAVOLA 2

 

 Propulsivi

 Gonna stretta

 Funamboli

 Temerari

 Visivo

 A volte CVI importante, problemi oculomotori

 Non presenza di importanti problemi centrali

 Non importanti disturbi

 Non importanti disturbi

 Percettivo

 Difficoltà importanti, presenza di startle

 Non importanti disturbi

 Disturbi percettivi importanti di controllo dello spazio posteriore

 Completa assenza

 Cammino

 Lento e faticoso ridotta resistenza. Necessità di ausilii

 Ridotta lunghezza passo, crough gait. Ridotta resistenza, affaticabilità. Necessità di

ausilii

 Velocizzazione marcia. Difficoltà controllo sequenziale singole fasi del passo.

Ausili come bilanceri

 Difficoltà stabilizzazione monopodale. Evoluzione favorevole.

No ausilii

Manipolazione

 Efficace anche a distanza dall’asse corporeo purché la posizione seduta sia divenuta sufficientemente stabile

 Raggiunge abbastanza precocemente buoni livelli di efficienza

 Non sono presenti significative limitazioni

 Non sono presenti significative limitazioni

 Difetti

 Instabilità dell’anca, difficoltà fissazione prossimale. Difficoltà di controllo simultaneo

 Abnorme reazione allo stiramento flessori ginocchio. Esauribilità reazione sostegno. Muscoli e tendini sottili: precoci retrazioni

 Difficoltà a fermarsi e nell’inversione della marcia. Difficoltà a mantenere la stazione eretta

 Difficoltà distribuzione del carico.

Difficoltà ad attivare i dorsiflessori del piede

 Main core

 Antepulsione del tronco, bilanciamento sulle punte

 Basculamento in antiver/retrover bacino. Flessione ginocchio in carico

Pendolo frontale di tronco, AASS a bilancere

 Accentuazione dell'equinismo all'avvio della marcia

 Tab II. Classificazione forme diplegiche

 

TAVOLA 3

 

Mano integrata

Mano semi- funzionale

Mano Sinergica

Mano prigioniera

Mano esclusa

 

Manipolazione

È possibile l’opposizione termino-laterale e movimenti isolati delle dita. Vengono afferrati oggetti anche di piccole dimensione, è presente preadattamento della presa e non è necessario monitoraggio visivo. L’afferramento non è influenzato dall’attività della mano conservata

È possibile l’opposizione termino- laterale e movimenti isolati delle dita. Vengono afferrati oggetti di medie dimensioni con pre adattamento della presa, nel passaggio da una mano all’altra è necessario monitoraggio visivo. L’afferramento è possibile anche se la conservata è impegnata in un altro compito

Sono possibili movimenti combinati delle dita. È presente sinergia di afferramento eseguita sotto attento monitoraggio visivo, non è possibile vero pre adattamento presa. Necessità di oggetti adattati per presa efficace. L’afferramen to è possibile solo se la conservata partecipa alla stessa azione

Impossibili movimenti isolati delle dita. Su richiesta è possibile utilizzarla per fissare, battere, schiacciare tramite la parte dorsale mantenuta chiusa a pugno. L’oggetto viene caricato e liberato dalla mano plegica utilizzando la mano conservata, sotto continuo monitoraggio visivo

Impossibili movimenti isolati delle dita. È solitamente presente negligenza, sotto richiesta è possibile fissare tra mano e piano sotto controllo visivo e senza alcun adattamento della mano. Non c’è attenzione visiva per la mano che spesso rimane al di fuori del campo visivo

 Tab III. Classificazione forme emiplegiche

 

Le tetraplegie sono situazioni neurologiche complesse, in cui sono presenti, in modo più o meno marcato, forti compromissioni in tutte le aree descritte. Sono forme a cui sono associati frequenti disturbi visivi, possibili deficit uditivi, compromissione orofacciale ed epilessia con crisi difficilmente controllabili farmacologicamente. Aspetto critico da indagare è il livello cognitivo (anche per la povertà della letteratura): non sempre è infatti possibile utilizzare strumenti che ne permettano una corretta valutazione escludendo l’utilizzo della componente motoria. Un ruolo fondamentale viene ricoperto dal nucleo familiare che può fornire agli operatori importanti informazioni che probabilmente non emergerebbero in fase osservativa-valutativa. Nel complesso appare comunque la forma di PCI maggiormente colpita da disabilità intellettiva. Nei bambini tetraplegici l’attenzione maggiore viene rivolta alla salute e al benessere. Soprattutto nei genitori è presente una forte angoscia legata al sopravvivere del proprio figlio, che li porta a privarsi di momenti di piacere e spensieratezza, del condire la vita quotidiana del piccolo di gioia: tutto diventa terapia e si perde il piacere di vivere e giocare con il proprio bambino.

Per quanto riguarda le forme diplegiche è presente una minor compromissione delle funzioni rispetto alle forme tetraplegiche in tutte le aree: sono soggetti in grado di raggiungere e conservare, per almeno un certo periodo, la stazione eretta ed il cammino. Possiedono un maggior repertorio di moduli e combinazioni motorie. I profili cognitivi appaiono disomogenei ma maggiormente conservati (quoziente verbale nella media e quoziente non verbale immaturo o deficitario). Sono tuttavia abbastanza comuni le paralisi di sguardo e, in alcune forme, importanti problemi dispercettivi. Per questi pazienti diventa imprescindibile vivere propriamente la vita: la famiglia si pone come interlocutore di una maggiore attenzione alla socializzazione in quanto spesso il confronto con i pari porta ad atteggiamenti inibitori, rinunciatari e deleganti a causa della frustrazione dell’essere diverso.

Le forme emiplegiche infine risultano complessivamente essere quelle compromesse in misura minore rispetto alla lesione e agli outcome. La caratteristica clinica prevalente risulta il ridotto repertorio di moduli e le ristrette combinazioni dell’emilato plegico (soprattutto a livello dell’arto superiore), evidente già dall’osservazione delle motricità spontanea del neonato. Sono presenti minori difetti sensoriali e percettivi rispetto le forme diplegiche. Elemento da tenere in considerazione è la possibile negligenza dell’arto plegico, specialmente di quello superiore, che ne influenza l’utilizzo nonostante la presenza di un repertorio motorio in parte conservato. Le emiplegie risultano le forme di PCI con ridotta incidenza di disabilità intellettiva. L’outcome cognitivo sembra essere legato al lato della lesione: lesioni all’emisfero sinistro porterebbero ad un QI di performance superiore di quello verbale, ciò potrebbe essere legato al cosiddetto effetto “crowding” per il quale l’emisfero destro assumerebbe anche le funzioni di quello sinistro leso andando così a favorire una competizione per lo spazio neuronale penalizzando le funzioni destre non verbali; nelle lesioni destre, invece, il pattern sarebbe opposto, non tutti gli studi però risultano concordi a riguardo. In questi bambini le difficoltà si presenteranno ad un livello più fine: queste influenzeranno la qualità più che la quantità della performance. I problemi si verificheranno soprattutto in fase adolescenziale nel momento del confronto con i pari. In questa fase verranno ad accentuarsi problematiche insite nell’età quali l’estetismo, l’affermarsi tra coetanei, la ricerca di accettazione tra uguali all’interno di un gruppo, il confronto nello sport. Queste problematiche, a seconda del caso, porteranno a differenti modalità difensive: stare con il sesso opposto, frequentare gruppi di età differenti dalla propria (più grandi per sentirsi sostenuti ed aiutati, più piccoli per dimostrare la propria indipendenza e competenza) evitare il confronto.

Dai dati riportati appare evidente che non tutte le forme di PCI possono effettuare le stesse attività ludiche e che, nel corso dello sviluppo del gioco, andranno incontro a problematiche differenti in momenti differenti.

Nel caso delle forme maggiormente compromesse, come la I, la II e la III forma di tetraplegia, ruolo chiave avrà il dialogo tonico, da promuovere fin dalle prime fasi dello sviluppo. Il gioco sarà di tipo sensorio-motorio incentrato sull’autosfera, basato sul corpo, sull’esplorazione delle sensazioni estero e propriocettive, relative all’esplorazione e alla conoscenza del proprio corpo e di quello degli altri.

Nel caso della IV forma di tetraplegia e delle prime tre di diplegia, con la conquista del cammino e di una manipolazione più efficace, attraverso il gioco, sarà opportuno promuovere la scoperta e l’esplorazione dello spazio e degli oggetti in esso presenti. Compito del terapista sarà quello di incentivare e facilitare il piacere del movimento e dell’agire sulla realtà.

Per quanto riguarda la IV forma di diplegia e le emiplegie, saranno presenti minori compromissioni nelle differenti aree: lo sviluppo del gioco sarà più sovrapponibile a quello di un bambino senza disabilità. L’intervento sarà più fine e incentrato su situazioni e competenze specifiche.

 


  • 11 Ferrari A., Proposte riabilitative nelle paralisi cerebrali infantili, Edizioni del Cerro, Pisa, 1997

 

Indice
 
 
INTRODUZIONE
 
  1. PARTE PRIMA: INQUADRAMENTO TEORICO
  2. PARTE SECONDA: Progettazione ed attuazione dello studio: Scopo dello studio; materiali e metodi; campione; presentazione caso clinico; strumenti; disegno dello studio; risultati; risultati del campione gruppo controllo; risultato caso clinico; discussione; obiettivi e limiti
 
CONCLUSIONI
 
BIBLIOGRAFIA - ALLEGATI
 
Tesi di Laurea di: Filippo CATTANEO
 

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