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Le Funzioni Esecutive in Età Evolutiva

Le Funzioni Esecutive in Età Evolutiva

Che Cosa Intendiamo per Funzioni Esecutive?

Sono state fornite diverse definizioni rispetto questo complesso sistema cognitivo:

  • Una serie di abilità che permettono alle persone di creare obiettivi, conservarli in memoria, controllare le azioni, prevedere gli ostacoli al raggiungimento degli obiettivi.” [Stuss, 1992]
  • Capacità che consentono alla persona la messa in atto con successo di comportamentiindipendenti, intenzionali e utili.” [Lezak, 1993]
  • Sono indispensabili per un’attività intenzionale e finalizzata al raggiungimento di obiettivi.” [Anderson, 1998]
  • Sono funzioni cognitive di ordine superiore che rendono capaci di formulare obiettivi e piani, ricordare questi piani nel corso del tempo, scegliere ed iniziare azioni che ci permettano di raggiungere quegli obiettivi, monitorare il comportamento e aggiustarlo in modo da pervenire a quegli obiettivi.” [Aron, 2008]

Appare dunque evidente come Le Funzioni Esecutive non sono facili da definire, poiché tale termine non si riferisce ad una singola entità bensì ad un insieme di diversi sottoprocessi necessari per svolgere un determinato compito.

Esse sono funzioni corticali superiori deputate al controllo e alla pianificazione del comportamento, sono processi che permettono alla persona di pianificare e attuare progetti finalizzati al raggiungimento di un obiettivo e sono necessarie in quanto garantiscono il monitoraggio e la modifica del proprio comportamento in caso di necessità o lo adeguano a nuove situazioni contestuali.

Esse sono costituite da sei passi:

  1. Analizzare il compito
  2. Pianificare come raggiungere il compito
  3. Organizzare i passi di cui si ha bisogno per portare avanti il compito
  4. Sviluppare una linea di tempo per completare il compito
  5. Aggiustare o cambiare i passi, se necessario, per completare il compito
  6. Completare il compito in modo tempestivo

Sono quindi Funzioni Esecutive:

  • INIBIZIONE: capacità nel focalizzare l’attenzione sui dati rilevanti ignorando i distrattori ed inibendo le risposte motorie ed emotive non adeguate o impulsive rispetto agli stimoli.
  • FLESSIBILITA’: capacità di passare da un set di stimoli ad un altro in base alle informazioni provenienti dal contesto.
  • PIANIFICAZIONE: capacità di formulare un piano generale ed organizzare le azioni in una sequenza gerarchica delle mete.
  • MEMORIA DI LAVORO: capacità di attivare e mantenere attivo a livello mentale il piano e l’area di lavoro, di avere un set di riferimento mentale sul quale operare mentalmente.
  • ATTENZIONE: attenzione selettiva, capacità attentiva su più stimoli contemporaneamente e attenzione prolungata sul compito per un sufficiente periodo di tempo.
  • FLUENZA: capacità di pensiero divergente e abilità di generare soluzioni nuove e diverse rispetto ad un problema.

Sebbene quelle maggiormente indagate per avere informazioni in merito al funzionamento cognitivo siano la memoria di lavoro, la flessibilità cognitiva e l’inibizione, il dominio esecutivo non si esaurisce con i soli processi cognitivi sopra elencati ma chiama in causa anche meccanismi che hanno parte nella regolazione di emozioni, comportamento e motivazione.

È stata infatti formulata negli ultimi anni una distinzione dicotomica tra Funzioni Esecutive “Hot” e Funzioni Esecutive “Cool” [Zelazo, 2004].

Le Funzioni Esecutive “Cool” rappresentano quelle funzioni basate su un’elaborazione complessa, cognitiva, controllata e più lenta, che vengono attivate quando il soggetto si trova alle prese con problemi astratti e decontestualizzati.

Le Funzioni Esecutive “Hot” sono invece legate ad un’elaborazione automatica ed emozionale degli stimoli, ovvero una programmazione semplice e rapida che interviene nelle situazioni di stress; tali funzioni sono richieste in situazioni significative e coinvolte nella regolazione dell’emotività e della motivazione.

Le Funzioni Esecutive “Hot” e Le Funzioni Esecutive “Cool” lavorano in maniera sincrona con il fine di garantire un funzionamento ideale, ma studi neuropsicologici suggeriscono una doppia dissociazione tra le due tipologie di funzioni, documentando lesioni a carico delle Hot Funzioni Esecutive in assenza di problemi a carico delle Cool Funzioni Esecutive e viceversa.

Le Funzioni Esecutive sono indispensabili in tutte le attività di vita quotidiana che richiedono problem- solving, dalla pianificazione della propria giornata a una semplice azione come può essere il preparare la cartella.

In aggiunta sono necessarie anche per controllare i comportamenti abitudinari, adattandoli sulla base del contesto in cui si agisce (Benso), ma sono soprattutto indispensabili nella gestione di situazioni nuove e non familiari.

In sintesi l’importanza delle Funzioni Esecutive rappresenta: processi cognitivi e motivazionali necessari al raggiungimento dei nostri obiettivi quotidiani, ordinari o straordinari.

 

La Fisiologia delle Funzioni Esecutive

Tradizionalmente Le Funzioni Esecutive sono sempre state fatte risalire ai lobi prefrontali, tant’è che il termine Funzioni Esecutive e “Funzione del Lobo Frontale” sono spesso utilizzati come sinonimi.

Studi successivi hanno poi dimostrato come inoltre anche connessioni corticali e sottocorticali abbiano un ruolo essenziale nell’organizzazione delle Funzioni Esecutive stesse.

Mentre aree filogeneticamente più antiche si sviluppano precocemente, le regioni corticali più recenti, come quelle coinvolte nelle Funzioni Esecutive, hanno uno sviluppo tardivo.

Se la sostanza bianca si sviluppa linearmente dalla fanciullezza all’adolescenza senza variare fra le diverse aree cerebrali, la sostanza grigia segue una curva ad U rovesciata durante lo sviluppo e il suo picco è strettamente dipendente da età e regione.

Per quel che riguarda le aree coinvolte nelle Funzioni Esecutive, nell’attenzione e nella coordinazione motoria, esse hanno un’evoluzione più tardiva.

La corteccia prefrontale assume un ruolo centrale nei processi cognitivi alla base delle Funzioni Esecutive: studi dimostrano come nei bambini piccoli sia presente una difficoltà a modificare le proprie risposte sulla base di feedback provenienti dall’esterno e in merito a criteri che cambiano nel tempo, facendo emergere un comportamento simile a quello dei pazienti con lesioni prefrontali (Barcelo e Knight, 2002). A 11 anni i bambini divengono poi in grado di modificare contestualmente la loro scelta mentre continua ad emergere, fino all’adolescenza, la capacità di monitorare la correttezza della risposta.

Infatti è all’incirca durante la pubertà che la parte frontale della corteccia del cervello matura, permettendo all’individuo di eseguire compiti di più alto livello come quelli richiesti nelle Funzioni Esecutive: tale evoluzione è correlata a profonde modificazioni cerebrali sia di tipo neuro- anatomico che neuro-funzionale.

Nell’uomo e nei primati, i lobi frontali partecipano a tutti gli aspetti del comportamento adattivo: organizzazione ed esecuzione di movimenti, ragionamento, comunicazione, regolazione del comportamento emotivo.

La corteccia prefrontale in particolare è coinvolta nella formulazione e nell’esecuzione di schemi di azione e nel controllo dei processi cognitivi superiori, pertanto sono state individuate specifiche regioni di essa capaci di modulare i singoli aspetti dell’attenzione e delle Funzioni Esecutive.

Inoltre Le Funzioni Esecutive sono suddivise in vari processi maggiormente specifici che possono essere danneggiati singolarmente, andando così a manifestare la necessità di analizzare i diversi processi frontali in modo sistematico.

La corteccia prefrontale dorso-laterale è coinvolta nella Memoria di Lavoro, mentre la parte ventro-mediale è connessa al comportamento sociale ed emotivo. La corteccia cingolata anteriore è importante per l’analisi degli errori effettuati dopo l’attuazione di un determinato comportamento, mentre il giro frontale superiore sembra essere maggiormente utilizzato nella selezione e nella flessibilità di un compito da eseguire.

Ciò ha portato a proporre associazioni tra specifiche aree prefrontali e deficit esecutivi:

  • Lesioni prefrontali dorso-laterali: sono causa di una gamma eterogenea di manifestazioni come le difficoltà attentive e quindi facile distraibilità, tendenza a focalizzare l’attenzione su stimoli poco rilevanti rispetto al contesto, difficoltà nelle capacità di giudizio e di critica, della flessibilità cognitiva e dell’organizzazione, con presenza di rigidità comportamentale e risposte ripetitive, comportamento disorganizzato, caotico, afinalistico e difficoltà nell’affrontare situazioni nuove e complesse. Si riportano problematiche anche a livello di Memoria di Lavoro, di generalizzazione degli apprendimenti e dell’iniziativa mostrando un interesse limitato per ciò che li circonda, mancando di spontaneità nell’eloquio e nell’agito.
  • Lesioni prefrontali orbito-frontali: le ripercussioni principali le si hanno sul fronte dei processi decisionali e su quelli di risoluzione dei problemi da un lato e sulla regolazione dei comportamenti socialmente adattivi dall’altro. Queste persone non sono in grado di utilizzare in modo appropriato le informazioni contestuali e quelle provenienti dall’organismo; non prestano attenzione alle norme sociali, prendono decisioni considerando solo loro stessi ed esprimono le proprie emozioni in modo inappropriato. La persona è iperattiva, impulsiva, rumorosa, litigiosa, non controlla la fame ed è disinibita nel comportamento sessuale.
  • Lesioni a carico del cingolo anteriore e della corteccia prefrontale mediale: si riportano difficoltà nell’iniziativa e nella motivazione, mutismo con marcata apatia, difficoltà ad inibire risposte apprese in precedenza e nella capacità di controllare l’effetto di interferenza di stimoli distraenti.

Di recente si è iniziato a pensare anche ad una correlazione possibile tra geni e Funzioni Esecutive e sono stati descritti diversi polimorfismi dei geni stessi in correlazione con la dopamina, che pare avere un ruolo importante nei diversi sottoprocessi frontali.

Infatti i deficit delle Funzioni Esecutive, come già detto, sono connessi non solo a lesioni e/o alterazioni anatomiche della corteccia frontale ma anche ad alterazione funzionale dei processi sottocorticali, come ad esempio a livello dei gangli della base implicati nella neurotrasmissione dopaminergica, o alla rottura delle connettività sottocorticali stesse.

Sia la PET che la RMf sono state utilizzate per dimostrare che, a seguito di un danno a livello corticale, esiste una riorganizzazione funzionale, ovvero le regioni contro laterali e vicine sono reclutate per sostituire la funzione persa nella corteccia danneggiata.

 

Lo Sviluppo delle Funzioni Esecutive

Lo sviluppo delle Funzioni Esecutive copre l’infanzia e potenzialmente l’intero arco di vita ed è connesso ai cambiamenti delle strutture corticali e sottocorticali che fungono da substrato neurale di tali abilità.

Il dominio esecutivo si organizza in maniera differente nelle diverse fasce di età: le prime abilità che compaiono sono quelle fondamentali e basilari, come il controllo attentivo e la memoria di lavoro, ed in seguito emergono quelle abilità più complesse.

I primi elementi delle Funzioni Esecutive emergono già ad un anno di vita in ambienti naturali e in situazioni altamente quotidiane. Tra i quattro e i cinque anni è possibile osservare i primi segni del controllo attentivo ed un incremento nelle abilità di inibizione, flessibilità cognitiva, decision-making. A seguire, durante il periodo scolare, alcune abilità raggiungono la maturità come la flessibilità cognitiva, mentre altre si perfezionano e si potenziano in maniera progressiva.

Per quanto riguarda lo sviluppo delle Funzioni Esecutive sostanzialmente accade che, nei primi sei anni di vita, esse vengono svolte in modo esterno: è frequente vedere i bambini che parlano tra sé ad alta voce e ciò permette loro di sviluppare in maniera graduata la memoria di lavoro e di trasformare tale memoria da verbale in non verbale. In genere dopo i sei anni, nel periodo della prima scolarizzazione, i bambini imparano ad interiorizzare le Funzioni Esecutive, operando in maniera silenziosa e tenendo per sé i propri pensieri, in modo tale da poter riflettere su loro stessi, seguire regole ed istruzioni, auto interrogarsi e costruire dei sistemi mentali che consentono loro di comprendere le regole per poterle utilizzare. In seguito imparano a porsi degli obiettivi, a regolare i propri processi attentivi e le proprie motivazioni, a controllare le reazioni immediate ad un evento distraente e a tenere per sé le proprie emozioni. Mano a mano i bambini diventano quindi in grado di scomporre i comportamenti osservati nelle loro singole componenti e di ricomporle in nuove azioni che non fanno parte del bagaglio delle proprie esperienze. Tutto questo permette, nella crescita, di tenere sotto controllo il proprio agire per tempi sempre più lunghi e di pianificare i propri comportamenti in vista di uno scopo.

La memoria di lavoro, l’interiorizzazione del discorso auto diretto, l’autoregolazione e la ricomposizione, garantiscono la destrezza, la creatività e la flessibilità cognitiva, indispensabili per determinare un obiettivo senza avere il bisogno di memorizzare ogni volta le fasi per raggiungerlo.

L’adolescenza è uno dei momenti cruciali per lo sviluppo delle Funzioni Esecutive poiché è in tale fase che aumenta l’intensità dei cambiamenti a carico di esse: l’inibizione raggiunge livelli adulti, progressi significativi si hanno anche a carico della pianificazione, della memoria di lavoro e del decision-making emotivo.

La maturazione completa delle Funzioni Esecutive richiede all’incirca venti anni ed è infatti tra i 20 e i 29 anni che si registra il massimo livello di performance in tutti i domini esecutivi, mentre a partire dai 65 anni si manifesta una progressiva involuzione e proprio Le Funzioni Esecutive rappresentano le funzioni cognitive che decadono prima.

Da un punto di vista neurofisiologico, lo sviluppo delle Funzioni Esecutive sia nell’infanzia che nell’adolescenza è correlato con l’aumento del volume della sostanza bianca: esso soprattutto a livello dei lobi prefrontali, suggerisce un incremento delle connessioni, e quindi della comunicazione, fra differenti aree sottocorticali e corticali.

Le Funzioni Esecutive nel Periodo Neonatale

I passi avanti nell’ambito metodologico ed in particolare l’ideazione di prove sperimentali con richieste motorie, linguistiche, mnesiche, compatibili con il livello di competenza del bambino nella primissima infanzia, hanno permesso di osservare come lo sviluppo delle Funzioni Esecutive abbia inizio più precocemente rispetto a quanto è stato ipotizzato in precedenza, ciò vale sia per Le Funzioni Esecutive Cool che quelle Hot.

Per quanto riguarda Le Funzioni Esecutive Cool si è visto come già a dodici settimane il bambino sia in grado di conservare il ricordo della struttura dell’obiettivo di un evento di cui è stato protagonista per riutilizzarlo in situazioni analoghe; dai 7/8 mesi iniziano a manifestarsi i primi segni di memoria di lavoro e del controllo inibitorio.

Per quanto riguarda Le Funzioni Esecutive Hot, alcune osservazioni sembrano suggerire delle difficoltà nel controllo di questo dominio esecutivo nei primi due anni di vita, sebbene i processi di sviluppo corticale sembrino interessare queste regioni prima di quelle coinvolte nelLe Funzioni Esecutive Cool: il bambino avrebbe infatti difficoltà nel regolare le emozioni, nel posticipare le ricompense/gratificazioni e presenterebbe una modalità di rapportarsi al mondo centrata su di sé.

Le Funzioni Esecutive nel Periodo Prescolare

Sostanzialmente tra i 3 e i 5 anni il bambino riesce in compiti che richiedono di mantenere un’informazione nella mente e contemporaneamente la capacità di inibizione.

Tra i 3 e i 4 anni si sviluppa la capacità di generare concetti; tra i 4 e i 5 anni matura il controllo attentivo e si ha un miglioramento nella flessibilità cognitiva e nella capacità di formulare strategie; a 5 anni si ha un incremento nella memoria di lavoro e quindi nella capacità di conservare temporaneamente e di manipolare informazioni on-line. Per quanto Le Funzioni Esecutive Hot si assiste ad un miglioramento nella capacità di prendere delle decisioni in situazioni in cui entrano in gioco punizioni e gratificazioni.

Le Funzioni Esecutive nel Periodo Scolare

Con la preadolescenza alcune abilità esecutive raggiungono la maturità.

Tra i 7 e gli 8 anni e tra i 9 e i 12 anni si assiste ad un incremento nella sensibilità ai feedback nel problem-solving, nella formulazione dei concetti e nel controllo dell’impulsività.

A 7 anni si riportano notevoli progressi nella velocità di esecuzione, nell’abilità di uso delle strategie, nella capacità di mantenere le informazioni nella mente e di lavorare con esse. Tra gli 8 e i 10 anni si raggiungono livelli adulti nella flessibilità cognitiva e a 10 anni si manifesta la capacità di mantenere il set, la verifica delle ipotesi e del controllo degli impulsi; si ha un miglioramento nel controllo inibitorio, nella vigilanza e nell’attenzione sostenuta tra gli 8 e gli 11 anni, periodo in cui inoltre si assiste ad un miglioramento nelle prove di performance che coniugano competenze inibitorie e memoria di lavoro, quest’ultima subisce ulteriori miglioramenti in termini di efficienza tra i 9 e i 12 anni. Si rileva in tale periodo un miglioramento nella capacità di comprendere emozioni, intenzioni, credenze e desideri.

Le Funzioni Esecutive in Adolescenza

Tra i 13 e 15 anni si assiste ad un incremento delle strategie di memoria, nell’efficienza di essa, nella pianificazione del tempo, nel problem-solving e nella ricerca di ipotesi. A 12 anni maturano inoltre la fluenza verbale e la capacità di pianificare sequenze motorie complesse.

I cambiamenti di questo periodo, sia sul versante cognitivo che esecutivo, permettono alla persona di far fronte alle nuove e crescenti richieste che l’ambiente fisico e sociale gli pongono, sperimentando un senso di indipendenza, responsabilità, e consapevolezza sociale.

A 15 anni si verifica un miglioramento per quel che riguarda il controllo attenzionale e la velocità di processamento oltre che la maturazione nel controllo inibitorio. Tra i 16 e i 19 anni si manifesta un progresso nella memoria di lavoro, nel problem-solving e nella pianificazione strategica.

Da un punto di vista di Funzioni Esecutive Hot migliora la capacità di prendere decisioni in presenza di ricompense e perdite.

Le Funzioni Esecutive in Età Adulta e nell’Anziano

Tra i 20 e i 29 anni, la memoria di lavoro, la pianificazione, il problem-solving e la capacità di mettere in atto comportamenti finalizzati, raggiungono livelli superiori di funzionamento. Per quanto riguarda Le Funzioni Esecutive Hot si raggiunge il conseguimento di livelli maturi di decision- making e di Teoria della Mente.

Con l’invecchiamento si assiste ad un graduale deterioramento in alcuni ambiti cognitivi tra cui le Funzioni Esecutive, sebbene alcuni cambiamenti non siano però evidenti prima degli 80 anni anche se il processo degenerativo cerebrale ha inizio nella terza decade di vita. Tra i 30 e 49 anni si assiste ad una diminuzione delle competenze di immagazzinamento e di sequenziazione temporale delle informazioni; tra i 53 e i 64 anni peggiorano le capacità di formulare concetti, di organizzazione, di pianificazione e di shifting attenzionale. A partire dai 64 anni si riportano difficoltà mnesiche.

 

Modelli Neuropsicologici delle Funzioni Esecutive

Il termine “Funzioni Esecutive” viene utilizzato come “umbrella term” dal momento che indica molteplici domini cognitivi interrelati tra loro.

Nell’ultimo periodo si sono intensificati gli studi atti a descrivere lo sviluppo normativo delle Funzioni Esecutive nella speranza di delineare i cambiamenti nell’infanzia, nell’adolescenza e anche negli anziani.

Un nodo critico che ancora oggi non riesce a trovare una soluzione riguarda il modello che potrebbe semplificare il dominio delle Funzioni Esecutive.

In letteratura esistono diversi modelli che tentano di fornire tale spiegazione e che si diversificano per la prospettiva adottata, la popolazione di riferimento, per la tipologia di dati e fonti su cui si basano.

Negli ultimi decenni si sono formulati modelli che si basano su un concetto unitario di Funzioni Esecutive, oppure modelli che ne propongono un frazionamento in diversi domini distinti o anche modelli processuali che vedono Le Funzioni Esecutive come uno step di un unico ed articolato processo. Attualmente si conoscono più di trenta definizioni operative delle Funzioni Esecutive a seconda del rilievo dato ai sottoprocessi che le compongono.

Tra i modelli che descrivono Le Funzioni Esecutive come un costrutto unitario abbiamo il modello del “Sistema Attenzionale Supervisore (SAS)” , elaborato da Norman e Shallice.

Esso è un modello gerarchico secondo cui il funzionamento di processi automatici (livello 1) è regolato da schemi (livello 2); tali processi possono essere attivati anche in maniera simultanea in tutte le situazioni che comportano una pianificazione o la presa di decisioni, l’intraprendere un’azione nuova, correggere gli errori, frenare risposte apprese ma inadeguate, affrontare una situazione complessa. Tali meccanismi di regolazione semiautomatici sono disciplinati da un sistema di controllo volontario e consapevole detto SAS, che opera ad un livello superiore (livello 3) senza controllare direttamente il comportamento ma modulando i livelli inferiori del sistema mediante l’attivazione o l’inibizione di determinati schemi.

Le ricerche successive hanno dimostrato come i modelli unitari formulati siano troppo semplicistici e pertanto hanno fornito indicazioni a favore dell’idea secondo cui il dominio delle Funzioni Esecutive sia composto da differenti ed interrelate componenti. L’ipotesi del frazionamento delle Funzioni Esecutive sembra poggiarsi sul fatto che i pazienti non subiscono una compromissione globale delle Funzioni Esecutive, motivata dalla scoperta di localizzazione delle Funzioni Esecutive da un punto di vista neuro anatomico all’interno di differenti circuiti prefrontali, ma anche dalla limitata correlazione dei punteggi conseguiti nelle differenti misure di Funzioni Esecutive e dall’identificazione di differenziate traiettorie evolutive per i vari processi esecutivi.

Uno dei modelli più accreditati in tale ambito è quello di Miyake e Shah, che individua nel sistema delle Funzioni Esecutive un costrutto unitario ma costituito da componenti dissociabili, latenti, distinte ma moderatamente correlate, che in tal caso sono:

  • L’Inibizione, ovvero la capacità di resistere all’impulso di eseguire un compito piuttosto che un altro.
  • La Memoria di Lavoro, ovvero l’abilità del tenere a mente informazioni per poterle utilizzare nuovamente o manipolare, anche in presenza di compiti o di situazioni distraenti.
  • La Flessibilità Cognitiva, ossia la capacità di mutare la propria strategia comportamentale in relazione ad un evento ambientale, considerando prospettive e priorità diverse.

Nell’ambito dei modelli frazionati, rilievo è assunto anche dal Modello Fattoriale di Welsh, che individua tre sottocomponenti costitutive del sistema esecutivo:

  • La Rapidità della Risposta, ovvero la capacità di rappresentazione mentale del compito mediante la ricerca di informazioni rilevanti e l’obiettivo da raggiungere.
  • Lo Sforzo di Inibire o Rimandare nel tempo una Risposta Impulsiva.
  • La Pianificazione strategica delle azioni da svolgere attraverso la definizione di una sequenza di passaggi.

Sono stati inoltre elaborati dei modelli sequenziali, ovvero tipologie atte a spiegare Le Funzioni Esecutive attraverso un approccio funzionale, dal momento che il fallimento di un compito non è imputabile ad una difficoltà selettiva ed esclusiva a carico di un singolo processo esecutivo. Le Funzioni Esecutive vengono quindi descritte in funzione della modalità con cui contribuiscono alla risoluzione di problemi o al superamento di un compito stesso.

Altro modello a cui è stata posta attenzione negli ultimi anni è il Modello del Continuum di Benso: tale idea afferma che esiste un continuo tra sistemi centrali (processore centrale) e i diversi moduli, sottolineando come questa connessione venga attivata e/o disattivata da aspetti emotivi e motivazionali.

È bene sottolineare come ancora oggi si pensa al sistema esecutivo e al sistema attentivo come entità separate: l’attenzione agirebbe sulle informazioni sensoriali e sulle rappresentazioni interne mentre il sistema esecutivo sul comportamento. Se gli aspetti attentivi permettono la maturazione delle funzioni esecutive, il sistema esecutivo è visto come una forma di attenzione rivolta verso sé stessi. Pertanto lo sviluppo delle Funzioni Esecutive comporta un consolidamento delle capacità cognitive intellettive, degli apprendimenti e delle memorie.

 

L’Attenzione

È l’insieme dei dispositivi e dei meccanismi che consentono di concentrare e focalizzare le proprie risorse mentali su alcune informazioni, definendo ciò di cui siamo consapevoli in un dato momento.

Sostanzialmente avviene dunque un’iniziale elaborazione delle caratteristiche fisiche di uno stimolo a cui segue una successiva fase di elaborazione semantica, ovvero l’estrazione del significato, ed infine avviene la selezione della risposta appropriata per lo scopo prefissato in relazione a quel particolare stimolo.

L’attenzione è un insieme di sottocomponenti interagenti che pertanto rappresentano un unico fenomeno. Tali sottocomponenti sono:

  • Arousal o Allerta: rappresenta lo stato fisiologico di attivazione dell’individuo che può essere suddiviso in allerta tonica, ovvero la capacità di mantenere un adeguato livello di prestazione per un certo periodo, e in allerta fasica, ossia un incremento della capacità di risposta successivo ad un segnale di avvertimento.
  • Attenzione Selettiva: capacità di selezionare una parte degli stimoli in entrata e di sottoporli ad un’elaborazione particolarmente efficiente, mentre i restanti vengono elaborati in maniera parziale e in modo superficiale. Di norma si sceglie di prestare attenzione alle informazioni importanti per l’attività che intendiamo svolgere ed utili allo scopo prefissato; un esempio di attenzione selettiva è il tipico effetto “cocktail party”.
  • Attenzione Divisa: è la capacità di prestare attenzione a più stimoli in maniera simultanea, in tale caso la selezione dell’informazione è meno accurata. In tale contesto emerge il paradigma del doppio compito, definito in letteratura scientifica “Dual Task”.
  • Attenzione Sostenuta: capacità di prestare concentrazione ad un ben preciso campo di stimolazione per un periodo prolungato; tale componente consente di mantenere un’adeguata prestazione in compiti monotoni per periodi relativamente lunghi.

La valutazione dell’attenzione è importante sia nella ricerca sperimentale che nella pratica clinica; essa deve tenere inoltre in considerazione le diverse sottocomponenti dal momento che la compromissione di una di esse potrebbe inevitabilmente coinvolgere le altre.

Tra i test principalmente utilizzati abbiamo: il Test delle Campanelle, la batteria BIA di valutazione dell’ADHD, il CPT (Continuous Performance Test), il CP1, il BVN e tanti altri.

 

La Memoria

Rappresenta la capacità di codificare, immagazzinare e recuperare informazioni.

La codifica consiste nella fase iniziale dell’elaborazione delle informazioni, che porta ad una rappresentazione di tipo mentale nella memoria, che risulta essere una percezione interna di un oggetto o evento e che trasmette informazioni circa esso; l’immagazzinamento è la conservazione nel tempo del materiale codificato mentre il recupero consente il reperimento delle informazioni immagazzinate in un tempo successivo.

Anche l’abilità di memoria è organizzata in diversi moduli funzionali ed autonomi strutturalmente che però interagiscono tra loro. Pertanto vengono distinte la capacità di memoria a breve termine (MBT) e la capacità di memoria a lungo termine (MLT), le quali si differenziano essenzialmente per la capacità di ritenzione, per la codifica dell’informazione e per la velocità di decadimento della traccia mnesica.

Ruolo importante nel contesto delle Funzioni Esecutive è rivestito dalla memoria a breve termine, ovvero la tipologia di memoria che permette di focalizzare le proprie risorse cognitive su un limitato numero di rappresentazioni mentali; ruolo cardine, all’interno del contesto della MBT, è svolto soprattutto dalla memoria di lavoro, la famosa working memory (WM), che rappresenta un sistema mnesico a capacità limitata e immagazzina temporaneamente le informazioni per una successiva manipolazione, connettendo il passato con il presente ed integrando il presente con ricordi precedenti.

La WM è importante ogni giorno per molti processi cognitivi come la comprensione del linguaggio, la pianificazione e il problem-solving. Essa svolge inoltre un ruolo cruciale negli apprendimenti ed in particolare nella comprensione verbale e nei compiti di tipo matematico; in generale la WM appare correlata a quasi ogni tipo di apprendimento scolastico e pare svolga un ruolo cruciale anche nell’acquisizione a lungo termine.

Una difficoltà di WM appare evidente soprattutto nella comprensione di istruzioni orali complesse o nella comprensione di un testo scritto; altro campo manifesto è rappresentato dalla difficoltà di calcolo a mente soprattutto se è inficiata la memoria di lavoro visuo-spaziale.

Un contesto meno didattico ma dove comunque emerge una difficoltà nella WM è nel tenere a mente molte informazioni per compiere delle sequenze di azioni (es. preparare lo zaino ..)

Una WM deficitaria pertanto necessita di supporto, comporta difficoltà attentive e soprattutto è fonte di insuccessi nei primi anni scolastici.

Da recenti ricerche è emerso come la WM sia correlata con un vasto campo di funzioni cognitive ed in particolar modo con l’integrità della materia bianca nelle regioni frontoparietali, pertanto è stato dimostrato come training sulla WM abbiano effetti sulle connettività strutturali e sull’integrità della sostanza bianca nelle regioni parietali e nelle aree adiacenti al corpo calloso, pensate entrambe per essere importanti nella WM stessa.

Studi (Klingberg et al.) svolti hanno inoltre dimostrato una correlazione positiva tra gli incrementi correlati all’età nella capacità di memoria di lavoro e l’attività cerebrale della corteccia frontale superiore ed intraparietale.

Per quanto riguarda la valutazione della memoria nell’ambito delle Funzioni Esecutive si fa riferimento come già detto alla MBT e alla WM, all’interno della quale individuiamo la memoria di lavoro visuo-spaziale.

Tra i test maggiormente utilizzati abbiamo: Digit Span, Sentence Span, Span Visivo, Span Spaziale, il BVN, Rripetizione di Non-Parole, il Test di Corsi.

 

La Pianificazione

In letteratura vi sono numerose definizioni del concetto di pianificazione molte delle quali però risultano essere piuttosto riduttive alla luce della complessità delle operazioni coinvolte in tale abilità.

Vi è dunque ormai accordo nel definire la pianificazione come un insieme di attività cognitive che anticipano e regolano il comportamento e consentono di eseguire una sequenza di azioni al fine di raggiungere una meta.

Ai fini di un’efficace pianificazione è necessario anticipare e “tenere a mente” le conseguenze di un’azione sulle altre, pertanto alcuni autori parlano di pianificazione anticipata.

Nell’ambito di tale capacità è necessario dirigere l’attenzione e focalizzarla sul problema in modo funzionale; è importante inoltre mantenere la concentrazione sul compito per periodi relativamente lunghi in modo da avere un’accurata capacità di ricezione e di elaborazione degli stimoli in ingresso.

Il funzionamento della pianificazione è connesso anche alla capacità di verificare, monitorare i piani d’azione, in modo da poter attuare eventuali modifiche e aggiustamenti in azione se richiesto dal contesto.

È opportuno tenere a memoria inoltre gli elementi necessari per la soluzione del problema.

La pianificazione è inoltre connessa con altri processi cognitivi superiori quali il problem solving o il decision-making.

Nel problem-solving ci sforziamo di raggiungere un obiettivo ma non abbiamo ancora i mezzi a disposizione per farlo; numerose sono le variabili che condizionano la tipologia di strategia adottata, la prontezza e l’efficacia del problem-solving stesso.

L’abilità di problem-solving è inoltre correlata allo sviluppo dell’atto prassico in cui la rappresentazione del problema coincide con la “componente ideativa” di esso, la pianificazione con la “componente di programmazione sequenziale” e l’esecuzione con la “componente strumentale” dell’atto prassico; vi poi la verifica del risultato che consiste nella consapevolezza dell’obiettivo e nel controllo delle componenti strumentali che permettono al bambino di effettuare una verifica coerente del risultato.

La valutazione di tale abilità comporta l’impiego di strumenti come la Torre di Londra o la Torre di Hanoi, la figura di Ray oppure l’utilizzo dei Labirinti della WISC.

È opportuno distinguere all’interno della pianificazione quale sia la componente di tale abilità che si occupa del movimento, pertanto un disturbo della funzione motoria può intaccare anche tale settore.

La valutazione in tale ambito si basa sull’utilizzo si un esame obiettivo del bambino oppure di strumenti standardizzati come l’ABC-Movement o il VMI.

 

La Categorizzazione o Fluenza

L’essere umano non registra i dati del reale ma li elabora e li organizza in strutture conoscitive, in insiemi dotati di significato ovvero in categorie. La mente organizza le informazioni attraverso le caratteristiche essenziali, dando ordine e significato alle nostre esperienze. Tutto questo avviene per mezzo della categorizzazione che consente di strutturare il sistema di rappresentazione della nostra conoscenza, permette di recuperare le informazioni ritenute in memoria e di fare inferenze.

Se la teoria classica faceva riferimento alla categoria come ad un insieme di proprietà o di tratti tutti necessari e sufficienti per definire l’appartenenza di un elemento alla categoria stessa, tale pensiero possedeva però il limite di presupporre che ogni concetto o categoria fosse riconducibile ad una serie di proprietà che la definiscono ed inoltre non era in grado di spiegare come fosse possibile mantenere in memoria le informazioni che definiscono la categoria stessa.

Quindi si giunse alla conclusione che l’elemento che meglio rappresenta le informazioni categoriali è il prototipo, ovvero in insieme di attributi cui sono associati dei valori.

La valutazione della categorizzazione si basa su test costruiti che coinvolgono aspetti di selezione, in cui il soggetto è invitato a smistare, catalogare o raggruppare un insieme di oggetti, scegliendo quelli che possono rappresentare una categoria sulla base di un elemento comune.

Si valuta sia la categorizzazione non verbale, mediante ad esempio il Weigl’s Sorting Test oppure l’Animal Sorting della Nepsy o il Five Point Test, ma anche la categorizzazione verbale. Quest’ultima risulta essere costituita da due componenti ovvero l’accesso al magazzino di rappresentazione nella memoria semantica e la formulazione di strategie di ricerca per le parole appropriate all’interno della memoria semantica. La categorizzazione verbale viene valutata tramite test tra cui il CMF oppure il CAT.

Studi (Kremin e Dellatolas, 1996) hanno dimostrato come le prove di fluenza fonemica presentano maggiori difficoltà rispetto a quelle di fluenza semantica e che tale discrepanza persiste nelle varie età; inoltre si riporta un incremento correlato all’età nel numero di parole relativo alla prova di categorizzazione semantica mentre per la fluenza fonemica non vengono evidenziati incrementi significativi se non a partire dalla

5°elementare cioè dagli 11 anni. Valutando le abilità di fluenza semantica e fonemica, in parte, si nota quella che è l’organizzazione della flessibilità cognitiva del bambino e che strategie questo adotta per accedere al lessico e per selezionare dal proprio vocabolario quelle denominazioni che presentano come denominatore comune uno specifico tratto.

 

Lo Shifting o Flessibilità Cognitiva

Si tratta della capacità di adattarsi velocemente ad un nuova situazione misurando le reazioni a stimoli che cambiano in modo costante. Tale abilità di adattamento consente all’individuo di essere autonomo e di agire mediante un comportamento indipendente e intenzionale.

La capacità quindi di cambiare strategie di pensiero e di azione, per percepire ed elaborare informazioni e per far fronte alle situazioni, si sviluppa a partire tra i 7 e i 9 anni e matura intorno ai 12 anni.

Lo shifting è molto importante durante la risoluzione di un problema.

Nel momento in cui si è di fronte ad una difficoltà nella modificazione di strategie si presenta una rigidità cognitiva e/o comportamentale che determina un’incapacità nel produrre, spontaneamente e con ricchezza di idee, le risposte ad uno stimolo.

I bambini con scarsa flessibilità cognitiva non riescono a mutare il loro comportamento in relazione al contesto e quindi di fronte alla risoluzione di un problema producono errori di perseverazione.

Lo shifting viene valutato sia da un punto di vista verbale, mediante test come il Trial Making Test oppure mediante le Triplette di Magneti usate in età prescolare, ma è anche osservato in un’ ottica non verbale mediante il Wisconsin Card Sort Test (WCST) oppure il Modified Wisconsin Card Sorting Test (MCST) per i soggetti in età evolutiva.

 

L’Inibizione

È una componente dell’intelligenza che permette di sospendere le azioni e le decisioni per un tempo sufficiente ad eseguire analisi cognitive più sofisticate e complesse, che garantiscono un migliore adattamento al contesto e ai suoi cambiamenti.

Essa si inserisce nell’ambito dell’attenzione selettiva, i cui processi permettono di sopprimere l’effetto interferente dell’informazione conflittuale.

L’inibizione consente la risoluzione del conflitto di informazioni tra loro contraddittorie e permette di mantenere una certa coerenza riguardo il comportamento e le intenzioni dell’individuo.

Quando parliamo di inibizione ci riferiamo quindi all’abilità di sopprimere un’azione dominante a favore di un comportamento più appropriato al raggiungimento dell’obiettivo. L’inibizione svolge un ruolo cardine in diversi processi cognitivi come la memoria, l’attenzione selettiva e il linguaggio.

Nigg ha classificato i processi di inibizione in quattro tipi:

  • Il Controllo dell’Interferenza, ovvero la capacità di controllare le informazioni irrilevanti.
  • L’Inibizione Cognitiva, ossia l’abilità nel sopprimere l’attenzione verso stimoli esterni irrilevanti rispetto al focus del compito che si sta svolgendo.
  • L’Inibizione Oculomotoria, che fa riferimento alla possibilità di reprimere i riflessi saccadici.
  • L’Inibizione Comportamentale, cioè la capacità di contenere le risposte comportamentali prepotenti. Proprio questa è la componente maggiormente analizzata poiché rappresenta il meccanismo inibitorio più evidente nella vita quotidiana. La valutazione di essa è importante in quanto fornisce dei parametri di misura dello sviluppo dell’autoregolazione delle emozioni, delle motivazioni e dell’arousal del bambino.

Anche l’inibizione viene valutata da un punto di vista verbale e non verbale. I test maggiormente utilizzati sono: Stroop Numerico della BIA, il Test delle Ranette, il Same/Opposite World, le prove di Go-NoGo, lo Stoop Test, la prova di Lurija, il gioco della Statua o il Bussa e Batti della batteria Nepsy , il Continuous Performance TEST o ancora il Matching Familiar Figures Test (MFFT).

 

Le Funzioni Esecutive Hot

Se tradizionalmente la valutazione delle Funzioni Esecutive si incentra in maniera particolare su quelli che sono gli aspetti “Cool” di esse, e che quindi sono associati al funzionamento della corteccia prefrontale dorso-laterale, di recente ha assunto importanza anche l’analisi degli aspetti “Hot”, ovvero degli elementi che chiamiamo in causa quando dobbiamo prendere decisioni in merito a situazioni cariche da un punto di vista emotivo e che si collegano al funzionamento della parte ventro-mediale della corteccia prefrontale.

Coloro che presentano un’anomalia a livello delle Funzioni Esecutive Hot, possiedono difficoltà nella capacità di decision making sociale ed emozionale a fronte di prestazioni nel complesso nella norma per quanto riguarda la valutazione degli aspetti tradizionali.

Per analizzare in ambienti strutturati tali competenze sono state elaborate delle prove in cui il soggetto è posto nella condizione di dover prendere delle decisioni in circostanze pericolose o in situazioni dove entrano in ballo ricompense e punizioni ma anche prove che richiedono l’attesa per un lasso di tempo più o meno lungo prima di ricevere delle ricompense (ad esempio lo Iowa Gambling Task oppure il Delay Discountig).

 

Le Funzioni Esecutive nei Disturbi dello Sviluppo

Sebbene non esista una diagnosi specifica di deficit delle Funzioni Esecutive, negli ultimi decenni, lo studio delle Funzioni Esecutive nell’ambito dei disturbi dello sviluppo ha assunto un ruolo centrale sia per delineare diversi endofenotipi sia per definire un ottimo profilo funzionale al fine di determinare meglio tali disturbi nell’ambito di finalità prognostiche e riabilitative.

Le Funzioni Esecutive infatti rappresentano un importante predittore del funzionamento adattivo in quanto monitorano il comportamento e i processi cognitivi.

Le diagnosi principalmente interessate da difficoltà nell’ambito delle Funzioni Esecutive sono:

Il Disturbo da Deficit di Attenzione ed Iperattività (ADHD)

Il deficit principale a livello di Funzioni Esecutive in tale etichetta diagnostica è rappresentato dall’inibizione (autoregolazione) dal momento che al bambino manca la capacità di autocontrollo, di inibire e di posporre le immediate risposte motorie o emotive ad un evento. Tale difficoltà compromette poi quella che è la capacità di WM, dal momento che non si è in grado di selezionare le informazioni rilevanti da quelle non rilevanti con riduzione di spazio di mantenimento e quindi problemi nel ricordo, ma incide anche sulla componente attentiva. Ulteriori deficit si riscontrano poi anche nella capacità di discorso interiorizzato, di autoregolazione delle emozioni e nel problem-solving.

Il Disturbo della Condotta

È stata di recente dimostrata una correlazione tra Funzioni Esecutive e DC anche in assenza di ADHD; in tale circostanza si rileva una difficoltà nel monitorare e modificare il proprio comportamento come risultato di una mancanza attentiva rispetto alle conseguenze dei propri comportamenti.

I Disturbi del Linguaggio

Si riscontrano difficoltà nella memoria di lavoro fonologica e visuo-spaziale, alterazioni della flessibilità cognitiva, problematiche sia nella pianificazione verbale che non, deficit nell’inibizione e nei compiti che richiedono attenzione. Tali problematiche, nel complesso, non possono non essere considerate nel trattamento dei DSL.

I Disturbi Generalizzati dello Sviluppo

Le problematiche esecutive degli autistici non riguardano solo la flessibilità cognitiva che comporta uno “stimulus overselectivity”, ovvero la tendenza a rispondere in modo selettivo ad un determinato stimolo, bensì anche cadute specifiche nella pianificazione, nell’inibizione e nella WM e nella memoria prospettica. I deficit non sembrano essere correlati con la patologia stessa ma influiscono sugli esiti del trattamento e sulla manifestazione sintomatologica, in particolar modo sui comportamenti stereotipati e ripetitivi andando a predire una maggiore intensità e frequenza degli stessi. I deficit delle Funzioni Esecutive incidono con i punteggi della Vineland riguardo il funzionamento adattivo e con le prove che riguardano le prestazioni della teoria della mente.

Nati Pretermine

Essi si caratterizzano per una compromissione della WM in maniera variabile; significativo aumento delle problematiche lo si ha intorno agli 8 e 12 anni. Per quanto riguarda la flessibilità cognitiva sono presenti dati contrastanti probabilmente dovuti al fatto che sono stati utilizzati per le valutazioni dei materiali differenti. Lo stesso vale per l’ambito dell’inibizione, sebbene sia stato evidenziato come con il trascorrere degli anni, il deficit sembra diminuire fino a scomparire, in alcuni casi, durante l’età adulta. Sono riscontrate problematiche relative alla pianificazione. Il tutto pare essere fortemente influenzato dall’età di valutazione, dall’entità della nascita pretermine, dalle prove incluse nella valutazione, da eventuali problematiche pre e perinatali, dal contesto socio- culturale di appartenenza.

Disturbi Specifici di Apprendimento (DSA)

In tale ambito svolgono un ruolo importante la WM fonologica e visuo-spaziale sia come valore predittivo dell’abilità di lettura che nella composizione del testo ma anche nelle abilità di calcolo, sia per quel che riguarda la fase di acquisizione di conteggio e dei fatti numerici ma anche per il problem- solving matematico; inficiata è la WM verbale, per la comprensione del testo attraverso l’utilizzo della struttura sintattica, ed inoltre scarsa è anche l’attenzione visiva-spaziale, che predice la difficoltà di acquisizione della lettura. Per quanto riguarda le compromissioni per alcuni possono esservi difficoltà anche a carico della WM e dell’inibizione, mentre per altri emergono solo nei pazienti che hanno una comorbidità con l’ADHD.

Disabilità Intellettiva

I bambini con DI presentano un funzionamento esecutivo inferiore rispetto ai bambini della stessa età cronologica, mentre rispetto ai bambini con la stessa età mentale manifestano deficit di inibizione, pianificazione e WM non verbale.

 

In tale ambito è opportuno parlare dei rapporti tra Le Funzioni Esecutive e gli altri processi cognitivi, in particolare tra Funzioni Esecutive ed intelligenza, Funzioni Esecutive e teoria della mente e Funzioni Esecutive e motivazione.

Per quanto riguarda i rapporti tra Le Funzioni Esecutive e l'intelligenza, uno dei motivi che ha indotto a pensare che esista una relazione tra essi, è la consapevolezza che un adeguato ed integrato funzionamento esecutivo è indispensabile per la messa in atto di un comportamento intelligente ed orientato al raggiungimento di un obiettivo. Diverse ricerche hanno evidenziato relazioni importanti tra intelligenza e Funzioni Esecutive: Salthouse in soggetti adulti mentre Dempster e Arffa in età evolutiva.

Legami tra WM ed intelligenza sono stati evidenziati in merito alla componente di aggiornamento.

È opportuno ribadire che molti bambini con deficit esecutivo si caratterizzano per un livello intellettivo adeguato, e ciò è stato visto come monito dell'assenza di relazioni tra dominio esecutivo ed intelligenza.

Numerose sembrano essere le evidenze di relazione tra Funzioni Esecutive e ToM: tali domini si caratterizzano per il fatto di condividere alcune aree cerebrali come substrato neurale, in particolare l'attenzione è stata posta nelle aree prefrontali mediali la cui integrità pare essere condizione necessaria anche se non sufficiente per un adeguato funzionamento esecutivo e di ToM.. Interessante in tale ambito sono inoltre gli studi di Huges che fanno emergere il potere predittivo delle Funzioni Esecutive sulle competenze relative alla ToM ma non il viceversa.

Importante è poi capire che tipo di legame esista tra Funzioni Esecutive e ToM, se è presente una sovrapposizione oppure se Le Funzioni Esecutive contribuiscono allo sviluppo concettuale sotteso alla comprensione delle rappresentazioni mentali. Inoltre appare innegabile come per portare a termine determinate prove di ToM siano necessarie competenze esecutive, in particolare la Memoria di Lavoro e l'Inibizione.

Altro discorso importante è quello che riguarda il rapporto tra Funzioni Esecutive e motivazione: esse possono essere definite come entità distinte da un punto di vista neuropsicologico, neuroanatomico e comportamentale. L'attivazione di processi cognitivi ed esecutivi si associa, di solito, ad un peculiare stato di motivazione e all'attribuzione di uno specifico valore alla risposta che viene fornita.

 

Cosa comporta un disordine a livello delle Funzioni Esecutive?

Cosa accade ai bambini che manifestano difficoltà nelle Funzioni Esecutive?

Alcuni dati recenti documentano che i bambini tra i 3 e gli 11 anni con maggiore impulsività, disattenzione e ridotto autocontrollo, tendono ad avere in età adulta maggiori problemi di salute, a essere meno produttivi, a compiere maggiori crimini rispetto ai bambini con maggiore autocontrollo.

Un problema delle Funzioni Esecutive è conosciuto come “Sindrome Disesecutiva” (=DS), i cui effetti potrebbero compromettere gli individui nelle abitudini quotidiane e nel campo scolastico, sociale e lavorativo.

La DS non è necessariamente associata ad una lesione del lobo frontale ma anche ad una serie di deficit nel processamento, nella pianificazione, nell’inibizione, nella flessibilità cognitiva.

Essendo Le Funzioni Esecutive mediate da collegamenti dinamici e flessibili, la disfunzione esecutiva è stata associata con un campo di disordini ed è generalmente attribuita ad un difetto strutturale o funzionale frontale, il tutto è confermato da neuroimaging, RMf e PET.

Funzioni Esecutive disfunzionali sono estremamente debilitanti sia per chi ne soffre che per i familiari, dato che si verifica:

  • Incapacità di iniziare, fermare e modificare il comportamento in risposta al cambiamento di stimoli
  • Incapacità di mantenere una sequenza comportamentale necessaria per l’organizzazione, per la pianificazione e il problem-solving
  • Incapacità ad inibire le risposte
  • Perseverazione
  • Funzione mnemonica deficitaria

È bene sottolineare che. chi possiede una lesione o un disordine a livello del lobo frontale, potrebbe presentare solo alcuni di questi deficit e non altri.

Cosa comporta un disordine a livello delle FE

In generale quindi, nei bambini e negli adolescenti con problemi a carico di uno o più domini esecutivi, è possibile osservare: distraibilità e sbadataggine, difficoltà ad imparare dall’esperienza, difficoltà ad eseguire più compiti contemporaneamente, instancabilità o ipoattivazione, scarsa consapevolezza dei sentimenti altrui, difficoltà nel gestire tempi ed individuare priorità, problemi nell’organizzazione del materiale e nel rispettare scadenze (perdono fogli, ricerche e altri materiali scolastici), potrebbe essere problematico anche mantenere organizzati i propri programmi giornalieri o in ordine la camera.

 

Gli Interventi sulle Funzioni Esecutive

La riabilitazione delle Funzioni Esecutive è risultata essere molto complicata ma ciò che è emerso negli ultimi anni sembra dare previsioni ottimistiche. Le maggiori evidenze sono state fornite nel campo della riabilitazione di persone con cerebro-lesione acquisita ma ulteriori ricerche stanno dando risultati incoraggianti anche su adulti sani e nell’ambito di diverse condizioni frequenti in età evolutiva come nel caso dell’ADHD o dei DSA.

Sostanzialmente per incrementare Le Funzioni Esecutive sono possibili due approcci principali: la terapia cognitiva e la terapia farmacologica. Queste, usate in combinazione, risultano essere molto efficaci nel trattamento dei deficit delle Funzioni Esecutive, ed in particolare con problematiche di inibizione, regolazione delle emozioni e del tempo, e la pianificazione.

Per quanto riguarda la terapia cognitiva ci sono due approcci fondamentali:

  1. Miglioramento del funzionamento della vita reale ed in particolare il setting, mediante la manipolazione ambientale.
  1. Miglioramento di una Funzioni Esecutive specifica attraverso l’impiego di tecniche compensatorie ed interventi diretti, i quali occupano la parte più ampia della riabilitazione nelle Funzioni Esecutive. Nell’ambito dell’età evolutiva più che parlare di terapia cognitivo-comportamentale sarebbe opportuno parlare di programmi di modificazione comportamentale come ad esempio sistemi di ricompensa oppure pagelle giornaliere.

Per quanto riguarda il trattamento farmacologico invece, è opportuno ribadire il ruolo della dopamina nella corteccia prefrontale.

Un trattamento non assomiglia ad una pillola da ingerire in precisi momenti della giornata, che richiede pochi minuti di attenzione e che fa effetto indipendentemente dalla disposizione del paziente che assume il farmaco, consiste invece in interventi di tipo specialistico, coadiuvati da un corretto supporto didattico, da proporre più volte durante la settimana da persone che devono possedere un certo grado di abilità di relazione allo scopo di favorire, tra l’altro, la motivazione all’apprendimento.” [Tressoldi e Vio, 2002]

I training cognitivo–funzionali sono finalizzati al potenziamento di specifiche abilità neuropsicologiche ma non sostituiscono, bensì procedono o integrano, le terapie ad approccio cognitivo-comportamentale, meta cognitivo, e vanno valutati e proposti sulla base di un principio di intervento bio-psico-sociale.

I principi del training sono:

  • Tempi del Training: somministrato quotidianamente per almeno 20-25 sedute la cui durata varia dai 25 ai 40 minuti.
  • Modalità del Compito: le attività proposte devono essere nuove ed impegnative, il training deve richiedere uno sforzo di adattamento continuo del comportamento e quindi va predisposto un meccanismo di incremento graduale della difficoltà sulla base della prestazione del bambino. Nel caso di un risultato positivo, il feedback deve essere immediato e con alto valore incentivo, dopo l’errore invece bisogna far presente al bambino la natura del difficile compito. Il training richiede che il bambino detenga una serie di informazioni resistendo quindi al loro decadimento per effetto del tempo che passa o per effetto di eventuali fonti di distrazione.

Quando ci si trova davanti persone che presentano un deficit delle Funzioni Esecutive non è solamente importante insegnare loro nuove informazioni ma anche fornirgli nuove abilità, indispensabili affinché possano utilizzare al meglio le conoscenze che già possiedono. Infatti l’obiettivo di ogni riabilitazione esecutiva dovrebbe infatti essere l’incremento o il conseguimento di una migliore autonomia per gli individui nelle situazioni di ogni giorno, di modo tale da permettergli di risolvere i loro problemi piuttosto che essere bloccati in un circolo vizioso nel quale le abilità esecutive non sono utilizzate.

È opportuno che venga data priorità all’aumento dell’attenzione selettiva, alla pianificazione e all’organizzazione del tempo ed è bene inoltre che vengano rinforzati positivamente i cambiamenti raggiunti dopo un periodo prestabilito.

Per scegliere il migliore programma terapeutico è necessaria un’analisi funzionale che si basa sul valutare, interpretare e diagnosticare.

Le linee guida di un intervento quindi comprendono:

  • La raccolta di informazioni in merito al livello di funzionamento del soggetto, integrando una valutazione comportamentale con una valutazione indiretta (somministrazione di questionari ed interviste ad altri) e con una diretta (osservazione del soggetto in diversi contesti di vita e la somministrazione di test esecutivi) del soggetto, di modo tale da identificare i suoi comportamenti problematici del soggetto ed inferire il dominio esecutivo da cui potrebbero derivare.
  • La definizione delle priorità di azione in collaborazione con il soggetto ed il contesto di appartenenza, delineando obiettivi a breve, medio e lungo termine.
  • Il tener conto nella programmazione di tre elementi cruciali:
    1. Lavorare sull’ambiente attraverso l’impiego di supporti e modifiche per attenuare le difficoltà ed agevolare lo sviluppo delle Funzioni Esecutive.
    2. Identificare le abilità specifiche che bisognerebbe insegnare al soggetto e le procedure tramite cui farlo.
    3. Lavorare sulla motivazione e la volontà del soggetto per favorire l’adesione al piano di lavoro.
  • Limpiego di una valutazione che deve necessariamente seguire il training per verificare l’efficacia e l’efficienza dell’intervento.

>> È bene sottolineare però che, ad oggi, training volti al miglioramento delle Funzioni Esecutive vengono inseriti all’interno di quadri di intervento più ampi.

Gli interventi nell’ambito delle Funzioni Esecutive sono:

  • Interventi sulla Persona: si basano sulla capacità del soggetto di utilizzare le proprie abilità esecutive. Essi si costruiscono sull’insegnamento diretto delle modalità attraverso cui sviluppare o mettere a punto le competenze necessarie e sul lavoro a livello motivazionale, al fine di permettere al soggetto di utilizzare abilità presenti ma mai sfruttate. Gli interventi proposti in tale ambito possono essere di tipo comportamentale ma anche cognitivo-comportamentale, oppure integrati. I comportamenti definiti problematici, e sui quali si tende maggiormente ad agire, sono: non portare a termine le attività in cui i soggetti sono impegnati, non seguire le routine scolastiche, non annotare i compiti che devono essere svolti, smarrire materiale importante. Ruolo importante in tale ambito è svolto dagli adulti significativi, che forniscono al bambino le regole e gli schemi di comportamento opportuni da imitare in prima battuta e poi interiorizzati. Parallelamente vengono svolti anche training educativi, basati su premi e ricompense, sulla stipulazione di un contratto e, nel momento conclusivo, sulla valutazione del processo.
  • Interventi incentrati sull’Ambiente: comportano l’apporto di modifiche al contesto e alle situazioni esterne con l’intento di incrementare il funzionamento esecutivo e/o ridurre l’impatto negativo della compromissione esecutiva nella vita quotidiana del soggetto. Fondamentali principi in tale ambito di intervento sono:
    1. Cambiamenti a carico dell’ambiente fisico e sociale (non è necessario stravolgere gli ambenti di vita del bambino bensì utilizzare dei piccoli accorgimenti)
    2. Cambiamento a carico dei compiti proposti (ridurre la lunghezza degli esercizi diminuendo le richieste, fornire indicazioni chiare ed esplicite, variare le richieste e gli esercizi …)
    3. Accortezza nel fornire consoni cues e suggerimenti (non prevedono solo gli interventi diretti dell’adulto ma anche l’uso di tabelle, checklist, cues visivi o sonori..): i feedback giocano un ruolo importante nel potenziamento delle competenze di monitoraggio ed autoregolazione dei propri agiti.
    4. Apportare modifiche alle modalità con le quali gli adulti si interfacciano ed interagiscono con i bambini.
  • Interventi sui disturbi delle Funzioni Esecutive:
    • Routine ideate per interventi che chiamano in causa in modo preponderante una sola componente esecutiva: la prima componente chiamata in causa è la memoria, poi l’attenzione sostenuta ed infine l’organizzazione.
    • Routine ideate per attività che chiamano in causa in modo preponderante flessibilità e controllo emozionale (tratti caratteriali, comportamenti impulsivi, ansia e crisi di pianto ingiustificate): si definiscono le situazioni di innesco, la reazione abituale e disfunzionale, la reazione alternativa.
    • Routine ideate per attività che chiamano in causa il sistema relativo ad iniziativa, attenzione sostenuta, organizzazione: è richiesta una duplicità di intervento basata sul compito e sulla motivazione.
    • Routine ideate per attività che chiamano in causa il sistema relativo a meta cognizione, flessibilità e controllo delle emozioni: gestioni dei compiti open-ended, ovvero quei casi in cui non è segnalato chiaramente l’inizio della prova e non sono forniti feedback per il raggiungimento della soluzione, cambiamenti di programmi e risoluzioni di problemi concreti.
    • Routine che chiamano in causa in modo trasversale il dominio delle Funzioni Esecutive: insegnare a pianificare compiti, studiare per verifiche o esami, scrivere testi ed organizzare e gestire progetti a lungo termine.

In generale i training per la riabilitazione delle Funzioni Esecutive riguardano in modo particolare le componenti di problem-solving e di pianificazione attraverso l’utilizzo di compiti complessi, con alta validità ecologica e buone probabilità di generalizzazione nei diversi contesti di vita.

Un esempio di metodica è quello proposto da Benso che si basa su esercizi che godono del paradigma del PASAT, ossia si propongono compiti basati sulla somma degli ultimi due numeri sia in modalità visiva che uditiva, lavorando quindi sia sull’attenzione sostenuta che sul controllo dell’interferenza ma anche sulla memoria di lavoro (PASAT= Paced Auditory Addition Task).

L’idea di Benso è inoltre quella di fornire un trattamento integrato che si basa sulla stimolazione delle risorse (compiti “dual task”, compiti successivi, compito con interferenza gradualmente crescente, compiti di visualizzazione e rielaborazione visiva), sulla stimolazione dei diversi tipi di attenzione (allerta tonica o fasica, orientamento attenzione tattile, spaziale, uditiva, visiva sia in maniera automatica che volontaria), sulla sollecitazione delle Funzioni Esecutive di base (controllo ed inibizione di risposte prepotenti, avvio e flessibilità, rielaborazione e ri-aggiornamento della ML uditiva e visiva) e su un lavoro specifico riguardo le funzioni strumentali che risultano deboli ai test.

 

Esempi di training per le Funzioni Esecutive:

Goal Managment Training (Levine, 1996)

STOP! Definire il problema, elencare i passaggi, apprendere i passaggi controllare

Problem Solving Training (Von Cramon, 1992)

Esercizi di selezione e combinazione di informazioni; esercizi di pensiero divergente; esercizi di ragionamento induttivo e deduttivo; esercizi di pianificazione delle azioni

Training con l’utilizzo PASAT (Marlowe, 2000)

Esercizi di somma degli ultimi due numeri presentati

Quindi:

>> Le Funzioni Esecutive possono essere allenate.

 

Pertanto quello che emerge è l’idea di una riabilitazione che trasformi gli ambienti di routine in sistemi che promuovano un continuo apprendimento, che attraverso il training o l’esperienza ripetuta comportino dei cambiamenti nelle prestazioni umane, nelle funzioni percettive, motorie e cognitive sottostanti, modificando conseguentemente l’organizzazione delle mappe corticali.

 

L’Importanza delle Funzioni Esecutive a Scuola

Con l’ingresso a scuola e l’acquisizione delle nuove competenze di lettura, scrittura e calcolo, il carico cognitivo richiesto, e quindi il peso delle Funzioni Esecutive, incrementa in maniera considerevole.

I bambini devono infatti utilizzare maggiori risorse di memoria di lavoro per svolgere mentalmente operazioni con un numero crescente di dati, vedere nuove connessioni tra gli elementi, essere disposti ed elastici nell’apprezzare prospettive diverse e mettere in atto strategie di autocontrollo.

Pertanto scarse funzioni esecutive predicono spesso difficoltà negli apprendimenti: se da un lato alte performance di Funzioni Esecutive aumentano la probabilità di buoni risultati scolastici, dall’altro un’alterazione delle Funzioni Esecutive si riscontra con molta frequenza in tante condizioni anche molto diverse tra loro.

L’influenza delle Funzioni Esecutive sul rendimento scolastico inoltre sembra essere indipendente dal quoziente intellettivo e pare anche essere superiore rispetto ad esso, pertanto è opportuno ribadire come in alcune circostanze si tenda a banalizzare il problema limitando la valutazione al vago QI omettendo la valutazione delle stesse Funzioni Esecutive, mettendo in secondo piano la loro importanza e la possibilità di trattarle.

L’ambito maggiormente indagato per quel che riguarda il ruolo delle Funzioni Esecutive nell’apprendimento scolastico è quello della memoria di lavoro: il legame e il valore predittivo di tale abilità sulle capacità di lettura sono documentati in letteratura indipendentemente dal dominio considerato. Il processo di apprendimento della lettura è molto complesso in quanto formato da aspetti percettivi, linguistici, attentivi, pertanto per stimolare meglio il modulo bisogna occuparsi anche dell’attenzione; la velocità di lettura che incide sulla memoria di lavoro è uno degli indici più importanti da rilevare.

Il ruolo della memoria di lavoro sembra essere rilevante anche nelle abilità di calcolo, fin dalle prime attività di conteggio, e nel condizionare l’acquisizione di fatti aritmetici e la risoluzione di problemi.

Bambini con sviluppo tipico e con Funzioni Esecutive più evolute raggiungono quindi migliori livelli di apprendimento.

Cosa accade invece ai bambini che manifestano difficoltà nelle Funzioni Esecutive?

Si riscontra una notevole associazione fra i disturbi specifici dell’apprendimento e difficoltà nelle Funzioni Esecutive: problemi nelle abilità attentive possono compromettere o aggravare le difficoltà di apprendimento di bambini con DSA, mentre a parità di disturbo, bambini senza difficoltà attentive possono compensare meglio le loro difficoltà ed ottenere comunque dei buoni risultati scolastici.

Visto quindi il ruolo delle Funzioni Esecutive nell’incrementare gli apprendimenti e nell’influenzare il risultato scolastico, la buona pratica clinica dovrebbe non solo prevedere la loro valutazione sistematica ma anche un intervento specifico in questo ambito, soprattutto nei bambini a rischio di fallimento scolastico.

Sono stati messi in atto protocolli che puntano al potenziamento delle Funzioni Esecutive ed è emerso come alcuni bambini in cui si potenziano Le Funzioni Esecutive mostrino miglioramenti nell’area del calcolo e della comprensione del testo. È bene sottolineare che tali interventi sono attivabili già a partire dall’età prescolare.

 

Alcune Curiosità

Si è visto come in letteratura internazionale si sia sempre più evidenziata l’importanza delle Funzioni Esecutive nello sviluppo cognitivo e conseguentemente negli apprendimenti scolastici, ritenendo Le Funzioni Esecutive maggiormente predittive rispetto al QI per quel che riguarda un buon rendimento accademico.

Il progetto di “Didattica Integrata”, realizzato in collaborazione con L’Associazione Nazionale Disturbi dell’Apprendimento e l’Università degli Studi di Genova, sotto la supervisione del professor Benso, ed effettuato presso una scuola di Napoli, ha permesso di dimostrare come sia stato possibile migliorare la performance negli apprendimenti di lettura e scrittura e calcolo mediante il rafforzamento del Sistema Attentivo Esecutivo. Lavorando durante tutto l’anno scolastico per il raggiungimento degli obiettivi ministeriali ed integrando tale lavoro con il potenziamento degli aspetti esecutivo attentivi, si è giunti al miglioramento negli apprendimenti di lettura, scrittura e calcolo, ovvero i bambini che hanno partecipato all’intervento hanno dimostrato di saper leggere più rapidamente compiendo meno errori così come in un dettato di brano e di parole e nelle prove di calcolo a mente.

Si è inoltre dimostrato tramite il “Progetto Pilota di Monte Carasso”, come Le Funzioni Esecutive siano legate all’ambito dell’attività motoria e abbiano un ruolo cruciale in essa.

L’attività fisica riduce le problematiche comportamentali e promuove un’attitudine positiva stimolando la creatività nei bambini. Di conseguenza la relazione tra attività fisica e apprendimento scolastico potrebbe essere dovuta a diversi aspetti come ad esempio l’utilizzo del corpo nello svolgere i compiti quotidiani oppure lo sviluppo delle Funzioni Esecutive che sono molto presenti nelle attività motorie.

Le Funzioni Esecutive sono infatti coinvolte nello svolgimento di azioni motorie dirette ad uno scopo, in un ambiente che si modifica durante l’azione.

È stato inoltre dimostrato come l’arte marziale sia in grado di fornire un potenziamento del sistema cognitivo: l’apprendimento motorio, il contenimento dell’impulsività emotiva e la gestione della frustrazione sui compiti sono utili strumenti in un programma di sviluppo dell’autoregolazione, delle risorse attentive e delle competenze intellettive. Allenando le risorse attentive si migliorano le memorie, l’autoregolazione rispetto agli impulsi emotivi e quindi l’autostima; tale cambiamento si verifica anche nel campo scolastico ma tale effetto indica soprattutto un potenziamento dell’individuo per la vita.

I piccoli praticanti di arti marziali potranno usufruire delle sollecitazioni per lo sviluppo delle Funzioni Esecutive attentive di base fin dalle prime lezioni mediante l’apprendimento motorio, andando ad incidere sulle memorie, sulla capacità di comprensione del testo e sul problem-solving.

 

Indice
 
INTRODUZIONE
 
  • Lo sviluppo sociale del bambino: La Costruzione delle Prime Relazioni; Natura e Sviluppo dell’Attaccamento; Comprensione di Sé e Comprensione degli Altri; Le Relazioni tra Pari.
  • La Terapia Interattiva nei bambini: La Terapia Psicomotoria di Gruppo: cos’è ?; Struttura e funzionamento di una Seduta Psicomotoria, Il tempo della Seduta di Psicomotricità, Le Fasi della Seduta di Psicomotricità, I Rituali, Il Materiale della Seduta di Psicomotricità; Il Gioco e la Terapia Psicomotoria; A chi è rivolta la Terapia di Gruppo?; Perché si sceglie la Terapia Interattiva?
  • Le Funzioni Esecutive in Età Evolutiva: La Fisiologia delle Funzioni Esecutive; Lo Sviluppo delle Funzioni Esecutive, Le Funzioni Esecutive nel Periodo Neonatale, Le Funzioni Esecutive nel Periodo Prescolare, Le Funzioni Esecutive nel Periodo Scolare, Le Funzioni Esecutive in Adolescenza, Le Funzioni Esecutive in Età Adulta e nell’Anziano; Modelli Neuropsicologici delle Funzioni Esecutive; L’Attenzione, La Memoria; La Pianificazione; La Categorizzazione o Fluenza; Lo Shifting o Flessibilità Cognitiva; L’Inibizione; Le Funzioni Esecutive Hot; Le Funzioni Esecutive nei Disturbi dello Sviluppo; Cosa comporta un disordine a livello delle Funzioni Esecutive?; Gli Interventi sulle Funzioni Esecutive; L’Importanza delle Funzioni Esecutive a Scuola; Alcune Curiosità.
  • Valutazione e trattamento dei casi clinici: Caso A; Caso B; Caso C; La Valutazione delle Funzioni Esecutive; Analisi Funzioni Esecutive Maggio-Giugno; Dati Relativi al Periodo Maggio-Giugno 2016; Il Trattamento delle Funzioni Esecutive; Analisi Funzioni Esecutive Ottobre-Novembre; Dati Relativi al Periodo di Ottobre-Novembre 2016
 
DISCUSSIONE DEI RISULTATI E CONCLUSIONI
 
BIBLIOGRAFIA - SITOGRAFIA
 
Tesi di Laurea di: Elisabetta TROILO
 

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