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La metodologia PACT (Paediatric Autism Communication Therapy) nel mondo di oggi: le sfide della pandemia e teleriabilitazione, diffusione nel mondo, implementazione in Italia

La metodologia PACT (Paediatric Autism Communication Therapy) nel mondo di oggi: le sfide della pandemia e teleriabilitazione, diffusione nel mondo, implementazione in Italia

INDICE PRINCIPALE

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Le sfide della pandemia: distanze e tele-terapia (teleriabilitazione)

“La guerra moderna alle paure umane, sia essa rivolta contro i disastri di origine naturale o artificiale, sembra avere come esito la redistribuzione sociale delle paure, anziché la loro riduzione quantitativa” Zygmunt Bauman, Paura liquida

La società moderna, quella che Bauman definiva con l’aggettivo di ‘liquida’ per la sua imprevedibilità, incertezza e flessibilità pone chiunque ogni giorno davanti alla necessità di rimodularsi e ridefinire la propria vita. Nel febbraio 2020 l’Italia, e successivamente il mondo intero, si è trovata a doversi riadattare per affrontare la diffusione inattesa della pandemia da COVID-19, una forma specifica di coronavirus che può indurre un quadro di SARS-CoV-2 (Severe Acute Respiratory Syndrome CoronaVirus 2). Ogni cittadino, oltre all’inevitabile paura derivata dall’elevato rischio di contagio da persona a persona, è andato incontro al timore di un futuro senza certezze. Il 21 febbraio 2020 viene ufficializzato il primo caso di contagio italiano da covid-19 non imputabile ad un rientro dai paesi asiatici dove il virus si era già diffuso. Meno di tre settimane dopo, il 9 marzo 2020, il numero di contagi si attestava a più di 2.700 casi e l’ex premier Giuseppe Conte indiceva un lock-down per l’intero territorio italiano imponendo a tutti i cittadini di restare nella propria residenza limitando gli spostamenti all’indispensabile. Da quel momento in poi si sono susseguiti periodi di estrema incertezza che ancora caratterizza il tempo presente. In data 8 marzo 2021 il numero mondiale di casi confermati di COVID-19 è di 116.363.935. Di questi fanno parte 2.587.225 decessi. In Italia, nella medesima data, i casi confermati sono 3.046.762 con 99.785 decessi.

Figura 11 Rappresentazione grafica della densità di distribuzione mondiale dei casi di COVID-19

Figura 11 Rappresentazione grafica della densità di distribuzione mondiale dei casi di COVID-19

Il periodo di lock-down si è concluso il 18 maggio 2020 ma ha dato il via al processo di riorganizzazione dei sistemi nazionali per rispondere ai bisogni della società rispettando i corretti criteri di sicurezza. Tra questi il sistema sanitario nazionale in primis ha cercato di garantire la continuità della fornitura del servizio. Il Terapista della Neuro e Psicomotricità dell'età evolutiva (TNPEE), allo stesso modo degli altri professionisti sanitari, è stato investito dalla responsabilità di ridefinire il proprio operato terapeutico.

A novembre 2020, la rivista “Il TNPEE” ha pubblicato i risultati di un questionario somministrato ai terapisti italiani durante il periodo di lock-down per indagare le conseguenze di tale situazione sul proprio lavoro (56). Per fare delle utili considerazioni sulle implicazioni nella pratica clinica è importante tener conto di molteplici aspetti: la modifica delle modalità di somministrazione delle terapie, le conseguenze pratiche ed emotivo-psicologiche sul terapista, gli effetti sull’utenza.

Modifiche pratiche. Tra i 338 TNPEE che hanno risposto al questionario, il 52% di essi ha riportato una completa sospensione del servizio riabilitativo con una prevalenza nettamente maggiore dei lavoratori di studi privati o enti privati accreditati le quali attività sono state fortemente penalizzate. Il sistema pubblico ha garantito nella maggior parte dei casi la continuità del servizio ma è molto importante segnalare che solo una percentuale ridotta dei TNPEE lavora in strutture sanitarie pubbliche e ciò implica che un numero consistente di terapie è stato completamente interrotto. Attualmente, molti centri hanno avuto la possibilità di riformulare le modalità di prestazione terapeutica con l’utilizzo di strumenti multimediali o con specifici protocolli di sicurezza che hanno permesso la ripresa delle attività in presenza. È necessario indagare dunque quali implicazioni ha determinato questa modifica del servizio.

Implicazioni sul TNPEE. Si è manifestato un evidente aumento del carico lavorativo del TNPEE dovuto alla necessità di riformulare i progetti terapeutici e gli obiettivi lavorativi, riorganizzare il proprio setting riabilitativo (spazi, materiali, tempi…), imparare e valutare nuovi strumenti tecnologici, ecc… Inoltre, ciò che sicuramente incarna un’estrema fonte di disagio per il terapista è il fatto che la maggior parte di queste procedure determinate da fattori di sicurezza costituiscono marcate limitazioni all’essenza della pratica clinica del TNPEE. In primis, l’utilizzo di strumentazioni telematiche riduce notevolmente l’accesso a modalità relazionali estremamente funzionali alla pratica neuropsicomotoria. Ad esempio, l’utilizzo del corpo e della corporeità, strumenti d’eccellenza del TNPEE, sono limitati alla sola componente visiva e rappresentativa. In linea con tale ragionamento, una gran parte dei terapisti ha visto ridursi notevolmente il proprio senso di efficacia clinica. Anche laddove si sia proseguito un progetto terapeutico in presenza, l’utilizzo dei protocolli di sicurezza e dei DPI (Dispositivi di Protezione Individuale) in molti casi diventano ostacoli alla funzionale relazione terapeutica. Si pensi ad esempio all’impossibilità di vedere il volto dell’interlocutore celando così un’importante parte della comunicazione non verbale oppure quanto camici, visiere che spesso riflettono la luce, guanti, possano determinare una fonte di disagio a livello sensoriale per molti bambini che arrivano nelle stanze di neuropsicomotricità. I terapisti hanno anche manifestato una necessità di formazione riguardo alle competenze e conoscenze di counseling e intervento mediato dai genitori che risultava il metodo più adatto soprattutto coi bambini che avevano difficoltà nell’utilizzo e accettazione della mediazione del mezzo tecnologico (56).

Implicazioni sull’utenza. Innanzitutto, i nuclei familiare a cui si rivolge il programma terapeutico in questo particolare periodo sono famiglie affannate che devono scardinare la propria routine giornaliera nell’impossibilità di gestire la quotidianità come d’abitudine. Ciò ha un’importante ricaduta sull’aderenza al progetto riabilitativo attualmente riformulato. Molti dei genitori hanno manifestato una scarsa partecipazione e una fatica evidente nel seguire le terapie. La pandemia ha esposto tutte le famiglie a numerosi fattori di stress. In America il 71% dei genitori ha dichiarato che seguire i propri figli nella gestione della didattica e delle altre attività online era una notevole fonte stressogena (57). La chiusura delle scuole, la perdita o riduzione della possibilità di lavoro, l’obbligo di rimanere in casa, la convivenza a volte forzata ed eccessiva e tutto ciò  che la diffusione del virus ha portato, ha contribuito alla creazione di un clima estremamente difficile e un forte aumento dei livelli di ansia. Un’indagine mondiale ha mostrato come più del 50% dei soggetti indagati durante il periodo di pandemia manifestasse segni di ansia, stress o depressione (58).

Nonostante la presenza della famiglia e la conseguente condivisione della quotidianità possano costituire un elemento protettivo dallo sviluppo di questa sintomatologia, i bambini sono in costante osservazione ed elaborazione di ciò che gli accade attorno e ne subiscono inevitabilmente l’influenza. Ogni individuo del nucleo familiare potrebbe dunque rinforzare i livelli di ansia già presenti nell’altro determinati da fattori esterni. Nei soggetti autistici l’imprevedibilità insita nell’attuale situazione pandemica e tutti i mutevoli quadri con repentini cambiamenti favoriscono di certo un alto livello di frustrazione. Si pensi ad esempio come la difficoltà di molti bambini con ASD ad adattarsi ad ambienti e routine si amplifichi esponenzialmente nel momento in cui non c’è una continuità di frequentazione di tali ambienti come ad esempio la scuola. I cambiamenti poi avvengono con estrema velocità e senza preavviso e rendono particolarmente complesso l’adattarsi in modo adeguato senza sviluppare frustrazione. L’effetto di questa condizione in Italia è stato un aumento delle problematiche comportamentali in più di un terzo dei soggetti con ASD (59). È quindi fondamentale un’azione consistente da parte del TNPEE per garantire una continuità della presa in carico riabilitativa e un sostegno di queste famiglie in posizione di difficoltà.

La risposta PACT. I fondatori della metodologia PACT e la loro equipe hanno provveduto a fornire a tutti i professionisti formati le procedure attuabili per adattare l’intervento alle modalità telematiche al momento necessarie (60). Già in precedenti casi inclusi negli studi fatti era emerso il bisogno di utilizzare talvolta queste strategie per ovviare a problemi di spostamenti o distanze. Ne è emersa una chiara predisposizione dell’intervento PACT nell’adattabilità a questa forma di mediazione della prestazione riabilitativa. Nello specifico, le procedure di tele-riabilitazione PACT prevedono che gli incontri vengano svolti interamente via web attraverso l’utilizzo delle più comuni piattaforme di video-call. Il genitore stesso provvede a videoregistrare la sequenza di gioco della durata di dieci minuti che normalmente sarebbe avvenuta durante la terapia in presenza. Questo materiale video viene recapitato al terapista almeno tre giorni prima dell’incontro in modo che entrambe le parti possano elaborare le informazioni, selezionare i punti più salienti dell’interazione ed essere quindi pronti al confronto diretto. Il professionista aiuta il genitore a identificare e preparare un setting adeguato allo svolgimento di queste dinamiche interattive sia in merito allo spazio che al materiale più consono. Il resto delle procedure avviene in maniera identica al modello tradizionale. Questo perché, essendo un approccio di intervento mediato dai genitori, è chiaro come sia possibile perpetuare le strategie precedentemente in uso senza che il bambino risenta troppo di eventuali modifiche. Oltre alle potenzialità fin ora esposte, un modello di terapia per bambini con ASD mediato dai genitori, si dimostra essere la risorsa maggiore in condizioni di necessaria distanza fisica tra il terapista e il paziente. Il genitore può essere un mediatore efficace dell’intervento utilizzando quegli strumenti propri del TNPEE, come il coinvolgimento attivo del corpo e della relazione, che nella separazione fisica vengono a mancare o sono molto penalizzati. Inoltre, nello specifico caso della pandemia, in cui vi è la necessità di permanere per tempi prolungati all’interno delle mura di casa, molte famiglie di soggetti con ASD hanno manifestato la difficoltà nella gestione delle attività quotidiane del bambino (59). Una metodologia di intervento come quella PACT che fornisce al genitore strategie e strumenti di approccio al proprio bambino può essere dunque determinante e funzionale nell’affrontare questo periodo. La tele-riabilitazione ha però anche chiari limiti. Innanzitutto, la famiglia e il clinico devono essere a disposizione del materiale tecnologico e delle competenze necessarie all’utilizzo. Ciò costituisce una barriera d’accesso alla terapia. Inoltre, viene a mancare l’interazione personale tra genitore e terapista che potrebbe favorire la comprensione degli obiettivi e il sentirsi accolti e accompagnati nel percorso terapeutico. Questo punto infatti è di particolare importanza perché un intervento come il PACT si pone spesso come uno dei primi approcci terapeutici successivi alla diagnosi, in un’età precoce. La famiglia inizialmente necessita di un decisivo supporto nella rielaborazione di ogni informazione e accadimento e la relazione in presenza risulta più efficace per favorire questo processo soprattutto vista la ridotta frequenza di incontro richiesta dalla metodologia.

Il periodo che stiamo vivendo ha segnato un’inevitabile modifica dello stile di vita di ognuno di noi e, anche quando la pandemia sarà terminata, il massiccio utilizzo e l’implementazione delle nuove tecnologie avvenuti renderà questi strumenti parte integrante del bagaglio del terapista. La tele-riabilitazione è quindi una nuova frontiera per l’attività del TNPEE su cui in Italia fino ad ora non è stato investito ma che può aprire diversi orizzonti e possibilità.

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Diffusione nel mondo

Dal 2010, anno di pubblicazione del primo RCT sul PACT, ad oggi hanno preso vita numerose iniziative di implementazione e diffusione di tale metodologia in tutto il mondo. Attualmente, i professionisti con una formazione completa che possono esercitare questo approccio nel trattamento del Disturbo dello Spettro Autistico sono 460 collocati in vari paesi. La maggior concentrazione si trova in varie metropoli dell’Inghilterra, nazione d’origine dell’intervento PACT, come Stockport e alcuni borghi londinesi. Si è tuttavia notevolmente espanso anche nel resto d’Europa vantando clinici formati anche in Galles, Scozia, Francia, Italia, Bulgaria, Spagna, Germania e Svizzera. Il modello PACT, inserito nelle linee guida del trattamento del ASD del Regno Unito e dei Paesi Bassi, ha sfondato i confini europei raggiungendo anche gli altri continenti in nazione come Cina, Turchia, Australia, Stati Uniti, Canada, Argentina ecc..

Figura 12 Diffusione mondiale della metodologia PACT - Autism Symposium 26 giugno 2020

Figura 12 Diffusione mondiale della metodologia PACT - Autism Symposium 26 giugno 2020

La logica del progetto di implementazione “ImPACT” si fonda sulla prospettiva di creare centri di formazione PACT nelle varie nazioni. L’obiettivo è quindi quello di sostenere l’addestramento di professionisti che facciano da trainer ad altri clinici nel proprio paese e poter così aumentare esponenzialmente le possibilità d’accesso all’utilizzo di questa metodologia.

Un interessante progetto di diffusione è stato portato avanti in Asia Minore nello specifico a Rawalpindi in Pakistan e Goa nel sud dell’India. Il programma ha preso il nome di PASS (Parent-mediated intervention for Autism spectrum disorders in South Asia) (61). Si differenzia dalla diffusione del modello PACT in altri paesi in quanto ha previsto l’adattamento culturale e pratico alle necessità del luogo per verificare la potenziale fattibilità di questo intervento in contesti a basso-medio reddito. La maggior parte dei modelli di trattamento, infatti, vengono teorizzati in paesi sviluppati e, perché uno strumento sia effettivamente valido e fruibile a tutti, è necessario testarlo e adattarlo alle realtà più povere e con meno risorse. Le principali modalità e obiettivi sono rimaste le stesse. Le differenze che sono risultate necessarie sono l’estensione del training agli altri membri della famiglia oltre ai genitori in quanto l’educazione dei bambini spesso è compito condiviso, una semplificazione del linguaggio e una maggior strutturazione della guida. Inoltre, l’intervento è stato somministrato da non specialisti sotto la supervisione di responsabili inglesi e si è limitato ai primi sei mesi di trattamento PACT escludendo le sedute successive di mantenimento. È stata però valutata un’adeguata fedeltà alla metodologia dei professionisti in campo. In linea con quanto ottenuto negli studi originali di Manchester, anche il PASS ha avuto evidenti esiti positivi sulla qualità dell’interazione tra genitore e figlio con un aumento del sincronismo genitoriale e dell’iniziativa comunicativa del bambino. Questo studio è stato molto utile perché ha dimostrato che il modello d’intervento PACT ha le potenzialità per essere diffuso ed efficace in una moltitudine di contesti diversi e potrebbe quindi costituire una valida risorsa in tutti i paesi del mondo per affrontare il Disturbo dello Spettro Autistico. Sono necessarie però ulteriori conferme a questa ipotesi ed è quindi fondamentale una continua opera di diffusione e ricerca nelle varie nazioni.

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Implementazione in Italia

Per andare ad analizzare il contesto italiano si è ritenuto notevolmente utile far riferimento ai referenti italiani del modello PACT. Le informazioni presenti in questo paragrafo sono dunque nella maggior parte estrapolate da un’intervista svolta in forma scritta alle cui domande hanno fornito risposta il Dott. Andrea Bonifacio e la Dott. Giovanna Gison. Altri elementi utili sono stati esposti durante l’Autism Symposium tenuto dal consorzio IMPACT il 26 giugno 2020.

Il Dott. Bonifacio svolge attività terapeutiche nel ruolo di psicomotricista e TNPEE, psicologo e psicoterapeuta dal 1980. Tra queste si evidenzia il Parent Training come realtà importante della sua pratica clinica nella quale ha maturato una notevole esperienza. La Dott.ssa Gison presenta anch’essa una formazione accademica e un percorso lavorativo pluriennale sia nell’ambito neuropsicomotorio che in quello psicologico e neuropsicologico. Ha sviluppato una considerevole attenzione al Disturbo dello Spettro Autistico diventando esperta in particolare di approcci terapeutici che prevedano un lavoro congiunto insieme al genitore. Il loro profilo professionale e la loro preparazione li ha portati quindi, insieme al Dott. Scuccimarra, a maturare un interesse nei confronti della metodologia PACT con la finalità di integrare tale approccio nella creazione di un Modello Italiano di trattamento del ASD. In questo campo, infatti, vi era un’intensa attività di ricerca ed implementazione.

Dopo un seminario tenuto nel dicembre 2016 dal prof. Chairman all’ISS (Istituto Superiore di Sanità) avvennero i primi contatti con i professionisti di Manchester, i quali portarono, nel maggio 2017 e ottobre 2018, alla concretizzazione di due corsi di formazione PACT tenuti direttamente dalla Dott.ssa Catherine Aldred alla Fondazione Istituto Antoniano di Napoli. La successiva certificazione di Official Trainer maturata dal Dott. Bonifacio e dalla Dott.ssa Gison ha permesso di attuare un maggior numero di progetti formativi sia aperti ai singoli professionisti sia in collaborazione con enti pubblici. A giugno 2020, i clinici con certificazione di 2° livello e quindi con la possibilità di proporre un intervento PACT, erano 94 (40 TNPEE, 20 psicologi, 19 neuropsichiatri, 11 logopedisti e 4 educatori professionali).

Gli obiettivi di implementazione futura sono quelli di andare ad aumentare non soltanto il numero di clinici formati ma anche il livello di conoscenza tra professionisti della riabilitazione e tutte le figure che entrano in contatto con il bambino (pediatri, insegnanti, genitori ecc…). Attraverso dunque corsi e congressi proseguire nell’opera di diffusione già cominciata di tale approccio.

Per il TNPEE risulta essere una prospettiva utile e formativa e gli fornisce la possibilità di avere uno strumento pratico per la gestione del nucleo familiare:

“È stata una delle nostre maggiori soddisfazioni quella di poter aprire ai TNPEE un intervento EBM (Evidence Based Medicine) di mediazione con i genitori, in linea con la nostra formazione e con le caratteristiche centrali della nostra figura.”

Nonostante la grande opera di implementazione che si sta svolgendo, la diffusione è ancora ridotta se si pensa ad esempio che su 5326 Terapisti della Neuro Psicomotricità dell’Età Evolutiva attualmente operanti sul territorio italiano (56) solo 40 possiedono una formazione PACT. La grande crescita dell’interesse nella comunità clinico- riabilitativa riportata dagli intervistati e confermata anche dai risultati del questionario presente in questa tesi (vedi Cap. II) apre ad orizzonti positivi. Si auspica che la metodologia PACT possa trovare un adeguato spazio e riconoscimento accanto ad approcci maggiormente diffusi aventi una più remota e consolidata storia di ricerca e pubblicazioni.

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