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Seconda seduta “Il percorso”

La proposta

Per il secondo incontro con N. e la madre ho pensato di proporre un’attività di tipo prevalentemente motorio che favorisse l’esperienza corporea sia nella motricità di spostamento sia nella motricità fine.

Allo stesso tempo, però, non volevo che venisse a mancare la dimensione cognitivo-simbolica essenziale all’aggancio con la madre.

Per questo, come attività della seconda seduta, ho deciso di proporre un percorso che, in quanto gioco motorio strutturato e con un’organizzazione razionale evidente, mi sembrava un compromesso accettabile tra il bisogno del bambino di muoversi e giocare con il proprio corpo, e l’esigenza della mamma di riconoscere una cornice all’interno della quale poter concepire il gioco e le norme che lo regolano.

La sequenza delle azioni previste nel mio percorso era questa: saltare a piedi uniti in un cerchio, sedersi per terra sopra un telo e farsi trascinare dall’adulto fino ad un panchetto di legno sul quale il bambino doveva salire in piedi per poi tuffarsi sul saccone.

Per rafforzare la cornice e tenere alta la motivazione ho deciso di inserire un altro elemento che rappresentasse l’obiettivo da raggiungere ogni volta che veniva completato il percorso: ho deciso di mettere, come postazione finale, un tavolino con la scatola delle perline che il bambino doveva raggiungere, dopo aver eseguito il salto sul saccone, per costruire una collana alla mamma (aggiungendo una sola perlina ogni volta).

 

Il setting

Quando N. e la madre sono entrati in stanza, il setting era già parzialmente organizzato: avevo predisposto alcuni oggetti (il saccone, il panchetto ed il telo) in modo che, già dal primo sguardo, appena varcata la soglia, mamma e bambino si preparassero ad un’attività completamente diversa da quella della volta precedente. Ho finito di sistemare gli ultimi oggetti in loro presenza, per dare il tempo alla madre di N. di capire cosa stavo facendo e di osservare con calma l’ambiente.

L’allestimento del percorso era pensato appositamente perché fosse indispensabile la partecipazione dell’adulto: ho inserito il trascinamento sul telo proprio perché questa attività avrebbe richiesto la collaborazione di due giocatori (N., che doveva sedersi sul telo e reggersi con le mani, e io o la mamma, che dovevamo afferrare un lembo del telo e tirarlo per trascinare il bambino lungo il tratto stabilito). Le altre consegne (saltare nel cerchio a piedi uniti, salire sul panchetto e tuffarsi sul saccone) potevano essere eseguite autonomamente da N., ma l’adulto era comunque necessario, non tanto come guida fisica, ma soprattutto come figura indispensabile a orientare il bambino nel tempo e nello spazio (ad esempio, dandogli il “via”, richiamandolo al rispetto della sequenza delle azioni, ecc.).

L’obiettivo finale, cioè la costruzione della collana, aveva una valenza sia cognitiva (organizzare interiormente la sequenza delle azioni da compiere: tenere il filo con una mano -  prendere la perlina con l’altra e inserire il filo nel foro quel tanto necessario a farne arrivare l’estremità oltre il foro opposto - tenere la perlina con la mano contraria senza far uscire il filo - tirare il filo per far scorrere la perlina), sia motoria (esercitare la motricità fine delle dita e la coordinazione occhio-mano per riuscire ad eseguire con successo le azioni pensate) sia affettiva (finalizzare i propri sforzi alla realizzazione di un oggetto da regalare alla mamma).

Come spiegherò più approfonditamente quando parlerò dei ruoli, questa attività ha portato una buona risposta da parte del bambino finchè sono stata io a condurre il gioco e ad avere il ruolo “predominante”: N. riusciva, con il mio aiuto, a compiere le azioni nel modo corretto, a rispettare la sequenza e ad utilizzare il tempo in un modo, secondo me, funzionale allo scopo dell’attività. Quando, però, la madre ha iniziato a partecipare al gioco insieme a N., assumendo al mio posto il ruolo di “conduttrice”, il ritmo dell’azione si è molto velocizzato: mi sono accorta che l’attività cominciava a prendere una direzione sbagliata, non funzionale agli obiettivi che mi ero prefissata di raggiungere in questa seduta.

Per questi motivi ho mantenuto il setting iniziale per una durata di circa 15 minuti e poi ho deciso di modificarlo, proponendo un’altra attività pensata sul momento.

Ho chiuso la cornice del gioco annunciando al bambino (ma anche alla madre) che avremmo fatto il percorso un’ultima volta e poi facendo indossare alla signora la collana costruita da N.; dopodichè ho rimesso a posto tutti gli oggetti che avevamo utilizzato.

Ho pensato che, per non provocare una rottura troppo drastica, proponendo un gioco con caratteristiche completamente diverse (come, ad esempio, un gioco simbolico o un’attività grafico-pittorica) che forse non sarebbe stato tollerato né dal bambino (il cui livello attentivo era già molto ridotto rispetto all’inizio) né dalla madre (che non si aspettava questo tipo di cambiamento), sarebbe stato più opportuno rimanere sulla linea con cui avevamo iniziato la seduta, ma con un’attività che avesse un carico organizzativo e prestazionale minore.

Ho deciso di introdurre nel setting psicomotorio la palla doppia (Physio Roll) e di proporre, quindi, a N. e alla mamma un gioco che avesse sempre caratteristiche motorie, ma che fosse meno impegnativo rispetto al percorso.

Sapevo che questo oggetto era molto gradito da N. (lo avevamo già utilizzato in una seduta individuale di neuropsicomotricità) e quindi ero sicura che il livello motivazionale del bambino sarebbe stato elevato; più incerta ero, invece, riguardo alla reazione che avrebbe avuto la madre. Ho pensato che sarebbe stato meglio non coinvolgere immediatamente la signora, ma piuttosto darle il tempo di osservare e di capire come doveva essere utilizzato quell’oggetto nel gioco con N.

Ho iniziato con un’attività prettamente sensomotoria in cui il bambino doveva sedersi sulla palla (che era appoggiata da un lato alla parete per avere maggiore stabilità) e saltellarci sopra, dondolarsi e oscillare avanti e indietro stando attento a non perdere l’equilibrio.

 

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Per riadattare il setting, decido di introdurre un gioco sensomotorio: la madre osserva me e il bambino mentre giochiamo con la palla doppia.

Ho continuato con questa attività per qualche minuto e, quando mi sembrava che si fosse ricostruita un’atmosfera ludica piacevole e distesa e che la madre di N. si fosse “adattata” all’uso del nuovo oggetto, ho deciso di modificare la proposta per integrare l’aspetto corporeo motorio-percettivo con l’aspetto affettivo-relazionale. Il gioco consisteva nell’alternanza di momenti di allontanamento e avvicinamento alla madre, realizzata attraverso lo scivolamento del bambino da una parte all’altra della palla.

Io e la madre ci siamo posizionate una di fronte all’altra, sedute per terra, con la palla nel mezzo: N. doveva distendersi prono sulla palla e farsi dondolare dando le mani all’adulto, oppure scivolare completamente dalla parte opposta facendosi prendere in braccio.

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L’interazione fra N. e la madre risulta molto facilitata dalla nuova proposta ludica.

Questa attività, secondo me, aveva una grande valenza simbolica: riproduceva, in termini ludici l’esperienza di separazione/riavvicinamento del bambino alla mamma che è alla base del legame di attaccamento. Inoltre, riuscire ad accettare una situazione di “pericolo”, rappresentata simbolicamente dal disequilibrio e dalla sensazione di instabilità, significava aver raggiunto la consapevolezza di potersi affidare completamente alla madre che, in quanto base sicura di attaccamento, sarebbe stata sempre pronta a prendere il figlio tra le braccia, ad accoglierlo con gioia, senza mai lasciarlo cadere. Abbiamo continuato questo tipo di gioco per circa 10 minuti, facendo anche qualche piccola variazione (ad esempio, fare i passaggi con la palla facendola rotolare per terra, far nascondere la mamma dietro la palla e poi farla “riapparire”, ecc.), poi la seduta si è conclusa.

 

I ruoli

In questa seduta io ho avuto un ruolo quasi sempre predominante e non mi è stato possibile, come invece lo era stato la volta precedente, ridurre più di tanto il mio intervento nella conduzione del gioco.

Durante l’attività del percorso, la madre rimaneva seduta in disparte, guardando senza interagire, e, anche quando ho detto a N. di infilare la prima perlina per fare la collana alla mamma, lei è rimasta comunque piuttosto distaccata (non ha reagito con molto entusiasmo, come ci saremmo potuti aspettare).

Dopo aver eseguito il percorso con N. un paio di volte, ho provato a coinvolgere la signora chiedendole di tirare il telo con il bambino seduto sopra; da quel momento la madre ha iniziato ad avere un ruolo molto attivo nel gioco: dava il “via” alla partenza, correggeva N. quando sbagliava, gli dava la mano per aiutarlo a saire sul panchetto, si avvicinava con lui al tavolo per scegliere la perlina da mettere nella collana.

Nonostante questo, però, mi sono accorta che il mio intervento continuava ad essere necessario; spesso, infatti, la madre utilizzava strategie poco adeguate che facevano perdere a N. l’interesse per l’azione che doveva compiere e che non lo aiutavano a raggiungere il risultato voluto: ad esempio, per dare il “via” contava troppo rapidamente e senza scandire l’ “1…2…3…” con la giusta enfasi, e quindi non riusciva a creare quel tempo di attesa che precede l’azione e che costituisce, per il bambino, un riferimento temporale inequivocabile; di conseguenza, spesso N. restava fermo alla partenza oppure partiva prima del “via”.

Un altro errore era quello di correggere il bambino spiegandogli solo verbalmente ciò che doveva fare, ma senza mostrargli l’azione con i gesti: se, ad esempio, N. sbagliava a fare il salto nel cerchio e ci entrava con un piede solo, la mamma lo faceva tornare alla partenza e gli diceva di ripetere il salto a piedi uniti, ma non gli faceva vedere lei stessa come avrebbe dovuto saltare; spesso il bambino, avendo difficoltà a comprendere il linguaggio verbale, ripeteva il salto nel modo sbagliato e questo determinava l’instaurarsi di un circolo vizioso e frustrante sia per lui, che non riusciva a compiere l’azione richiesta, sia per la madre, che non riusciva a farsi capire dal figlio.

Era importante, quindi, che io continuassi a far valere il mio ruolo di mediatore, rinforzando il messaggio della madre con l’esempio pratico (mostrando al bambino come doveva saltare) e sostendendo l’azione di N. con la guida fisica (prendendolo per mano e saltando con lui).

 

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La madre conduce il gioco mentre io offro una facilitazione al bambino che, da solo, non riusciva ad eseguire il gesto motorio correttamente.

Durante l’attività con la palla doppia questa dinamica si è un po’ smorzata: la madre ed io avevamo ruoli abbastanza equilibrati. Nella prima parte dell’attività io avevo la funzione principalmente propositiva, mentre la signora si limitava a “stare al gioco”; ho prolungato volontariamente l’attività oltre il tempo tollerato da N. per invitare in modo implicito la madre del bambino a fare una nuova proposta di gioco: infatti, non appena si è accorta che N. stava perdendo l’attenzione e iniziava a manifestare segni di stanchezza (faceva confusione, si buttava sulla palla senza controllo e rischiando di farsi male, ecc.), ha saputo variare il gioco, facendo rotolare la palla verso il bambino per poi farsela ritirare, nascondersi dietro la palla per farsi cercare, ecc.

Questo momento, con il quale si è conclusa la seduta, mi è sembrato molto positivo: madre e bambino stavano condividendo uno spazio ludico di cui loro erano i protagonisti e all’interno del quale l’interazione era valida e funzionale al divertimento di entrambi.

 

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Al termine della seduta, l’interazione ludica fra N. e la madre appare molto più forte rispetto all’inizio: la signora riesce a guidare completamente il gioco, proponendo anche delle variazioni, mentre io ho solo una funzione di “contenimento” per il bambino.

 

La risposta di N.

Il bambino ha partecipato con piacere a tutti i giochi proposti, manifestando qualche difficoltà nel rispettare la sequenza obbligata del percorso. Con il mio aiuto riusciva comunque a mantenere abbastanza bene l’attenzione sul compito e ad eseguire correttamente il percorso dall’inizio alla fine.

Spesso si soffermava troppo a lungo sul saccone: invece che rialzarsi, subito dopo aver effettuato il salto, per andare verso la scatola delle perline, restava a rotolarsi dentro il cuscino ed era necessario richiamarlo ogni volta per ricordargli di terminare il percorso.

Quando la mamma ha preso il mio posto di “conduttrice”, N. si è mostrato disponibile nei suoi confronti e ha accettato di continuare l’attività con lei, sebbene gli “errori strategici” della signora abbiano poi determinato una maggiore difficoltà per il piccolo nell’esecuzione dei compiti.

Quando ho introdotto nel setting la palla doppia, N. ha manifestato subito sorpresa ed entusiasmo: ci è salito sopra con movimenti rapidi e poco controllati, che io ho cercato di contenere per impedire che mettesse in atto comportamenti caotici e disorganizzati, preso dalla foga del nuovo gioco.

La tendenza verso una motricità “eccessiva” e confusionaria si è mantenuta, comunque, fino alla fine della seduta.

 

Considerazioni conclusive sulla seduta

Nel complesso devo ammettere di aver riscontrato una maggiore difficoltà nella conduzione di questa seduta rispetto a quella precedente.

Infatti, nonostante abbia potuto ottenere, forse con meno sforzo, la partecipazione attiva della madre, devo riconoscere che è stato molto più impegnativo riuscire ad orientare tale partecipazione verso una direzione di funzionalità e costruttività nei confronti del bambino.

La proposta del percorso si è rivelata poco adeguata ai fini che intendevo raggiungere, in quanto, più che incentivare l’avvicinamento emotivo di mamma e bambino all’interno di un contesto ludico coinvolgente, ha preso il sopravvento la dimensione motoria; l’azione della madre ha finito col privilegiare la richiesta di una prestazione , concentrandosi sulla ricerca delle competenze motorie del bambino, mentre il gioco come divertimento e piacere di stare insieme è passato in secondo piano. Solo l’ultima parte del percorso, cioè la costruzione della collana, mi è sembrato che si prestasse più facilmente ai miei propositi: la mamma diceva a N. di che colore voleva la perlina, lo aiutava a sceglierla e ad infilarla, realizzando un’interazione più significativa per entrambi.

 

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La costruzione della collana è l’unico momento, durante l’esecuzione del percorso, in cui la relazione ludica riesce a prevalere rispetto alla prestazione motoria.

Aver interrotto l’attività prima della fine della seduta ed aver modificato il setting mi è sembrata, comunque, una strategia vincente. Sono riuscita, in questo modo, a recuperare la motivazione di N. (che si stava stancando) e ad aiutare la mamma a rilassarsi e a scaricare la tensione che aveva accumulato mentre cercava di far eseguire il percorso al figlio.

Nei primi minuti di gioco con la palla, ho notato che la signora rimaneva rigida e non riusciva facilemente ad entrare nel gioco (ad esempio, quando io dicevo a N.:”Pronto??! Si va dalla mamma!” e lo spingevo sulla palla verso la signora, io mi aspettavo che lei lo prendesse in braccio come avevo fatto io, mentre, molte volte, la madre sembrava impacciata, teneva le mani di N. facendolo dondolare sulla palla, ma senza tirarlo a sé).

Dopo un po’ di tempo, comunque, ho notato che ha cominciato a sciogliersi, ad acqisire confidenza con il tipo di oggetto e di attività, tanto che, come ho già detto, da ultimo è stata lei a prendere l’iniziativa nel gioco con il bambino.

 

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Indice

INTRODUZIONE
Presentazione del Centro
 
  1. Genitorialità, famiglia e disabilità
    1. La famiglia nei confronti della disabilità 
    2. L'intervento centrato sulla famiglia
      1. Oltre la patologia: un nuovo approccio alle famiglie con figli disabili
      2. Le famiglie, protagoniste dell’intervento
  2. Il caso di N. 
    1. Anamnesi e informazioni cliniche
      1. Il ricovero alla Fondazione "Stella Maris" 
    2. Osservazione e valutazione
      1. Applicazione della scheda Berti-Comunello
        1. Competenze del bambino 
        2. Caratteristiche del bambino
    3. Relazione madre-bambino
      1. Osservazione non strutturata durante il soggiorno estivo a Marina di Massa 
      2. Prima seduta di osservazione in stanza di terapia
    4. Valutazione testistica
      1. Lo strumento  
      2. Struttura del test
      3. Risultati ottenuti alla valutazione della madre di N. e interpretazione dei punteggi
      4. Allegati:
        1. Modulo per le risposte
        2. Foglio di scoring
        3. Foglio di profilo
  3. Il progetto riabilitativo
    1. Intervento neuropsicomotorio individuale
      1. Strategie di intervento e descrizione del percorso riabilitativo
    2. Intervento parallelo sulla coppia madre-bambino
      1. Ipotesi di intervento: il gioco come strumento terapeutico
    3. Descrizione dell’intervento
      1. Prima seduta “ Il corpo”
      2. Seconda seduta “Il percorso”
      3. Terza seduta “Il mare”
      4. Quarta seduta “La cucina”
 
CONCLUSIONI
COMMENTO AL VIDEO
BIBLIOGRAFIA
Ringraziamenti
 
Tesi di Laurea di: Rachele SFORZI

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