Problematiche nell’apprendimento del linguaggio nel bambino ipovedente: indicazioni pratiche basate su evidenze

I più recenti contributi della psicologia dello sviluppo mostrano che fin dalle prime settimane i neonati si orientano verso stimoli sociali e visivi e, nei primi mesi, seguono e rappresentano il movimento degli oggetti. Il contatto visivo e la sintonizzazione multimodale (sguardo, voce, tocco) fungono da canali privilegiati per l’avvio della comunicazione e per la costruzione dell’intersoggettività precoce. Nei casi di ipovisione, la ridotta disponibilità di indizi visivi modifica precocemente la qualità degli scambi e richiede percorsi di stimolazione intenzionale per sostenere lo sviluppo comunicativo-linguistico.
Ruolo della visione nella comunicazione preverbale
Nel lattante vedente, scambi come il mutual gaze, le espressioni facciali dell’adulto e i micro-rituali vocali (protoconversazioni) forniscono segnali per riconoscere emozioni, turni conversazionali e intenzioni. L’assenza o la marcata riduzione di tali indizi nel bambino ipovedente non impedisce la comunicazione, ma sposta l’enfasi verso canali tattili e vocali, che vanno resi più salienti e coerenti. Studi osservativi su diadi madre–bambino con deficit visivo documentano un maggior ricorso a vocalizzazioni e contatto corporeo come base per la regolazione affettiva e lo scambio sociale.
Attenzione congiunta e riferimento condiviso
L’attenzione congiunta (seguire lo sguardo o l’indicazione dell’adulto verso un oggetto/evento e condividerlo) è un ponte decisivo verso il linguaggio. Nello sviluppo tipico, seguire lo sguardo e il dito dell’adulto emerge soprattutto nella seconda metà del primo anno (circa 6–9 mesi) e si associa in modo robusto alla crescita del vocabolario. Nei bambini con ipovisione, le opportunità di attenzione congiunta basate sulla vista diminuiscono; diventa quindi cruciale creare equivalenti tattili e acustici del riferimento (oggetti-concreto, suoni associati, contatto guidato).
Rappresentazioni mentali, categorizzazione e linguaggio
Il linguaggio si intreccia con la capacità di formare rappresentazioni mentali e categorie. La limitata esplorazione visiva può rendere più frammentaria l’esperienza degli oggetti e rallentare i processi di generalizzazione e denominazione, specie se la diade non dispone di strategie alternative di riferimento congiunto. Programmi di intervento precoce centrati su routine tattili, oggetti-referenti e verbalizzazioni sistematiche migliorano l’accesso del bambino ai concetti e sostengono l’ampliamento lessicale.
Traiettorie del linguaggio nell’ipovisione
Nel primo anno, la produzione vocale (vocalizzi, lallazione) è spesso comparabile a quella dei coetanei vedenti, ma il passaggio a usi deittici (ad es. “qui/questo”) e a combinazioni di parole può risultare più tardivo quando mancano esperienze condivise su oggetti ed eventi. La letteratura mostra ritardi più marcati nelle fasi iniziali, con una variabilità ampia: in assenza di comorbidità e con input ambientale ricco e mirato, diversi bambini ipovedenti colmano parzialmente il divario e, in alcuni casi, presentano profili verbali relativamente forti in età prescolare.
Impatto della motricità ed esplorazione
Poiché la vista coordina e integra le informazioni degli altri sensi, ritardi nella motricità autonoma e nell’esplorazione ambientale possono ridurre le occasioni di apprendimento incidentale (toccare, provare, manipolare), con ricadute sull’ampliamento del lessico e sulla pragmatica. Interventi domiciliari strutturati e diadici che guidano mano–mano, mano–oggetto e mano–corpo favoriscono sia la conoscenza funzionale sia l’aggancio linguistico agli eventi.
Indicazioni operative per caregiver e professionisti
- Rendere esplicito il riferimento: etichettare verbalmente oggetti e azioni mentre si guida la mano del bambino sull’oggetto; associare costantemente parole, suoni caratteristici e caratteristiche tattili.
- Costruire routine di attenzione congiunta tattili: “guardare con le mani” lo stesso oggetto dell’adulto; usare oggetti-referenti per persone, luoghi e attività ricorrenti.
- Enfatizzare prosodia e turn-taking: alternare attese e risposte vocali, marcando i turni con segnali tattili e vocali coerenti.
- Arricchire l’input descrittivo: descrivere ciò che accade “qui e ora” e lo scopo d’uso degli oggetti; collegare parole a categorie e funzioni.
- Sostenere l’esplorazione motoria: predisporre ambienti sicuri e prevedibili che invitino a spostarsi e manipolare; ogni nuova azione è un’opportunità lessicale.
- Interventi precoci strutturati: utilizzare cornici di intervento precoce per bambini con deficit visivo e programmi corpo–tattile per la diade.
Conclusioni
Le problematiche dell’apprendimento linguistico nell’ipovisione derivano in larga parte dalla ridotta possibilità di costruire riferimenti congiunti basati sul canale visivo e da minori esperienze esplorative spontanee. La prevenzione del ritardo linguistico passa da interventi precoci centrati su canali tattili e uditivi, routine condivise e verbalizzazione ricca e coerente, integrati da un supporto alla motricità e all’esplorazione. Con percorsi abilitativi mirati e un ambiente comunicativo intenzionale, molti bambini ipovedenti possono sviluppare competenze linguistiche funzionali e partecipare efficacemente agli scambi comunicativi quotidiani.
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