Che cos’è l’ipovisione

Per poter definire l’ipovisione è necessario avere una conoscenza circa i processi che rendono possibile l’esperienza stessa della percezione visiva.

In proposito vi è più di un’ipotesi: vi è chi sostiene che la visione è possibile in quanto certi apparati del sistema percettivo danno origine a messaggi neuronali connessi a specifiche caratteristiche dell’immagine; questi messaggi verrebbero quindi ulteriormente elaborati e combinati con informazioni già in memoria; l’esperienza sarebbe quindi il risultato finale di un processo costruttivo.

Altre ancora ipotizzano che l’informazione relativa agli oggetti sia nella luce stessa riflessa dagli oggetti presenti nell’ambiente. Il fatto che le percezioni costruite siano quasi sempre corrispondenti ai relativi oggetti suggerisce infatti che la qualità dell’informazione ottica sia tale da assicurare la corrispondenza tra il percetto costruito e l’oggetto reale; l’osservatore non avrebbe pertanto bisogno di elaborare l’informazione in quanto quest’ultima è presente nella luce riflessa negli oggetti. La differenza tra un percettore abile e uno meno abile non consiste nel fatto che il primo aggiunge qualcosa allo stimolo, ma che questi è capace di estrarre il maggior numero   di informazioni da esso.

Quando si parla di ipovedenti, in Italia generalmente ci si riferisce a persone che hanno un residuo visivo fino a 3/10 senza fare riferimento al campo visivo. L’organizzazione mondiale della sanità comprende invece 5 categorie di disabili visivi con visus compreso fra i 3/10 e la cecità totale, senza dimenticare stavolta il campo visivo:

  • Soggetti che con la miglior correzione standard raggiungono un visus tra i 3/10 e 1/10;
  • Soggetti che con la miglior correzione standard raggiungono un visus tra 1/10 e 1/20;
  • Soggetti che con la miglior correzione standard raggiungono un visus tra 1/20 e 1/50; a questa categoria appartengono anche i soggetti che indipendentemente dal visus dispongono di un campo visivo compreso tra i 10° e 5°;
  • Soggetti che con la miglior correzione standard raggiungono un visus tra 1/50 e la percezione della luce; a questa categoria appartengono anche coloro che indipendentemente dal visus dispongono di un campo visivo inferiore a 5°;
  • Ciechi assoluti.

Ciò premesso l’ipovisione potrebbe essere definita come un sensibile decremento della capacità adattiva della visione,  intesa come processo cognitivo riconducibile a lesioni anatomo-funzionali dell’apparato sensitivo periferico strutturalmente irreversibile; lesioni che riducono o distorcono l’input sensoriale limitando e impoverendo gravemente il ciclo percettivo che tuttavia può mantenere, quale processo cognitivo, potenzialità di riadattamento alla situazione, che rendono possibile la riabilitazione funzionale dell’attività percettiva.

L’ipovisione sarà pertanto caratterizzata in varia misura dalla scomparsa di almeno una delle prestazioni significative della vita quotidiana, quali la lettura, la scrittura, la capacità di movimento autonomo nell’ambiente e di autogestione organizzativa della quotidianità, funzioni attività non ripristinabili con sussidi correttivi standard.

Le medesime funzioni e attività possono tuttavia essere parzialmente ripristinate con attivo intervento riabilitativo, mediante l’utilizzo di strumenti protesici, supportati da idonee metodologie, che attraverso introduzione di adeguate strategie di sguardo consentono la riacquisizione di limitate ma utili prestazioni funzionali.

Lo stato di ipovisione inoltre potrà assumere maggiore o minore gravità in riferimento all’età del soggetto, all’ambiente in cui vive, alle sue abilità cognitive e comportamentali e alla situazione psicofisica generale.

Tratto da www.neuropsicomotricista.it  + Titolo dell'articolo + Nome dell'autore (Scritto da...) + eventuale bibliografia utilizzata

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