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L' AUTISMO

DEFINIZIONE DI AUTISMO

L'autismo è una sindrome comportamentale causata da un disordine dello sviluppo biologicamente determinato, con esordio nei primi 3 anni di vita (Linee Guida Nazionali, 2011). La decima revisione della classificazione ICD (International Classification of Disease) proposta dall'Organizzazione Mondiale della Sanità si riferisce all'autismo nei termini di "una sindrome definita dalla presenza di una compromissione dello sviluppo che si manifesta prima dei tre anni di vita e da un tipo caratteristico di funzionamento anormale nelle aree dell'interazione sociale, della comunicazione e del comportamento che è limitato e ripetitivo" (WHO, 1992). La sindrome determina disabilità permanente nelle aree coinvolte nel 95% dei casi anche se le caratteristiche del deficit sociale possono variare nel tempo (Cohen et al., 2004).

 

INCIDENZA E PREVALENZA

Da una sindrome rara, inizialmente poco conosciuta e studiata all'interno del vasto arcipelago delle psicosi infantili degli anni 70, ad oggi l'autismo è una tra le patologie d'esempio come modello paradigmatico di studio. I dati raccolti tra il 2006 e  il 2009 sull'incidenza della sindrome sono americani e indicano un tasso di incidenza attorno a 1:110, con un aumento in quattro anni di oltre il 60% delle nuove diagnosi sotto i tre anni di età. L'assenza di un sistema di rilevazione adeguato rende impossibile, allo stato attuale, verificare il tasso di incidenza in Italia (Molteni et al., 2012).

La prevalenza dei Disturbi dello Spettro Autistico rilevabile dai dati raccolti negli USA negli ultimi 5 anni,  indica come attendibile un'oscillazione compresa tra 1/190 e 1/220 soggetti (Kogan et al, 2009). I dati europei, riferibili prevalentemente ai dati inglesi individuano una prevalenza di Disturbi dello Spettro Autistico all'età di 11 anni pari a 1/195 (Williams et al., 2008). Un recentissimo studio epidemiologico svedese ha confermato una prevalenza di 1/100 nella popolazione compresa tra 0 e 17 anni (Idring et al., 2012). Anche in Asia la situazione sembra sovrapponibile ai dati nord-europei. Per quanto riguarda la prevalenza italiana, i dati provengono del progetto PRIA della regione Emilia Romagna e indicano una prevalenza attorno al 2/1000 di utenti in carico ai servizi pubblici di Neuro Psichiatria Infantile regionali (Nardocci e Andruccioli, 2010). La prevalenza dell'autismo è inoltre fortemente sbilanciata verso il sesso maschile con un rapporto di 4:1. Anche se ad oggi i fattori specifici di una maggiore prevalenza maschile rimangono poco chiari, alcuni autori sostengono che l'autismo rappresenti l'estremizzazione del cervello maschile in merito a differenze di ordine sessuale della sua struttura e funzione, mentre altri indagano l'effetto del testosterone in epoca fetale (Cohen et al., 2011). Le ricerche che studiano il peso genetico della sindrome riportano una probabilità di ricorrenza della sindrome nei fratelli di famiglie con già un bambino affetto da autismo del 18% (Newschaffer et al., 2012). Un recente studio su gemelli omozigoti (Hallmayer et al., 2011) ha riportato un aumento del rischio di autismo del 55% nei maschi e di oltre il 70% nelle femmine.

 

CRITERI DIAGNOSTICI E SINTOMI

Le diverse e successive edizioni  dell'International Classification of Disease (ICD) e del Diagnostic and Statistical Manual of MentalDisorders (DSM) rispecchiano l'evoluzione delle idee relative all'autismo e ai disturbi ad esso correlati. Nel presente lavoro si farà riferimento alle descrizioni cliniche e ai criteri diagnostici inclusi nel ICD-10 (WHO, 1992a) e nel DSM-IV-TR (APA, 2002). La tabella allegata (Tab. 1) riporta i criteri diagnostici del DSM-IV-TR. Per potere fare diagnosi di Autismo è necessaria la presenza  di un numero definito di deficit in tutte e tre le aree compromesse già menzionate (Cohen et al.,  2004).

 

  1. Un totale di 6 (o più) voci da (1), (2), e (3), con almeno 2 da (1), e uno ciascuno da (2) e (3):
    1. compromissione qualitativa dell'interazione sociale, manifestata con almeno 2 dei seguenti:
      1. marcata compromissione nell'uso di svariati comportamenti non verbali, come lo sguardo diretto, l'espressione mimica, le posture corporee e i gesti, che regolano l'interazione sociale
      2. incapacità di sviluppare relazioni coi coetanei adeguate al livello di sviluppo
      3. mancanza di ricerca spontanea della condivisione di gioie, interessi o obiettivi con altre persone (per es., non mostrare, portare, né richiamare l'attenzione su oggetti di proprio interesse)
      4. mancanza di reciprocità sociale o emotiva;
    2. compromissione qualitativa della comunicazione come manifestato da almeno 1 dei seguenti:
      1. ritardo o totale mancanza dello sviluppo del linguaggio parlato (non accompagnato da un tentativo di compenso attraverso modalità alternative di comunicazione come gesti o mimica)
      2. in soggetti con linguaggio adeguato, marcata compromissione della capacità di iniziare o sostenere una conversazione con altri
      3. uso di linguaggio stereotipato e ripetitivo o linguaggio eccentrico
      4. mancanza di giochi di simulazione vari e spontanei, o di giochi di imitazione sociale adeguati al livello di sviluppo;
    3. modalità di comportamento, interessi e attività ristretti, ripetitivi e stereotipati, come manifestato da almeno 1 dei seguenti:
      1. dedizione assorbente ad uno o più tipi di interessi ristretti e stereotipati anomali o per intensità o per focalizzazione
      2. sottomissione del tutto rigida ad inutili abitudini o rituali specifici
      3. manierismi motori stereotipati e ripetitivi (battere o torcere le mani o il capo, o complessi movimenti di tutto il corpo)
      4. persistente ed eccessivo interesse per parti di oggetti;
  2. Ritardi o funzionamento anomalo in almeno una delle seguenti aree, con esordio prima dei 3 anni di età: (1) interazione sociale, (2) linguaggio usato nella comunicazione sociale, o (3) gioco simbolico o di immaginazione.
  3. L'anomalia non è meglio attribuibile al Disturbo di Rett o al Disturbo Disintegrativo della Fanciullezza.

Tab.1: Criteri diagnostici del Disturbo Autistico dal DSM-IV-TR (APA, 2000)

 

Rispetto ai criteri diagnostici sopra riportati,per quanto concerne la compromissione qualitativa nell'interazione sociale (criterio 1), è necessario precisare che essa può prendere la forma di comportamenti non verbali marcatamente compromessi, di una difficoltà  nello sviluppo di rapporti con i coetanei previsti dall'età, di una mancata condivisione di divertimento e piacere e mancanza di reciprocità socio-emotiva (Cohen et al., 2004).In fase di diagnosi, ma anche nella successiva fase di intervento, è fondamentale tenere presente che il termine "qualitativo" vuole rimarcare la necessità di non limitarsi a considerare la semplice presenza/assenza di un comportamento, ma, piuttosto, di tener conto del reale piacere da parte del soggetto di condividere con l'altro esperienze, affetti ed interessi.

Anche se la compromissione qualitativa dell'interazione sociale accompagna il soggetto autistico nel corso di tutto il suo ciclo vitale, i comportamenti con cui essa si esprime variano nel corso dello sviluppo. Nel corso del primo anno di vita, i comportamenti atipici che abitualmente indicano una compromissione qualitativa dell'interazione sociale sono essenzialmente rappresentati da sguardo sfuggente, assenza di sorriso sociale, mancanza di atteggiamenti anticipatori quando si cerca di prendere il bambino in braccio (tendere le braccia), atipie del dialogo tonico (difficoltà a tenerlo in braccio),inadeguatezza dell'attenzione congiunta. Tutti questi aspetti possono essere importanti indicatori precoci e possono concorrere all'anticipazione dell'età in cui normalmente si formula la diagnosi di autismo. Fra il secondo e il quinto anno di vita, la compromissione dell'interazione sociale si arricchisce di comportamenti sempre più espliciti e caratteristici. Il bambino "si aggira" fra gli altri come se per lui non esistessero,tende ad isolarsi, quando chiamato "non risponde", non richiede la partecipazione dell'altro nelle sue attività né lo rende partecipe, utilizza l'altro in maniera strumentale per l'appagamento delle esigenze del momento. Quest'ultimo aspetto induce a tener ben presente che il rapporto interpersonale non è mai - o quasi mai - completamente assente. Esso tuttavia si limita quasi sempre alla richiesta di oggetti e azioni e non alla condivisione di interessi, bisogni ed emozioni (SINPIA, 2005).

Anche per quel che riguarda il criterio 2, riportato in tabella e facente riferimento alla compromissione qualitativa della comunicazione, è necessario fare delle precisazioni. Analizzandolo più nello specifico, è facile rendersi conto che tale criterio si riferisce di fatto a due abilità distinte: la capacità di utilizzare quei codici comunicativi che permettono all'individuo di entrare in un interscambio con l'altro, sia dal punto di vista ricettivo che espressivo, e la capacità di accedere a giochi di finzione riproponendo in chiave ludica situazioni sociali vissute e mentalmente rielaborate. Per quanto riguarda lo sviluppo del gioco simbolico, un gran numero di ricerche hanno ormai confermato l'incapacità del bambino autistico di effettuare giochi di finzione, soprattutto nei primi anni di vita (Charman et al., 1997; Rogers et al. 2003). Secondo Rogers e colleghi (2003), tale attività ludica sarà sempre atipica, in quanto ipostrutturata rispetto a quella dei bambini con sviluppo tipico, limitata solo ad alcune azioni riprodotte,peraltro in maniera"meccanica", ripetitiva e priva di un reale piacere di condivisione con l'altro.

All'interno dei deficit comunicativi che ritroviamo nell'autismo(criterio 2), aspetto questo su cui si concentrerà l'indagine descritta nel presente lavoro, grande attenzione è stata rivolta alle difficoltà linguistiche che i pazienti spesso presentano. Le difficoltà nel linguaggio possono manifestarsi come ritardo nell'acquisizione iniziale, come lenta o atipica espansione delle capacità linguistiche o, come accade nel 25%-30% dei casi (Stefanatos, 2011), come perdita di competenze linguistiche precedentemente acquisite. Il risultato può variare da una assenza pressoché totale di linguaggio, (14%-20% dei casi) (Stefanatos, 2011), fino a tradursi nella presenza di un'elaborazione linguistica intatta accanto a una marcata difficoltà ad usare il linguaggio in modo funzionale da un punto di vista sociale e comunicativo.

Già nel primo anno di vita, le anomalie nell'interazione sociale e i problemi di comunicazione preverbale possono rappresentare ostacoli all'acquisizione del linguaggio. Ad esempio, l'apprendimento dell'associazione tra oggetto e parola è favorito dal  fatto che,tra i 9 e i 14 mesi, il bambino sviluppa la capacità di  condivisone triadica di attenzione (persona-persona-oggetto). Spesso, la mancanza di un contatto visivo e la carente risposta ad offerte di attenzione congiunta possono interferire con lo sviluppo linguistico. Tali difficoltà sono dunque predittive, nell'autismo, del successivo esito linguistico (Clifford S. et al., 2007).

Per quanto riguarda la componente ricettiva del linguaggio, studi retrospettivi mettono in luce, nei bambini con autismo, la precoce presenza di risposte neurologiche  e comportamentali a imput uditivi linguistici. Ad esempio, Bebko e colleghi (2006) propongono come indicatore precoce di autismo la difficoltà ad orientarsi in direzione di chi parla. Saint George e colleghi (2010) pongono invece l'attenzione sulla difficoltà a rispondere al proprio nome, già a 6-12 mesi di vita. Tali difficoltà sembrano predittive di più ampi problemi di difficoltà di ricezione linguistica (Stefanatos e Baron, 2011). Ad esempio, a differenza di quanto accade nei bambini con sviluppo tipico, in cui il riconoscimento e la comprensione delle prime parole si manifesta già a metà del primo anno di vita, nei bambini con autismo queste capacità emergono in ritardo ed evolvono più lentamente (Stefanatos e Baron, 2011). Queste disparità continuano a manifestarsi durante il secondo anno di vita, facendosi sempre più evidenti al punto che l'assenza di linguaggio usato a scopo comunicativo entro i due anni di età rappresenta per i clinici la "bandiera rossa" per la diagnosi di autismo (Ellis Weismer et al 2010; Stefanatos e Baron, 2011).

Per quel che riguarda i deficit linguistici a livello espressivo, essi sono predicibili a partire da difficoltà di imitazione verbale, da lallazioni (Iverson e Wozniak 2007) e vocalizzazioni anomale, da assenza di gioco simbolico e di gesti referenziali (Smith et al. 2007). Per quanto riguarda la lallazione, i bambini con autismo manifestano una ridotta qualità vocale che porta alla produzione di sillabe con fonazione atipica (Dawson et al 2000) (Iverson e Wozniak 2007). Le difficoltà motorie e oro-motorie presenti nell'autismo sembrano influenzare lo sviluppo fonologico e successivamente lo sviluppo grammaticale e lessicale, portando alla sospensione della produzione di quelle parole contenti i suoni più difficili da pronunciare (McCleery et al., 2006).

Con il crescere dell'età e a partire dall'età prescolare il profilo caratteristico di bambini con autismo è caratterizzato da maggiori difficoltà in ambito pragmatico e prosodico piuttosto che semantico e sintattico. Relativamente pochi problemi sono stati riscontrati nell'acquisizione della grammatica. Da un punto di vista sintattico le difficoltà emergono nell'uso di strutture che coinvolgono gli stati mentali e nell'uso dei pronomi personali (inversioni).Nei soggetti con autismo che hanno acquisito il linguaggio, le capacità semantiche relative alle denominazione di categorie e di oggetti appaiono comparabili con quelle dei coetanei. Le prestazioni peggiori nei test di vocabolario coinvolgono le parole che si riferiscono ad uno stato emotivo e mentale (Hobson et al.1989).I problemi di prosodia riguardano l'intonazione insolita o incongrua, l'intensità e il ritmo dell'eloquio. Il timbro emotivo che caratterizza il discorso è spesso assente e la qualità risulta cantilenante. Il deficit pragmatico è caratterizzato da disturbi della responsività sociale e reciprocità. I soggetti con autismo possono interpretare le dichiarazioni in modo troppo letterale non riuscendo a cogliere il significato di idiomi, metafore e sarcasmi (Kerbel e Grunwell 1998). Essi sono limitati nell'oggetto di discussione e sono spesso perseveranti, producendo ripetutamente domande insistenti usando il linguaggio in modo pesante e stereotipato. Un'altra caratteristica distintiva del deficit pragmatico è l'uso di ecolalia immediata e differita, che caratterizza il 75% dei casi di autismo. Essa può servire come riempitivo di turno o può essere la conseguenza di una carente inibizione dei processi audio-motori.In generale, tutte queste anomalie pragmatiche riflettono l'incapacità di applicare i vincoli contestuali sociali alla funzione comunicativa e linguistica (Stefanatos, Baron 2011).

Vengono infine inclusi all'interno del terzo criterio della tabella 1 tutti quei movimenti, quei gesti e/o quelle azioni che per la loro frequenza e la scarsa aderenza al contesto assumono la caratteristica di comportamenti atipici e bizzarri. La diversa scelta degli "interessi" è probabilmente legata ad una serie di fattori, quali lo stile temperamentale,le particolari caratteristiche dell'ambiente, l'età, l'entità della sintomatologia autistica, l'eventuale copresenza e la gravità di un ritardo mentale associato. Tipica è la ritualizzazione di alcune abituali routine quotidiane che devono svolgersi secondo sequenze rigide ed immutabili, la cui modificazione dall'esterno, può scatenare nel bambino comportamenti problematici auto o etero diretti. Tuttavia, i manierismi motori ripetitivi e stereotipati, anche se molto caratteristici, non sono patognomonici, in quanto si riscontrano in diverse altre condizioni psicopatologiche, non autistiche. E' comunque utile tenere presente che, complessivamente, i comportamenti inclusi nel terzo criterio della triade sintomatologica dell'Autismo sembrano rispecchiare un particolare funzionamento mentale, i cui elementi caratterizzanti sono rappresentati da una povertà di contenuti ideativi, dalla ripetitività di quelli presenti e da una scarsa flessibilità degli schemi mentali che risultano pertanto rigidi e perseveranti.

Il criterio B riportato in tabella 1, riguardante l'età di insorgenza, specifica che il quadro clinico conclamato deve esplicitarsi entro il terzo anno di vita. La comparsa dei primi segni e i sintomi tuttavia è spesso subdola e mal definita. Facendo riferimento ai resoconti anamnestici di genitori di bambini autistici risulta che, in oltre l'80% dei casi, il quadro clinico dell'Autismo si è manifestato entro il 20° mese di vita (SINPIA, 2005).

L'esperienza clinica, infine, ci mette di fronte ad altri sintomi e caratteristiche dell'Autismo, non inclusi nel DSM-IV-TR. I principali sono:

  • Abnorme risposta agli stimoli sensoriali
  • Condotte autolesive
  • Presenza di particolari abilità
  • Ritardo mentale: l'incidenza tra bambini con Disturbo dello Spettro Autistico è stimata intorno al 50% (Cohen et al., 2004).
  • Epilessia: si verifica in circa il 30-40% dei casi e in un terzo dei casi insorge nei primi anni di vita (Cohen et al., 2004).

DISTURBI PERVASIVI DELLO SVILUPPO

Esistono quadri differenti di autismo, con un interessamento disomogeneo delle aree tipicamente coinvolte, o con sintomi comportamentali più o meno gravi e variabili, a volte accompagnati da uno sviluppo intellettivo nella norma. Le caratteristiche di spiccata disomogeneità fenomenica suggeriscono che il quadro clinico osservabile sia riconducibile a una "famiglia" di disturbi con caratteristiche simili, al cui interno si distinguono quadri "tipici" – ossia con tutte le caratteristiche proprie del disturbo, con diversa gravità di espressione clinica – e quadri "atipici", in cui alcune caratteristiche sono più sfumate o addirittura assenti, anch'esse con gravità fenomenica variabile: queste disomogeneità cliniche portano i nuovi manuali diagnostici (DSM V  e ICD 11) ad orientarsi verso la definizione di "spettro", ossia una unica categoria clinica all'interno della quale trovano collocazione differenti tipologie cliniche.

Il DSM-IV-TR colloca ancora  il Disturbo Autistico all'interno di una categoria più ampia di disturbi, i Disturbi Pervasivi dello Sviluppo. Essa include a sua altre categorie diagnostiche che, pur condividendo alcune caratteristiche con il Disturbo Autistico, se ne differenziano per la diversa espressività dei sintomi della triade, ovvero per alcune caratteristiche clinico-evolutive. Il DSM-IV-TR include nei Disturbi Pervasivi dello Sviluppo:

  • il Disturbo Autistico
  • il Disturbo di Asperger
  • il Disturbo di Rett
  • il Disturbo Disintegrativo della Fanciullezza
  • il Disturbo Pervasivo dello Sviluppo Non Altrimenti Specificato (SINPIA, 2005).

L'ICD 10 aggiunge altre due categorie diagnostiche: l'Autismo atipico e il Disturbo Iperattivo associato a ritardo mentale e a movimenti stereotipati.

In Tabella 2 sono riportate le classificazioni dei due manuali diagnostici maggiormente utilizzati per formulare la diagnosi di autismo.

 

DSM-IV-TR: DISTURBI PERVASIVI DELLO SVILUPPO

ICD -10: SINDROMI DA ALTERAZIONE GLOBALE DELLO SVILUPPO PSICOLOGICO

Disturbo autistico Autismo infantile F84.0
Autismo atipico F84.1
Disturbo di Rett Sindrome di Rett F84.2
Disturbo disintegrativo dell’infanzia Sindrome disintegrativa dell’infanzia di altro tipo F84.3
Disturbo di Asperger Sindrome di Asperger F84.5
Disturbo pervasivo dello sviluppo non altrimenti specificato

Sindrome non specificata da alterazione globale dello sviluppo psicologico F84.9

Sindrome iperattiva associata a ritardo mentale e movimenti stereotipati F84.4

Altre sindromi da alterazione globale dello sviluppo psicologico F84.8

Tab. 2 : confronto tra le classificazioni del DSM-IV-TR e dell'ICD-10

 

STRUMENTI DIAGNOSTICI

La valutazione di bambini affetti da autismo pone problemi peculiari. I profili evolutivi insoliti sono comuni in questo gruppo di individui e i problemi comportamentali possono proporre sfide importanti per coloro che effettuano la disamina. Tuttavia, le valutazioni delle abilità cognitive, sociali e comunicative forniscono informazioni rilevanti per la diagnosi e per la pianificazione di programmi di intervento. Dall' esperienza clinica emerge che la valutazione è portata a termine in maniera più efficace  se si adotta un approccio integrato e multidisciplinare, che preveda il coinvolgimento dei genitori.

E' necessario coprire diverse aree all'interno della valutazione onnicomprensiva di un bambino autistico: una completa anamnesi evolutiva e medica , una valutazione psicologica, un esame diagnostico, una valutazione psichiatrica e ulteriori consulti al fine di inquadrare il funzionamento motorio e neuropsicologico (Cohen et al., 2004).E' opportuno tenere presente che una diagnosi  precoce e un intervento tempestivo sembrano in grado di migliorare la prognosi della patologia.

Come già accennato, l'autismo si manifesta attraverso il comportamento e di conseguenza, al momento, la diagnosi è esclusivamente fenomenologica. Non esistono infatti marcatori biologici che da soli possano identificare la patologia. Date quindi le molteplici difficoltà in fase diagnostica, risulta indispensabile riferirsi a situazioni di osservazione standardizzate e adottare scale di valutazione opportunamente elaborate per il "comportamento autistico". Di seguito vengono descrittigli strumenti diagnostici maggiormente utilizzati a livello nazionale e internazionale:

Autism Diagnostic Observation Schedule (ADOS)

Tale strumento valuta l'interazione sociale, la comunicazione e il gioco,proponendo al bambino una serie di situazioni problematiche pianificate nell'ambito di  un'interazione sociale naturale. Tali situazioni forniscono il contesto per osservare sia le iniziative che le risposte del bambino. Esse vengono in seguito codificate in maniera standardizzata. La versione aggiornata dell'ADOS è riuscita ad estendere l'uso della versione originale al di sotto di un'età linguistica di 3 anni (Luyster et al,. 2010).

Autism Diagnostic Interview - Revised (ADI-R)

Si tratta di uno strumento complementare all'ADOS. Consiste in un'intervista semi strutturata destinata ai genitori, basata su domande relative ai comportamenti appartenenti alla triade sintomatologica e al tipo di gioco. Fornisce un punteggio che permette di porre diagnosi entro lo spettro autistico secondo i criteri diagnostici del DSM-IV-TR e dell'ICD 10. La somministrazione richiede circa 1 ora e mezza di tempo (SINPIA, 2005).

Childhood Autism Rating Scale (CARS)

E' una scala di valutazione del comportamento autistico che,raccogliendo informazioni in vari contesti e da fonti multiple,permette di esplorare 15 aree di sviluppo: relazioni interpersonali, imitazione, affettività, utilizzo del corpo, gioco ed utilizzo degli oggetti, livello di adattamento, responsività agli stimoli visivi, responsività agli stimoli uditivi, modalità sensoriali, reazioni d'ansia, comunicazione verbale, comunicazione extra-verbale, livello di attività, funzionamento cognitivo, impressioni generali dell'esaminatore. Tale strumento può essere utilizzato a partire dai 2 anni di età e richiede 30 minuti di tempo per la somministrazione  (SINPIA, 2005).

Autism Behavior Checklist (ABC)

E' una scala di valutazione del comportamento che fa riferimento a 57 comportamenti problematici, divisi in 5 categorie.  Si utilizza per bambini a partire dai 18 mesi. Tale strumento è dotato di bassa sensibilità e non si rivela sempre utile alla formulazione della diagnosi. Tuttavia, esso può essere un utile strumento di valutazione dell'efficacia dell'intervento terapeutico durante le verifiche periodiche (SINPIA, 2005).

 

LA VALUTAZIONE FUNZIONALE

La valutazione funzionale consente di implementare un programma di intervento abilitativo individualizzato per il bambino attraverso la definizione di un profilo di sviluppo specifico per ogni persona con autismo, determinando in modo accurato i punti di forza e i punti di debolezza nelle diverse aree evolutive. La valutazione funzionale è un percorso che deve accompagnarsi alla diagnosi clinica, con obiettivi differenti seppur complementari per una corretta presa in carico. Mentre la diagnosi clinica ha lo scopo di classificare all'interno di categorie riconoscibili e stabili nel tempo, la valutazione funzionale ha lo scopo di "differenziare" i diversi soggetti, tenendo conto delle variazioni nelle competenze che avvengono su base temporale e sulla base dei diversi interventi, e quindi di orientare l'intervento individualizzato. È fondamentale che il percorso di valutazione funzionale avvenga attraverso strumenti oggettivi che consentano di quantificare-verificare-confrontare i dati emersi. I principali utilizzati nella pratica clinica sono il Profilo Psico Educativo RevIsionato (PEP-R) e la Scala Vineland per la valutazione del Comportamento Adattivo (VABS).

Psycho-Educational Profile (PEP-R)

Il PEP-3 è uno strumento che, oltre a contribuire alla raccolta delle informazioni utili alla diagnosi, assiste nella programmazione educativa nei casi di autismo e di altri disturbi pervasivi dello sviluppo. Esso permette di ottenere una valutazione funzionale di bambini di età mentale compresa tra i 6 me si e i 7 anni al fine di ricavare indicazioni mirate all'ottenimento di un profilo di sviluppo dettagliato ed alla pianificazione di un programma di intervento specifico ed individualizzato. Occorrono 45-90 minuti per la somministrazione (SINPIA, 2005).

Vineland - Adaptive Behavior Scales (VABS)

La VABS è lo strumento di più ampia applicazione nella valutazione del comportamento adattivo. Esso è valutato sulla base dell'attuale funzionamento quotidiano dell'individuo, utilizzando un'intervista semi-strutturata sottoposta a un genitore o a chi fornisce l'assistenza primaria al bambino. Alcuni studi (Sparrow,1992) hanno messo in evidenza, inoltre, l'utilità della scala per gli obiettivi diagnostici. La VABS è in effetti ad oggi utilizzata sia a fini diagnostici che valutativi ed è applicabile da 0 a 18 anni di età. Il comportamento adattivo indagato riguarda le attività che un soggetto deve compiere quotidianamente per essere sufficientemente autonomo e per svolgere in modo adeguato i compiti legati al proprio ruolo sociale (SINPIA, 2005).

 

DIAGNOSI DIFFERENZIALE

Poiché la diagnosi di Autismo si basa su criteri esclusivamente comportamentali, si possono incontrare alcune difficoltà nella diagnosi differenziale con altre categorie nosografiche ugualmente basate su criteri comportamentali. In altri termini, capita spesso di confrontarsi con una serie di comportamenti "atipici" presenti oltre che nell'autismo, anche in altre categorie nosografiche (per esempio, stereotipie, condotte di evitamento sociale, difficoltà linguistiche, manifestazioni ossessivo-compulsive, etc.). I maggiori problemi si verificano in genere con le seguenti condizioni psicopatologiche:

Ritardo Mentale

Circa 3 bambini autistici su 4 presentano anche un ritardo mentale. Una frequenza così elevata di comorbidità ha da sempre sollevato accese discussioni sui rapporti intercorrenti fra autismo e ritardo mentale. Le maggiori incertezze diagnostiche riguardano quei casi in cui il ritardo mentale è grave. In tali situazioni risulta sempre molto difficile stabilire se alcuni comportamenti atipici siano riferibili al basso livello intellettivo. Invece che alla patologia autistica. Pertanto, vi è un unanime consenso circa la difficoltà di una diagnosi differenziale per soggetti con livelli cognitivi inferiori ad un'età mentale di 2 anni. Inoltre, alcuni gruppi di ricerca ritengono che la diagnosi di autismo dovrebbe essere limitata ai casi nei quali il quoziente intellettivo (QI) non sia inferiore a 30.All'altra estremità della curva di distribuzione del QI (verso i valori più alti) si collocano i casi abitualmente definiti come autismo ad alto funzionamento o sindrome di Asperger. In queste situazioni la definizione dei rapporti fra Autismo e livello cognitivo  è resa ancora più difficile dalla sovrapposizione con  altre condizioni patologiche. Anche se la natura dell'associazione autismo-ritardo mentale rappresenta un problema ancora aperto, sul piano clinico e descrittivo a far la differenza è il fatto che nel ritardo mentale le abilità sociali e comunicative sono corrispondenti al livello di sviluppo globale del bambino.

Ipoacusia

Soprattutto nelle prime fasi di sviluppo, problemi uditivi possono comportare modalità relazionali e stili comunicativi atipici che simulano un quadro autistico. Per tale motivo è necessario eseguire esami audiometrici specialistici.

Sindrome di Landau-Kleffner

Si tratta di una forma di epilessia che provoca afasia. La regressione nel linguaggio potrebbe creare dubbi diagnostici rispetto all'autismo regressivo. Il quadro elettroencefalografico e l'assenza dei comportamenti che caratterizzano la triade sintomatologia è dirimente.

Disturbi Specifici del Linguaggio

I bambini con disturbo di linguaggio in cui la componente ricettiva è fortemente compromessa possono presentare deficit di attenzione verso il linguaggio, che, unitamente alla presenza di condotte di isolamento, determinano soprattutto nelle prime fasi di sviluppo (0-3anni) seri dubbi diagnostici. Tuttavia, in tutte le fasi dello sviluppo,le abilità sociali sono meglio conservate.

Schizofrenia

Occasionalmente la Schizofrenia può insorgere verso i 13 anni e raramente anche prima. In questi casi, il quadro clinico risulta caratterizzato dalla presenza di sintomi produttivi (deliri ed allucinazioni) che permettono agevolmente una diagnosi differenziale.

Mutismo selettivo

Si tratta di un disturbo che, per definizione, è limitato ad alcuni contesti, nei quali, peraltro, risulta prevalentemente interessata la comunicazione, mentre la compromissione dell'interazione sociale e le atipie degli interessi non assumono mai connotazioni tali da soddisfare i criteri del Disturbo Autistico.

Disturbo Ossessivo-Compulsivo

Limitatamente ai casi con buon funzionamento cognitivo, alcuni bambini o ragazzi con autismo possono presentare interessi e comportamenti inusuali e la sottomissione a routine e rituali rigidi, che possono creare dubbi diagnostici rispetto al disturbo ossessivo-compulsivo. Le abilità sociali in quest'ultimo caso sono meglio conservate e le eventuali anomalie socio-comunicative sono diverse da quelle caratterizzanti l'autismo.

Disturbo Reattivo dell'Attaccamento

Storie di violenza e abuso gravi, incuria grave e abbandono nella prima infanzia, possono dare origine a sindromi da estrema deprivazione sociale e isolamento ambientale. I deficit sociali e comunicativi e le condotte di isolamento, solitamente associati a comportamenti stereotipati, scompaiono in presenza di un ambiente più appropriato.

Disturbo Schizoide di Personalità

In questo caso l'isolamento è relativo ad alcuni contesti, mentre la capacità di relazionarsi è conservata in altri.

Disturbo Evitante di Personalità

I comportamenti di ritiro sociale, fino all'isolamento, sono in questo caso scatenati dall'ansia nel contatto con l'altro in situazioni sociali (SINPIA, 2005).

 

EZIOPATOGNESI

Esistono diversi livelli di casualità che operano almeno parzialmente in maniera indipendente:il livello comportamentale/neuropsicologico, il livello neurale/patofisiologico e il livello eziologico. E'importante tenere presente che una piena comprensione dell'autismo necessità di indagare tutti i livelli. Non sorprende quindi che, l'autismo, che viene identificato attraverso i sintomi, possa avere numerose eziologie, e che la semplice definizione dell'eziologia in un particolare soggetto porti poche informazioni sul fenotipo comportamentale.

 

EREDITA' E GENI COINVOLTI

Studi epidemiologici e studi condotti su gemelli omozigoti e eterozigoti hanno confermato che la genetica svolge un ruolo importante nell'eziologia dell'autismo. In particolare tra i gemelli omozigoti sono stati riscontrati rischi di ricorrenza tra il 60-90% dei casi e tra i gemelli eterozigoti il rischio è stimato tra lo 0% e il 24%. Inoltre, in circa il 10% dei soggetti affetti da autismo, è identificabile un disordine genetico, metabolico o neurologico. Complessivamente, questi dati, indicano quindi che l'autismo è determinato da una base genetica importante e che, essendo un disturbo genetico complesso, affinché esso si manifesti,più geni mutati devono interagire tra loro e con situazioni ambientali diverse.Questi

Ad oggi, sono state individuate circa una dozzina di sindromi genetiche che causano autismo, ma ognuna di esse non spiega più del 1% dei casi. Mutazioni a carico di più di 200 geni sono state fino ad ora identificate come concausa dell'autismo e tra di esse quelle che giocano un ruolo principale sono le Copy Number Variants (CNV). Esse danno ragione del 7-20% dei casi di autismo idiopatico. La maggior parte di queste mutazioni non sono però specifiche della sindrome autistica e sono state identificate anche in casi di pazienti con epilessia, psicosi e ritardo mentale, oltre che in soggetti sani. Di alcune CNV (16p11 e 15q11-13) è stata dimostrata l'assenza di trasmissione da parte dei genitori e il fatto che esse occorrano de novo (Li et al., 2012, Heil et al., 2012, Geshwind, 2011). In Tabella 3 sono riportati i loci genetici anomali più frequenti nell'autismo e in Tabella 4 le anomalie del sistema nervoso a livello patogenetico, determinate dall'interazione tra fattori ambientali di rischio e mutazioni genetiche.

 

CHR

LOCI 

CANDIDATE GENES

1 1p34.2 regulating synaptic membrane exocytosis 3 (RIMS3)
2

2q

2q31- 2q33

2q31 

2q24-2q33

2q24-2q33

2q34

 

GAD1, STK17B, ABI2, CTLA4, CD28, NEUROD1, PDE1A, HOXD1, DLX2       

SLC25A12

SLC25A12, CMYA3

SLC25A12, STK39, ITGA4

Neuropilin-2 (NRP2)

3 3q25-3q27 HTR3C
5

5q31

5p14.1

5p15

Paired-like homeodomain transcription factor 1 (PITX1)

 

SEMA5A

6

6q

6q27

Abelson’s helper integration 1 (AH1)
7

7q22.1-7q.31

7q31

7q32

7q31-7q33

 

Laminin beta-1(LAMB1), Neuronal cel adhesion molecule (NRCAM)

NADH-ubiquinoneoxidoreductase 1 alpha subcomplex 5 (NDUFA5)

Wingless-type MMTV integration site family member 2 (WNT2)

11 11p12-11p13  
12 12q14  
15

15q11-15q13

15q11-15q13

15q13

Angelman Syndrome gene (UBE3A)

 

Amyloid precursor protein-binding protein A2 (APBA2)

16

16p11-16p13

16p11.2

4-Amynobutirate amino transferase (ABAT), CREB-binding    protein (CCREBBP), glutamate receptor, ionotropic, NMDA 2A   (GRIN2A)
17 17q11.2  
19 19p13  
20 20q13  
22 22q13 SHANK3
X xp22.11 PTCHD1

Tab. 3: loci genetici anomali più frequenti nell'autismo (Li, 2012)

 

 

Tab. 4 influenza dei geni sul sistema nervoso ( Geschwind 2011)

Tab. 4 influenza dei geni sul sistema nervoso ( Geschwind 2011)

 

TEORIE NEUROLOGICO-PATOFISIOLOGICHE

Le teorie neurologico-patofisiologiche si concentrano sugli aspetti riguardanti le basi neurali di particolari abilità o comportamenti. Questi studi si propongono di identificare i circuiti responsabili delle disfunzioni, attraverso lo studio di meccanismi neurofisiologici, neuropatologici, neurochimici, e attraverso l'uso di tecniche di neuroimaging funzionale. 

STRUTTURENEUROLOGICHE COINVOLTE

I sintomi e le manifestazioni fenotipiche dell'autismo indicano  che la sindrome coinvolge una serie di sistemi neurali funzionalmente diversi e differentemente distribuiti. Dagli studi che si concentrano sulle abilità di  comunicazione e sul linguaggio emerge come i soggetti con autismo presentino, rispetto ai soggetti con sviluppo tipico, una lateralizzazione sinistra significativamente inferiore nelle aree presilviane legate al linguaggio. Il Solco Temporale Superiore (STS) e l'Area Fusiforme del volto (FFA), consistente in una piccola regione della porzione mesiale del lobo temporale, sono le due principali aree coinvolte nella percezione di stimoli sociali. In relazione a tali aree emergono nell'autismo varie anomalie. Ad esempio, è stata evidenziata un'ipoattivazione del STS durante il processamento di informazioni uditive socialmente rilevanti. Sembra inoltre molto probabile il coinvolgimento delle aree frontali che svolgono un ruolo importante nell'empatia, nell'apprendimento per imitazione e nel controllo delle funzioni esecutive. Oltre a queste, le aree cerebrali più spesso indagate comprendono il sistema limbico e l'amigdala, l'ippocampo, il cervelletto e le vie talamo-corticali. Molti studi indicano la presenza di disfunzione limbica nei soggetti con autismo. Nello specifico, le anomalie più ricorrenti sono: anormalità nella dimensione, nella densità e nell'arborizzazione dendritica dei neuroni del sistema limbico, compresi amigdala e ippocampo (Bauman e Kemper, 1994). I risultati indicano una riduzione dei processi neuronali e un incremento della densità neuronale suggerendo un arrsto dello sviluppo normale (Volkmar e Donald, 2008) (Cohen, 2004). Ancora, studi di imaging suggeriscono una crescita eccessiva della materia bianca e grigia durante i primi anni di vita, alla quale segue una riduzione del grado di connessione dei tessuti cerebrali. In particolare nel 90% dei bambini con autismo si riscontra un aumento del 18% di materia bianca, il 39% in più di materia bianca del cervelletto e il 12% in più di materia grigia dai 2-3 anni di età (Courchesne, et al., 2001).

NEUROTRASMETTITORI COINVOLTI

E' ragionevole supporre che anomalie quantitative o qualitative a livello recettoriale o dei neurotrasmettitori attivi nel sistema fronto-striatale, quali la serotonina, la dopamina, l'ossitocina e la vasopressina, possano essere alla base del disturbo autistico. Benché suggestivi, questi dati sono preliminari e richiedono ulteriori studi (SINPIA, 2005).

 

TEORIE INTERPRETATIVE E NEUROPSICOLOGICHE

Sul versante neuropsicologico, esistono diverse teorie esplicative dei deficit riscontrati nell'autismo. Tali teorie cercano di spiegare i sintomi chiamando in causa diversi meccanismi psicologici-cognitivi soggiacenti. Le ipotesi interpretative che hanno riscosso nel corso degli anni maggiori consensi chiamano in causa:

  • La Teoria della mente
  • Il deficit di Coerenza centrale
  • Le Funzioni esecutive

TEORIA DELLA MENTE

Secondo diversi autori, i sintomi caratterizzanti lo spettro autistico, sarebbero spiegabili in termini di deficit di teoria della mente (Cohen, 2004). Possedere una teoria della mente permette di attribuire a se stessi e agli altri stati mentali (credenze, emozioni, desideri, intenzioni, pensieri) secondo gradi crescenti di complessità, per poter prevedere il proprio e l'altrui comportamento e adattare la propria risposta emotiva (empatia) (Cohen, 2004). L'intelligenza sociale/emotiva , ovvero la capacità di capire gli altri, e di percepire con esattezza i loro sentimenti attraverso l'empatia,  sarebbe a carico del cosiddetto "cervello sociale" composto da amigdala, corteccia mediale e orbito frontale e solco temporale superiore (Cohen, 2004).L'intelligenza emotiva, secondo la definizione  di Goleman, comprende cinque caratteristiche:la consapevolezza di sé (autoconsapevolezza sul proprio stato emotivo), l'autocontrollo delle emozioni forti, l'empatia, la motivazione, le abilità sociali. Tutte queste componenti costruiscono l'essenza del successo nei rapporti interpersonali. Nei bambini con sviluppo tipico la teoria della mente  sembra emergere tra i 3 e i 4 anni di età. Baron-Cohen (2004) propone che l'attenzione congiunta sia un precursore dello sviluppo della teoria della mente, che può facilitare l'identificazione dell'autismo già entro i 14 mesi di vita. La teoria della mente ha molteplici funzioni. Una prima funzione è quella sociale, infatti la capacità di compiere complesse attribuzioni di stati mentali permette di spiegare, di predire e di agire sul comportamento proprio e altrui. Da qui è possibile considerare due ulteriori specificazioni della funzione sociale della teoria della mente. Da un lato l'abilità di mentalizzazione permette di dare un senso al comportamento interpersonale. Dall'altro, possedere una teoria della mente permette di essere partner comunicativi competenti, cioè di poter dare un senso alla comunicazione, dal momento che comprendere il messaggio comunicato significa cogliere l'intento comunicativo della persona. Inoltre, il possesso della teoria della mente riveste una cruciale funzione adattiva per il bambino: infatti, a partire dall'attribuzione di stati mentali ad altri il bambino, oltre a conferire un senso al comportamento altrui, lo rende anche prevedibile. Tutto ciò consente al bambino di mettere in atto delle condotte flessibili.

L'abilità di mentalizzazione permette anche di sviluppare la consapevolezza e la riflessione su di sé. Il bambino diventa in grado di riflettere sui propri processi mentali, di comprendere le origini o le determinanti del suo comportamento, la fallibilità delle proprie credenze e la fonte delle proprie conoscenze (Cohen e Volkmar, 2004).

DEFICIT DI COERENZA CENTRALE

A differenza delle altre teorie, questo modello intende spiegare la ragione per cui persone con autismo non mostrano solo la classica triade di deficit ma anche sorprendenti abilità in alcune aree (musica, calcolo, memoria, fare i puzzle etc.) (Volkmar, Donald, 2008). Happè e colleghi (1996) propongono che l'autismo è caratterizzato da una "coerenza centrale" debole. "Coerenza centrale" è l'espressione coniata per indicare la capacità di sintetizzare quanto esperito in un tutto coerente, o se si preferisce, di sistematizzare in un sistema di conoscenza,le molteplici esperienze parcellari che investono i nostri sensi (Linee guida SINPIA). Happè e collaboratori (1996) propongono che l'elaborazione umana delle informazioni risulta deficitaria nell'autismo e che per questo le persone affette da tale sindrome mostrano un'elaborazione focalizzata sul dettaglio, nella quale le caratteristiche sono percepite e ricordate  a spese della configurazione globale e del significato a livello superiore. La "coerenza centrale" deficitaria porterebbe dunque a svolgere con successo compiti in cui l'attenzione all'informazione locale è vantaggiosa (es. puzzle), ma porterebbe ad ottenere scarse prestazioni nei compiti che richiedono l'integrazione degli stimoli nel contesto (Volkmar, Donald, 2008).

DEFICIT DELLE FUNZIONI ESECUTIVE

Le "Funzioni Esecutive" (FE) sono quelle abilità che permettono di mettere in atto comportamenti finalizzati e orientati al futuro. Si ritiene che esse siano  controllate in sede prefrontale e che, più nello specifico, permettano la pianificazione e l'inibizione di risposte comportamentali, la flessibilità e la ricerca organizzata di strategie, l'autocontrollo e l'utilizzo della memoria di lavoro.

Disfunzioni a livello esecutivo sono state individuate sia in soggetti con autismo sia in membri delle loro famiglie, in casi molto diversi per età e livello di funzionamento. In particolare, diversi studi suggeriscono che il controllo dell'inibizione e forse anche la memoria di lavoro sono abilità relativamente risparmiate nell'autismo, mentre sembrano particolarmente compromessi diversi tipi di flessibilità cognitiva (come il passaggio da una strategia all'altra, o l'abilità di distogliere l'attenzione da uno stimolo per portarla su un altro).

La correlazione tra deficit delle FE, altri processi cognitivi e socio-cognitivi e lo sviluppo dell'autismo è complessa ed è stata al centro di diverse indagini. Numerose ricerche (Dennis,1991; Grattan et al.,1990) sostengono l'esistenza di un legame tra le FE e i deficit sociali presenti sin dalle prime fasi dello sviluppo, probabilmente perchè la corteccia prefrontale è coinvolta non solo nelle prestazioni relative alle FE, ma anche nella regolazione del comportamento interpersonale e nel controllo delle reazioni emotive, ai fini dello scambio sociale.

E' importante infine sottolineare che anche questo modello, così come quello della Coerenza Centrale, individua nell'Autismo un deficit cognitivo generalizzato e non limitato all'elaborazione degli stimoli sociali (come ipotizzato, viceversa, dal Deficit della Teoria della Mente) (Volkmar e Donald, 2008). Ad esempio, anche la ristrettezza di interessi e l'ipersensibilità agli stimoli potrebbero essere l'espressione di una disfunzione esecutiva ed in particolare della difficoltà a spostare l'attenzione selettiva in modo volontario (Volkmar e Donald, 2008).

 

Indice

 
All’inizio era il verbo? No, all’inizio era l’azione! Alla ricerca di una spiegazione motoria delle difficoltà comunicative nell’autismoRiassunto; Abstract
 
 INTRODUZIONE: premesse; scopi.
 
  1. L' AUTISMO: definizione di autismo; incidenza e prevalenza; criteri diagnostici e sintomi; disturbi pervasivi dello sviluppo; strumenti diagnostici, la valutazione funzionale; diagnosi differenziale; eziopatognesi, eredita' e geni coinvolti, teorie neurologico-patofisiologiche, teorie interpretative e neuropsicologiche.
  2. ALLA RICERCA DI UNA SPIEGAZIONE MOTORIA DELL’AUTISMO E DEI SUOI SINTOMI: cenni introduttivi; azione e linguaggio, dalla mano alla bocca: evoluzione della comunicazione verbale; sistema specchio, cognizione sociale e evoluzione del linguaggio, caratteristiche anotomo-funzionali del sistema specchio, sistema specchio e linguaggio; controllo motorio accoppiato di mano e bocca, associazione del sistema specchio con i doppi comandi; sviluppo del sistema orale-manuale precoce in soggetti con sviluppo tipico; spiegazione motoria delle difficolta' comunicative verbali nei soggetti con autismo.
  3. MATERIALI e METODI: presupposti teorici; partecipanti, gruppo sperimentale, gruppo di controllo; apparato, stimoli e procedura; registrazione e analisi dei dati, registrazione e analisi cinetica, registrazione e analisi vocale, analisi statistica.
  4. RISULTATI: analisi cinematica; analisi vocale.
  5. DISCUSSIONE
 
CONCLUSIONI
 
BIBLIOGRAFIA
 
RINGRAZIAMENTI
 
Tesi di Laurea di: Valentina DEL BELLO 

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