INTRODUZIONE - Giocare con le intenzioni in Terapia Neuropsicomotoria

SOMMARIO

Gli Scopi principali di questo lavoro sono:

  • approfondire e chiarire il tema dell’Intenzione, basilare in Neuropsicomotricità, non ancora trattato in maniera sistematica e precisa in letteratura;
  • individuare alcune strategie che possono risultare utili nell’intervento neuropsicomotorio per aiutare gli intenti dei bambini;
  • indicare anche qualche consiglio da poter dare ai genitori affinché sia possibile o migliori l’accordo con le intenzioni dei figli;
  • quindi, in generale sostenere e evidenziare l’importanza delle intenzioni, della condivisione di queste tra bambino e genitori, e dell’intervento su di esse e soprattutto per esse, che è e dev’essere parte integrante e costante del nostro lavoro.

Riporto di seguito la descrizione dell’organizzazione della presente tesi, impostando il discorso in modo che emerga un sommario.

Dopo l’Introduzione, in cui esplicito le motivazione che mi hanno spinta ad addentrarmi in questo argomento e presento in sintesi lo stato dell’arte tra teoria e pratica, dedico il Primo capitolo alle basi  teorico-strutturali dell’intenzione. Cerco, per prima cosa, di rendere più chiaro come e cosa dovremmo pensare circa l’intenzione, sottolineandone la differenza con termini come intenzionalità, consapevolezza, scopo, il legame con altri, come azione e desiderio, e le sue caratteristiche di percepibilità, necessità di un contesto e di coinvolgimento. Successivamente descrivo sede anatomica e processo neurofisiologico di realizzazione delle intenzioni, nonché riporto una breve descrizione della loro nascita ed evoluzione.

Nel Secondo capitolo mi soffermo ad approfondire l’importanza dell’“anticipazione genitoriale”, ossia cogliere il comportamento del proprio figlio come intenzionale anche se non lo è, l’importanza del rimando potenziato e positivo al bambino delle sue intenzioni emergenti, grazie al “rispecchiamento genitoriale”, e l’importanza che il bambino stesso colga gli intenti altrui, dimostrando di esserne consapevole. Ciò significa che il bambino coglie l’altro come soggetto dotato di stati mentali da poter coinvolgere nelle proprie intenzioni e sui cui intenti agire in vario modo, mostrando di possedere per lo meno una primitiva “Teoria della Mente” e di poter creare e condividere con l’altro lo “spazio delle intenzioni”. A sostegno di ciò riporto brevemente la teoria dei Neuroni a Specchio, quale prova neurofisiologica del riconoscimento delle intenzioni altrui.

Come ponte tra parte teorica e clinica della tesi utilizzo il Terzo capitolo, che introduce, riassumendo, i quattro casi clinici scelti nelle loro caratteristiche peculiari in relazione alle intenzioni e, sottolineando sempre l’importanza della condivisione degli intenti, accenna ai contenuti dell’ultimo capitolo.

I capitoli Dal Quarto Al Settimo contengono ciascuno l’ampia descrizione di uno dei quattro protagonisti delle intenzioni: Alex, Safiria, Giacomo e Aurora. Dopo aver riportato per ognuno l’anamnesi (in questo lavoro non risulta importante il disturbo specifico di ogni bambino ma le caratteristiche da loro presentate, che li rendono adatti all’argomento trattato e agli scopi prefissati) ed un  accenno  alle principali tappe  dello sviluppo psicomotorio, descrivo, sottolineando le caratteristiche più rilevanti, l’espressività psicomotoria di ognuno, avvalendomi della scheda di osservazione psicomotoria (Berti et al. 2001), in forma ridotta e modificata secondo necessità. Individuo, poi, mediante la descrizione del tipo di intenzioni di ciascuno, di come queste vengono espresse, da cosa sono ostacolate, se e come l’altro vi viene coinvolto e se e come ciascun bambino si coinvolge in quelle altrui, quattro immagini metaforiche adatte a rappresentare dei Sé intenzionali tipo: il labirinto, la nebbia, il temporale e il tesoro nello scrigno. Infine, descrivo se e come i genitori di ogni bambino sono in sintonia intenzionale,  ma anche posturo-comunicativa con i  propri figli,  vista l’importanza del coinvolgimento nelle intenzioni e, quindi, della presenza dell’altro.

A partire dai quattro modelli di Sé intenzionale individuati dalla descrizione dei casi clinici, dedico il capitolo Ottavo all’esplicitazione di alcune strategie facilitative, aumentative e compensative, che possono tornare utili nell’intervento neuropsicomotorio con bambini che presentano questi tipi di Sé, così come indico dei consigli da poter dare ai genitori. In tal modo si viene a delineare una sorta di “linee guida”, per poter, così, “giocare con le intenzioni” del labirinto, della nebbia, del temporale e del tesoro nello scrigno in terapia neuropsicomotoria, cioè sostenere l’esistenza e il “circolare” di tali intenti tra bambino e genitori.

Nella Conclusione riporto delle riflessioni a conferma di quanto questo lavoro sul tema dell’Intenzione si sia rivelato significativo per comprendere l’importanza delle intenzioni stesse, della condivisione di queste tra bambino e genitori e dell’intervento su di esse e soprattutto per esse, che, di solito, è parte integrante e costante del nostro lavoro e , quindi, meno evidente.

Da ultimo, dopo la Bibliografia, brevemente Ringrazio di cuore coloro che mi hanno supportata nella realizzazione di questo lavoro, durante i miei studi universitari e nella vita.

 

INTRODUZIONE

“Tutti abbiamo potenzialmente tutto...manifestiamo, realizzandolo, quello di cui in quel tempo abbiamo intenzione”.

Falco in libertà

Riporto questa citazione per sottolineare come anche i bambini che necessitano del nostro sostegno posseggono innumerevoli potenzialità e che, proprio grazie all’intenzione, possono realizzarle. Quindi, l’intenzione si rivela essere come la “scintilla che accende il fuoco”, come una forza che permea ogni cosa e ci mette in grado di… .

Ciò nonostante, in letteratura l’argomento “Intenzione” fino ad ora non è stato trattato in modo specifico ed ampio, con studi in materia, anzi il significato di questo termine viene spesso equiparato a quello di intenzionalità, quando, invece, con il primo si intende uno stato mentale che si collega al “fare”, all’azione, mentre con il secondo si indica una caratteristica degli atti mentali, che non necessariamente si manifesta nell’agito. Inoltre, frequentemente questo termine è anche utilizzato con significato analogo ad altri vocaboli, come consapevolezza, scopo, desiderio senza che ne venga colta la sottile ma effettiva differenza.

Quindi, mi addentro in questo argomento in gran parte spinta dalla curiosità e dal desiderio di approfondire e chiarire i concetti basilari riguardo a questo stato mentale, fondamentale nella pratica neuropsicomotoria. Inoltre, dentro di me c’è il desiderio di scoprire e approfondire quale contributo potrò dare in futuro, attraverso la mia figura professionale, per aiutare e sostenere sia gli intenti dei bambini che l’accordo di tali intenzioni con quelle altrui, in particolare  dei genitori.

Con tale intenzione mi soffermo ad approfondire l’importanza dell’“anticipazione genitoriale”, ossia cogliere il comportamento del proprio figlio come intenzionale anche se non lo è, l’importanza del rimando potenziato e positivo al bambino delle sue intenzioni emergenti, soprattutto da parte dei genitori, in modo da permettergli così di cogliersi come soggetto dotato di Sé intenzionale, ma anche l’importanza

che il bambino stesso colga gli intenti altrui, dimostrando di possedere per lo meno una primitiva “Teoria della Mente”. Solo se tutto ciò avviene si può creare e condividere lo “spazio delle intenzioni”, nel quale ognuno porta i propri intenti cercando di farvi entrare l’altro ed ognuno partecipa alle intenzioni altrui agendovi in vario modo.

Solamente comprendendo l’importanza di questi “processi” e facendovi costante riferimento si può auspicare di realizzare un intervento terapeutico definibile “giocare con le intenzioni”.

Come esperienza diretta riporto quattro casi clinici osservati durante il tirocinio: attraverso la descrizione neuropsicomotoria di questi casi, con un’attenzione particolare alle intenzioni di ciascuno e all’accordo dei loro intenti con quelli dei genitori, ho potuto individuare quattro modelli di Sé intenzionale. Questi mi permettono di indicare alcune strategie che possono risultare utili nell’intervento neuropsicomotorio con soggetti presentanti questi stessi tipi di Sé, e, quindi, di raggiungere alcuni degli scopi della mia tesi.

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