LA RIABILITAZIONE E IL RUOLO DELLA FAMIGLIA NEI DSA - Disturbi Specifici dell’Apprendimento

Criteri generali

Il programma di riabilitazione è composto dal trattamento e dall’abilitazione.

  1. Il Trattamento ha lo scopo di aumentare l’efficienza del processo di lettura/scrittura.
  2. L’abilitazione è l’insieme degli aiuti che permettono l’utilizzazione del livello di funzionamento attuale.

In generale, l’intervento riabilitativo deve essere attuato quanto più precocemente possibile da operatori specializzati durante la frequenza della scuola elementare, ma anche nella scuola media, considerando che in un certo numero di casi la diagnosi viene fatta tardivamente.

Nei casi gravi, il trattamento deve essere di tipo intensivo, facendo ricorso a tutte le risorse disponibili.

Oltre ad un intervento specifico riabilitativo, vanno date precise indicazioni alle insegnanti sulle modalità di valutazione degli apprendimenti scolastici di un bambino con dislessia, discalculia e disgrafia.

  • Per i bambini con ritardo semplice di lettura o per quelli che hanno ricevuto beneficio da un trattamento individualizzato è anche consigliabile associare una terapia di gruppo.
  • Per quanto riguarda la dislessia e la disortografia, il trattamento deve essere mirato soprattutto a ridurre gli errori di lettura, ampliare le capacità lessicali, ridurre gradualmente gli errori specifici nella codifica/decodifica.
  • E’ indispensabile che vengano fatte verifiche periodiche (almeno ogni semestre) degli obiettivi del programma di riabilitazione da parte del medico specialista NPI, e da parte di tutti gli esperti riabilitatori con preparazione specifica (logopedisti, psicologi, psicmotricisti) e che i risultati vengano presentati al bambino, ai genitori e se autorizzati, agli insegnanti.

Oltre ai trattamenti riabilitativi specifici possono essere effettuati una serie di interventi abilitativi comprensiva di diverse procedure:

  • Promozione dei prerequisiti all’apprendimento di lettura,scrittura e calcolo, previa analisi degli aspetti immaturi riguardanti le funzioni neuropsicologiche
  • Stimolazione specifica delle abilità risultate deficitarie.
  • Intervento riabilitativo delle dispercezioni visive nei DSA
  • Intervento sulle abilità generali (linguaggio, percezione, attenzione, memoria, motricità) che appaiono carenti e sottendono difficoltà di apprendimento.
  • Uso di programmi psicolinguistici per sviluppare alcune competenze fonologiche e di simbolizzazione verbale, valutate carenti per l’apprendimento del linguaggio scritto.
  • Interventi di tipo psicomotorio sulle componenti disprassiche, che possono interferire sull’apprendimento di scrittura e calcolo, e migliorare il controllo dei movimenti fini, la coordinazione oculo-motoria, la velocità motoria nella produzione dei grafemi, l’organizzazione spazio-temporale.
  • Rieducazione funzionale, con criteri derivati dalla neuropsicologia cognitiva, delle operazioni mentali carenti, individuate e analizzate. La rieducazione funzionale si basa sull’adozione di strategie alternative che sopperiscano al meccanismo danneggiato oppure il ristabilimento, anche parziale, della funzionalità di tale meccanismo.
  • Approccio metacognitivo (sul controllo strategico), cioè intervento sulle idee e sulle rappresentazioni che il bambino ha in merito all’ apprendimento e ai processi implicati per sviluppare strategie funzionali efficaci a risolvere il compito.
  • Intervento riabilitativo in gruppi composti da soggetti con disturbi di apprendimento simili, con proposta di esercitazioni specifiche.
  • Intervento riabilitativo della dislessia con la musicoterapia
  • Intervento riabilitativo della dislessia con la teatroterapia.
  • Consulenza psicopedagogica a genitori e insegnanti con l’obiettivo di spiegare le possibili basi genetiche e biologiche del disturbo, per evitare che il bambino venga colpevolizzato come oppositivo, pigro, lento; inoltre, con lo scopo di aiutarli a comprendere la connessione fra disturbi di apprendimento e disagio emozionale che può sottendere problemi comportamentali e adattivi.

Nel caso dei DSA, le aree d’intervento comprendono in sintesi:

  • Il potenziamento dei prerequisiti dell’apprendimento scolastico
  • La riabilitazione del processo di lettura strumentale
  • Il potenziamento della comprensione del testo e del metodo di studio
  • La riabilitazione delle componenti ortografiche della scrittura
  • La riabilitazione delle componenti grafo-motorie della scrittura
  • Il potenziamento del calcolo matematico scritto e mentale
  • Il potenziamento del problem solving matematico
  • L’avviamento all’utilizzo di strumenti compensativi, quali la sintesi vocale.

Naturalmente, gli obiettivi sopra riportati saranno affidati a vari tipologie di terapisti in base al settore specifico di competenze.

Essenzialmente si possono distinguere due figure terapeutiche coinvolte nel trattamento riabilitativo nei DSA che, così come per altre condizioni psicopatologiche o di deficit, lavorano in parallelo integrando i rispettivi interventi:

  • Il neuropsicomotricista
  • Il logopedista

Al primo verrà attribuito il compito di sviluppare e potenziare le competenze neuropsicologiche di base oltre ad uno specifico intervento nell’area della motricità fine; al secondo andrà un compito più mirato sulle competenze cognitive.

La neuropsicomotricità

Molti bambini con problematiche relative all’Inibizione e ai Disturbi Minori del Movimento presentano difficoltà di apprendimento. L’intervento psicomotorio, in tali circostanze, deve essere orientato in modo differente, ovverossia finalizzato:

  • all’intervento riabilitativo volto al disturbo precedentemente individuato,
  • alle difficoltà di apprendimento, laddove esse siano ritenute di competenza psicomotoria.

Pertanto nel caso in cui ci si rivolga, ad esempio, ad un soggetto con problematiche relative ai Disturbi Minori del Movimento, affetto anche da dislessia, l’accento dell’intervento psicomotorio sarà posto sui Disturbi Minori del Movimento, e anche sui requisiti psicomotori necessari per la lettura.

Qualora l’intervento psicomotorio venga richiesto invece per i soli disturbi di apprendimento, alcuni autori (Ambrosiani e A-M.Wille, 2005) precisano che è necessario distinguere circa la competenza psicomotoria.

Essi individuano, infatti, alcuni disturbi di apprendimento di stretta competenza psicomotoria quali:

  • i Disturbi di Apprendimento della Scrittura,
  • le disgrafie (non per gli aspetti linguistici).

Per altri disturbi riconoscono una parziale potenzialità di intervento, come ad esempio:

  • Disturbi di Apprendimento del Calcolo (discalculia).

Infine, in altre situazioni, come nei Disturbi di Apprendimento della Lettura (dislessia) escludono la possibilità di intervento psicomotorio.

La Logopedia

Il decreto ministeriale del 14 settembre 1994 n. 742 riconosce il logopedista come “l’operatore sanitario che, in possesso del diploma universitario abilitante, svolge la propria attività nella prevenzione, nella valutazione e nel trattamento riabilitativo delle patologie del linguaggio e della comunicazione in età evolutiva, adulta e geriatrica”. Nell’ambito delle proprie competenze, il logopedista:

  • elabora, anche in équipe multidisciplinare, il bilancio logopedico volto all’individuazione e al superamento del bisogno di salute del paziente;
  • pratica autonomamente attività per la rieducazione funzionale delle disabilità comunicative, utilizzando terapie logopediche di abilitazione e riabilitazione della comunicazione e del linguaggio, verbali e non verbali;
  • propone l’adozione di ausili e strumenti compensativi, ne addestra all’uso e ne verifica l’efficacia;
  • svolge attività di studio, didattica e consulenza professionale nei servizi sanitari e in quelli dove si richiedono le sue competenze professionali;
  • verifica le rispondenze della metodologia riabilitativa attuata agli obiettivi di recupero funzionale nell’ambito logopedico.

Il ruolo del Logopedista DSA (Disturbi Specifici dell’Apprendimento, tra cui dislessia, disgrafia, discalculia e disortografia) rappresenta un cardine nel successo terapeutico e nel raggiungimento di risultati che possano stimarsi soddisfacenti.

Nella pratica clinica il logopedista svolge mansioni differenti a seconda del momento in cui il paziente viene preso in carico.

In alcune occasioni può trovarsi a trattare bambini di 4 anni (o anche meno) che presentano già i segni premonitori del ritardo o disturbo nell’acquisizione del linguaggio (vocabolario lessicale limitato, errori nell’uso della morfosintassi, difficoltà nel richiamo di parole o nella produzione di frasi); in questa condizione il logopedista può fornire consigli efficaci e, più in generale, sensibilizzare i genitori rispetto alle criticità nello sviluppo linguistico del bambino.

Fin dai primi anni di scolarizzazione il compito del logopedista DSA diventa triplice:

  • monitorare e salvaguardare la progressione dell’apprendimento del bambino,
  • orientare e consigliare gli insegnanti, in equipe con gli psicologi, affinché intraprendano percorsi mirati e efficaci con i bambini che si affacciano con fragilità agli apprendimenti scolastici
  • fornire ai genitori un supporto concreto nello svolgimento del loro ruolo.

In definitiva, il trattamento abilitativo o riabilitativo è la risposta al bisogno di salute manifestato dal paziente. Sulla base delle difficoltà o disturbi emersi a conclusione dell’iter valutativo, è possibile formulare un piano d’intervento personalizzato e modellato ad hoc sulle specifiche esigenze di ciascun bambino, avvalendosi di proposte scientificamente riconosciute, di materiali adeguati e accattivanti nonché di software specifici per promuovere l’acquisizione, il recupero o il potenziamento delle abilità.

IL RUOLO DELLA FAMIGLIA

Particolare importanza riveste, nel contesto finora analizzato, il rapporto con le famiglie degli alunni con DSA. Esse, in particolare nel primo periodo di approccio dei figli con la scuola primaria, sono poste di fronte a incertezza recata per lo più da difficoltà inattese, che rischiano di compromettere il sereno svolgimento dell’iter scolastico da parte dei loro figli. Necessitano pertanto di essere opportunamente guidate alla conoscenza del problema non solo in ordine ai possibili sviluppi dell’esperienza scolastica, ma anche informate con professionalità e costanza sulle strategie didattiche che di volta in volta la scuola progetta per un apprendimento quanto più possibile sereno e inclusivo, sulle verifiche e sui risultati attesi e ottenuti, su possibili ricalibrature dei percorsi posti in essere.

Sulla scorta di tali necessità, le istituzioni scolastiche cureranno di predisporre incontri con le famiglie coinvolte a cadenza mensile o bimestrale, a seconda delle opportunità e delle singole situazioni in esame, affinché l’operato dei docenti risulti conosciuto, condiviso e, ove necessario, coordinato con l’azione educativa della famiglia stessa.

Le modalità di approccio nei confronti del bambino e dei genitori nella presa in carico diagnostica e riabilitativa ha una grande valenza terapeutica sui problemi psicologici emotivi

Gli interventi vanno strutturati dagli specialisti allo scopo di operare, nel corso della stessa valutazione, un rinforzo del sé nel bambino e di riparare in parte la ferita narcisistica dei genitori.

Oltre agli aspetti tecnici lo specialista deve dare grande spazio all’accoglimento dei vissuti di sofferenza e di disagio che il disturbo ha creato lungo la storia che li ha condotti fino al servizio. Il peso di questo problematiche aumenta nei casi delle diagnosi più tardive. E’ indispensabile pertanto:

  • Dare elementi di rinforzo ai genitori (conferma dell’intelligenza del bambino,,salute globale, possibilità reali del recupero) per superare le forme di difesa
  • Modificare la loro visione del disturbo, riduzione della frustrazione data da tentativi infruttuosi di apprendimento della letto-scrittura,
  • Sperimentazione del successo attraverso l’uso di strategie più efficaci
  • Investire energie nello studio assistito con le nuove modalità di intervento facilitanti, finalizzate all’apprendimento dei contenuti e dei concettinonostante le difficoltà di automatizzazione delle procedure
  • Investire sul lavoro di recupero intensivo domiciliare.

E’ il caso di ricordare qui l’'importanza di un ambiente consapevole ed inclusivo

Condizioni essenziali ad ogni apprendimento sono sia la rete di relazioni che si costruiscono sia l'organizzazione delle attività, degli spazi e dei materiali.

In presenza di un alunno con DSA l'attenzione deve essere massima su entrambi gli aspetti per evitare di trasformare in sofferenza il percorso scolastico: dare fiducia, valorizzare le abilità proprie di ciascuno, predisporre al meglio spazi e strumenti sono azioni che dovrebbero comunemente far parte del ruolo dell'insegnante, ma in presenza di DSA esse rivestono un ruolo davvero fondamentale. Lo stesso atteggiamento deve essere adottato anche dalla famiglia.

Il tragitto verso l'autonomia, nello svolgimento delle attività scolastiche, deve essere l'obiettivo primario di genitori ed insegnanti. Autonomia che per una alunno con DSA è spesso raggiungibile a costi elevati in termini di vissuto emotivo.

Consapevolezza e collaborazione tra famiglia, scuola e comunità sono i pilastri che consentono di sostenere emotivamente e praticamente il percorso scolastico, ma essenziale è anche il clima che si crea all'interno della classe, con i compagni di scuola. È compito degli insegnanti favorire e promuovere una classe cooperativa ed inclusiva ma è compito anche dei genitori dedicare del tempo alla costruzione di relazioni significative e non giudicanti.

Vi sono alcuni utilissimi strumenti che possono facilitare la riflessione, la comprensione e l'accettazione consapevole delle diversità da parte del gruppo classe e dello stesso portatore di DSA.

Uno di questi è il libro dal titolo "Il mago delle formiche giganti", fiaba illustrata per bambini che racconta le avventure di un gruppo classe assai variopinto e quindi assai "normale". rassegna la vita di persone dislessiche o ritenute tali, mette in evidenza la possibilità di riuscire nella vita nonostante le difficoltà.

La famiglia e la Legge 170

Anche la famiglia viene posta in primo piano dalla Legge 170/2010, come è giusto che sia e semplici direttive possono spronare la scuola e la famiglia al confronto e al dialogo.

La famiglia che si avvede per prima delle difficoltà del proprio figlio o della propria figlia, ne informa la scuola, sollecitandola ad un periodo di osservazione.

Essa è altrimenti, in ogni caso, informata dalla scuola delle persistenti difficoltà del proprio figlio o figlia.

La famiglia:

  • provvede, di propria iniziativa o su segnalazione del pediatra – di libera scelta o della scuola – a far valutare l’alunno o lo studente secondo le modalità previste dall’Art. 3 della Legge 170/2010;
  • consegna alla scuola la diagnosi di cui all’art. 3 della Legge 170/2010;
  • condivide le linee elaborate nella documentazione dei percorsi didattici individualizzati e personalizzati ed è chiamata a formalizzare con la scuola un patto educativo/formativo che preveda l’autorizzazione a tutti i docenti del Consiglio di Classe – nel rispetto della privacy e della riservatezza del caso – ad applicare ogni strumento compensativo e le strategie dispensative ritenute idonee, previste dalla normativa vigente, tenuto conto delle risorse disponibili;
  • sostiene la motivazione e l’impegno dell’alunno o studente nel lavoro scolastico e domestico;
  • verifica regolarmente lo svolgimento dei compiti assegnati;
  • verifica che vengano portati a scuola i materiali richiesti;
  • incoraggia l’acquisizione di un sempre maggiore grado di autonomia nella gestione dei tempi di studio, dell’impegno scolastico e delle relazioni con i docenti;
  • considera non soltanto il significato valutativo, ma anche formativo delle singole discipline.

Tecniche di supporto

Il parent training, anche conosciuto come Parent Management Training (PMT) o in certe accezioni Behavioral Parent Training (BPT), è un intervento psicologico di natura psicoeducativa, rivolto ai genitori che desiderano da un lato migliorare le relazioni con i propri figli affetti da difficoltà funzionali di vario tipo, e dall'altro affrontare efficacemente i problemi educativi.

Le finalità principali dei programmi di parent training sono:

  • ottenere un idoneo coinvolgimento emotivo di fronte al problema del bambino;
  • migliorare la relazione e la comunicazione genitori-figli;
  • insegnare metodi educativi basati sull'osservazione sistematica del comportamento e aumentare la capacità di analisi dei problemi educativi che possono insorgere;
  • aumentare la conoscenza del genitore sullo sviluppo psicologico del figlio e sui principi che lo regolano;
  • migliorare il funzionamento familiare tramite la trasmissione di procedure di sviluppo di abilità di coping e di problem solving.

Esistono diversi programmi di parent training, studiati e applicati in una vastissima gamma di problematiche dell'età evolutiva, non quindi limitati alle disabilità mentali. I training possono essere individuali o di gruppo: quello individuale nello specifico è finalizzato alla risoluzione di particolari situazioni problematiche, e perciò alla formazione dei genitori che devono affrontare comportamenti problematici del proprio figlio. Questo tipo di parent training è soprattutto rivolto a genitori con bambini oppositivi, aggressivi, autistici, iperattivi, euretici e autolesionisti.

La formazione di gruppo dei genitori, invece, consiste in un percorso educativo e ha lo scopo di trasmettere principalmente una cultura di base su cui si fondano le metodologie e le tecniche utilizzate nel corso del programma di intervento.

Il programma di parent training affronta aspetti psico-educativi, tecniche d'intervento, e offre sostegno psicologico con l'intento di creare uno spazio di condivisione emotiva dove è possibile esprimere esperienze, paure e speranze.

Inoltre il parent training, generalmente, è caratterizzato da due momenti:

  • l'attività informativa, che prevede una chiara e oggettiva ridefinizione del problema, cioè una visualizzazione in termini comportamentali dei bisogni, delle capacità e delle risorse sia dei genitori che dei figli;
  • l'attività formativa, che consiste in interventi volti a promuovere, insegnare e migliorare le potenziali abilità dei genitori, nell'analizzare il comportamento del figlio, nel definire le regole, nell'apportare adeguamenti alla relazione genitori-figli, riconsiderando se stessi sia nel ruolo di genitori con le proprie responsabilità e condizionamenti, sia come persone con interessi, desideri e obiettivi personali. Sidney Bijou, uno fra i più qualificati studiosi e promotori dei programmi rivolti ai genitori di bambini problematici, delinea nella procedura di base le seguenti fasi:
  • stabilire mete obiettivamente raggiungibili alla luce delle competenze del bambino;
  • aiutare il bambino a raggiungere gli obiettivi con l'applicazione di procedure derivate dalla scienza del comportamento;
  • monitorare i progressi con precisi metodi di registrazione e modificare le metodologie di insegnamento in base a ciò che viene osservato;
  • modificare le condizioni ambientali e le conseguenze del comportamento per mantenere o generalizzare i cambiamenti ottenuti.

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